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Bancarotta fraudolenta extraneus: quando si risponde

La Corte di Cassazione conferma la condanna per un soggetto esterno (extraneus) per il reato di bancarotta fraudolenta. La sentenza chiarisce che la partecipazione a operazioni fittizie che depauperano il patrimonio di una società in crisi, con la consapevolezza di danneggiare i creditori, è sufficiente per configurare la responsabilità penale. L’appello è stato dichiarato inammissibile poiché le azioni poste in essere rappresentano un reato di pericolo concreto, indipendentemente dalla successiva restituzione dei beni.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Extraneus: la Cassazione chiarisce la responsabilità

In tema di reati fallimentari, la figura del concorrente esterno al reato, o bancarotta fraudolenta extraneus, solleva complesse questioni sulla sussistenza dell’elemento soggettivo. Con la sentenza n. 13627/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e consolidando l’orientamento sulla volontarietà della condotta e sulla natura di pericolo concreto del reato. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un soggetto, esterno alla gestione di una società poi fallita, accusato di aver concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Nello specifico, l’imputato aveva stipulato, circa due anni prima della dichiarazione di fallimento, due contratti ritenuti distrattivi.

Il primo contratto consisteva nel trasferimento di tutti i beni mobili della società a fronte di un presunto credito che le corti di merito hanno ritenuto inesistente, basato su prestazioni fittizie. Il secondo, quasi coevo, era un contratto di affitto d’azienda stipulato tra la società fallita e un’altra società riconducibile allo stesso imputato, a un canone anomalo e mai corrisposto. I beni, di fatto, furono restituiti alla curatela fallimentare solo a seguito di una transazione.

La difesa aveva sostenuto che il fatto dovesse essere riqualificato come bancarotta preferenziale, contestando la sussistenza dell’elemento soggettivo (dolo) in capo all’extraneus, il quale, secondo la tesi difensiva, non avrebbe agito con l’intento di danneggiare i creditori.

La Decisione della Corte: la responsabilità nella bancarotta fraudolenta dell’extraneus

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e generico. I giudici hanno confermato la solidità della motivazione della Corte d’Appello, che aveva correttamente individuato tutti gli elementi del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva. La Corte ha sottolineato come l’intera operazione, composta dai due contratti, fosse unitaria e finalizzata a spogliare la società del suo patrimonio.

La Cassazione ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato, è irrilevante che i beni siano stati successivamente restituiti alla curatela. Ciò che conta è l’atto di depauperamento idoneo a creare un pericolo per le ragioni dei creditori.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri concettuali:

1. La natura di reato di pericolo concreto: La bancarotta fraudolenta è un reato di pericolo concreto. Questo significa che il delitto si perfeziona nel momento in cui viene posta in essere l’azione di depauperamento del patrimonio sociale, se tale azione è idonea a mettere a rischio il soddisfacimento dei creditori. Non è necessario che il danno si consolidi in via definitiva. La successiva transazione con la curatela non elimina la rilevanza penale della condotta originaria, che ha già creato il pericolo tutelato dalla norma.

2. L’elemento soggettivo dell’extraneus: Per affermare la responsabilità del concorrente esterno, non è sufficiente la mera consapevolezza dello stato di dissesto della società. È necessaria, invece, la volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’amministratore (intraneus), con la consapevolezza che tale condotta determinerà un impoverimento del patrimonio sociale ai danni dei creditori. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i numerosi indici (la fittizietà del credito, il trasferimento di tutti i beni mobili, il canone d’affitto irrisorio e mai pagato) dimostrassero ampiamente la piena volontarietà e consapevolezza dell’imputato di partecipare a un’operazione distrattiva.

Conclusioni

La sentenza n. 13627/2024 rafforza un principio cardine in materia di reati fallimentari: chiunque, anche un soggetto esterno alla società, contribuisca consapevolmente a svuotare il patrimonio di un’impresa in difficoltà, risponde di bancarotta fraudolenta. La decisione evidenzia che il focus della valutazione non è sull’esito finale dell’operazione, ma sulla pericolosità intrinseca della condotta distrattiva. Per gli operatori economici e i professionisti, questo rappresenta un monito a valutare con estrema attenzione le operazioni con società in crisi, poiché la consapevolezza di partecipare a un atto potenzialmente dannoso per i creditori può avere gravi conseguenze penali.

Quando un soggetto esterno (extraneus) risponde per bancarotta fraudolenta?
Un soggetto esterno risponde di bancarotta fraudolenta quando fornisce un contributo volontario alla condotta dell’amministratore, con la consapevolezza che tale azione impoverirà il patrimonio sociale, creando un danno per i creditori. Non basta conoscere lo stato di crisi dell’azienda, ma è necessaria la coscienza e volontà di partecipare all’atto distrattivo.

La restituzione dei beni alla società fallita elimina il reato di bancarotta fraudolenta?
No. Secondo la sentenza, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale è un reato di pericolo concreto. Ciò significa che si perfeziona con l’atto di depauperamento idoneo a mettere a rischio le ragioni dei creditori. La successiva restituzione dei beni, magari a seguito di una transazione, non cancella l’illiceità della condotta già posta in essere.

Cosa si intende per dolo nella bancarotta fraudolenta dell’extraneus?
Il dolo consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’amministratore, unita alla consapevolezza che tale condotta causerà un depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori. Nel caso esaminato, la Corte ha desunto il dolo da plurimi indici oggettivi, come la natura fittizia dei contratti e l’anomalia delle condizioni economiche pattuite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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