Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30214 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30214 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a STAZZEMA il 18/03/1964
avverso la sentenza del 26/11/2024 della Corte d’appello di Firenze Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr.ssa NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata a riguardo della condanna per bancarotta fraudolenta documentale.
In data 17 giugno 2025 i difensori dell ‘ imputato hanno inoltrato memoria difensiva con allegazioni documentali.
Ritenuto in fatto
1. E’ stata impugnata la sentenza della Corte d’appello di Firenze, che ha confermato l’affermazione di reità , deliberata dal g.u.p. presso il Tribunale di Lucca, di NOME in ordine al delitto di cui agli artt. 216 prima parte n. 1 del r.d. n. 267 del 1942 -capo 1) -e 216 prima parte n. 2 r.d. n. 267 del 1942 – capo 2) – commessi in qualità di titolare dell’impresa individuale NOME COGNOME di NOMECOGNOME dichiarata fallita il 12 ottobre 2017.
2.Il ricorso per cassazione, a firma di difensore abilitato, si è affidato a 4 motivi, di seguito enunciati ai sensi dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. I primi due motivi si sono concentrati sull’affermazione di responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di quattro automezzi di proprietà della fallita, e, in particolare, sul vizio di illogicità o di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, che non avrebbe dato conto delle ragioni di non condivisibilità della consulenza tecnica della difesa del dr. COGNOME avrebbe invece apoditticamente sposato la ricostruzione della polizia giudiziaria in ordine al valore economico dei veicoli, non avrebbe rispettato i precedenti giurisprudenziali di legittimità per quanto concerne la necessità della portata qualitativa della distrazione, da ritenersi così irrisoria da palesarsi inoffensiva. E non avrebbe, comunque, giustificato il mancato ricorso ad una perizia di stima che dirimesse il contrasto tra le diverse valutazioni offerte nel corso del processo.
2.2. Il terzo motivo ha lamentato la sussistenza di vizi motivazionali, a riguardo della ritenuta integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale. Sarebbero state trascurate in modo illogico le argomentazioni difensive volte a dimostrare l’insussistenza della coscienza e volontà della tenuta della contabilità in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari, con particolare riferimento ad un periodo di detenzione carceraria patito dal ricorrente e all’affidamento della tenuta delle scritture a professionisti esterni, COGNOME e COGNOME. Tali elementi avrebbero dovuto condurre la Corte a valutare l’eventuale integrazione del reato di bancarotta semplice in luogo di quello più grave contestato nell’imputazione.
2.3.Il quarto motivo ha dedotto vizi di violazione di legge e di motivazione in rapporto alla mancata applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, richiesta con i motivi aggiunti di appello. La Corte di merito avrebbe illogicamente respinto la richiesta, senza considerare le finalità della riforma, volta a sfoltire la popolazione carceraria quando siano irrogate pene detentive di breve durata.
Considerato in diritto
Il ricorso, a tratti inammissibile, è nel complesso infondato.
1.I primi due motivi, interdipendenti, sono a vario titolo generici, non consentiti in sede di legittimità e manifestamente infondati.
1.1. Le doglianze difensive si sostanziano in una complessiva protesta di dissenso e non si confrontano compiutamente con gli elaborati del duplice grado di merito -in doppia conforme sulla responsabilità ed ai quali, per ciò solo, è possibile indifferentemente attingere -che, a riguardo dell’estromissione dal patrimonio dell’impresa individuale dei 4 automezzi, hanno
concordemente propeso per la consumazione di fatti distrattivi di rilievo penale, concretamente pregiudizievoli per la massa dei creditori del fallimento. Con incedere piano e logico, immune da qualsiasi travisamento, le decisioni in rassegna hanno tratto dagli accertamenti del curatore fallimentare e della polizia giudiziaria l’avvenuta compressione della garanzia patrimoniale destinata al soddisfacimento dei creditori, con particolare e non esclusivo riferimento al valore economico e al pregio ‘s portiv o’ della Toyota Celica; ne hanno apprezzato la preferibilità rispetto alle conclusioni del consulente di parte COGNOME , correlate a semplici ‘indagini di mercato per i modelli di riferimento ed alla consultazione di mercuriali e riviste specializzate’ (pag.5 primo grado, pag. 9 appello), senza alcuna considerazione del prestigio storico di una di esse e in mancanza di qualsiasi approfondimento delle condizioni di conservazione dei veicoli; hanno sottolineato che la valutazione eseguita dalla polizia giudiziaria è del luglio del 2019, un anno e nove mesi dopo il fallimento, quando il valore dei beni, soggetti ad endemico, progressivo deprezzamento, avrebbe potuto ritenersi più elevato (pag.12 appello).
1.2. Mette conto allora rammentare che alla Corte di cassazione non può essere richiesta la “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è, in via esclusiva, riservato al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (S.U. n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); che il giudice, se ha indicato esaurientemente le ragioni del proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti i rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo (sez. 2, n. 15248 del 24/01/2020, COGNOME, Rv.279062; sez. 5, n.42821 del 19/06/2014, COGNOME e altri, Rv.262111); che -anche a voler accedere alle riflessioni del consulente della difesa, che ha comunque calcolato in euro 5.500 il valore complessivo dei mezzi -integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la dismissione di beni strumentali obsoleti distaccati dal patrimonio sociale in assenza di utile o corrispettivo, trattandosi di beni la cui consistenza economica, sebbene minima, esigua o ridottissima, è idonea comunque a costituire garanzia per i creditori (sez.5, n. 31680 del 03/06/2021, COGNOME, Rv. 281768, menzionata anche dalla sentenza impugnata). Fuor di luo go, poi, pretendere di calibrare la ‘qualità’ della sottrazione alla voragine debitoria cagionata dal fallimento -prodotto meritevole, invece, di più ampia censura o alle ‘spese’ che la curatela avrebbe dovuto ipoteticamente sopportare per la gestione dei veicoli una volta correttamente consegnati dal fallito, quasi a legittimare, paradossalmente e pretestuosamente, il depauperamento così operato, cagionato anche dagli inadempimenti che ne hanno condotto al fermo amministrativo come più ‘conveniente’ per la procedura concorsuale.
Occorre solo aggiungere, per completezza, che i documenti compiegati alla memoria difensiva del 17 giugno 2025 non meritano di essere presi in considerazione, atteso il principio di diritto in virtù del quale nel giudizio di legittimità non possono essere prodotti per la prima
volta nuovi documenti ad eccezione di quelli che l’interessato non sia stato (e con riferimento ai quali dimostri di non essere stato) in grado di esibirne gli esemplari nei precedenti gradi di giudizio ( ex multis , Sez. 5, n. 25897 del 25/05/2009, COGNOME, Rv. 243902; Sez. 4, n. 3396 del 06/12/2005, dep. 2006, Rv. 233241; Sez. 2, n. 1417 del 11/10/2012, dep. 2013, Rv. 254302; Sez. 3, n. 5722 del 07/01/2016, Rv. 266390; Sez. 1, n. 42817 del 06/05/2016, Rv. 267801) e, comunque, non possono essere prodotti documenti nuovi che esigano un’attività di apprezzamento di efficacia nel contesto delle prove già raccolte, perché tale attività è estranea ai compiti istituzionali della Corte di cassazione.
1.3. Quanto, poi, all’invocata perizia estimativa, che ad avviso dei difensori avrebbe dovuto essere ordinata dalla Corte territoriale attraverso l’istituto della rinnovazione parziale del dibattimento, il motivo di ricorso si rivela geneticamente inammissibile, perché la doglianza non è stata formulata con l’atto di gravame e rappresenta pertanto violazione di legge non dedotta con i motivi di appello (art. 606 comma 3 cod. proc. pen.). In tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua ” ratio ” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo a un punto del ricorso non investito dal controllo della Corte di appello perché non segnalato con i motivi di gravame (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 (dep. 2013) Rv. 256631; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Rv. 279903). Essa è, in ogni caso, negli inediti termini prospettati, manifestamente infondata, perchè l’operatività dell’ istituto processuale nel giudizio di appello è subordinata alla condizione che il giudice ritenga, nell’esercizio del potere discrezionale, che i dati probatori già acquisiti presentino margini apprezzabili di incertezza e che l’attività processuale richiesta rivesta carattere di decisività. Alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., può ricorrersi, cioè, solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori appresi siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia potenzialmente irrinunciabile per l’intrinseca capacità di eliminazione delle eventuali incertezze, ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo a porre in discussione le risultanze ritenute fondamentali per la decisione (cfr. per tutte, Sez. U n. 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266820; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, Rv. 227494). Ed il giudice d’appello, quando non abbia valutato di ricorrere alla rinnovazione del dibattimento sulla scorta dell’esercizio dei poteri officiosi ex art. 603 comma 3 cod. proc. pen., e dunque non abbia ritenuto la rinnovazione ‘assolutamente necessaria’, non ha certo l’obbligo di darne conto in motivazione.
