Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30392 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30392 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 15/03/1958
avverso la sentenza del 07/04/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata del 5 aprile 2025, la Corte d’appello di Messina ha confermato la decisione del Tribunale in sede con la quale è stata affermata la responsabilità penale di NOME COGNOME COGNOME per i delitti di bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale, nella qualità di amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del 18 febbraio 2019.
Avverso la sentenza indicata della Corte d’appello di Messina ha proposto ricorso l’imputato, con atto a firma del difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure a tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione, anche sub specie di travisamento dei fatti quanto al dolo specifico, in relazione alla bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma primo, n.2, I. fall. in presenza di un percorso giustificativo fondato sul mero rilievo della mancata consegna dei partitari e degli estratti conto contabili, finendo per presumere l’elemento soggettivo e trascurando di considerare che la documentazione di cui si contesta la mancata produzione è relativa ad epoca in cui l’imputato non rivestiva la qualità di amministratore e che, in ogni caso, trattavasi di documentazione (gli estratti conto) facilmente reperibile dal curatore.
Risulta, altresì, pretermessa:
ogni valutazione delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME, consulente tecnico del Tribunale per le imprese di Palermo, intese a collocare le condotte suscettibili di determinare il depauperamento sociale ad epoca antecedente all’assunzione della carica;
la rilevanza della mancata consegna del bilancio di verifica al 19 febbraio 2019 e dell’elenco debitori ai fini della prova del dolo;
l’obliterazione delle dichiarazioni del teste COGNOME riguardo la custodia della contabilità da parte del Ragionier COGNOME.
Con un secondo argomento, contesta la parte della motivazione che tratta della bancarotta patrimoniale, ritenuta sussistente in relazione al mancato recupero di un credito pari ad Euro 40.000,00, che invece l’imputato aveva inteso ottenere attraverso il componimento bonario della relativa controversia, iniziativa poi coltivata dalla stessa curatela, e senza esplicazione alcuna del danno cagionato alla massa.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge in riferimento all’art. 603 cod. proc. pen. per avere la Corte di merito rigattato la richiesta di rinnovazione
dell’istruttoria mediante l’esame dei consulenti tecnici, senza spiegare perché non sussistessero le condizioni richieste dalla norma.
2.13 Con il terzo motivo, si contesta la determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME ha rassegnato per iscritto le proprie conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con memoria del 7 luglio 2025, il Difensore ha ribadito le proprie censure, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
1.La questione processuale proposta con il secondo motivo è inammissibile.
1.1. Premesso che il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice di appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (Sez. 3, n. 34626 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 283522 – 01), dalla sentenza impugnata risulta che la Corte d’appello non ha ritenuto ricorrenti eccezionali esigenze di integrazione probatoria, facendo corretta applicazione del principio per cui la rinnovazione della prova in appello può essere disposta solo se il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266820 – 01).
1.2. Per contro, il ricorrente lamenta il mancato esperimento di un confronto tra consulenti tecnici, in tesi finalizzato alla dimostrazione di un effettivo depauperamento patrimoniale, che non introduce, con la necessaria precisione, quale contrasto tra le dichiarazioni dei medesimi sarebbe stato risolto per mezzo del predetto mezzo di valutazione della prova orale, in tal moto svolgendo una censura generica ed indeterminata.
2 II primo motivo è, invece, fondato.
2.1. Le censure rivolte al capo della sentenza relativo alla bancarotta patrimoniale colgono un evidente punto di criticità della sentenza impugnata.
2.1.1. La Corte territoriale ha, invero, applicato un mero automatismo laddove, richiamando una massima di questa Sezione, ha reputato che la mera mancata esazione di un credito costituisca, ex se, condotta di dissipazione, sottraendosi al necessario scrutinio della pericolosità in concreto e degli indici di fraudolenza del dolo – generico – di fattispecie.
Da un lato, invero, la mancata esazione, per le vie legali, di un credito, in assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinuncia ad esercitare i diritti sottostanti al credito stesso, non si traduce in atto di disposizione patrimoniale, reale o simulato, da cui consegua la diminuzione, effettiva o apparente, della garanzia patrimoniale della fallita, rimanendo i crediti in questione parte integrante del patrimonio (V. Sez. 5, n. 11752 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278930 – 01; n. 49438 del 2019 Rv. 277743 – 01, n. 57153 del 2018 Rv. 275232 – 01, n. 32469 del 2013 Rv. 256252 – 0); e, nel caso in esame, non si vede neppure in un caso di mera inerzia, indiziante di una sostanziale abdicazione al diritto di credito, dando conto la sentenza impugnata di un tentativo stragiudiziale di bonario componimento che non implica, ex se, alcuna deminutio patrimoni.
2.1.2. E la valenza di siffatta modalità di esazione, che il ricorrente ha peraltro ragionevolmente giustificato con l’esigenza di limitare gli esborsi che un’iniziativa legale avrebbe senz’altro comportato, non è stata apprezzata neppure sul versante della necessaria ricerca degli indici di fraudolenza che rilevano ai fini della dimostrazione tanto dell’elemento oggettivo che del dolo, e che impongono al giudice la verifica – e quindi la motivazione – della concreta pericolosità del fatto distrattivo e dell’elemento soggettivo del reato attraverso specifici elementi sintomatici, rinvenibili, ad esempio, «nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passivit rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa» (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, Rv. 270763 01).
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata sul capo della bancarotta patrimoniale.
2.2. Analoghe criticità, prospettate con il ricorso, attingono il versante della bancarotta documentale.
2.1.2. Già il vulnus rilevato al paragrafo che precede introduce un elemento di riconsiderazione degli indicatori di fraudolenza relativi al diverso capo in disamina, poiché, ai fini della valutazione dell’elemento soggettivo della bancarotta documentale, poiché il dolo può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, COGNOME, Rv. 283659 – 01), ma deve essere, invece, positivamente dimostrato ove siffatta contestuale condotta non si configuri.
2.1.2. Per altro verso, devesi rilevare come, con l’appello, si era, invero, inteso contrastare, punto per punto, le argomentazioni rese dal giudice di primo grado, che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, sub specie di sottrazione o comunque omessa consegna di taluni libri contabili, evidenziando come:
le uniche scritture contabili non rese disponibili fossero costituite dai partitari relativi agli anni 2011-2012 e dagli estratti conto bancari del 2013 e dell’ultimo trimestre del 2015;
l’imputato non rivestisse, all’epoca, la qualità di amministratore e che, successivamente all’assunzione della carica, tale documentazione, custodita presso il contabile COGNOME, non gli fosse stata consegnata;
i movimenti bancari fossero ricostruibili dalla documentazione in possesso
degli istituti di credito. evidenziando, in tal modo, gli errori di diritto in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado:
sull’elemento materiale del reato, non comprendendosi se la documentazione sia stata ritenuta “confusa ed assolutamente carente”, e quindi inattendibile, fraudolentemente sottratta o distrutta o, invece, semplicemente non consegnata;
sull’elemento soggettivo, in assenza degli indicatori dei dolo specifico di fattispecie ed, anzi, in presenza del travisamento dell’avvicendamento delle cariche societarie.
Specifiche censure erano state, altresì, articolate riguardo la determinazione del trattamento sanzionatorio e la durata delle pene accessorie fallimentari.
2.1.2. Siffatto impegno irnpugnatorio ha devoluto al giudice del gravame la rilettura dei dati probatori attraverso critiche, specificamente mirate ai passaggi della sentenza di primo grado, svolte in punto di diritto, di indubbio rilievo e chiaramente mirate alla necessaria rivalutazione dei fatti.
E’ stato, difatti, censurato il ricorso promiscuo, da parte del giudice di primo grado, ora alla inattendibilità della documentazione contabile, ora alla mancata istituzione, ora alla mancata consegna al curatore, in un quadro probatorio che ha, invece, restituito la consegna tardiva e il reperimento delle scritture aliunde; e tale segnalazione si connota di particolare incisività, se sol si considerino le diverse fattispecie incriminatrici applicabili nei diversi casi richiamati ed il diverso atteggiarsi del correlativo elemento soggettivo.
Senza farsi carico dei criteri distintivi tra le fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale previste dall’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall., il giudice di primo grado ha finito per sovrapporre le diverse condotte ivi previste, di fatto ignorando che:
l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838);
rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico, dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni (Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175 – 01);
la parziale omissione del dovere annotativo, integrante la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma 1, n. 2), legge fall., è punita a titolo di dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell’impresa. (In motivazione la Corte ha chiarito che l’impedimento nella ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito non rappresenta l’evento del reato, ma costituisce una peculiare modalità della condotta, che interagisce sull’elemento psicologico nella sua connotazione di dolo intenzionale) (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 284677 02);
l’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili può dar luogo alle fattispecie di cui agli artt. 16, n. 3 e 220 legge fall., ai delitti d bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma primo, n. 2 legge fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’ad,. 217, comma secondo, legge fall., che possono concorrere quando la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione o mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta delle stesse in modo irregolare o incompleto ovvero tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (Sez. 5, n. 3190 del 16/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280260 – 01).
2.1.3. Ebbene, a fronte della mirata critica contenuta nell’atto d’appello, specificamente indirizzata ai punti essenziali della ratio decidendi della sentenza impugnata, la Corte di merito si è limitata a confermare la sentenza di primo grado svolgendo valutazioni in fatto, senza sciogliere il nodo essenziale della specifica condotta comprovata nel caso in esame e del relativo statuto giuridico; opzione che si impone poiché – va ribadito – lo scopo di recare danno ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali, deve essere riguardato alla luce della complessiva ricostruzione della vicenda e delle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificità l’elemento soggettivo che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (V. Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01, in fattispecie di omessa tenuta della contabilità), senza alcun automatismo o semplificazione giustificativa.
In conclusione, la Corte di appello non si è fatta carico di alcuna delle censure declinate nell’atto di gravame, disimpegnando la motivazione senza farsi carico della variegata fenomenologia dei reati fallimentari, ciascuno caratterizzato da sue proprie
peculiarità strutturali, eludendo le doglianze analiticamente riportate dall’appellante.
In tal modo, le argomentate critiche dell’appello sono state sostanzialmente eluse e la Corte d’appello ha dato corpo ad un apparato motivazionale del tutto avulso dalla
funzione di controllo e verifica della fattispecie concreta, rimessa alla giurisdizione di merito di secondo grado.
3. Da quanto premesso – e ritenuti assorbiti i motivi inerenti il trattamento sanzionatorio – discende che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio
ad altra sezione della Corte d’appello di Messina che, in piena libertà di giudizio, ma facendo corretta applicazione dei principi enunciati, procederà a nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della
Corte d’appello di Messina.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente