Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14670 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14670 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SERRA RICCO’ il 17/06/1957
avverso la sentenza del 17/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che, rideterminando il trattamento sanzionatorio, ha parzialmente riformato la pronunzia di primo grado con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta;
letta la memoria pervenuta via PEC con la quale la Difesa argomenta diffusamente in relazione ai motivi di ricorsi e alle ipotizzate ragioni di inammissibilità a fondamento della proposta formulata dall’Ufficio spoglio;
rilevato che con il primo motivo, quale il ricorso denunzia la violazione della legge e la mancanza della motivazione in ordine della ritenuta sussistenza della partecipazione dolosa dell’imputato al progetto distrattivo messo in atto dagli altri e che, con il secondo motivo, esso invece censura la contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta;
ritenuto che la Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, abbia puntualmente esplicitato le ragioni del suo convincimento, in particolare in relazione al riconoscimento in capo all’imputato del ruolo di extraneus con il prescritto elemento soggettivo (si vedano, in particolare, pagg. 5 e seguenti) e che, pertanto, le censure svolte con i primi due motivi siano entrambi indeducibili in sede di legittimità, risolvendosi nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito e omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01), nonché in quanto essi tendono ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti sia mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal Giudice di merito, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944 – 01), sia operando una valutazione parcellizzata della provvista indiziaria, attraverso una critica, svolta in particolare con il primo motivo, ai singoli elementi che la compongono e obliterando il significato probatorio che essi assumono se unitariamente considerati;
ritenuto, altresì, che le argomentazioni svolte, in particolare, con il secondo motivo in ordine alla estraneità del dolo di profitto rispetto alla fattispecie contestata siano inconferenti, assumendo il dato del profitto non il significato di elemento del reato, quanto di elemento fattuale significativo di una consapevole partecipazione dell’imputato all’operazione distrattiva, che, nella logica ricostruzione compiuta dalla sentenza impugnata, è stata ritenuta indicativa dell’esistenza di uno specifico interesse economico anche dell’extraneus e, dunque, di uno specifico movente,
vulnus laddove la consapevolezza del
recato al ceto creditorio è stata all’evidenza dedotta a partire dal significativo depauperamento dell’area di garanzia conseguente
leasing alla cessione di un contratto di
dopo avere pagato i canoni e senza che la società poi fallita ricevesse il corrispettivo pattuito: operazione di cui COGNOME era
pienamente a conoscenza;
ritenuto che il terzo motivo, con cui il ricorso denunzia l’assenza della motivazione in ordine all’eccessiva durata delle sanzioni accessorie, sia indeducibile perché
fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e, in tale sede, parzialmente accolti, con conseguente applicazione di una
sanzione che è comunque inferiore alla media edittale, con conseguente attenuazione degli oneri motivazionali gravanti sul Giudice di merito;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 26 marzo 2025.