Il terzo motivo non ha pregio.
2.1. La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 R.D. n. 267 del 1942 (oggi art. 322 comma 1 lett. b) D. Lgs. n. 14 del 2019, il c.d. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione (cui è parificata l’omessa tenuta) dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904). L’indirizzo in esame ha superato quello risalente, che tendeva ad equiparare -a riguardo delle condotte riconducibili alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale nella duplice declinazione, specifica e generica l’omissione della tenuta della contabilità alla sua conservazione irregolare od incompleta; l”omissione’ connota l”inesistenza’ degli adempimenti contabili, ritenuta equivalente alla sottrazione o all’occultamento di scritture esistenti e non consegnate al curatore, purchè accompagnata dalla prova dello scopo di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento alla massa creditizia; invece, la cura (non omessa ma) irregolare o incompleta di un impianto contabile messo a disposizione della curatela, per assurgere all’integrazione del più grave delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella forma di cui all’art. 216 comma primo n. 2, seconda ipotesi, R.D. n. 267 del 1942 rispetto a quello di bancarotta semplice di cui all’art. 217 comma 2 del R.D. n. 267 del 1942, deve essere caratterizzata -quanto all’elemento soggettivo – dal dolo generico di ‘fraudolenza’, inteso quantomeno come compiuta rappresentazione che le scritture consegnate alla curatela del fallimento non renderanno possibile la puntuale ricostruzione del patrimonio o dell’andamento degli affari (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904, cit.; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650, cit.). Pertanto, l’ipotesi di omessa tenuta ( o di omessa consegna al curatore, id est: sottrazione) dei libri contabili può rientrare -in questi termini – nell’alveo della bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216 comma 1 n. 2, prima ipotesi, del R.D. n. 267 del 1942, ma solo qualora si accerti (e si dia conto) che scopo dell’omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 L. Fall. (per quanto quest’ultima sia riferita alla sola contabilità obbligatoria e l’omissione della tenuta, penalmente rilevante, sia caratterizzata da una cornice temporale predeterminata: Sez. 5, n. 44886 del 23/09/2015, COGNOME, Rv. 265508), punita sotto il titolo della bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992).
2.2. Rientra allora nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, l ‘ omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili; ma occorre precisare
che essa comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri in tutto o in parte “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico perché relativo all’altra ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale (‘in guisa da non rendere possibile la ricostruzione’) dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni (sez.5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175).
2.3.Nel caso in esame, con l’imputazione, è stata contestata l’integrale, omessa tenuta delle scritture contabili, ancorchè collegata all’appendice ‘modale’ propria della c.d. bancarotta generale, ‘in guisa da non rendere possibile le ricostruzione del patrimonio e il movimento degli affari’.
Il motivo di ricorso -volto a lamentare un’assunta carenza di motivazione in relazione alla richiesta di derubricazione in bancarotta semplice -è fuori fuoco e del tutto infondato, perché anche nei limiti del regime di contabilità semplificata il ricorrente non ha osteso al curatore le scritture contabili ai fini IVA, tra cui le fatture, attive e passive, evidentemente fondamentali; l’inoltro, effettuato da un commercialista, tal COGNOME, in epoca ben successiva al fallimento circoscritto ai registri IVA degli anni 2012 e 2013 non vale a neutralizzare l’omissione, vuoi perché grava sull’imprenditore il dovere di costante compilazione e conservazione dell’impianto contabile, da cui discende uno specifico obbligo di garanzia a che i dati contabili siano correttamente annotati ed aggiornati e che la contabilità sia resa costantemente visibile agli organi di vigilanza e di controllo, che devono essere posti in condizione di ricostruire gli accadimenti aziendali; vuoi perché i provvedimenti di merito hanno rimarcato che l’inerzia del fallito ha precluso la benchè minima possibilità di intelleggibile rielaborazione dei fatti gestionali dell’impresa; sul punto, la sentenza impugnata ha superato facilmente le inconsistenti obiezioni difensive, pur acriticamente riproposte con il ricorso di legittimità, a riguardo del brevissimo periodo di detenzione carceraria del prevenuto -25 giorni -e dell’avvenuto deposito delle dichiarazioni dei redditi 2014,2015 e 20 16, che -come noto – non possono essere annoverate tra le scritture contabili (v. in motivazione sez.5, n. 11279 del 16/02/2010, Acciuolo, Rv.246370) e sono prive di efficacia dimostrativa se non nei contenuti confini della rappresentazione di dati contabili accorpati e finalizzati alla tutela degli interessi fiscali dello Stato e non sono certo il tramite della ricostruzione del movimento degli affari dell’impresa, tanto meno nel caso in esame, ove vi è prova della precisa volontà di non provvedere al rispetto degli obblighi di cura contabile, presupposto ineludibile di una fedele predisposizione delle dichiarazioni tributarie.
2.4.Vi è invece da osservare che il tessuto argomentativo delle decisioni di merito soddisfa l’onere illustrativo della sussistenza del dolo specifico, la finalità di recare pregiudizio ai creditori che -a dispetto dell’impropria formulazione dell’editto accusatorio deve essere complementare all’ omessa tenuta delle scritturazioni contabili come elemento costitutivo della figura della bancarotta documentale c.d. specifica. Non ha punto rilievo dirimente che, in taluni
passaggi, la motivazione delle sentenze in discorso -traendo spunto, evidentemente, dalla formale contestazione dell’addebito abbia richiamato il dolo di fattispecie nell’accezione consona al delitto di bancarotta fraudolenta documentale ‘generica’, perchè è principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui, quando il convincimento del giudice poggia su più ragioni distinte, ciascuna delle quali idonea a giustificare la decisione adottata, i vizi logici o giuridici relativi ad una sola di tali ragioni non inficiano la decisione che trova adeguato sostegno negli altri motivi non affetti da quei vizi (cfr., Sez. 4, n. 39176 del 25/09/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 17698 del 9/04/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 37466 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 281877 -01; Sez. 5, n. 2128 del 13/1/1978, COGNOME, Rv. 138077; Sez. 4, n. 216 del 02/05/1975, dep. 1976, Alba, Rv. 131797; Sez. 1, n. 604 del 02/05/1967, Solejam, Rv. 105773).
Orbene, il primo giudice ha convenientemente sottolineato come ‘all’assenza della quasi totalità delle scritture contabili obbligatorie corrisponda una linea di esercizio di impresa sottesa ad eludere non solo gli obblighi fiscali, ma persino quelli contabili, così da poter inquadrare la condotta come dolosamente contraria alla conservazione del patrimonio aziendale e strumentale a impedire ‘ la ricostruzione del ‘reale movimento degli affari La mancata tenuta della contabilità assume, pertanto, un ruolo centrale nella condotta dell’imputato e risulta strumentale proprio a impedire al curatore (e quindi alla massa dei creditori) di conoscere la reale consistenza patrimoniale dell’impresa e i movimenti economici, nonché le cause e il periodo dell’insolvenza’; ha dunque direttamente collegato il ‘deserto’ contabile all’univoco ed illecito intendimento di precludere la tracciabilità delle risorse finanziarie e del dirottamento dei beni aziendali a discapito delle aspettative creditorie, con una valutazione che delinea i contorni tipici dell’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 216 primo comma n. 2, prima parte , della legge fallimentare. Analogamente, la pronuncia della Corte territoriale ha puntualizzato che ‘ in concomitanza con tale condotta fraudolenta documentale venivano anche compiute le distrazioni parimenti fraudolente dei beni anzidetti, così da ostacolarne l’accertamento ed il recupero ‘ (pag.17); che ‘una tale fraudolenta tenuta della contabilità era proprio strumentalmente finalizzata ad ostacolarne l’accertamento della distrazione ed il recupero dei beni stessi o del loro valore in corrispettivo ‘ (pag.19); ‘per mancanza delle scritture contabili non è stato possibile accertare per il curatore in quanto tempo si sia accumulato il passivo; per mancanza delle scritture contabili non è stato possibile ricostruire per il curatore se l’imputato avesse ulteriori beni oltre a quelli rintracciati …’ (pag.21); sussisteva un ‘ interesse ad evitare la conoscenza -da parte dei terzi -delle vicende economiche dell’impresa (per coprire ed ostacolare l’accertamento delle distrazioni , peraltro anche riguardanti beni in fermo amministrativo, pag.23)’. Insomma e in definitiva, il ricorrente ha agito non solo con la rappresentazione-volizione degli elementi del fatto, ma anche per il conseguimento di una finalità ulteriore, quella di sottrarre le operazioni distrattive (che la sentenza di primo grado ha
diligentemente proiettato anche sull ‘operatività della RAGIONE_SOCIALE costituita nel medesimo torno di tempo dell’insolvenza della fallita, dotata di una sede sostanzialmente fittizia, svolgente la medesima attività e nella quale il Vita ha vantato evidenti interessi economici, pagg. 35) all’accertamento degli organi fallimentari attraverso il mancato assolvimento degli obblighi contabili.
