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Bancarotta fraudolenta extraneus: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta extraneus a carico di un soggetto che, pur esterno alla società fallita, ne ha determinato il dissesto. Attraverso la creazione di una nuova società, l’imputato ha ottenuto finanziamenti bancari poi sistematicamente dirottati per sanare i debiti di altre aziende del suo gruppo, svuotando il patrimonio della nuova entità a danno dei creditori. La sentenza rigetta la tesi dei vantaggi di gruppo, sottolineando come ogni operazione debba essere valutata nell’interesse della singola società.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Extraneus: Responsabilità anche per chi è fuori dalla società

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un complesso caso di bancarotta fraudolenta extraneus, ribadendo principi fondamentali sulla responsabilità penale di chi, pur non ricoprendo formalmente cariche sociali, concorre al dissesto di un’impresa. La decisione chiarisce i confini del dolo, l’inapplicabilità della teoria dei “vantaggi di gruppo” quando a essere danneggiata è la singola società, e l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore fallimentare. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un imprenditore, condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta distrattiva. Sebbene fosse un soggetto extraneus, ovvero esterno alla compagine sociale e amministrativa della società fallita, egli è stato ritenuto responsabile del suo dissesto. Secondo l’accusa, l’imputato era l’amministratore di fatto di un gruppo di imprese.

La strategia contestata consisteva nella costituzione di una nuova società (la “New.co”), apparentemente sana, allo scopo di ottenere un cospicuo finanziamento da un istituto di credito. Questo finanziamento, tuttavia, non fu utilizzato per l’attività della New.co, ma venne quasi interamente dirottato per ripianare le posizioni debitorie di altre tre società “storiche” del gruppo, gestite dall’imputato e già in stato di decozione. Queste operazioni hanno privato la New.co delle risorse necessarie per operare, portandola rapidamente al fallimento e causando un ingente danno ai suoi creditori.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui:

1. Inutilizzabilità delle prove: Si contestava l’uso delle dichiarazioni rese dall’amministratore formale della società fallita al curatore, ritenendole inammissibili nel processo penale.
2. Mancata rinnovazione dell’istruttoria: La difesa lamentava il rifiuto della Corte d’Appello di sentire un testimone chiave, un funzionario di banca, che avrebbe potuto chiarire la natura dell’operazione di finanziamento.
3. Insussistenza del dolo e della distrazione: L’imputato sosteneva di non avere la consapevolezza di danneggiare la società e che le operazioni, come l’acquisto di beni strumentali da un’altra società del gruppo, non costituivano una reale distrazione.
4. Vantaggi compensativi di gruppo: La tesi difensiva principale era che i trasferimenti di denaro andavano letti nella logica di un gruppo di imprese, dove il sacrificio di una società era finalizzato al risanamento e alla sopravvivenza dell’intero gruppo.

La responsabilità nella bancarotta fraudolenta extraneus

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che la responsabilità del concorrente extraneus nel reato di bancarotta si fonda sulla volontarietà del proprio apporto alla condotta dell’amministratore, con la consapevolezza di contribuire al depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori. Non è necessaria la conoscenza specifica dello stato di dissesto, ma basta la rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori.

Nel caso specifico, la partecipazione attiva dell’imputato alle trattative per il finanziamento e il suo investimento personale per aumentare il capitale della New.co sono stati considerati indici inequivocabili della sua piena consapevolezza e del suo ruolo centrale nell’operazione distrattiva.

L’inapplicabilità dei vantaggi di gruppo

Uno dei punti più significativi della sentenza riguarda la teoria dei “vantaggi compensativi”. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’autonomia giuridica e patrimoniale di ciascuna società all’interno di un gruppo non viene meno. Pertanto, un’operazione che avvantaggia il gruppo ma danneggia una singola società, pregiudicando i suoi creditori, integra il reato di bancarotta.

Perché la teoria dei vantaggi compensativi possa escludere il reato, l’amministratore (o chi per lui) ha l’onere di dimostrare che la società sacrificata ha ricevuto un vantaggio specifico, concreto e idoneo a compensare gli effetti negativi immediati dell’operazione. Un generico interesse di gruppo non è sufficiente. Nel caso di specie, la New.co è stata creata solo per essere prosciugata delle sue finanze senza ricevere alcun beneficio in cambio, subendo perdite sin dal primo anno di attività.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Ha stabilito che le dichiarazioni rese al curatore fallimentare sono pienamente utilizzabili, poiché il curatore non è un’autorità giudiziaria o di polizia e la sua attività non rientra in quelle che prevedono l’inutilizzabilità processuale. Ha inoltre ritenuto che la decisione di non sentire un ulteriore testimone fosse legittima, data l’ampia documentazione già acquisita e la scarsa rilevanza della testimonianza ai fini della decisione sulla responsabilità penale.

Sul piano soggettivo, il coinvolgimento diretto e finanziario dell’imputato è stato considerato prova schiacciante della sua volontà di realizzare l’operazione distrattiva. L’argomentazione difensiva secondo cui egli stesso rivendicava l’esistenza di un gruppo di fatto è stata vista come una contraddizione, poiché dimostrava la sua piena consapevolezza delle interconnessioni e della portata delle operazioni tra le varie società.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla bancarotta fraudolenta extraneus, sottolineando che la responsabilità penale non si ferma ai ruoli formali ma guarda alla sostanza delle azioni. Chiunque, anche se esterno a una società, contribuisca consapevolmente a spogliarla dei suoi beni a danno dei creditori ne risponde penalmente. Inoltre, viene riaffermato con forza il principio della tutela dei creditori di ogni singola società, anche all’interno di un gruppo: la logica del gruppo non può mai diventare uno scudo per giustificare operazioni palesemente dannose per una delle sue componenti.

Quando un soggetto esterno (extraneus) a una società può essere ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta?
Un soggetto esterno è responsabile quando fornisce un contributo volontario alla condotta dell’amministratore, con la consapevolezza che tale azione determinerà un impoverimento del patrimonio sociale a danno dei creditori. Non è richiesta la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società.

Le dichiarazioni rese dall’amministratore di una società fallita al curatore sono utilizzabili nel processo penale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che tali dichiarazioni sono utilizzabili. Il curatore non rientra nelle categorie di autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria le cui attività renderebbero le dichiarazioni inutilizzabili ai sensi del codice di procedura penale.

La teoria dei “vantaggi compensativi” può giustificare trasferimenti di denaro da una società a un’altra dello stesso gruppo, se la prima poi fallisce?
No, non automaticamente. La teoria è applicabile solo se viene fornita la prova rigorosa che la società sacrificata ha ricevuto un vantaggio concreto, specifico e idoneo a compensare il danno subito. Un generico interesse di gruppo non è sufficiente a giustificare un’operazione che pregiudica i creditori di una singola entità giuridica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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