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Bancarotta Fraudolenta: guida alla responsabilità

La Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di due amministratori di una società nautica. La sentenza chiarisce la responsabilità per la distrazione di beni e la tenuta della contabilità, anche in caso di gestione promiscua con altre società. L’amministratore ha l’onere di provare la destinazione dei beni mancanti all’attivo fallimentare.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: La Cassazione sulla Responsabilità degli Amministratori

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39160 del 2024, ha affrontato un complesso caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, oltre che di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico. La decisione offre importanti chiarimenti sulla portata della responsabilità penale degli amministratori, sia di diritto che di fatto, nella gestione di una società poi dichiarata fallita. Questa pronuncia ribadisce principi consolidati in materia, delineando con nettezza i doveri e gli oneri probatori che gravano su chi gestisce il patrimonio sociale.

I Fatti: La Gestione Confusa di una Società Nautica

La vicenda processuale riguarda due amministratori, uno di diritto e uno di fatto, di una società a responsabilità limitata operante nel settore nautico, dichiarata fallita nel 2012. Le accuse a loro carico erano gravi: bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver distratto dal patrimonio sociale un gommone, due rimorchi e cospicue somme di denaro. Inoltre, erano imputati di bancarotta documentale per aver tenuto le scritture contabili in modo tale da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Uno degli amministratori era anche accusato, in concorso con un familiare, di truffa aggravata ai danni dell’ente regionale per aver ottenuto illecitamente fondi pubblici, simulando lavori di ripristino a seguito di un’alluvione.

La difesa degli imputati si basava su una serie di argomentazioni volte a smontare l’impianto accusatorio, sostenendo, tra le altre cose, che alcuni beni non fossero mai stati di proprietà della società fallita o che determinati pagamenti fossero giustificati da rapporti di promiscuità gestionale con un’altra società a loro riconducibile.

I Motivi del Ricorso e le Difese degli Imputati

In Cassazione, i ricorrenti hanno contestato la sentenza della Corte d’Appello su più fronti.

Per quanto riguarda la bancarotta fraudolenta patrimoniale, hanno dedotto vizi di motivazione in merito a diverse operazioni distrattive. Ad esempio, per la vendita di un’imbarcazione, sostenevano che il bene non appartenesse alla società fallita ma a un’altra entità da loro gestita, nonostante l’esistenza di una fattura emessa proprio dalla fallita. Per altre somme, contestavano la prova della loro effettiva percezione o giustificavano i pagamenti come necessari per evitare il fallimento della società collegata.

In relazione alla bancarotta documentale, uno degli amministratori sosteneva di non poter essere ritenuto responsabile per un disordine contabile preesistente al suo insediamento e di essere stato, in ogni caso, un mero esecutore delle direttive dell’amministratore di fatto.

Infine, per l’accusa di truffa aggravata, la difesa ha argomentato che la condotta illecita (la presentazione di documentazione falsa) fosse avvenuta dopo l’erogazione dei fondi e che, pertanto, non potesse aver indotto in errore l’ente pubblico.

La Decisione della Corte sulla Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, ritenendoli infondati. In materia di bancarotta patrimoniale, i giudici hanno ribadito un principio cardine: quando un bene, che era nella disponibilità della società prima del fallimento, non viene rinvenuto dal curatore, spetta all’amministratore fornire una prova specifica e convincente della sua destinazione. La mancata dimostrazione che il bene sia stato impiegato per le finalità sociali integra la prova della distrazione.

La Corte ha ritenuto irrilevanti le argomentazioni difensive basate sulla promiscuità gestionale tra la società fallita e l’altra società collegata. Anzi, proprio questa confusione patrimoniale e operativa è stata vista come un elemento che rafforzava l’ipotesi accusatoria di una gestione opaca finalizzata a occultare operazioni distrattive.

La Responsabilità dell’Amministratore per la Contabilità

Anche il motivo relativo alla bancarotta documentale è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che, in caso di avvicendamento nella gestione, sull’amministratore subentrante grava un autonomo obbligo di verificare la correttezza della contabilità ereditata dal predecessore. Egli ha il dovere di ripristinare i libri contabili mancanti e di regolarizzare le scritture, non potendo invocare a sua discolpa il disordine pregresso. La responsabilità penale, pertanto, non viene meno.

La Questione della Truffa e delle Sanzioni

Per quanto riguarda la truffa aggravata ai danni dell’ente regionale, la Corte ha chiarito che l’attività ingannatoria non si è limitata alla fase di richiesta del contributo, ma ha compreso l’intero iter, inclusa la presentazione di documentazione falsa per attestare lavori mai eseguiti, volti a giustificare l’utilizzo dei fondi. Questo comportamento integra pienamente il reato di truffa aggravata ai sensi dell’art. 640-bis c.p.

Infine, la Corte ha confermato la congruità delle pene inflitte e il riconoscimento della recidiva per uno degli imputati, sottolineando come la decisione dei giudici di merito fosse adeguatamente motivata in base ai numerosi precedenti penali e alla manifesta insensibilità al trattamento sanzionatorio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su principi giuridici consolidati. La bancarotta fraudolenta è un reato che tutela l’interesse dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale dell’impresa. L’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, ovvero la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella imposta dalle finalità dell’impresa, con la probabile conseguenza di un danno per i creditori. La Corte ha ritenuto che la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito fosse logica e coerente, e come tale non sindacabile in sede di legittimità. Le argomentazioni difensive sono state qualificate come un tentativo di ottenere una nuova e inammissibile valutazione del merito della vicenda.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma della rigorosa interpretazione giurisprudenziale in tema di reati fallimentari. Essa ribadisce che gli amministratori hanno un dovere di gestione trasparente e diligente del patrimonio sociale. La promiscuità tra società diverse, lungi dall’essere una scusante, può diventare un indice della volontà di occultare operazioni illecite. Inoltre, viene riaffermato il principio di responsabilità per cui chi assume una carica amministrativa eredita non solo gli attivi, ma anche il dovere di sanare le irregolarità contabili pregresse. La decisione serve da monito per tutti gli operatori economici sull’inderogabilità dei doveri di corretta gestione aziendale a tutela dei creditori e del mercato.

In caso di bancarotta fraudolenta, chi deve provare dove sono finiti i beni mancanti?
Secondo la sentenza, spetta all’amministratore dimostrare la destinazione dei beni che erano nella disponibilità della società prima del fallimento e che non sono stati trovati dal curatore. La semplice assenza del bene, in mancanza di una giustificazione, può costituire prova della sua distrazione.

Un amministratore appena nominato è responsabile per il disordine contabile creato dal suo predecessore?
Sì. La Corte ribadisce che sull’amministratore subentrante grava l’obbligo autonomo di verificare la contabilità precedente e, se necessario, di ricostruirla e correggerla. Non può semplicemente ignorare il disordine pregresso.

Qual è la differenza tra truffa aggravata e indebita percezione di fondi pubblici?
La truffa aggravata (art. 640-bis c.p.) richiede l’induzione in errore dell’ente pubblico attraverso artifici o raggiri (come la presentazione di documenti falsi). L’indebita percezione (art. 316-ter c.p.), invece, si configura in situazioni più marginali, come la semplice omissione di informazioni dovute, senza un’effettiva attività ingannatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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