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Bancarotta fraudolenta: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di bancarotta fraudolenta a carico degli amministratori di una società di costruzioni. La sentenza analizza diverse condotte illecite, tra cui la vendita sottocosto di un immobile a una società collegata e la tenuta irregolare della contabilità. La Corte ha confermato gran parte delle accuse, ma ha annullato la condanna per due capi d’imputazione specifici – la cessione di un contratto di leasing e il reato di bancarotta da operazioni dolose – a causa di un difetto di motivazione da parte della Corte d’Appello, rinviando il caso per un nuovo esame su questi punti.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Fallimentare, Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Analisi della Cassazione su Distrazione e Obblighi Contabili

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2908 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un articolato caso di bancarotta fraudolenta, offrendo importanti chiarimenti sulla responsabilità degli amministratori e sulla configurabilità del reato in presenza di complesse operazioni societarie. La pronuncia esamina la vicenda di una società di costruzioni condotta al fallimento attraverso una serie di atti distrattivi e una gestione contabile irregolare, confermando in larga parte le accuse ma annullando con rinvio la decisione su due specifici capi di imputazione per carenza di motivazione da parte del giudice di secondo grado.

I Fatti: La Gestione Societaria Sotto Accusa

Al centro del caso vi sono due amministratori (uno di diritto e uno di fatto) di una società di costruzioni, dichiarata fallita nell’aprile 2014. Le accuse mosse nei loro confronti delineano un quadro di gestione volutamente finalizzata a depauperare il patrimonio sociale a danno dei creditori. Tra le principali condotte contestate figurano:

* Bancarotta patrimoniale: La cessione di un importante complesso immobiliare a una società neocostituita, interamente partecipata da uno degli imputati, a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato. Il pagamento era avvenuto tramite un “accollo non liberatorio” di debiti ipotecari, una mossa che non aveva alleggerito la posizione debitoria della società fallita.
* Distrazioni di liquidità: Il pagamento di ingenti somme a favore della madre di uno degli amministratori, giustificato da un contratto preliminare ritenuto simulato, e la distrazione di un acconto versato da un terzo per l’acquisto di un immobile.
* Bancarotta documentale: La tenuta delle scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, soprattutto negli anni immediatamente precedenti al fallimento, periodo in cui si concentravano le operazioni distrattive.
* Bancarotta impropria: L’aver cagionato il dissesto della società attraverso operazioni dolose, come la promessa di vendita di immobili non di proprietà o già promessi ad altri, generando così ingenti obbligazioni risarcitorie.

I giudici di merito avevano riconosciuto la responsabilità penale degli amministratori per tutte le accuse, unificando le condotte in un unico reato di bancarotta fraudolenta aggravata.

La Decisione della Corte: Conferme e Annullamenti

La Corte di Cassazione ha esaminato i dodici motivi di ricorso presentati dalla difesa, rigettandone la maggior parte. Ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio per quanto riguarda le principali condotte distrattive, in particolare la vendita dell’immobile e la gestione contabile.

Tuttavia, la Corte ha accolto due specifici motivi di ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente a due capi d’imputazione e rinviando gli atti a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

1. Cessione del contratto di leasing (Capo A4): La Corte ha rilevato che i giudici d’appello avevano omesso di esaminare la documentazione prodotta dalla difesa, che mirava a dimostrare l’onerosità della cessione, e non avevano adeguatamente motivato la loro decisione sulla natura gratuita e distrattiva dell’operazione.
2. Bancarotta da operazioni dolose (Capo C): È stato riscontrato un vizio di motivazione sull’elemento psicologico del reato. La Corte d’Appello si era limitata ad affermazioni generiche e apodittiche sulla sussistenza del dolo, senza analizzare in modo specifico se le operazioni contestate fossero caratterizzate da colpa o da una reale volontà di causare il dissesto.

Le Motivazioni: Il Ruolo dell’Amministratore e la Bancarotta Fraudolenta

La sentenza offre spunti di riflessione cruciali. In primo luogo, la Corte chiarisce la posizione di responsabilità dell’institore, figura che, in virtù degli ampi poteri gestionali, è equiparato all’imprenditore per quanto riguarda gli obblighi di tenuta delle scritture contabili e risponde dei reati fallimentari commessi nella gestione affidatagli. Questo rende irrilevante, per uno degli imputati, la distinzione tra amministratore di fatto e institore, essendo la sua responsabilità penale fondata su una qualifica giuridica precisa.

In merito alla bancarotta fraudolenta documentale, la Corte ribadisce un principio consolidato: il reato sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio è impossibile, ma anche quando risulta semplicemente ostacolata e richiede uno sforzo anomalo da parte degli organi fallimentari. La finalità di occultare le operazioni distrattive, desunta dalla concomitanza tra le irregolarità contabili e gli atti di depauperamento, è sufficiente a integrare il dolo specifico del reato.

Di particolare interesse è l’analisi sulla bancarotta patrimoniale derivante dalla cessione di un bene con accollo non liberatorio del mutuo. La Cassazione conferma che tale operazione integra una distrazione, poiché la società cedente si priva di un bene mantenendo inalterato il proprio debito. Si tratta di una “perdita secca” per il patrimonio sociale, rendendo irrilevante la congruità del prezzo pattuito ai fini della sussistenza del reato.

Infine, la decisione di annullamento evidenzia un principio fondamentale del processo penale: l’obbligo di una motivazione completa e non apparente. I giudici di merito non possono limitarsi a formule generiche, ma devono confrontarsi analiticamente con le argomentazioni della difesa e fornire una spiegazione logica e coerente per ogni punto della decisione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza n. 2908/2024 rafforza alcuni principi cardine in materia di reati fallimentari. Per gli amministratori e i gestori d’impresa, emerge con chiarezza l’imperativo di una gestione trasparente e di una contabilità rigorosa. La decisione sottolinea come operazioni apparentemente lecite, come la vendita di un immobile con accollo di mutuo, possano nascondere finalità distrattive penalmente rilevanti, soprattutto se realizzate con parti correlate e in un contesto di difficoltà finanziaria. La responsabilità penale si estende non solo agli amministratori di diritto, ma anche a figure come l’institore, che detengono poteri gestionali effettivi. La pronuncia, infine, funge da monito per i giudici di merito, richiamandoli a un rigoroso dovere di motivazione, essenziale per garantire il diritto di difesa e la tenuta logica del percorso decisionale.

Quando la vendita di un immobile con accollo non liberatorio del mutuo costituisce bancarotta fraudolenta?
Secondo la Corte di Cassazione, tale operazione integra un’ipotesi di bancarotta per distrazione perché determina una “perdita secca” per la società fallita. Quest’ultima si priva di un bene del proprio patrimonio ma, dato che l’accollo non libera il debitore originario, continua a rispondere per l’intero debito. In questo contesto, la congruità del prezzo pattuito diventa irrilevante per la sussistenza del reato.

È configurabile la bancarotta fraudolenta documentale se i creditori riescono comunque a ricostruire il patrimonio della società?
Sì, il reato sussiste. La giurisprudenza ha chiarito che l’interesse protetto non è solo la possibilità di ricostruire il patrimonio, ma anche di farlo in modo agevole e documentato. Pertanto, il delitto si configura non solo quando la ricostruzione è impossibile, ma anche quando gli accertamenti degli organi fallimentari sono stati ostacolati e resi più difficili, richiedendo uno sforzo e una diligenza particolari a causa della tenuta irregolare delle scritture contabili.

Quale ruolo assume l’institore nella responsabilità per bancarotta fraudolenta?
L’institore, essendo preposto all’esercizio dell’impresa, ha l’obbligo, al pari dell’imprenditore, di osservare le disposizioni sulla tenuta delle scritture contabili. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 227 della legge fallimentare, se si rende colpevole dei fatti previsti dagli articoli sui reati di bancarotta (artt. 216, 217, etc.), gli si applicano le stesse pene previste per l’imprenditore. La sua responsabilità penale, quindi, non dipende dalla qualifica di amministratore, ma direttamente dal suo ruolo e dai suoi poteri gestionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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