Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1809 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1809 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisi del Tribunale di quella stessa città – che aveva dichiarato NOME COGNOME quale amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 26 maggio colpevole di bancarotta fraudolenta impropria, per avere cagionato dolosamente il fallimento mediante la sistematica omissione del versamento delle imposte e dei contributi previdenzial nonché di bancarotta fraudolenta patrimoniale ( per avere distratto i canoni di locazione l’importo di euro 18.000 oltre 3000,00 di spese di transazione) e documentale ( per aver occultato/distrutto i libri e le scritture contabili) – ha rideterminato il trattamento sanz riconoscendo all’imputato le circostanze attenuanti generiche, equivalenti alle ravvis aggravanti della pluralità di fatti di bancarotta e del danno di rilevante gravità, confe nel resto la sentenza di primo grado.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, il quale svolge sei motivi.
2.1. Con il primo, denuncia inosservanza degli artt. :178 – 191 cod. proc. pen, e correlati della motivazione; in subordine, prospetta questione di legittimità costituzionale dell’a della Legge fallimentare per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, 117 co. 1 Cost. nella parte non esclude, dagli obblighi informativi del fallito nei confronti del curatore, le info autoindizianti non assistite, e, quindi, non ne prevede l’inutilizzabilità, in violazione del di uguaglianza, del diritto di difesa e del principio del giusto processo. Si richiamano gli a della giurisprudenza convenzionale e di quella costituzionale in tema di diritto al silenzio, “diritto della persona a non contribuire alla propria incolpazione e a non essere costre rendere dichiarazioni di natura con fessoria né direttamente né per il tramite di informazion questioni di fatto che possano essere successivamente utilizzate a sostegno dell’accusa e avere così un impatto sulla condanna o sulla sanzione inflitta” ( Corte cost. n. 84/2021, recependo CGUE del 2/2/2021 in causa C-481/19 D.B. contro C:ONSOB), che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 187 quinquiesdecies del D. Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 ( T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).
2.2. Con un secondo motivo, sono denunciati erronea applicazione della legge fallimentare, e correlati vizi della motivazione, in punto di qualificazione dell’imputato – componente del C senza delega operativa, né riconoscimento di emolumenti – quale amministratore effettiv anche di fatto della società fallita considerando, come espressive dell’attività gestoria, condotte dovute o omissive, senza replicare alle specifiche deduzioni dell’appellante sul pun 2.3. Con il terzo motivo, è denunciata mancanza della motivazione in merito al dolo specifi per il reato di cagionamento del fallimento per operazioni dolose, che richiede, secon consolidato canone ermeneutico di legittimità, la coscienza e volontà dell’evento-fallime configurando un reato di danno. La motivazione sul punto è del tutto inesistente, neppu richiamando per relationem quella di primo grado, che aveva apodiitticamente ritenuto, dalla
condotta omissiva integrata dalla inosservanza dei doveri di legge, l’aggravamento del dissest prodromico al fallimento.
2.4. Con il quarto motivo, è denunciata mancanza della motivazione in merito al dolo specific per il reato di bancarotta documentale, non essendo sufficiente, a tali fini, la mera circos del mancato rinvenimento della documentazione societaria, spettando all’Accusa la dimostrazione dalla finalità di profitto o di pregiudizio ai creditori.
2.5. Il quinto motivo denuncia, in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta document vizi della motivazione, anche per travisamento della prova documentale, costituita da due e mail reperite dalla difesa successivamente alla sentenza di primo grado, acquisite dal Giudice di appello. In particolare, si deduce che l’imputato aveva tempestivamente dichiarato curatore fallimentare che la documentazione societaria era custodita presso locali di propri della società RAGIONE_SOCIALE, la quale, in data imprecisata e senza fornire indicazio in merito alla sua destinazione, aveva provveduto a rimuoverla; detta circostanza era sta confermata dai testi COGNOME COGNOME e, poi, dalle due e-mail acquisite dalla Corte di appello, relative a corrispondenza interna fra esponenti della predetta società, gestore del RAGIONE_SOCIALE attestanti, l’una, il cambio di serratura avvenuto senza il consenso dell’imputato, e l’a diffida dell’imputato a riconsegnare entro cinque giorni i beni di sua proprietà asportati uffici. Si duole la Difesa che la Corte di appello abbia ritenuto indimostrata la asportazione scritture contabili nell’occasione descritta, per mancanza di interesse da parte della propr e non avendo l’imputato mai sporto denuncia. Secondo la Difesa, in tal modo, si produce un sovvertimento dell’onere della prova, e al valore attribuibile processualmente al silenzio mancati chiarimenti da parte dell’imputato.
2.6. Con un ultimo motivo, è censurata la mancanza di motivazione, in entrambe le sentenze di merito, sulla affermata sussistenza del danno di rilevante gravità, da ricollegars diminuzione patrimoniale cagionata al ceto creditizio dal fatto di bancarotta, e quind pregiudizio globale cagionato. Nel caso di specie, l’omesso pagamento dei debiti nei confron dell’Erario ha semplicemente lasciato residuare un debito in capo alla società, senza sottra alcunchè alla massa dei creditori, neppure essendosi verificata una distrazione delle somm non versate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.La questione di legittimità costituzionale, oltre che infondata, risulta anche non rilevan
1.1.Le dichiarazioni rese dall’imputato al curatore, durante la procedura fallimentare, non state, infatti, utilizzate, dalla Corte di appello, in modo decisivo ai fini della decision fondata, piuttosto, su tre indicatori fattuali, individuati – oltre che nella circosta ricorrente fosse stato l’unico interlocutore del curatore fallimentare – anche nella ra incompatibilità dell’età avanzata della formale titolare, madre dell’imputato, con la possib occuparsi da sola della amministrazione della società e nella personale riscossione, da pa dell’imputato, del pagamento dei canoni di locazione.
E’ noto il principio, affermato anche dalle Sezioni Unite, secondo cui, in tema di ricorso cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da poterse inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 d 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416; Sez. 6 n. 1219 del 12/11/2019 (dep. 2020 ) Rv. 278123); il motivo di impugnazione deve, cioè, illustrare, a pena di inammissibilità per a-specific l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini ella cosiddetta “prov resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irril ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino suffic giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv. 269218 Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017 Rv. 270303. Di tale onere non si è fatto carico il ricorre pur in presenza di una decisione che, come detto, ha tratto il proprio convincimento da un ampio compendio probatorio, che priva del carattere di decisività le dichiarazioni dell’imputat curatore. La Corte di appello si è, dunque, correttamente determinata, dal momento che il giudice dell’impugnazione non è tenuto a dichiarare preventivamente l’inutilizzabilità della pr contestata qualora ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddet “criterio di resistenza”, applicabile anche nel giudizio di legittimità ( Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, Rv. 270303).
1.2. Come premesso, la questione di legittimità costituzionale prospettata con il primo motivo ricorso è manifestamente infondata. Questa sezione, con un condivisibile, recente, arresto ( Sez. 5 n. 17828 del 09/02/2023, v. 284589) ha ritenuto “manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 191, 195 e 526 cod. proc. pen. per con con gli artt. 3,24, 111 e 117 Cost., in relazione agli artt, 6 CEDU, 47, comma 2, e 48 C.D.F.U. nella parte in cui non è prevista l’inutilizzabilità processuale delle dichiarazioni rese al nel corso della procedura fallimentare e da questi trasfuse nella propria relazione, posto ch curatore non svolge attività ispettive e di vigilanza, ma, in qualità di pubblico ufficiale, a rappresentare nella relazione a sua firma anche “quanto può interessare ai fini delle indag preliminari in sede penale”. Il principio ha avuto riguardo a una fattispecie relativa a dichiarazio rese al curatore da un teste e da un indagato di reato connesso in ordine al ruolo amministratore di fatto della fallita rivestito dall’imputato, compendiate nella relazione e o di testimonianza indiretta da parte del curatore stesso, e può essere affermato anche nel cas in esame, che attiene all’audizione del fallito, anche in tal caso, per richiedere informaz chiarimenti occorrenti “ai fini della RAGIONE_SOCIALEe della procedura”. In motivazione, si è ricorda la Corte costituzionale ha chiarito che la procedura fallimentare non è preordinata alla verifica di una notitia criminis (Corte cost. n. 136 del 1995), in quanto al curatore è attribuita la gestio della procedura al fine di liquidare il patrimonio fallimentare, a cui è correlato l’obbligo al fallito dall’art. 49 della legge fallimentare di presentarsi al curatore se occorrono infor o chiarimenti ai fini della RAGIONE_SOCIALEe, ragion per cui esso non è atto a fondare quel rapp
rapporto gerarchico istituzionalizzato che, in ossequio a quanto chiarito dalle sezioni `Raineri’ ( Sez. U. n. 45477 del 28/11/2001 Rv. 220291), determina l’applicazione dell’art. disp. att. cod. proc. pen., nè un potere di coercizione tale da imporre al fallito un ob collaborazione correlato ( come in altri ordinamenti) a veri e propri poteri ordinator snaturare la riferita funzione del curatore e, dunque, a conferirgli una posizio sovraordinazione ( cfr. sez.5 n. 38341 del 17/05/2019, Rv. 277342). In tale ottica, non giovare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’unione europea e della Corte costituzio citata dal ricorrente, giacchè si tratta di pronunce che attengono a un soggetto che versa in posizione ben distinta da quella del fallito, che ha l’obbligo di presentarsi allorchè o richiedergli le informazioni o i chiarimenti occorrenti solo “ai fini della RAGIONE_SOCIALEe”.
2. Il secondo motivo è finalizzato a una non consentita rivalutazione degli elementi di prova omette il confronto con la decisione impugnata, che – lo si è già detto – ha valorizzato pluralità di indici, rivelatori della RAGIONE_SOCIALEe continuativa da parte del ricorrente, socio al società, ex amministratore unico e poi membro del CDA presieduto dalla madre ottuagenaria, e ha richiamato il riscontro proveniente dalle dichiarazioni del socio di minoranza della falli affermare che COGNOME era amministratore effettivo della società, in vece della mad formale amministratrice, e, dopo il decesso della stessa, aveva continuato a gestire la soci senza neppure attivarsi per nominare un amministratore legale.
Non coglie nel segno neppure il terzo motivo.
Secondo la testuale previsione normativa di cui all’art. 223 co. 2 n. 2 L.F., la causazion fallimento deve essersi verificata con dolo o per effetto di operazioni dolose; al rigua giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’art 223, comma 2, I.fall. prevede autonome fattispecie criminose, che, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanzi differenze, incentrandosi la differenza tra tali due fattispecie – che contemplano entrambe u condotta dei soggetti qualificati che ha determinato il dissesto da cui è scaturito il falli sull’elemento soggettivo, perché nell’ipotesi di causazione dolosa del fallimento, ques voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente a operazioni dolose, esso è sol l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto dell’operazione ha accettato il rischio che esso si verifichi. Si afferma, dunque, che la loc “con dolo” va intesa con riferimento alla definizione di cui all’art. 43 cod.pen. per cui il deve essere previsto e voluto dall’agente come conseguenza della sua azione od omissione; la giurisprudenza è orientata, cioè, a ritenere che detta espressione si riferisca ai soli casi fallimento della società sia stato l’obiettivo avuto di mira dall’agente ( dolo diretto d (Sez. 5 n. 405 del 19/10/1984 dep. 1985, Gerli, Rv. 167402).
