Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16519 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16519 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 450/2025
NOME COGNOME
Relatore –
UP – 04/04/2025
EGLE PILLA
R.G.N. 3495/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SACCOLONGO il 21/07/1962
avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette la memoria depositata in data 25 marzo 2025 dall’avvocato COGNOME nell’interesse del ricorrente COGNOME con la quale, in replica alle conclusioni della Procura generale, ha illustrato ulteriormente i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento .
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza emessa il 10 giugno 2024, riformava, solo quanto alla durata delle pene accessorie, la decisione del Tribunale di Napoli Nord, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME
quale titolare della impresa individuale RAGIONE_SOCIALE , dichiarata fallita in data 5 febbraio 2014, in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato.
Lamenta il ricorrente che la Corte di appello non abbia offerto una motivazione in ordine al necessario dolo specifico richiesto dalla fattispecie incriminatrice, limitandosi a prendere atto della condotta, in sé insufficiente, di omesso deposito delle scritture contabili, per ritenere integrato il dolo specifico.
Inoltre, la Corte di appello non ha valutato la versione dell’imputato, di avere affidato a un dipendente, nelle more deceduto, i compiti inerenti alla tenuta delle scritture contabili, affidate ad un commercialista.
Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 62 -bis cod. pen. e vizio di motivazione, avendo la Corte di appello non valutato adeguatamente la relativa censura, tesa ad ottenere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non offrendo idonea motivazione ordine al rigetto della stessa.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
Le parti hanno concluso, la difesa del ricorrente anche a mezzo di memoria di replica, come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Il primo motivo è fondato.
E’ noto, infatti, quanto al coefficiente soggettivo richiesto, che la bancarotta fraudolenta documentale di tipo specifico -consistente nella condotta di sottrazione, occultamento e falsificazione delle scritture contabili, nonché di omessa tenuta delle stesse (condotta assimilata dalla giurisprudenza consolidata alle ipotesi previste dalla norma incriminatrice) -deve essere ‘sostenut a ‘, secondo
la lettera della prima parte dell’art. 216, comma 2, n. 1, legge fall., dal dolo specifico consistente nello scopo di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o a altri un ingiusto profitto. Infatti, proprio la natura specifica del dolo, è stato osservato, in ordine alla condotta di omessa tenuta, consente di distinguere fra la bancarotta fraudolenta documentale e quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 le gge fall. e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992). Diversamente, nell’ipotesi prevista dalla seconda parte della medesima disposizione incriminatrice dell’art. 216, com ma 1, n. 2, per le condotte di infedele tenuta delle scritture contabili, caso nel quale le scritture esistono e sono rinvenute, ma sono state tenute in guisa da rendere impossibile la ricostruzione degli affari e del patrimonio sociale, è sufficiente il dolo generico (tra le altre: Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 279838).
Va premesso che correttamente la Corte di appello ha escluso che la dichiarazione dell’imputato in ordine alla delega – quanto alla tenuta delle scritture contabili – ad un dipendente poi deceduto, che a sua volta le aveva affidate ad un ignoto commercialista, non esoneri l’imprenditore da responsabilità.
A riguardo va evidenziato come in motivazione Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, La Porta, Rv. 282280 -01 abbia ritenuto che anche «l’assunzione solo formale della carica gestoria non consenta l’automatica esenzione dell’amministratore per i reati previsti dagli artt. 216 comma 1 n. 2), 217 comma 2 e 220 legge fall., atteso che questi e non altri è il diretto destinatario ex art. 2392 cod. civ. dell’obbligo relativo alla regolare tenuta e conservazione dei libri contabili ( ex multis Sez. 5, Sentenza n. 43977 del 14/07/2017, COGNOME, Rv. 271754). Da qui il corollario per cui, qualora egli deleghi ad altri in concreto la tenuta della contabilità o comunque consenta che altri assumano di fatto la gestione della società, egli non è esonerato dal dovere di vigilare sull’operato dei delegati o degli amministratori di fatto e, conseguentemente, dalla responsabilità penale, eventualmente in forza del disposto di cui all’art. 40 comma 2 c.p., se viene meno a tale dovere ( ex multis Sez. 5, Sentenza n. 36870 del 30/11/2020, COGNOME Rv. 280133)» (conf.: N. 709 del 1999 Rv. 212147 – 01, N. 11931 del 2005 Rv. 231707 – 01, N. 2812 del 2014 Rv. 258947 -01).
Risultando manifestamente infondato il rilievo ora esaminato.
La Corte territoriale – a fronte del secondo motivo di appello che evocava la necessità che fosse provato il dolo specifico, consistente nel fine di arrecare pregiudizio ai creditori, chiedendo per la carenza del coefficiente soggettivo la riqualificazione nell’ipotesi di bancarotta semplic e -rileva come il dolo fosse consistito nella volontà di occultare atti depauperativi del patrimonio sociale. Ma
si tratta di una motivazione apparente sul punto, in quanto si sconosce del tutto quali siano gli atti ai quali la Corte di appello si riferisce. Inoltre, la sentenza impugnata, sempre in risposta al citato motivo di appello, richiama anche la finalità di impedire la ricostruzione del volume di affari o del patrimonio del fallito, che nulla ha a che fare con il dolo specifico richiesto. In sostanza si prefigurano in astratto entrambi i coefficienti soggettivi richiesti per le due fattispecie alternative di bancarotta documentale fraudolenta.
La Corte territoriale, inoltre, collega la fraudolenza al mancato assolvimento dell’onere di tenuta delle scritture dall’anno di imposta 2009 al 2014 : ma non si comprende se il riferimento sia alla omessa tenuta o alla infedele tenuta delle scritture contabili, il che rende diverso il dolo richiesto, specifico nel primo caso, generico nel secondo. Per altro, la sentenza attribuisce ulteriormente la responsabilità all’imputato in ordine ad una terza condotta, quella di sottrazione, implicita nell’addebito di non aver depositato le scritture nonostante il sollecito del curatore fallimentare.
La Corte di appello offre, pertanto, una motivazione apparente riguardo al dolo specifico richiesto, che in sé implica la necessità di una precisa individuazione della condotta nella sua oggettività ritenuta comprovata, opzione non assicurata dalla sentenza impugnata.
Anche il richiamo alla finalità di occultare atti depauperativi del patrimonio sociale, che costituirebbe in astratto prova del dolo specifico richiesto, in vero integra una motivazione apparente, in quanto non viene chiarito in concreto quali atti di tal natura siano stati posti in essere, non risultando alcuna correlata contestazione di bancarotta distrattiva o comunque emergenti condotte predatorie.
Pertanto il motivo di ricorso in esame è fondato, in quanto sia quanto al profilo oggettivo , che si riverbera su quello soggettivo, sia quanto a quest’ultimo, questa Corte riscontra una estrema confusione fra le due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.
La Corte di appello, in sede di rinvio dovrà tener conto di quanto affermato da questa Corte in plurime sentenze e di recente richiamato da Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 284677, che ha evidenziato come sia definitivamente superata ed assolutamente non più proponibile l’opzione ermeneutica secondo la quale, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, venivano ritenute condotte equivalenti la distruzione, l’occultamento o la mancata consegna al curatore della documentazione, ovvero l’omessa tenuta, da un lato e l’ irregolare o incompleta tenuta delle scritture contabili, dall’altro, sicché per la sussistenza del reato si riteneva sufficiente l’accertamento di una di esse e la presenza in capo all’imprenditore dello scopo di
recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 8369 del 27/9/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259038; Sez. 5, n. 9435 del 12/6/1984, Kranaver, Rv. 166406; Sez. 5, n. 6967 del 11/05/1981, COGNOME, Rv. 148775). Va ribadita la differenza strutturale tra le due categorie: quella che ricomprende l’omessa tenuta delle scritture, ovvero la loro distruzione o il loro occultamento, e quella relativa alla fraudolenta tenuta delle stesse. È stato osservato, da ultimo dalla sentenza COGNOME, come risulti invalsa nella prassi la consentita contestazione della fattispecie secondo una formulazione alternativa, di omissione delle scritture contabili ovvero di tenuta delle stesse in guisa tale da non consentire la ricostruzione del volume d’affari e del patrimonio della fallita (da ultimo: Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280572).
Se in sede di accertamento emerga la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche nella forma della loro omessa tenuta, non può essere addebitata all’agente la fraudolenta tenuta delle medesime, proprio perché tale ultima ipotesi implica un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari. Qualora emerga, sulla scorta di uno specifico accertamento, che la contabilità sia in parte omessa ed in parte irregolarmente tenuta, e che detta ultima situazione renda impossibile o complessa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, evidentemente proprio la descritta struttura della norma rende possibile non solo la contestazione alternativa, ma anche la sufficienza, ai fini delle individuazione della fattispecie penalmente rilevante, dell’accertamento di una sola delle condotte, ancorché diversamente strutturate, purché risulti possibile configurare anche il relativo elemento soggettivo. Ciò che, invece, non appare in alcun modo possibile è la confusione tra le due diverse condotte, data la loro specificità strutturale, sia sotto l’aspetto della condotta che dell’elemento soggettivo.
