Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 45003 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 45003 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 06/07/1966
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME del foro di Prato, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Firenze confermava la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente limitatamente ai fatti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale di cui al capo A) dell’imputazione, dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione agli altri capi della rubrica.
Segnatamente il LIO’ è stato condannato per avere, nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, dalla data del 2 maggio 2011 al fallimento, effettato prelevamenti bancari in contanti o a mezzo bancomat, nell’anno 2012, per l’importo di euro 88.000,00 senza un’apparente giustificazione sottostante e, quanto alla bancarotta documentale, per aver omesso la tenuta delle scritture contabili dal gennaio 2012 sino alla data del fallimento, impedendo la ricostruzione del volume degli affari.
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidandosi a cinque motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia motivazione apparente in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale poiché la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che la contestazione circa l’omessa correlazione dei prelievi con l’attività aziendale era strettamente dipendente dall’imputazione per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, dichiarato estinto per intervenuta prescrizione nel giudizio di primo grado, in quanto i prelievi erano volti ad effettuare pagamenti in contanti all’impresa individuale del Dello Russo.
In particolare, lamenta l’assertività, rispetto alla relativa censura proposta in appello, della motivazione della Corte territoriale laddove, a pag. 14, si sarebbe limitata ad osservare che “nessun elemento di pregio risulta offerto per pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle del primo giudice, nulla di nuovo emergendo per ritenere che gli acquisti della merce da COGNOME siano effettivamente avvenuti”.
2.2. Con il secondo motivo il LIO’ assume mancanza della motivazione quanto all’idoneità in concreto dell’atto distrattivo a porre in pericolo la garanzia dei creditori considerato che nell’anno 2012 la società non era in stato di dissesto, intervenuto solo nell’anno 2015.
Lamenta, in proposito, che la Corte d’Appello di Firenze avrebbe argomentato esclusivamente quanto all’elemento soggettivo del delitto, senza dire alcunché rispetto a tale profilo afferente, invece, ad un elemento oggettivo del delitto.
2.3. Con il terzo motivo l’imputato assume manifesta illogicità della motivazione rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale in ordine alla possibilità di attribuire alla sua responsabilità l’incompletezza della contabilità poiché, in data 7 luglio 2014, aveva ceduto le proprie quote nella società ed effettuato il passaggio di consegna della documentazione, senza che potesse darsi rilievo, come aveva invece fatto la Corte territoriale, né alla circostanza che dalla visura camerale egli risultasse ancora amministratore alla data del fallimento poiché le iscrizioni camerali non hanno valore costitutivo, né all’omessa documentazione dell’avvenuto passaggio di consegne.
2.4. Con il quarto motivo il LIO’ deduce motivazione apparente quanto alla pretesa inidoneità delle scritture contabili a rendere impossibile in concreto la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita avendo lo stesso curatore dichiarato, come era stato evidenziato a pag. 5 dell’atto di appello, che la contabilità, sebbene incompleta, gli era “stata sufficiente, tutto sommato”.
2.5. Infine, il ricorrente lamenta motivazione apparente circa l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentazione e manifesta illogicità della relativa motivazione. Questa si fonderebbe, infatti, solo sulla circostanza che egli avrebbe artatamente cambiato il commercialista e che la documentazione era tenuta in maniera disordinata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere, nel suo complesso, rigettato.
2.Quanto al primo motivo, di carattere reiterativo, esso non si confronta con le congrue argomentazioni spese dalla Corte territoriale rispetto all’assunto per il
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quale i prelievi sarebbero stati destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, sul presupposto dell’esistenza delle fatture emesse.
E, infatti, la decisione impugnata ha posto in rilievo, con una motivazione non illogica, che, a fronte di prelievi effettuati per l’importo di euro 88.000,00, l’imputato non ha dimostrato, in ogni caso, di aver destinato le relative somme a finalità aziendali, non essendo stato documentato né l’impiego delle somme per il pagamento dei lavoratori distaccati presso il cantiere, né potendo ritenersi pertinente la deduzione compiuta considerato che i prelievi erano continuati anche in un periodo successivo, ad ogni modo, al termine dei lavori in questione.
Il secondo motivo è manifestamente infondato poiché non è elemento oggettivo, a differenza di quanto deduce l’imputato, del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva l’aver arrecato in concreto un pregiudizio alle ragioni creditorie, ma solo aver posto in pericolo le stesse (ex multis, Sez. 5, n. 24051 del 15/05/2014, COGNOME, Rv. 260142 – 01).
D’altra parte, come hanno chiarito le Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Pertanto, i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804 – 01).
3.11 terzo motivo è manifestamente infondato: invero, sia la decisione di primo grado che quella di appello non hanno attribuito rilievo decisivo alla circostanza che l’avvenuta cessione delle quote non risultava dal registro delle imprese bensì a quella, congruamente ritenuta dirimente, dell’assenza di qualsivoglia prova (tale non potendo certo considerarsi la dichiarazione pro se resa dall’imputato in sede di esame), che questi avesse consegnato la documentazione contabile della società ai nuovi proprietari.
D’altra parte, occorre anche considerare che la carenza documentale ha origine nel gennaio dell’anno 2012 e il preteso trasferimento delle quote e della gestione della società sarebbe intervenuto, secondo le deduzioni dello stesso LIO’, soltanto nel luglio del 2014, ovvero pochi mesi prima della dichiarazione di fallimento.
4.11 quarto motivo è manifestamente infondato, poiché il delitto è integrato non solo quando non sia possibile ricostruire in assoluto la situazione economica e patrimoniale della società ma anche quando ciò risulti difficoltoso, rendendo più complesso l’operato degli organi fallimentari.
Nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, difatti, l’interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma attiene ad una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il delitto sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (ex plurimis, Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 2019, Cortinovis, Rv. 274455 – 01; Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona, Rv. 265682 – 01).
5. Il quinto motivo non è fondato.
Se è vero, infatti, come evidenzia il ricorrente, che il dolo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale non può desumersi dalla circostanza che egli aveva cambiato commercialista, è pur vero, al contempo, che il commercialista al quale il LIO’ sostiene di aver consegnato le scritture contabili ha negato tale circostanza.
D’altra parte, la parziale omissione del dovere annotativo, integrante la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., è punita a titolo di dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell’impresa (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677 – 02).
Nella fattispecie in esame, come si desume dalla complessiva motivazione della decisione impugnata, l’omessa tenuta alcune di alcune scritture contabili si è rivelata funzionale ad occultare sia le fatturazioni per operazioni delle quali non è stata provata l’esistenza sia le distrazioni compiute in danno della società (e quindi in pregiudizio dei creditori della stessa) attraverso gli ingenti prelievi di denaro di cui all’imputazione per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Il ricorso deve dunque essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
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al pagamento delle spese Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente processuali.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2024 Il Consigliere Estensore