Quanto, invece, al dissesto per effetto di operazioni dolose, si ritiene, nella giurispr di legittimità più recente, che le operazioni dolose di cui all’art 223, comma secondo, n. fall., attengono alla commissione di abusi di RAGIONE_SOCIALEe o di infedeltà ai doveri imposti dall all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsec
pericolosi per la “salute” economico-finanziaria dell’impresa, e postulano una modalità pregiudizio patrimoniale discendente, non già direttamente dall’azione dannosa del soggett attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di magg complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedi o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato ( Sez. 5, n. 17690 del 18/02 Rv. 247316 ; conf. Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Rv. 261684, che, in applicazione de principio, ha ritenuto corretta la qualificazione di operazione dolosa data nella sent impugnata al protratto, esteso e sistematico inadempimento delle obbligazioni contributive, c aumentando ingiustificatamente l’esposizione nei confronti degli enti previdenziali, rend prevedibile il conseguente dissesto della società; conf. tra le altre, Sez. 5, n. 152 08/11/2016, dep. 2017, Rv. 270046; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Rv. 260492; Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014Rv. 261446; Sez. 5 n. 12426 del 29/11/21013, dep. 2014, Rv. 259997; Sez. 5, n. 17355 del 12/03/2015, Rv. 264080 secondo cui integra il reato d fallimento cagionato per effetto di operazioni dolose la condotta dell’amministratore ometta il versamento delle imposte dovute, gravando così la società da ingenti debiti confronti dell’erario, e successivamente proceda alla distribuzione dei predetti utili a dei soci, in quanto, allorché l’assegnazione dell’utile avvenga senza la pre-deduzione dell’o tributario e della conseguente penalità tributaria – che sorge al momento dell’erogazi della ricchezza – si concreta una manomissione della ricchezza sociale, trattandosi distribuzione che eccede quanto di pertinenza dei !:;oci.).
Dunque, la prima fattispecie è a dolo diretto di evento, in quanto il dissesto “entra nel della volontà”, mentre la seconda è a dolo eventuale, giacchè non è necessaria la volontà diret a provocare il dissesto, il quale è, piuttosto, l’effetto dal punto di vista della causalità di una condotta volontaria ma non diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il sog attivo dell’operazione accetta la probabilità che il dissesto si verifichi; è cioè suff consapevolezza di porre in essere un’operazione che, concretandosi in un abuso o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per la economico finanziaria della società, determini l’astratta prevedibilità della decozione, effetto della condotta antidoverosa ( Sez. 5 n. n. 45672 del 1/10/2015, NOME, Rv. 2655 conf,. Sez. 5 n. 38728 del 3/04/2014, Rv. 262207). Nei confronti della società, l’amministraz ha, invero, un obbligo di fedeltà e , ai sensi dell’art. 2394 cod. civ., di non creare dolo una situazione economico-finanziaria tale da rendere necessario il fallimento; ogni violazion tale obbligo integra, sussistendone le altre condizioni, un'”operazione dolosa” rilevante ai della norma in esame.
In alcune pronunce, si è fatto riferimento a una ipotesi di bancarotta preterintenzionale sottolineare che il collegamento con l’evento è puramente causale, come lascia intendere formula “per l’effetto di”, in cui il dolo è riferito alle sole operazioni che cagionano il l’onere dell’Accusa resta assolto dalla dimostrazione della consapevolezza e volont dell’amministratore della complessa azione recante pregiudizio patrimoniale nei suoi elemen
naturalistici e nel suo contrasto con i propri doveri, a fronte degli interessi della soc inserendosi nel solco della citata necessità dell’astratta prevedibilità dell’evento di dissest effetto dell’azione antidoverosa ( Sez. 5 n. 38728 del 03/04/2014, Rv. 262207; Sez. 5, n. 176 del 18/02/2010, Rv. 247315; Sez. 5, n. 2905 del 16/12/1998′ Rv. 212613).
A differenza della bancarotta patrimoniale – in cui la condotta distrattiva (o dissi deve consistere in una diminuzione del patrimonio sociale, a prescindere dalla circostan che abbia determinato il fallimento, che è sufficiente intervenga – nella bancarotta impr cagionata da operazioni dolose, le condotte dolose, che non necessariamente costituiscono distrazione o dissipazione di attività, devono porsi in nesso eziologic il fallimento; ciò che rileva, ai fini della bancarotta fraudolenta improp è, dunque, l’immediato depauperamento della società, bensì la creazione, o l’aggravamento, di una situazione di dissesto economico che, prevedibilmente, condurrà al fallimento della società (in tal senso, Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Co Rv.262188, secondo cui sussiste il delitto di bancarotta fraudolenta previsto dal 223, comma secondo n. 2, I. fall. anche quando le operazioni dolose dalle quali deriv fallimento della società non comportano una diminuzione algebrica dell’attivo patrimonia ma determinano comunque un depauperamento del patrimonio non giustificabile in termini di interesse per l’impresa).
Non cade, peraltro, in contraddizione il giudice di merito che ritenga insussistente i (specifico) diretto alla causazione del fallimento, ed, al contempo, ravvisi il dolo (ge in relazione a singole operazioni distrattive, che hanno determinato il fallimento 5, n. 11945 del 22/09/1999, Rv. 214856).
Alla luce di tali coordinate, posto che nella bancarotta impropria, nell’ipotesi di fa causato da operazioni dolose non determinanti un immediato depauperamento della società, la condotta di reato è configurabile quando la realizzazione di tali operazioni si accompagni, il profilo dell’elemento soggettivo, alla prevedibilità del dissesto come effetto della antidoverosa ( da ultimo, Sez. 5 n. 348 del 07/12/2021 (dep. 2022 ) Rv. 282396), la valutazione della Corte territoriale risulta corretta, emergendo, implicitamente, complessiva trama argomentativa della sentenza impugnata, come la protratta, sistematica omissione del pagamento delle obbligazioni fiscali sia stata ritenuta il frutto di una consa scelta RAGIONE_SOCIALEale dell’imputato amministratore, attuata fin dal 2004 e protrattasi per g successivi ( fino a raggiungere un debito di quasi due milioni di euro nei confronti dell’E donde la ravvisata sussistenza dell’elemento psicologico, ossia della coscienza e volontà de operazioni da cui l’imputato poteva prevedere che potesse derivare il fallimento, giacchè, an in ragione dell’inevitabile carico sanzionatorio, proprio per l’ampiezza del fenomeno e per la sistematicità, che, di fatto, ha caratterizzato un ampio arco temporale, egli poteva preve ragionevolmente il conseguente dissesto (cfr. sul punto, Sez. 5, n. 15281 del 08/11/201 dep. 2017, Rv. 270046). L’approdo è coerente con l’indirizzo di questa Corte secondo cui operazioni dolose di cui all’art 223, comma secondo n. 2, I. fall., possono consister
compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa (Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Rv. 260 In realtà – è stato chiarito – l’ “operazione” è termine semanticament:e più ampio dell’ “azi intesa come mera condotta attiva, e ricomprende l’insieme delle condotte, attive od omissiv coordinate alla realizzazione di un piano; sicché, può ben essere integrata dalla violazi deliberata, sistematica e protratta nel tempo – dei doveri degli amministratori concerne versamento degli obblighi contributivi e previdenziali, con prevedibile aumento dell’esposiz debitoria della società.( Sez. 5 n. 24752 del 01/06/2018, Rv. 273337). La sentenza impugnata appare, sul punto, immune da censure, avendo, appunto, affermato la sussistenza del dolo generico delle operazioni dolose, consistite nel sistematico inadempimento degli obblighi tribu e contributivi, e la prevedibilità del dissesto, conseguente all’accumulazione di un’esposi milionaria.
Il quarto e il quinto motivo attingono il delitto di bancarotta documentale fraudo Entrambi sono infondati.
4.1. Si osserva, in primo luogo, quanto al dedotto travisamento della prova, che entrambe sentenze di merito non hanno dato credito alla versione difensiva, incentrata sulla sottraz non autorizzata della documentazione contabile della fallita da parte della società RAGIONE_SOCIALE in cui aveva sede la RAGIONE_SOCIALE, e dove scritture e libri sociali si trovavano depositati; la sentenza impugnata, in particolare, dopo avere acquisito le due e-mail prodotte dalla difesa al Giudice di secondo grado, ha osservato come – in assenza di una denuncia ma presentata dal ricorrente e non emergendo alcun interesse concreto della società depositari della documentazione – da tale corrispondenza si tragga, esclusivamente, il riscontro del camb di serratura della porta di accesso all’immobile, non già l’asportazione delle scritture co Non coglie nel segno la lagnanza difensiva che denuncia una inversione dell’onere della prova i violazione del diritto al silenzio, dal momento che il tema della illecita sottrazio documentazione è stato introdotto proprio dal ricorrente su cui gravava, quindi, l’o dimostrativo, come detto, non ritenuto assolto dalla Corte di appello, attraverso un argoment affatto illogico.
4.2. Quanto all’elemento soggettivo, la Corte di appello ha chiaramente individuato il specifico proprio della fattispecie contestata nell’intento di occultare la distrazione dei locazione, a volere indicare il carattere funzionale dell’occultamento/sottrazione delle sc in quanto attività finalizzata a non svelare condotte distrattive a detrimento del ceto cre La Corte di appello si è avvalsa del principio di diritto che, in presenza della posizione di e dell’onere di tenuta e conservazione delle scritture, pone a carico della Difesa, una dimostratane l’inosservanza, la prova che il mancato rinvenimento delle scritture fosse dip da cause non imputabili al ricorrente, il quale si è limitato a prospettare una versione ip che, comunque, non ha trovato conferma in atti. La sentenza impugnata ha, dunque, tratto con corretto ragionamento logico inferenziale, il dolo specifico, ovvero la finalità di conseg
profitto o di danneggiare i creditori, non solo dal mancato rinvenimento delle scritture, ma intempestiva trasmissione della dichiarazione sostitutiva di certificazione circa la rimozione documentazione, dalla sostanziale neutralità della corrispondenza informatica, consegnata sol nel giudizio di appello, e dalla accertata distrazione dei canoni di locazione.
5.Non ha pregio neppure il motivo che attinge la circostanza aggravante.
Posto che, secondo l’orientamento ampiamente maggioritario di questa Corte, in tema di reat fallimentari, la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui 219, comma primo, I. fall., è applicabile alle ipotesi di bancarotta impropria previste 223, commi primo e secondo, I. fall. (Sez. 5, n. 17690 del 18/0212010, Rv. 247320 ; Sez. 5, n. 10791 del 25/01/2012, Rv. 252009 ); Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, Rv. 251215; Sez. 5, n. 2903 del 22/0312013 (dep. 2014) Rv. 258446; Sez. 5 -, n. 24216 del 24/02/2021, Rv. 281578), e che, allo stesso modo, si afferma che la disciplina speciale sul concorso di reati prevista d 219, comma secondo, n. 1, legge fall., si applica anche alle ipotesi di bancarotta impropria.( Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011 Cc. (dep. 26/05/2011 ), P.G. in proc. Loy, Rv. 249666 ), si osserva che, nel caso di specie, il motivo risulta a-specifico, dal momento che il ricorrente om confronto con la complessiva ratio della decisione delia Corte di appello. La sentenza impugnata, infatti, ha riconosciuto entrambe le circostanze aggravanti contestate, non solo quella, og del motivo di ricorso, della gravità del danno, e ha evidenziato come siano state riconosciu circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle due aggrava contestate, altresì precisando che “la prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti è preclusa dalla sussistenza di più fatti di bancarotta”. Con tale dato – che priva di consistenza la prospettata possibilità di un diverso giudizio di comparazione – la Difesa n confronta affatto, limitandosi a sostenere il proprio interesse alla deduzione facendo riferi esclusivo a una sola delle due circostanze ravvisate, senza affrontare il tema dell’inci determinante, nella trama argomentativa della sentenza impugnata, della ulteriore circostan sul giudizio di comparazione. Tale fatto rende inammissibile il ricorso, giacchè giurisprudenza consolidata, manca di specificità il ricorso per cassazione che si limiti alla di una sola delle diverse “rationes decidendi” poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome ed autosufficienti (Cass., n. 2754 del 6/12/2017, rv 272448-01; sez. 3, n. 3002 del 14/7/2011, rv. 250972). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6. Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 05 dicembre 2023 Consigliere estensore