Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33676 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33676 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI MILANO dalla parte civile NOME COGNOME PROPRIO E QUALE EREDE DELLA NOME COGNOME nato a ROMA il 02/03/1970 nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a VITERBO il 30/09/1963 COGNOME NOME nato a ROMA il 27/09/1959 NOME nato a LA SPEZIA il 01/07/1966 nel procedimento a carico di questi ultimi
NOME nato a AREZZO il 02/07/1967
NOME nato a VITERBO il 03/03/1969
NOME COGNOME nato a VITERBO il 25/04/1972
COGNOME NOME nato a CAMERINO il 04/05/1963
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 02/09/1961
inoltre:
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale si riporta alla requisitoria in atti e conclude per l’annullamento della sentenza impugnata relativamente alla contestazione della bancarotta documentale agli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME e relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche in favore del solo imputato NOME COGNOME rigettando per il resto tutti i ricorsi. e
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso; deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione.
L’avvocato NOME COGNOME si riporta alla memoria depositata a firma dell’avvocato NOME COGNOME chiede la declaratoria d’inammissibilità del ricorso del PG; in subordine il rigetto.
L’avvocato NOME COGNOME si associa alle conclusione del Procuratore Generale; si riporta alla memoria in atti e chiede l’inammissibilità o comunque il rigetto dei ricorsi.
L’avvocato NOME COGNOME si riporta alla memoria depositata dal codifensore NOME COGNOME chiede l’inammissibilità del ricorso della parte pubblica e della parte privata.
L’avvocato NOME COGNOME si riporta alla memoria in atti; associandosi alle conclusioni del Procuratore Generale, conclude per l’inammissibilità del ricorso del PG.
L’avvocato NOME COGNOME si riporta alla memoria depositata; insiste per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso del PG; in subordine il rigetto.
L’avvocato NOME COGNOME si associa alle conclusioni del Procuratore Generale; espone i motivi dei ricorsi e ne chiede l’accoglimento.
L’avvocato NOME COGNOME si riporta ai motivi d’impugnazione e insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 ottobre 2023, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 24 gennaio 2020 del locale Tribunale, appellata dal pubblico ministero e dagli imputati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME:
– assolveva,
COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME COGNOME e COGNOME dal delitto loro contestato al capo H della rubrica, perché il fatto non sussiste;
COGNOME dai delitti di cui ai capi A ed E della rubrica perché il fatto non costituisce reato;
COGNOME e COGNOME dal delitto di cui al capo C per non avere commesso il fatto;
Testa dal delitto di cui al capo E perché il fatto non costituisce reato;
dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di COGNOME per i reati di cui ai capi A e B, di COGNOME per il reato di cui al cap confermando le statuizioni civili poste a carico di COGNOME e COGNOME per il capo A, a favore delle parti civili NOME COGNOME ed eredi di NOME COGNOME;
– rideterminava le pene inflitte per i residui reati,
per COGNOME in anni 6 di reclusione, per COGNOME in anni 4 di reclusione;
per COGNOME in anni 3 e mesi 6 di reclusione.
1.1. L’intera vicenda, in estrema sintesi, afferiva ad una serie di condotte truffaldine (in imputazione se ne distinguevano quattro, fra loro collegate ed in successione di tempo) ordite ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME (rispettivamente madre e figlio) ai quali erano stati, da COGNOME tramite COGNOME (i promotore finanziario di fiducia delle due persone offese), prospettati (con gli artifici e raggiri consistiti nel fornire loro false notizie e falsa documentazione circ la solidità ed affidabilità degli stessi) una pluralità di lucrosi investimenti, immobiliari sia finanziari.
La somma complessivamente corrisposta dalle parti civili ai titoli indicati era pari ad euro 16.250.000.
Con il COGNOME avevano concorso nelle ricordate condotte, in ipotesi di accusa:
COGNOME che, quale promotore finanziario e persone di fiducia delle persone offese, ne aveva assicurato le prospettive;
COGNOME persona versata nella predisposizione di falsa documentazione, societaria e bancaria, formando quei documenti falsi che i coimputati gli avevano, di volta in volta, richiesto;
COGNOME, quale avvocato e notaio, assicurando le persone offese della validità degli investimenti proposti;
COGNOME quale commercialista, predisponendo la falsa documentazione relativa alle società interessate.
Ad esito delle pronunce dei giudici del merito era residuata la sola responsabilità (civile, perché i reati erano stati dichiarati prescritti) di NOME COGNOME
Quanto alle ulteriori imputazioni (i quattro episodi di truffa erano descritti al capo A della rubrica) risultavano, in origine, contestati i seguenti delitti:
al capo B, le condotte di fittizia intestazione delle quote societarie e dei conti bancari interessati alle operazioni truffaldine;
al capo C le condotte di bancarotta fraudolenta, patrimoniale, documentale ed impropria, commesse dagli imputati a danno della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 12 maggio 2016, ed acquisita anche al fine di realizzare ulteriori condotte truffaldine (avvalendosi anche della sua quotazione in Borsa, nel segmento RAGIONE_SOCIALE, relativo alla società medio-piccole) ed in particolare,
la condotta di bancarotta impropria consumata mediante il fittizio aumento di capitale deliberato il 18 aprile 2016;
le condotte di bancarotta patrimoniale in riferimento alle somme indicate al numero 2 lettere a) e b) (rispettivamente euro 1.850.000 e 543.980);
le condotte di bancarotta societaria individuate riportate al numero 3, lettere a), b) e c) del suddetto capo di imputazione;
al capo E, il delitto di cui all’art. 648 ter 1 cod. pen., per avere compiuto le ulteriori operazioni ivi descritte al fine di occultare la provenienza da delitto dell somme ricavate;
al capo H, il delitto associativo il cui programma si era concretato nel realizzare le condotte di cui ai capi precedenti.
1.2. Il Tribunale aveva ritenuto responsabili:
COGNOME, per i reati di cui ai capi A, B, C (punti 1, 2a, 2b, 3), E ed H;
COGNOME, per il solo reato associativo di cui al capo H;
COGNOME, per i reati di cui ai capi A ed E (limitatamente alla somma di euro 413.100 e, quanto alla somma di euro 89.750, riqualificando la condotta nel delitto di cui all’art. 648 cod. pen.);
COGNOME, per i delitti di cui ai capo A (in relazione ai fatti di giugno 2013 ed agosto 2015) ed H;
COGNOME, solo in relazione a quanto contestatogli al capo C (nei limiti indicati) dell’imputazione;
COGNOME, in ordine al capo E della rubrica (limitatamente alla somma di euro 400.000), diversamente qualificata la condotta nel delitto di cui all’art. 648 cod. pen.;
COGNOME anch’egli in relazione al capo C (punti 1, 2a) dell’imputazione, esclusa la pluralità dei fatti ed in ordine al delitto associativo di cui al capo diversamente qualificando la sua condotta come mero partecipe;
Terzilli, in relazione a quanto contestatogli ai capi C (punti 1, 2a, 2b, 3), E, limitatamente al punto 4, ed H dell’imputazione;
Testa in ordine ai capi C (punti 1, 2a), esclusa la pluralità dei fatti, ed E, esclusa la contestata aggravante.
Seguivano le assoluzioni dei singoli imputati per le residue imputazioni.
1.3. A seguito degli odierni ricorsi presentati dal Procuratore generale, dalla parte civile NOME COGNOME e dagli imputati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME devono esaminarsi, nel presente grado di giudizio, le seguenti posizioni:
in considerazione del ricorso della pubblica accusa, alla luce delle sue conclusioni (le argomentazioni svolte si pongono in parziale dissonanza con le stesse):
di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME per il delitto associativo di cui al capo H;
di COGNOME in riferimento ai delitti di truffa di cui al capo A e d ricettazione e riciclaggio di cui al capo E (dai quali era stato assolto);
di COGNOME e COGNOME in relazione alle condotte di bancarotta di cui al capo C (dalle quali erano stati assolti);
in considerazione del ricorso della parte civile NOME COGNOME anche come erede della madre NOME COGNOME in ordine ai fatti di truffa addebitati ad NOME COGNOME al capo A della rubrica;
in considerazione dei ricorsi degli imputati,
per COGNOME, le condotte di bancarotta di cui al capo C, numero 1 e numero 3 lett. c) e le condotte di riciclaggio di cui al capo E;
per COGNOME, la condotta di bancarotta di cui al capo C, numero 1, e numero 3 lett. c) e le condotte di riciclaggio di cui al capo E;
per COGNOME, la condotta di bancarotta di cui al capo C, numero 1.
2.1. Nel proprio ricorso, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano ha articolato i seguenti motivi.
2.1.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai delitti di truffa contestati al capo A della rubrica in relazione alla posizione COGNOME.
L’imputato in questione era stato assolto con formula dubitativa sull’elemento psicologico del reato nonostante la prescrizione degli addebiti non consentisse tale approfondita valutazione; né, ai fini della sua responsabilità civile, ha valutato la causazione, da parte del medesimo, del danno secondo il previsto criterio civilistico della “probabilità prevalente” (Cass. n. 11808/2022).
Quanto poi alla prova del suo consapevole contributo alle condotte consumate da COGNOME, la stessa trovava adeguato fondamento sulle numerose conversazioni intercettate evidenziate dal Tribunale al fine di comprendere quale fosse la sua compartecipazione al disegno truffaldino del COGNOME (non potendosi di contro attribuire alcun rilievo alle conversazioni registrate da COGNOME in cui COGNOME aveva ammesso, in corso di processo, di avere “truffato” anche il correo).
2.1.2. Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione in relazione alla ritenuta insufficienza del compendio probatorio in ordine alle responsabilità di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME ed COGNOME dal delitto di bancarotta loro contestato al capo C.
In particolare:
quanto a COGNOME, si era omesso di considerare i rapporti del medesimo con COGNOME e COGNOME in ordine alle operazioni sul POC, funzionale all’aggravamento del dissesto di HR Real, limitandosi ad affermare che l’attività era continuata anche in considerazione dell’ingresso di rilevante liquidità da parte di COGNOME;
quanto a COGNOME, non si erano valutati gli elementi addotti nell’atto di appello della pubblica accusa e che dimostravano la consapevolezza nel prevenuto dell’illecita attività del COGNOME;
quanto a COGNOME, si era omesso di considerare che costui, con i suoi consigli, aveva istigato le condotte criminose di COGNOME e COGNOME sia nel Cda della fallita sia concependo e predisponendo le operazioni che ne avevano aggravato il dissesto;
quanto a COGNOME non si era valutato il fatto che questi non aveva rivestito il mero ruolo di amministratore di diritto, e che si era anche interessato alla complessiva vicenda per recuperare quanto COGNOME gli aveva fatto perdere (consapevole, pertanto, del modo di agire di costui);
quanto, infine, ad COGNOME, questi aveva partecipato a tutte le condotte relative all’amministrazione della fallita, in particolare al reperimento delle risorse necessarie per effettuare il deliberato aumento di capitale.
2.1.3. Con il terzo motivo denuncia l’omessa motivazione in ordine alla responsabilità degli imputati in riferimento al delitto associativo loro contestato al capo H della rubrica, per il quale il Tribunale aveva condannato COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, assolvendo invece COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME.
La Corte non aveva considerato gli elementi elencati dal Tribunale alle pagine 468 e ss. tali da dimostrare che i prevenuti si erano associati non per la sola truffa da consumare ai danni dei NOME COGNOME ma per porre in essere anche ulteriori truffe in danno di altre vittime.
2.2. La parte civile NOME COGNOME a mezzo del suo difensore Avv. NOME COGNOME articola i seguenti motivi, tutti relativi alla assoluzione di NOME COGNOME dalle truffe contestategli al capo A dell’imputazione.
2.2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta assenza del dolo dell’imputato nella commissione delle condotte di truffa, contestate al capo A (da cui si afferma originare il danno causato alle costituite parti civili).
Il concreto interesse delle parti civili è costituito dalla permanenza del sequestro conservativo sulla somma di 700.000 euro riveniente all’Ercolani dalla vendita di una villa in Costa Azzurra.
La Corte aveva riformato la sentenza di condanna dell’COGNOME, assai analitica, in poche battute argomentative, non distinguendo neppure i quattro episodi che si erano succeduti nei due anni, dal 2013 al 2015.
Oltre a ciò, non si era considerato che proprio COGNOME era stato l’interlocutore delle parti civili in tutta la descritta vicenda, ricavandone compensi personali per oltre 4 milioni di euro.
Se ne era anche sottovalutata la professionalità, di grande spessore (nonostante il basso livello culturale generale indicato dalla Corte).
La Corte poi nulla aveva motivato sulle truffe consumatesi dopo la prima, del 2013, così non rendendo la necessaria, in caso di riforma di sentenza di condanna, motivazione rafforzata.
La difesa ricordava che le truffe consumate ai danni delle parti civili erano state quattro (ne indicava gli estremi a pg. 5 del ricorso), rispetto a ciascuna delle quali il Tribunale aveva adeguatamente motivato, sul concorso dell’COGNOME e sulla
sua consapevolezza dell’illiceità della condotta consumata dal COGNOME, fondata non solo sui suoi silenzi ma anche sui suoi autonomi mendaci.
2.2.1.1. Quanto alle truffe perpetrate nel 2013/2014, si ricordava come il progetto immobiliare in Nicaragua, sottostante all’investimento, di circa 12 milioni di euro, in cui si erano concretati i due primi episodi di truffa era già del tut tramontato quando era stato prospettato alle parti civili.
E che di ciò COGNOME era consapevole fin dalla seconda metà del 2012. Ben sapeva, infatti, che l’investimento immobiliare si era convertito in un altro progetto di ben più problematica attuazione (un progetto inerente le fonti di energia rinnovabili), come dimostravano le mail fra COGNOME e COGNOME del settembre 2012 e del maggio giugno 2013 e la comunicazione del luglio 2013 dello stesso COGNOME alle banche di riferimento.
Ed invece l’imputato l’aveva sostenuto presso i suoi clienti nella forma originaria, non condividendo, affatto, con i medesimi le decisive informazioni di cui era entrato in possesso.
Non si erano considerate le ripetute rassicurazioni fornite dall’imputato alle parti civili sulla solidità del progetto immobiliare e del gruppo destinato a realizzarlo; né li aveva avvertiti che l’investimento avrebbe comportato l’acquisto di quote di società, acquisto che egli sapeva non essere nelle intenzioni dei suoi clienti concludere.
A fronte poi di un incasso di compensi pari complessivamente a circa euro 4.000.000, con un rendimento a suo favore del 30 %, ben superiore a quell’i % che solitamente costituisce la percentuale che il promotore ricava. Incassando poi i propri compensi dalla società emittente, ipotesi vietata dalla legge per mantenere i requisiti di indipendenza. Pagamenti che venivano effettuati con la causale di una “consulenza”, non prestata affatto a favore dell’emittente.