3.Il quarto motivo, infine, non coglie nel segno.
3.1. Il diniego della sostituzione della pena detentiva è a sua volta allineato ai principi di diritto affermati da questa Corte, secondo cui la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e, dunque, considerando, in primis , le modalità delle violazioni commesse e la personalità del condannato ( ex multis , Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558). Siffatta interpretazione deve essere confermata anche dopo la c.d. riforma Cartabia (come già sostenuto da Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023, Agostino, Rv. 285090-01, in motivazione), posto che l’attuale richiamo ai «fondati motivi» di omesso adempimento, determinanti il rigetto dell’istanza ai sensi dell’art. 58, comma 1, seconda parte, legge 689/1981, impone solo di soppesare adeguatamente gli elementi prognostici disponibili, nell’ottica dell’adozione di forme sanzionatorie più consone alla finalità rieducativa del condannato e all’obiettivo di assicurare effettività alla pena, non certo ad escludere che sia consentito formulare prognosi in base ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e, dunque, anche con riferimento alla personalità dell’istante.
Invero, l’art. 58 della medesima legge prevede che: «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del Codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato». Il richiamo dell’art. 133 cod. pen. comporta la facoltà del giudice di tener conto anche dei «precedenti penali e giudiziari» e, in genere, della «condotta» e della «vita del reo, antecedenti al reato», ivi indicati; valutati i quali, il giudice «può» – come testualmente dispone l’art. 58 citato – «applicare le pene sostitutive». Al riguardo, infine, va solo aggiunto che la verifica della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve costituisce un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico (sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, Rv. 276716).
3.2.La pronunzia della Corte territoriale resiste, sul punto, alle critiche mosse con il ricorso perché ha congruamente stigmatizzato ‘la gravità della condotta, per le modalità, l’oggetto ed il contesto realizzativo’ ed i plurimi precedenti che ‘non hanno prodotto alcun effetto deterrente e responsabilizzante, in assenza’ di condotte riparatorie, neppure parziali; ha
insistito sulla ‘intensità del dolo delle modalità realizzative del fatto per cui si procede’ così da non potersi ravvisare ‘alcuna concreta finalità rieducativa nel lavoro di pubblica utilità’ e da escludere ‘ogni valutazione prognostica positiva in ordine al fatto che l’imputato osserverà ed adempirà con puntualità ed esaustività le prescrizioni del lavoro di pubblica utilità’.
3.3. Si sottrae, pertanto, ad una censura di manifesta illogicità un corredo espositivo che, facendo leva sull’impermeabilità del soggetto ai trascorsi giudiziari e sulla pervicacia e spregiudicatezza della condotta consumativa dei reati contestati, esprima un giudizio non rassicurante sulla prospettiva rieducatrice e sulla futura osservanza delle prescrizioni disposte con l’applicazione della pena sostitutiva, tanto più quella del lavoro di pubblica utilità, dal momento che, come sottolineato dalla Relazione illustrativa al D. Lgs. n. 150 del 2022 (pag. 377) -‘i l giudice di cognizione è pertanto chiamato a compiere una valutazione analoga a quella che il tribunale di sorveglianza compie allorché concede una misura alternativa alla detenzione (cfr., per l’affidamento in prova al servizio sociale, l’art. 47, co. 2, ultima parte, l. n. 354/1975 )’; che ‘il ruolo del lavoro di pubblica utilità, nel sistema delle nuove pene sostitutive, è comparabile a quello ricoperto dall’affidamento in prova al servizio sociale tra le misure alternative alla detenzione, in rapporto alla semilibertà e alla detenzione domiciliare’ (pag. 365 della Relazione illustrativa cit.); e che, per orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, ‘a llorché il giudice di merito abbia accertato una rilevante propensione a delinquere del soggetto, desunta da specifici e numerosi precedenti penali e da varie pendenze giudiziarie, è giustificato il giudizio prognostico negativo in ordine alle probabilità di successo dell’applicazione di misure alternative al regime carcerario, non essendo sufficiente l’assenza di indicazioni negative ed occorrendo, invece, elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di esito favorevole della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva ‘ (sez. 1, n. 38953 del 18/06/2021, Palermo; sez.1, n. 11573 del 05/02/2013, Barilà, Rv.255362; sez.1, n. 4553 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216914).
Ai sensi de ll’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di reiezione del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 03/07/2025
Il consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME