Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33652 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33652 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUGLIESE NOME NOME a APRILIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo s’–k GLYPH – o 0U…t.
udito il GLYPH sore
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 10 luglio 2023, ha confermato la decisione del Tribunale della stessa città che ha condanNOME, per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, NOME COGNOME, n.q. di amministratore unico, dall’Il ‘maggio 2011 (data della costituzione della società) sino al 29 lugli 2014 e, successivamente, di liquidatore della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 9 novembre 2016. All’imputata è stato addebitato di aver sottratto, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o d recare pregiudizio ai creditori, tutti i libri o le altre scritture contabili, non aver cagioNOME con dolo, consistito nell’omettere sistematicamente il versamento dei contributi previdenziali e delle imposte dovute a partire dal 2011, il falliment della compagine sociale.
Propone ricorso per cassazione l’imputata a mezzo del proprio difensore di fiducia, articolando due motivi qui riportati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge e il travisamento della prova in quanto l’imputata avrebbe iniziato ad amministrare la società quando questa era già decotta.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzioNOMErio. In particolare, si censura la motivazione nella parte in cui non sono state concesse le attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta il travisamento della prova e afferma che la società «è transitata nell’alveo dell’amministrazione della COGNOME in un momento in cui era già fallita e qualunque condotta posta in essere da quest’ultima non ha alcuna rilevanza ai fini della consumazione della bancarotta». Si assume, in altri termini, che lo stato di decozione sussisteva già prima dell’assunzione dell’incarico di amministratore formale da parte dell’imputata e si deduce il travisamento della prova.
Orbene, la ricorrente reiteira in modo del tutto generico un motivo già fatto valere con il ricorso in appello e non si confronta minimamente con quanto messo in rilievo dalla Corte distrettuale che ha evidenziato, tra l’altro, sia ch «non sono emersi elementi nel dibattimento per ritenere che la COGNOME, risultata in carica nella fase immediatamente precedente al fallimento per oltre due anni come liquidatrice della società, non abbia rivestito un ruolo effettivo nella società; viceversa, per la COGNOMECOGNOME nata nel DATA_NASCITA , la cui posizione è stata definit
nell’udienza preliminare stante il suo decesso, deve rilevarsi che la nomina è stata effettuata un mese prima del fallimento ed è stata iscrit successivamente alla dichiarazione di fallimento. L’età della predetta e la nomina nella fase terminale dell’impresa fanno ritenere, come correttamente ritenuto dal Tribunale, che trattasi di un prestanome», sia che è obbligo del liquidatore, e quindi dell’imputata «tenere un comportamento attivo volto a dimostrare non solo la situazione economica attuale, ma anche la consistenza della gestione pregressa, tanto che contestualmente all’emissione della sentenza dichiarativa di fallimento è imposto il deposito dei libri e delle altre scritture contabili».
Orbene /la secca e del tutto generica affermazione della ricorrente non solo non trova alcun minimo riscontro nelle risultanze processuali, ma è smentita dai rilievi della Corte d’appello che, si ripete, mettono in evidenza che conformemente all’imputazione, la COGNOME, prima ancora di essere nominata liquidatrice della società e senza soluzione di continuità ne è stata amministratrice formale dalla costituzione (11.5.2011) sino al 29.7.2014.
Va in ogni caso evidenziato che è onere degli amministratori di diritto tenere o comunque istituire nuovamente, in caso di sottrazione o dispersione precedente o comunque di mancata consegna, le scritture contabili fino alla cessazione non solo sostanziale ma formale, dunque fino alla cancellazione della impresa dal relativo registro (Sez. 5, n. 20514 del 22/01/2019, COGNOME, Rv. 275261 – 01; conf. n. 15516 del 2011 Rv. 250086 – 01, n. 35168 del 2005 Rv. 232572 – 01, n. 20911 del 2011 Rv. 250407 – 01, n. 4727 del 2000 Rv. 215985 – 01). A tal proposito, dunque, assolutamente inconsistente è la doglianza con cui si rappresenta che, avendo la COGNOME amministrato una società ormai decotta, conseguentemente non sussisteva in capo alla stessa il dovere di aggiornamento delle scritture contabili dovendosi piuttosto ritenere che, se esistenti, le scritt andavano correttamente tenute e se inesistenti andavano istituite, anche ove la fallita avesse cessato le attività.
Inammissibile è poi il secondo motivo di ricorso in quanto, come risulta dall’esposizione dei motivi di appello contenuta nella sentenza impugnata e non contestata in parte qua, esso è del tutto inedito. Ed invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «deve ritenersi sistematicamente non consentita (non soltanto per le violazioni di legge, per le quali cfr. espressamente art. 606, comma 3, c.p.p.) la proponibilità per la prima volta in sede di legittimità, con riferimento ad un capo e ad un punto della decisione già oggetto di appello, di uno dei possibili vizi della motivazione con riferimento ad elementi fattuali richiamabili, ma non richiamati, nell’atto di appello: solo in tal modo è, infat possibile porre rimedio al rischio concreto che il giudice di legittimità possa disporre un annullamento del provvedimento impugNOME in relazione ad un punto
della decisione in ipotesi inficiato dalla mancata/contraddittoria/manifestamente illogica considerazione di elementi idonei a fondare il dedotto vizio di motivazione, ma intenzionalmente sottratti alla cognizione del giudice di appello. Ricorrendo tale situazione, invero, da un lato il giudice della legittimità sarebbe indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice d’appello, dall’altro, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza d’appello con riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi fattuali che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale rivolta alla Corte di appello, ma siano sta richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione» (così, in motivazione, Sez. 2, n. 32780 del 13/7/2021, COGNOME, Rv. 281813; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062; in senso conforme, ex plurimis, Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279903; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869; Sez. 2 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368).
3. Atteso l’esito del ricorso la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende, della somma di C 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 8 aprile 2024