Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46828 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46828 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Guardavalle il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 27/11/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato, applicando le circostanze attenuanti equivalenti alle aggravanti e mitigando di conseguenza il trattamento sanzionatorio, la sentenza del 14 dicembre 2022 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Latina che, all’esito del giudizio abbreviato, per quanto di interesse in questa sede, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per una condotta di bancarotta fraudolenta documentale (capo 1), due condotte di bancarotta
fraudolenta patrimoniale (capi 2 e 3), due delitti di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 2000 (capi 4 e 5), un delitto di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 (capo 6), u reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all’art. 256, n. 2, d.lgs. n. 15 2006 (capo 7) e un delitto di concorso in falsa perizia (capo 9) e unificate le condotte di cui ai capi 1), 2) e 3) in un unico delitto di bancarotta fraudolenta aggravata dalla pluralità dei fatti di bancarotta e dal danno patrimoniale di rilevante gravità e ritenuta la continuazione tra tutti i reati, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
In particolare, all’imputato si contesta di avere, quale amministratore di diritto e poi di fatto della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in d primo ottobre 2020, distrutto o sottratto le scritture contabili allo scopo d arrecare pregiudizio ai creditori o di procurarsi un ingiusto profitto, nonché di avere ceduto un ramo di azienda alla RAGIONE_SOCIALE ed altri beni alla RAGIONE_SOCIALE sebbene tali cessioni fossero prive di alcuna giustificazione economica, se non quella di depauperare la società poi fallita a detrimento delle ragioni creditorie (capi 2 e 3), nonché di avere, con le condotte di cui ai capi 2) e 3), sottratto fraudolentemente tali beni al pagamento delle imposte (capi 5 e 6) e, con la condotta descritta al capo 1), al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, distrutto o comunque occultato le scritture contabili di cui agli anni 2019 e 2020; infine all’imputato si contesta di avere realizzato un deposito incontrollato di rifiuti presso la sede della fallita (capo 7) e di ave concorso alla formazione, ad opera dell’AVV_NOTAIO, di una falsa perizia (capo 9).
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando sei motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la inutilizzabilità dell conversazioni oggetto di intercettazione per violazione dell’art. 270 cod. proc. pen. nonché la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente richiama i principi affermati dalla Sezioni Unite nella sentenza Cavallo (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, P.v. 277395) ed evidenzia che le intercettazioni erano state disposte in relazione alla diversa società RAGIONE_SOCIALE, anch’essa dichiarata fallita, per i reati di cui a artt. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 e 648-ter cod. pen. nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME a seguito del sequestro di un’area ove venivano sversati rifiuti stoccati dalla predetta società. Secondo l’ipotesi investigativa i du indagati avrebbero smaltito illegalmente i rifiuti con conseguente risparmio di risorse economiche reimpiegando le risorse provenienti dal reato di cui al citato
art. 256, comma 1, lett. a), in attività economiche. Nel corso delle conversazioni captate era emersa la figura di NOME COGNOME ed era stata acquisita la nuova notizia di reato per il delitto di bancarotta fraudolenta, con conseguente apertura di altri due procedimenti penali iscritti al n. 906/2021 ed al n. 1402/2021 R.G.N.R.
Dell’originario procedimento si era persa ogni traccia e i reati per i quali si era proceduto non erano stati più contestati all’imputato, ma le intercettazioni in esso disposte erano state utilizzate per l’acquisizione della nuova notitia criminis per i reati fallimentari che non erano connessi ex art. 12 cod. proc. pen. a quelli per i quali erano state inizialmente autorizzate le intercettazioni.
Sarebbe, quindi, sostiene il ricorrente, manifestamente errata ed illogica la motivazione della sentenza impugnata laddove si afferma che l’attività captativa era stata autorizzata proprio in relazione alle operazioni di svuotamento della RAGIONE_SOCIALE, realizzate anche mediante la cessione del ramo di azienda.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 406 cod. proc. pen. nella parte in cui non ha accolto la eccezione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente al 15 ottobre 2019.
La proroga del termine per le indagini era stata chiesta tempestivamente dal Pubblico ministero prima della sua scadenza in data 15 ottobre 2019, ma sulla istanza il Giudice per le indagini preliminari si era pronunciato dopo tre anni, il 14 novembre 2022, durante il termine per la redazione della motivazione della sentenza di primo grado, ed in essa neppure si indicava la nuova data di scadenza del termine prorogato. Peraltro, la proroga era stata concessa senza che venissero effettuate le notifiche previste dal comma 3 dell’art. 406 cod. proc. pen., con conseguente violazione del diritto di difesa, non essendo stato possibile depositare memorie difensive.
L’ordinanza di proroga, emessa dopo il completamento del giudizio di primo grado, aveva privato di ogni contenuto la procedura prevista dal comma 3 dell’art. 406 cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’omessa riqualificazione del reato di bancarotta quale bancarotta semplice.
Sostiene che nel caso di specie ricorrono operazioni caratterizzate da mera imprudenza e avventatezza oppure volte a ritardare la dichiarazione di fallimento e non condotte distrattive; anche la bancarotta documentale integrerebbe una bancarotta semplice.
Inoltre, la qualità di amministratore di fatto del COGNOME, nei periodi in cui egli non ricopriva la carica di amministratore di diritto, non sarebbe stata dimostrata.
Quanto al passivo, la società era gravata esclusivamente da debiti tributari per i quali non erano ancora iniziate le attività processuali di recupero, cosicché difettava l’anteriorità del compimento degli atti fraudolenti richiesta dall’art. 216 I.fall.
Difetterebbe anche il dolo specifico di depauperare il patrimonio sociale onde impedire l’azione esecutiva del fisco.
La cessione del ramo di azienda era stata attuata allo scopo di salvare l’azienda stessa dalla chiusura ed integrava un’operazione di manifesta imprudenza.
Neppure vi era alcuna prova della sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la illogicità della motivazione in ordine all’applicazione delle aggravanti della pluralità dei fatti di bancarotta e del danno patrimoniale di rilevante gravità, sostenendo che la pluralità delle condotte distrattive incide sulla gravità del reato, ma non sul perfezionamento del reato che rimane unico, dovendo le due cessioni in favore delle due società essere valutate unitariamente ed i due rami di azienda non erano in realtà tali, in quanto privi di autonomia funzionale.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente si duole dell’omessa motivazione del giudizio di equivalenza delle aggravanti con le attenuanti, avendo la Corte di merito utilizzato una formula di stile.
2.6. Con il sesto motivo il ricorrente si duole dell’omessa sua traduzione all’udienza di discussione del 12 ottobre 2023.
La Corte di merito ha rigettato l’istanza difensiva di rinvio dell’udienza richiamando il disposto dall’art. 23-bis, comma 4, del decreto-legge n. 137 del 2020. L’imputato aveva diritto di partecipare all’udienza, sia pure mediante collegamento audiovisivo da remoto, secondo quanto previsto dal comma 4 dell’art. 23 del d.lgs. citato, ma non gli sarebbe stato consentito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente neppure deduce di avere tempestivamente chiesto la trattazione orale del processo, cosicché, dovendo il contraddittorio essere attuato esclusivamente in forma cartolare, non vi era spazio per una partecipazione dell’imputato al processo, sia di presenza, a seguito di sua traduzione personale, sia mediante collegamento audiovisivo da remoto.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere trattati
unitariamente e sono inammissibili perché generici.
Con entrambi i motivi il ricorrente lamenta la inutilizzabilità, a fini probatori, di atti processuali.
Questa Corte di cassazione ha più volte affermato, in tema di ricorso per cassazione, che è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza su complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416). Inoltre, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta «prova di resistenza», in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identic convincimento (Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, Calabrese, Rv. 262011).
Nel caso in esame, il ricorrente non specifica quali sarebbero gli specifici atti affetti da inutilizzabilità per violazione dell’art. 406 cod. proc. pen. e nemmeno indica quale sarebbe la rilevanza ai fini del giudizio di tali atti e dell conversazioni intercettate, sebbene entrambi i giudici del merito abbiano esplicitamente affermato che la affermazione di penale responsabilità rimarrebbe inalterata anche laddove le conversazioni intercettate venissero espunte e che le stesse valgono solo quale ulteriore e non necessario riscontro della validità della ipotesi accusatoria, la cui fondatezza è già pienamente dimostrata dagli altri elementi di prova.
Inammissibile in quanto generico è anche il terzo motivo di ricorso.
Il ricorrente torna a ribadire apoditticamente che le condotte accertate andrebbero riqualificate come bancarotte semplici, omettendo di confrontarsi con le argomentazioni poste dai giudici del merito a sostegno del carattere fraudolento delle stesse, oppure contesta per la prima volta con il ricorso per cassazione la sua qualità di amministratore di fatto della fallita.
Anche laddove sostiene che il delitto di bancarotta fraudolenta non sarebbe configurabile in quanto l’azione esecutiva per il soddisfacimento dei crediti tributari non era stata ancora iniziata all’atto della dichiarazione di fallimento, egli si limita a reiterare doglianze formulate con l’atto di appello senza attaccare le ragioni poste dalla Corte di merito a base del loro rigetto.
In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stat accolti (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, NOME., Rv. 281521).
4. Anche il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
Quanto all’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, non vengono neppure illustrati i motivi a sostegno della doglianza.
Relativamente all’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, il motivo è manifestamente infondato atteso che, anche laddove i due atti di cessione fossero considerati quale un’unica condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l’aggravante rimarrebbe applicabile, atteso che il NOME si è anche reso responsabile della bancarotta fraudolenta documentale, cosicché anche in tale ipotesi ricorrerebbe una pluralità di condotte di bancarotta fraudolenta.
5. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
In tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinengo, Rv. 279838) e nel caso di specie la Corte di appello ha fornito adeguata motivazione facendo riferimento alla gravità del reato.
La ammissibilità e la non manifesta infondatezza del quinto motivo di ricorso impone di rilevare, ai sensi dell’art. 129 comma 1 cod. proc. pen., non essendo evidente la sussistenza di alcuna delle cause di proscioglimento previste dal successivo comma 2, l’estinzione del reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui al capo 7), come già riqualificato dal Giudice di primo grado, perché estinto per prescrizione già in data 29 gennaio 2024.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente all’imputazione di cui al capo 7) perché il reato è estinto per prescrizione. La pena inflitta in aumento per la continuazione in relazione a tale reato, pari a mesi quattro di reclusione al netto della riduzione per il rito
abbreviato, deve essere eliminata; di conseguenza la pena viene a ridursi ad anni quattro e mesi quattro di reclusione. Nel resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione di cui al capo 7) perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena inflitta in aumento per la continuazione. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 07/11/2024.