Infatti, Sez. 5, COGNOME evidenzia ancora come, una volta contestata la condotta per la quale è richiesto il dolo specifico, il giudice deve accertare la sussistenza delle prove in riferimento a tale ipotesi, non potendo, a fronte di una omessa tenuta della contabilità, anche parziale o limitata ad un determinato arco temporale, ritenere integrata, piuttosto, la condotta di tenuta irregolare della stessa.
A fronte della possibilità che qualunque scrittura – anche non obbligatoria «possa essere funzionale a rivelare condotte distrattive o, comunque, incompatibili con una corretta gestione imprenditoriale e tali da determinare un vantaggio ingiusto per l’imprenditore o un pregiudizio per il ceto creditorio, va affermato il principio secondo cui la motivazione del giudice di merito deve individuare e
spiegare la concreta attitudine e, quindi, l’incidenza, volta per volta, delle scritture prese in considerazione rispetto a tali determinazioni fenomeniche; il che, quindi, presuppone, auspicabilmente, anche la chiara indicazione, sin dalla fase della contestazione, della funzionalità delle scritture, in riferimento alla specifica condotta posta in essere ed alla corrispettiva attitudine delle stesse, come individuate, ad incidere sulla rappresentazione contabile dell’azienda e sulla sua alterazione». Pertanto, gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica, non possono certamente coincidere con la mera scomparsa dei libri contabili, il che rende evidente come, in concreto, a fronte di fenomeni di distrazione, la prova della bancarotta documentale risulti indiscutibilmente più agevole. Spetta ai giudici del merito individuare le ulteriori circostanze funzionali a circoscrivere la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori. In tal senso risulta evidente come tra le suddette circostanze assuma un rilievo fondamentale la condotta del fallito, nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa, nel senso che, una volta accertati fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il giudice di merito potrà, del tutto ragionevolmente, ricollegare, sul piano probatorio, che l’omessa tenuta della contabilità, o le condotte ad essa equivalenti, siano funzionali alla detta dissimulazione di atti depauperativi, allo scopo di arrecare un pregiudizio ai creditori o avvantaggiare il fallito, ovvero terzi (tra le altre, Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910; Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 262384).
Altrettanto palesemente -prosegue Sez. 5 COGNOME – risulta come le situazioni maggiormente problematiche siano da individuare in quei casi in cui non si ravvisano condotte distrattive di alcun tipo. Se non risulta elevata alcuna contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oppure sia intervenuta assoluzione per tale imputazione, va ribadita la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito di bancarotta fraudolenta documentale, perché in tal caso la prova non può giovarsi della presunzione per la quale l’omessa tenuta (o la condotta di sottrazione equivalente) delle scritture contabili sia di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale. Ciò è ancora più vero nel caso della bancarotta fraudolenta documentale a dolo specifico che, come detto, può manifestarsi anche in forma di parziale omissione; in presenza di specifiche circostanze – come ad esempio, la coincidenza tra l’omissione e l’affermarsi di una condizione di insolvenza; l’accertamento di condotte distrattive specifiche; la totale irreperibilità del legale rappresentante dell’azienda o la mancata cooperazione dello stesso con gli organi della procedura fallimentare – è
ben possibile argomentare come il quadro ricostruttivo appaia ragionevolmente incompatibile con un’ipotesi di trascuratezza colposa.
In tal caso, quindi, è possibile ritenere il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, purché sorretto da adeguata motivazione, che dia conto anche della specifica funzione delle scritture contabili e della finalizzazione della loro omissione alla determinazione dell’evento su cui deve cadere la rappresentazione e la volontà del soggetto agente.
Diversamente, nel caso in cui non siano ravvisabili elementi a sostegno del dolo specifico, va senza dubbio esclusa la possibilità di far rientrare la condotta in quella punita a titolo di dolo generico, la cui struttura fenomenica – in quanto basata su scritture che, per quanto incomplete o inidonee alla ricostruzione dell’andamento dell’impresa, sono state sottoposte agli organi fallimentari – risulta del tutto eccentrica rispetto alla condotta omissiva, anche parziale.
In tali casi, se le circostanze della vicenda processuale non consentono di individuare compiutamente neanche una condotta di irregolare tenuta delle scritture contabili – ossia di altre scritture alterate e/o falsificate, diverse da quelle non rinvenute – si verifica, senza alcun dubbio, l’assenza di elementi circostanziali che consentano di individuare il dolo specifico della fattispecie, con la conseguenza che la condotta dovrà essere inquadrata in quella di cui all’art. 217, comma 2, legge fallimentare.
A fronte di tali condivisi principi, richiamati da Sez. 5 COGNOME, il motivo di ricorso è quindi fondato.
Il secondo motivo è assorbito e resta impregiudicato.
Ne consegue l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, dovendo quest’ultima fare applicazione dei principi di diritto fin qui richiamati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 04/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME