Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4730 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4730 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 13/10/1954
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE D’APPELLO DI TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre a mezzo del difensore avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, che ha confermato la pronunzia del G.u.p. del Tribunale della medesima città, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei delitti di bancarotta fraud societaria per distrazione e documentale specifica, nonché di bancarotta impropria per aggravamento del dissesto attraverso false comunicazioni ex art. 2621 cod. civ. (capo A), oltre che per due episodi di violazione dell’art. 641 cod. pen. per aver dissimulato lo stato di insolve della società fallita, contraendo con due clienti un’obbligazione con il proposito di non adempier (capi B e C);
considerato che il ricorso è articolato in tre motivi;
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con il primo il ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine al dolo specifico previst la bancarotta documentale. A ben vedere il motivo è aspecifico e manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata chiarisce, dopo aver descritto e ritenuto comprovato il delitt distrattivo, che la bancarotta fraudolenta documentale specifica scaturiva dalla volontà «copertura degli agiti gestori compiuti in danno della fallita» chiarendo altresì come, pur a fr della dichiarazione del curatore – che non vi fosse intenzione di ostacolare la ricostruzione deg affari – la stessa veniva a essere superata dalla circostanza che proprio a partire dal 2015 anno nel quale la società fallita aveva ricevuto notifica di un accertamento erariale, prodromi quindi alla potenziale aggressione dei beni, la documentazione risultava assente e con essa la prova dell’esistenza degli stessi (cfr. fol. 3 e 4 della sentenza). A tal proposito va eviden come, a differenza di quanto deduce il ricorrente, la Corte territoriale abbia rilevato quali gli indici di fraudolenza dai quali trarre che vi fosse una volontà diretta dell’imputat sottrazione delle scritture contabili, integranti l’animus nocendi richiesto, tratto non solo (come obietta il ricorrente) dall’omesso rinvenimento delle scritture, ma anche da ulteriori condo poste in essere dall’imputato, fra le quali quella significativa delle condotte distrattive; tali ultime condotte costituiscono solitamente la ragione probatoria ‘forte’ in ordine sussistenza del dolo specifico richiesto per la bancarotta documentale (sul punto, per un esame accurato del dolo specifico richiesto, cfr. Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, rv. 28467 – 02), tanto più che la mancanza delle scritture relative ai beni e al magazzino risult funzionale in modo specifico a celare l’intento distrattivo medesimo; inoltre, la Corte territo evidenziava come difettasse anche la documentazione relativa agli ultimi due mesi di attività aziendale (profilo con il quale il motivo di ricorso non si confronta), cosicchè lo stesso ri anche aspecifico sul punto;
con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine alle condotte insolvenza fraudolenta, quanto al dolo, che sarebbe stato tratto dal riferimento al falso comunicazioni sociali, richiamo censurato come illogico, in quanto dimostrerebbe invece la volontà di continuare nell’attività aziendale di vendite di mobili e cucine; a riguardo, il m non si confronta con la sentenza impugnata, che richiama il coefficiente psicologico del falso i bilancio, corredato dell’intenzione di ingannare i terzi, in quanto tale dinamica decetti ripropone anche con i due clienti, ai quali l’imputato fa versare il denaro per l’acquisto cucine, salvo mai inoltrare l’ordine delle stesse. Da tale condotta, come anche dallo stato decozione avanzata della società, e dall’assenza di poter far fronte agli obblighi contrattuali Corte di merito trae la prova del dolo che, come noto, deve essere desunto da elementi induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione e dal comportamento successivo all’assunzione dell’obbligazione, non solo dall’inadempimento (cfr. Sez. 2, n. 6847 del 21/01/2015 Rv. 262570 – 01; conf. N. 6350 del 1974, N. 14990 del 1977, N. 34192 del 2006 Rv. 234774 – 01, N. 39890 del 2009 Rv. 245237 – 01). Ed in vero gli indici evidenziati dalla Corte torinese dimostrano il d sulla base di una pluralità di elementi, che rendono manifestamente infondato il motivo di ricorso;
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con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione all’art. 81 cod in riferimento agli aumenti per la continuazione per i reati sub capi B e C, relativi al reato di insolvenza fraudolenta, quantificati in primo grado, e confermati dalla Corte di appello, in mese e giorni 15 di reclusione; il ricorrente ne lamenta l’eccessività; a ben vedere, quantificazione degli aumenti risulta motivata dalla Corte di appello in modo non manifestamente illogico oltre che corretto, per i connotati di particolare «odiosità in quanto impattant finanze familiari di ignari clienti». Si tratta di motivazione congrua, che conferma quella d sentenza di primo grado che aveva rilevato «per l’intensità del dolo, l’ammontare dei guadagni illeciti conseguiti, l’entità del danno cagionato alle persone offese, l’assenza di tangibili s comprensione degli illeciti commessi»; a ben vedere, a fronte di tale pertinente e no manifestamente illogica motivazione, assolutamente contenuti e proporzionati sono gli aumenti, cosicchè non si verifica il pericolo di incorrere in un cumulo materiale ‘camuffato’, preoccupazio espressa da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269. Le Sezioni Unite hanno fissato il seguente principio di diritto: “ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi 81 cod. pen., il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite”; quanto all’obbligo di motivazione afferente aumenti, le Sezioni Unite hanno chiarito che lo stesso richiede modalità di adempimento diverse a seconda dei casi, analogamente a quanto previsto per la pena base ovvero per le pene accessorie, ove la motivazione è tanto più necessaria quanto più ci si discosti dal minimo e superi la media edittale. E bene principi non dissimili – rilevano le Sezioni Unite – «sono stati espressi con precipuo riferimento alle pene determinate per i reati satellite. Sez. 3, n. 24979 22/12/2017, dep. 2018, F., non massimata sul punto, ha persuasivamente affermato che “se per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattis legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il mini edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motivazionale s stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto più quan abbia determinato la pena base per il reato ritenuto più grave applicando il minimo edittale e quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie dì reato”; nel caso in esame, certamente la misura dell’aumento è superiore al minimo edittale di giorni 15, ma è decisamente inferiore rispetto al massimo di ann due di reclusione, oltre ad essere corredata di una motivazione oltremodo giustificativa dell dosimetria dell’incremento di pena; pertanto il motivo è anche generico, in quanto, a fronte de parametri dettati da Sez. U, COGNOME (limiti dell’art.81 cod. pen.; non sia stato operato surrettizio cumulo materiale di pene; sussistenza della proporzione fra pena principale e pene dei delitti satellite) nulla di specifico adduce; Corte di Cassazione – copia non ufficiale ne consegue, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18/12/2024