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Bancarotta fraudolenta: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta di un amministratore unico accusato di aver prelevato ingiustificatamente 88.000 euro dalle casse sociali e di aver omesso la tenuta delle scritture contabili. La sentenza ribadisce che per la bancarotta distrattiva è sufficiente porre in pericolo le ragioni dei creditori, anche se l’impresa non è ancora insolvente. Per la bancarotta documentale, è sufficiente che la ricostruzione del patrimonio sia resa anche solo più difficoltosa. L’appello dell’imputato è stato interamente rigettato.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Analisi di una Recente Sentenza della Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 45003 del 2024, offre importanti chiarimenti sui confini del reato di bancarotta fraudolenta, sia nella sua forma patrimoniale (distrattiva) che documentale. Questa pronuncia è di fondamentale importanza per amministratori e imprenditori, poiché ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico valuta la gestione del patrimonio sociale e la corretta tenuta della contabilità in vista della tutela dei creditori. Il caso analizzato riguarda un amministratore condannato per aver effettuato prelievi ingiustificati e per aver tenuto la contabilità in modo da impedire la ricostruzione degli affari sociali.

Il Caso in Esame: I Fatti

L’amministratore unico di una società a responsabilità limitata operante nel settore delle costruzioni veniva condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta. Le accuse erano precise: aver effettuato, nel corso del 2012, prelevamenti bancari in contanti e tramite bancomat per un totale di 88.000,00 euro, senza alcuna apparente giustificazione legata all’attività d’impresa. A ciò si aggiungeva l’omessa tenuta delle scritture contabili dal gennaio 2012 fino alla data del fallimento, un comportamento che aveva di fatto impedito la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, articolando cinque distinti motivi per contestare la sentenza di condanna della Corte d’Appello.

I Motivi del Ricorso e la Bancarotta Fraudolenta

La difesa ha tentato di smontare l’impianto accusatorio su più fronti:

1. Sulla bancarotta patrimoniale: Si sosteneva che i prelievi fossero destinati a pagamenti in contanti verso un’altra impresa e che la motivazione dei giudici di merito fosse solo apparente.
2. Sull’elemento oggettivo: Si contestava la mancanza di prova che l’atto distrattivo avesse concretamente messo in pericolo la garanzia dei creditori, dato che nel 2012 la società non era ancora in stato di dissesto.
3. Sulla bancarotta documentale: L’imputato affermava di aver ceduto le quote e consegnato la documentazione ai nuovi soci nel luglio 2014, attribuendo a loro la responsabilità dell’incompletezza contabile.
4. Sull’idoneità delle scritture: Si evidenziava una dichiarazione del curatore fallimentare, secondo cui la contabilità, sebbene incompleta, era stata “tutto sommato sufficiente”.
5. Sull’elemento soggettivo: Si lamentava una motivazione illogica, basata solo sul cambio di commercialista e sulla tenuta disordinata dei documenti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in toto, fornendo una lezione chiara su ogni punto sollevato. La sentenza ha smantellato le argomentazioni difensive con rigore logico e giuridico.

Per quanto riguarda la bancarotta fraudolenta patrimoniale, i giudici hanno stabilito che l’imputato non aveva fornito alcuna prova concreta della destinazione aziendale degli 88.000,00 euro prelevati. Ma il punto cruciale è un altro: richiamando un principio consolidato, la Corte ha ribadito che la bancarotta distrattiva è un reato di pericolo. Non è necessario dimostrare un danno effettivo ai creditori; è sufficiente che la condotta abbia messo in pericolo le loro ragioni. Inoltre, citando le Sezioni Unite, la Corte ha specificato che i fatti di distrazione sono penalmente rilevanti in qualsiasi momento siano stati commessi, anche quando l’impresa era ancora in bonis, ovvero non ancora insolvente.

Sulla bancarotta fraudolenta documentale, la Cassazione è stata altrettanto netta. La presunta consegna della documentazione ai nuovi soci è stata considerata una mera dichiarazione pro se (a proprio favore) e priva di riscontri. Inoltre, la carenza documentale era iniziata nel gennaio 2012, ben prima della presunta cessione delle quote nel 2014. La Corte ha chiarito che il reato sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio è resa impossibile, ma anche quando risulta semplicemente difficoltosa o complessa per gli organi fallimentari. Infine, per l’elemento soggettivo (il dolo), è sufficiente il dolo generico: la coscienza e volontà di tenere le scritture in modo irregolare, con la consapevolezza che ciò possa ostacolare la ricostruzione delle vicende patrimoniali. Nel caso di specie, l’omessa tenuta della contabilità è stata ritenuta funzionale a occultare le distrazioni di denaro.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La sentenza 45003/2024 si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale più rigoroso in materia di reati fallimentari. Le implicazioni pratiche sono evidenti: gli amministratori hanno il dovere di gestire il patrimonio sociale con la massima diligenza e di mantenere una contabilità trasparente e completa. Qualsiasi prelievo di denaro deve essere documentato e giustificabile nell’interesse dell’impresa. La mancanza o l’irregolare tenuta delle scritture contabili, specialmente se funzionale a nascondere operazioni poco chiare, integra con facilità il grave reato di bancarotta fraudolenta, con conseguenze penali severe.

È necessario che un’impresa sia già in stato di insolvenza perché si configuri il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva?
No. La Cassazione chiarisce che i fatti di distrazione assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi, anche quando l’impresa non versava ancora in condizioni di insolvenza. È sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.

Per il reato di bancarotta documentale, le scritture contabili devono essere completamente mancanti o illeggibili?
No. Il delitto sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio è impossibile, ma anche quando gli accertamenti degli organi fallimentari risultano semplicemente ostacolati e resi più complessi, richiedendo una particolare diligenza per essere superati.

La semplice affermazione di un amministratore di aver destinato prelievi di cassa a finalità aziendali è sufficiente per escludere la sua responsabilità?
No. La sentenza ha evidenziato che, a fronte di prelievi per 88.000,00 euro, l’imputato non ha dimostrato in alcun modo di aver destinato le somme a finalità aziendali. Non è sufficiente una mera affermazione, ma è necessaria una prova documentale o di altro tipo che ne attesti l’impiego nell’interesse della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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