COGNOME non aveva riferito alle persone offese che la società era amministrata da prestanome e che l’amministratore di fatto aveva avuto in precedenza problemi con la giustizia. Né che l’intenzione del COGNOME non neppure era quella di realizzare il progetto ma solo di cartolarizzarlo prima e cederlo poi.
Con il suo mendacio, omissivo e commissivo, aveva pertanto concorso con COGNOME nei contestati delitti di truffa.
A fronte di tale quadro complessivo non potevano costituire valida smentita alla prospettazione accusatoria né la cena del settembre 2012 (del tutto irrilevante), né la mail inviata da COGNOME ad Ercolani il 25 settembre 2012 in cui, al contrario di quanto rilevato dalla Corte, emergeva la consapevolezza che il progetto immobiliare si era riconvertito in quello della energia ecosostenibile, né la mali inviata il giorno successivo da COGNOME a COGNOME in cui si dava atto che
questi il mittente fosse ben consapevole che gli investitori non avrebbero partecipato ad un progetto immobiliare ma avrebbero acquistato mere obbligazioni, una mail che non riguardava banche ed altri soggetti ma proprio le odierne persone offese.
Del resto, COGNOME aveva concluso con COGNOME una pluralità di accordi relativi alle provvigioni che a questi sarebbero derivati dalle somme investite dai propri clienti, addirittura in misura maggiore, si è già ricordato il 30 °/0, di quant prospettato ai medesimi investitori per il ritorno dal loro investimento.
Realizzando COGNOME un guadagno maggiore di quanto avrebbe potuto dedurre dalla mera amministrazione del patrimonio COGNOME (di circa un milione di euro a fronte di una liquidità di circa 40 milioni di euro).
La Corte poi aveva dedotto dalle plurime omissioni riscontrate un profilo di sola colpa omettendo di valutare che il prevenuto era un esperto del settore.
2.2.1.2. Quanto alla terza truffa, del febbraio 2015, avente ad oggetto i diritti di opzione su future emissioni obbligazionarie di SMD per complessivi euro 250.000, si trattava di un versamento in cui si era indicata una incongrua giustificazione, l’acconto su un aumento di capitale della società.
2.2.1.3. Quanto alla quarta truffa, del giugno/luglio 2015, consumata tramite l’acquisto di euro 4 milioni di obbligazioni SMD (a seguito dell’esercitato diritto di opzione), il Tribunale l’aveva inserita nel più ampio contesto che aveva previsto anche l’apertura di un conto a nome dell’ignara COGNOME presso una fiduciaria inglese e l’acquisto delle diverse obbligazioni di Airbus.
Fiduciaria il cui direttore aveva trattato sia con COGNOME sia con COGNOME la cui consapevolezza dell’intera vicenda era ritratta dalle nnail e dagli ordini dettagliatamente citati a pag. 25 del ricorso. Tutte circostanze non considerate dalla Corte che non aveva affatto motivato sul coinvolgimento di COGNOME nella medesima quarta truffa, pur risultando che questi avesse sollecitato a COGNOME il versamento della somma quando già era al corrente della totale inattività della società emittente.
2.2.1.4. Con le ulteriori censure, la difesa di parte civile osservava quanto segue.
COGNOME era l’unica persona ad avere avuto un diretto contatto con le parti civili e così ben poteva dedurre la falsità di tutte le loro sottoscrizioni, risult apocrife, apposte su atti, non vergate in sua presenza.
Priva di rilievo era poi la conversazione depositata con i motivi aggiunti d’appello conversazioni avuta con COGNOME in cui questi affermava di averlo truffato,
trattandosi di conversazione il cui contenuto ben poteva essere stato concepito a posteriori.
2.3. L’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME articolava quattro motivi di ricorso.
2.3.1. Con il primo deduce la violazione di legge in relazione alla configurabilità del delitto di bancarotta impropria nell’operazione di sottoscrizione del POC, quale operazione dolosa che avrebbe, in ipotesi d’accusa, aggravato il dissesto.
Premetteva che:
la fallita spa RAGIONE_SOCIALE operava nel settore alberghiero ed era quotata in borsa nel segmento AIM; faceva riferimento al gruppo RAGIONE_SOCIALE, i cui esponenti temevano di essere chiamati a rispondere delle condotte illecite che stavano per essere accertate dagli inquirenti;
il commercialista di fiducia della proprietà, COGNOME membro del collegio sindacale, aveva chiesto a COGNOME di acquistarne almeno parte delle quote, prospettandogli un prezzo conveniente;
RAGIONE_SOCIALE, nel 2015, al momento dell’ingresso nel suo capitale di RAGIONE_SOCIALE, la società utilizzata dal Mattioli per acquisirne le azioni (tramite un apposito aumento di capitale), era già in stato di dissesto, pur se dai bilanci depositati ciò non emergeva;
la società era stata dichiarata fallita, l’anno successivo, nel maggio 2016.
Tutto ciò premesso, i giudici del merito avevano ritenuto che l’aumento di capitale, che era stato ritenuto fittizio, fosse stato attuato nella prospettiva di f apparire risanata Hi Real per concluderne la vendita a terzi. Così però sovrapponendo il movente dell’operazione ai suoi concreti effetti patrimoniali.
Non si era infatti determinata, con tale complessiva operazione, alcuna effettiva diminuzione del patrimonio della società.
Diminuzione che non verificatasi anche perché la società era già in dissesto e perché, comunque, si era immesso nel suo patrimonio liquidità per circa euro 800.000 complessivi (sempre nel tentativo, del COGNOME, di evitare la declaratoria del dissesto).
Né era stato individuato alcun altro elemento concreto da cui dedurre che il ritardo nel pervenire alla declaratoria di insolvenza avesse aggravato il dissesto della società. Anche considerando che la stessa era stata amministrata da RAGIONE_SOCIALE per soli otto mesi, dal settembre 2015 al 12 maggio 2016, e che, in tale lasso di tempo, non era stata compiuta alcuna operazione pregiudizievole.
2.3.2. Con il secondo motivo, lamenta il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità del ricorrente ancora in riferimento al delitto d bancarotta contestatogli al capo C della rubrica, avendo la Corte omesso di considerare la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano il 22 giugno 2022, in separato processo riguardante la medesima vicenda.
In tale pronuncia, infatti, altri coimputati della medesima condotta di bancarotta impropria erano stati assolti con la formula “perché il fatto non sussiste”, proprio perché, come si era sopra osservato, la delibera di conversione del prestito obbligazionario in azioni non aveva comportato alcun aggravamento del già conclamato dissesto.
2.3.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, anch’esso contestato al capo C dell’imputazione.
Il Tribunale, non ritenendo pretestuosa la denuncia del RAGIONE_SOCIALE sporta nel 2015 circa la manomissione del computer che conteneva la documentazione contabile, aveva confermato la condanna del ricorrente per l’omessa tenuta della contabilità per il periodo di tempo successivo, dal novembre 2015 al fallimento del maggio 2016, ma, in quel lasso di tempo, la società era rimasta inattiva, come aveva confermato anche il curatore (che peraltro mai aveva lamentato l’insufficienza del compendio contabile).
E la Corte, nel confermare la condanna, si era limitata a richiamare gli argomenti esposti dal Tribunale senza affrontare le censure proposte con l’atto di appello.
Né si era motivato sul previsto dolo specifico.
2.3.4. Con il quarto motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione al delitto contestato al capo E dell’imputazione.
Il denaro ricavato dalle truffe a danno di COGNOME e COGNOME era stato impiegato nell’aumento di capitale di Hi Real e, in altra parte, destinato a soggetti coinvolti nelle operazioni di SMRE.
Si trattava però di operazioni che non avevano alcuna valenza dissimulatoria, essendo pienamente individuabili i destinatari. E comunque il reimpiego era avvenuto sempre attraverso il medesimo soggetto giuridico, SMRE appunto.
2.4. L’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME articola cinque motivi di ricorso.
I primi quattro sono del tutto analoghi a quanto dedotto nel ricorso COGNOME, ancorchè, nel quarto, si argomenti anche sul ritenuto concorso del ricorrente nel delitto contestato al capo E, motivato dalla Corte in modo del tutto apparente, non avendo individuato il suo concreto contributo alla contestata condotta.
Nel quinto motivo si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione al prevenuto delle circostanze attenuanti generiche anche considerando la revoca della costituzione di parte civile di fallimento RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Terzilli.
2.5. L’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME articola due motivi di ricorso.
2.5.1. Nel primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al contributo casuale che il prevenuto avrebbe fornito ai coimputati nel delitto di bancarotta per le operazioni dolose che avrebbero aggravato il dissesto della fallita Hi Real.
Si ricordavano i passaggi che la Corte aveva valorizzato per ritenere il concorso del prevenuto nell’operazione con la quale RAGIONE_SOCIALE aveva partecipato all’aumento di capitale della fallita (prima sottoscrivendo il POC per euro 7.602.000, poi ottenendone la conversione in azioni, cedendo, infine, RAGIONE_SOCIALE per conto di RAGIONE_SOCIALE, a RAGIONE_SOCIALE, di cui COGNOME era legale rappresentante, quote del fondo per euro 2,5 milioni), passaggi che la Corte aveva travisato, confermando la sentenza del Tribunale in ordine al concorso del prevenuto nella contestata bancarotta, omettendo però di considerare le obiezioni mosse dall’imputato nell’atto di appello.
Si era, infatti, fondato tale convincimento su una conversazione intercettata il 22 novembre 2015 (che avrebbe dimostrato l’accordo fra COGNOME e COGNOME, volto a gravare Hi Real, ormai in dissesto, di un ulteriore debito, riveniente dall’organizzata operazione), conversazione che però, pur ricordata anche dal Tribunale, non esisteva affatto.
Non era poi vero che la citata “cella D” del fondo, in cui si era collocato il POC di SMRE, fosse stata appositamente creata, dato che, al contrario, si era già dimostrato come nella stessa fossero state collocate altre, precedenti, operazioni.
Quanto alla sottoscrizione del POC da parte di SMRE, non poteva corrispondere al vero quanto affermato dalla Corte circa il fatto che COGNOME aveva conferito in Hi Real, per conto di RAGIONE_SOCIALE, le quote del fondo, posto che all’epoca le stesse non era neppure intestate alla RAGIONE_SOCIALE.
Si era infatti dimostrato che il trasferimento delle quote era avvenuto solo nel febbraio 2016 mentre la sottoscrizione del POC era del dicembre del 2015. Non si era così realizzato lo scambio fra quote del fondo e POC.
Quanto alla cessione da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE di quote del fondo RAGIONE_SOCIALE per euro 2.500.000, ciò era avvenuto nel contesto di un ordinario contratto di compravendita a fronte del pagamento del dovuto corrispettivo.
Il fatto che RAGIONE_SOCIALE avesse versato a Hi Real solo parte di quanto ricevuto, euro 650.000, riguardava i soli amministratori di RAGIONE_SOCIALE e della fallita.
2.3.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento al ritenuto concorso dello COGNOME nelle condotte ascritte ai coimputati.
Nel confermarne la condanna la Corte avrebbe dovuto vagliare la posizione del prevenuto accertando se in capo al medesimo fosse ravvisabile il dolo dell’estraneo nel reato proprio di bancarotta, che non si concreta nella mera conoscenza del dissesto della società ma necessita anche, sul piano materiale, di un consapevole apporto all’aggravamento dello stesso.
La Corte, invece, aveva sostenuto che COGNOME aveva fornito fondi a Hi Real per evitarne il tracollo e a COGNOME per impiegarli in operazioni truffaldine senza però dimostrare che egli fosse consapevole di tale utilizzo.
Quanto poi all’operazione “pronti contro termine” la stessa trovava adeguata giustificazione nel profitto che da essa doveva attendersi. Per una somma poi sostanzialmente irrilevante per la massa finanziaria gestita dalla Sicav per la quale il prevenuto operava.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta documentale ascritta agli imputati COGNOME e COGNOME e per il diniego dell circostanze attenuanti generiche al COGNOME.
4.1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano ha inviato motivi nuovi con i quali argomenta, facendo riferimenti di dettaglio, sulla sussistenza del delitto associativo e sulla sua attribuibilità ag imputati nei cui confronti aveva avanzato ricorso sul punto.
4.2. Sono poi pervenute memorie in cui si è argomentato per l’inammissibilità dei ricorsi della pubblica accusa e della parte civile: per NOME COGNOME a firma dell’Avv. NOME COGNOME (in contrasto a quanto argomentato dalla pubblica accusa e dalle parti civili), per NOME COGNOME dall’Avv. NOME COGNOME, gli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per NOME COGNOME, l’avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME, l’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME
4.3. L’Avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire note di udienza del COGNOME e COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso della pubblica accusa è inammissibile.
Quanto agli ulteriori ricorsi, meritano accoglimento quelli della parte civile e degli imputati COGNOME e COGNOME, questi ultimi limitatamente all’imputazione d bancarotta documentale.
Il ricorso di NOME COGNOME è, invece, complessivamente infondato.
Si è detto dell’inammissibilità del ricorso della parte pubblica.
1.1. Il primo motivo – sulla responsabilità di COGNOME in ordine al delitto di truffa, da cui era stato assolto con formula dubitativa e non per l’evidenza della prova di innocenza, come avrebbe imposto, secondo il ricorrente, il giudizio da formularsi ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., essendosi prescritto il reato – non considera il fatto che la Corte d’appello era chiamata a decidere anche sulle corrispondenti statuizioni civili così da dovere esaminare la condotta illecita dell’imputato con cognizione piena, accertandone la responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
Infatti, fin dalla sentenza delle Sezioni unite COGNOME (n. 35490 del 28/05/2009) si è precisato che il proscioglimento nel merito dovuto alla contraddittorietà o insufficienza della prova prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., proprio nel caso in cui, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili (costituendo un costante orientamento ermeneutico riaffermato più di recente da Sez. 4, n. 53354 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274497).
Sentenza, la Tettamanti delle Sezioni unite, che ha trovato a conferma nella più recente pronuncia del 28 marzo 2024 del medesimo conse s che trovandosi a rispondere del seguente quesito (che muoveva, appunto, dalla conferma della cognizione piena in caso di giudizio sulle statuizioni civili collegate ad un reato prescritto in grado di appello):
«se, nel giudizio di appello promosso avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, possa pronunciare l’assoluzione nel merito,
anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, sulla base della regola di giudizio processual-penalistica delroltre ogni ragionevole dubbio”, ovvero debba far prevalere la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, pronunciandosi sulle statuizioni civili secondo la regola processual-civilistica del “più probabile che non”»;
affermava che:
«In coerenza con i principi sanciti dall’art. 27 Cost., dall’art. 6 della Cedu e dagli artt. 48 e 53 della Carta di Nizza, il giudice può pronunciare l’assoluzione nel merito alla stregua dei principi enunciati da Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamantí, Rv. 244273».
La decisione della Corte d’appello è pertanto, in astratto (in concreto si vedrà poi vagliando il ricorso della parte civile), coerente con tali principi di diritto, da rendere manifestamente infondato il presupposto da cui muove il primo motivo di ricorso della pubblica accusa.
1.2. Il secondo motivo – sul delitto di bancarotta conseguente al fallimento di Hi Real – è inammissibile perché interamente versato in fatto e perché, in poche righe per ciascuno degli imputati, propone una lettura alternativa dei fatti posti dalla Corte a fondamento della propria decisione assolutoria, peraltro neppure adeguatamente distinguendo fra le posizioni di quegli imputati (COGNOME, COGNOME ed COGNOME) che già erano stati assolti dal Tribunale (rispetto a COGNOME e COGNOME, la cui condanna di prime cure era stata riformata dalla Corte di merito).
Così che il ricorso sul punto difetta anche di specificità, anche considerando che, nelle conclusioni, si chiede l’annullamento per le sole posizioni di COGNOME e COGNOME, assolti appunto dalla Corte d’appello, mentre, in parte motiva, si argomenta anche su quelle di COGNOME, COGNOME ed COGNOME, così, si dovrebbe ritenere, prefigurando una censura nei confronti della doppia conforme di merito. Peraltro, sempre con argomenti di fatto che non affrontano adeguatamente il tessuto argomentativo della sentenza impugnata.
1.3. Il terzo motivo, sul delitto di autoriciclaggio ascritto ad Ercolani al cap E, è manifestamente infondato per le medesime ragioni illustrate in ordine al capo. A (la truffa) posto che lo stesso ricorrente lo ricollega, in rapporto di causa ed effetto, alla responsabilità per tale presupposta condotta.
Peraltro, non si rinviene alcuna presa d’atto che già il Tribunale aveva assolto Ercolani da tutte le condotte contestategli al medesimo capo, tranne una, per euro 413.100, e l’altra, diversamente qualificata ai sensi dell’art. 648 cod. pen., relativa alla somma di euro 89.750.
1.4. Il quarto motivo, sul delitto associativo contestato al capo H, è interamente versato in fatto e difetta di specificità non illustrando le ragioni per l quali gli imputati rispetto ai quali residua la pronuncia di responsabilità – peraltro ora solo in sede civile – in ordine alla truffa consumata ai danni dei SilvestriniSgaramella avessero in programma la consumazione di altre condotte analoghe e particolarmente a danno di “investitori istituzionali, come ad esempio i fondi pensione”.
Né appaiono adeguatamente individuati gli imputati che avrebbero costituito e partecipato a tale associazione (soprattutto se volta a commettere gli ipotizzati ulteriori reati di truffa).
Né l’argomentazione, interamente in fatto, proposta nella memoria inviata, consente di comprendere quali fossero gli imputati coinvolti nell’associazione e quale concretezza avesse l’attività delittuosa che si assume essere stata programmata dal sodalizio.
Il ricorso proposto dalla parte civile NOME COGNOME anche come erede della madre NOME COGNOME in relazione alla pronuncia assolutoria di NOME COGNOME in ordine al solo delitto di cui al capo A, la truffa consumata ai danni suoi e della madre, merita, invece, accoglimento.
La Corte d’appello, infatti, aveva escluso l’elemento soggettivo del reato di truffa (nelle plurime condotte ivi contestate) per il quale COGNOME aveva patito la condanna del Tribunale affermando che, pur avendo consumato le condotte materiali attribuitegli, egli non risultava essere consapevole della artificiosità degl investimenti proposti da COGNOME, suo tramite, al COGNOME.
2.1. La Corte l’aveva dedotto, in sintesi (pg. 146 e ss della sentenza), dalle seguenti circostanze:
dal fatto che all’investimento in Nicaragua, prospettatogli da COGNOME, erano interessati personaggi di particolare notorietà pubblica e professionale;
dalla mail di rassicurazioni inviategli dallo stesso COGNOME;
dagli accordi stretti fra COGNOME e lo stesso COGNOME, accordi quadro coinvolgenti l’investimento immobiliare in Nicaragua (già peraltro ben presto mutatosi in un investimento in un progetto di produzione di energia rinnovabile), tramite Santa Marta RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi SMRE) accordo che prevedeva per COGNOME una provvigione del 10 % su quanto investito dai suoi clienti (il solo COGNOME e la madre peraltro) ed un altro 10 % al compimento dell’operazione di investimento, sostituito da un successivo accordo in cui il suo compenso lievita al 25 % della somma investita dai suoi clienti;
dalle riconosciute capacità manipolatorie del COGNOME anche nei confronti di COGNOME:
dal fatto che COGNOME avesse interesse a proseguire la collaborazione con COGNOME dalla quale già ricavava dei compensi;
dalla sua non particolare competenza professionale e tecnica;
dalle rassicurazioni ricevute per mail da COGNOME circa l’esatta osservanza della normativa antiriciclaggio e della validità dei titoli proposti ai suoi clienti;
dalla conversazione telefonica intercettata dopa la pronuncia della sentenza del Tribunale in cui COGNOME aveva riconosciuto di avere truffato anche COGNOME
2.2. Tale costrutto motivazionale appare, in realtà, in parte carente e, in altra parte, contraddittorio.
La Corte di merito, infatti, non ha tenuto in alcun conto le caratteristiche generali dell’investimento proposto da COGNOME, (esclusivamente) tramite COGNOME, a COGNOME ed alla madre COGNOME: si trattava, innanzitutto, di un affare che, pur se coinvolgeva somme particolarmente rilevanti pari ad oltre una decina di milioni di euro, doveva concludersi in un Paese di non particolare affidabilità finanziaria, come il Nicaragua.
Tanto l’affare era stato mal concepito che, ben presto, era sfumato, venendo sostituito da un altro, di ancora più complessa e problematica realizzazione (rispetto all’originario riguardante il settore turistico-immobiliare), la produzion di energia da fonti alternative.
COGNOME, peraltro, fin dal 2012 (la mail in cui COGNOME gliene aveva dato conto era del 25 settembre 2012), era perfettamente al corrente che il progetto immobiliare era già tramontato e che si era passati a qualcosa di ben più evanescente e, ciò nonostante, non ne aveva fatto cenno ai suoi clienti, nel giugno 2013 e nel maggio 2014, quando gli stessi avevano versato oltre 10 milioni di euro.
L’azzardo finanziario, che dissimulava la progettata truffa (puntualmente realizzatosi con la perdita quasi integrale del denaro versato) che COGNOME aveva escogitato era, pertanto, a piena conoscenza dell’COGNOME e del resto era così palese da dover essere prima facie riconosciuta non solo da un promotore finanziario professionale come l’imputato ma da chiunque fosse fornito di un minimo di conoscenze in tale ambito.
Significativamente, COGNOME stesso aveva taciuto ai sui clienti (che, altrimenti si sarebbero allarmati) una serie di dati: che l’oggetto dell’investimento era mutato, accrescendo la sua aleatorietà (e dimostrando l’improbabilità economica delle intraprese del Mattioli), e che il loro denaro non sarebbe stato destinato al medesimo ma alle società che se ne sarebbero occupate (sapendo anche che tale
modalità indiretta di impiego del capitale non era, comprensibilmente perché si sarebbero esposti ad un ulteriore fattore di rischio, loro gradita).
2.3. Anche gli accordi stipulati fra COGNOME e COGNOME appaiono rivelatori dell’accordo illecito stretto fra i due (diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello).
Innanzitutto, non è agevole comprendere la ragione per la quale COGNOME non abbia stretto tali accordi-quadro con COGNOME e COGNOME che erano coloro che ne avrebbero finanziato le iniziative ed invece lo avesse fatto con COGNOME che nessun contributo finanziario personale avrebbe apportato.
Si deve allora ritenere che la ragione degli accordi, nel tempo modificati, fosse invece quella di fissare la provvigione spettante all’COGNOME sulle somme versate dai suoi clienti, i soli COGNOME e COGNOME. In quella percentuale finale del 3 % che è palesemente fuori mercato, visto che le provvigioni riconosciute agli intermediari finanziari sono incomparabilmente inferiori (e che le stesse fossero invece, ben superiori, di circa tre volte, di quanto prospettato ai suoi clienti come possibile ritorno dal loro investimento).
Significativamente, ancora, i versamenti del COGNOME ad Ercolani a tale titolo recavano la falsa dicitura di “consulenza” piuttosto che quella reale di “provvigione” proprio per l’evidente sproporzione della stessa ed al fine di occultare il fatto che le somme provenivano, in pieno conflitto di interesse, dalla stessa società che ne beneficiava.
Una sproporzione che un soggetto “manipolatorio” e astuto come COGNOME avrebbe potuto riconoscere solo come compenso di una complicità e non certo come il pagamento di un servizio di ordinaria intermediazione.
Complicità, quella di COGNOME che si era estesa fino al punto da tentare di scagionare COGNOME con quella conversazione intercettata nel corso del processo (dopo la condanna dio prime cure) e quindi di chiara natura strumentale.
Del resto, senza COGNOME, mai COGNOME avrebbe potuto accedere al patrimonio di COGNOME e COGNOME e senza la sua complicità mai avrebbe potuto proporre loro (anche formando falsa documentazione al riguardo) investimenti, per somme di tale entità, così sforniti non solo delle dovute garanzie ma anche di un minimo di prospettiva economica positiva, insomma, con tutta evidenza, delle mere truffe.
Così che sul punto – la responsabilità civile di COGNOME nei confronti ora del solo COGNOME in ordine a tutte le condotte di truffa riconosciute dal Tribunale deve annullarsi la sentenza impugnata per i rilevati vizi di motivazione.
Si passa ora all’esame dei ricorsi degli imputati.
Come si è già osservato, i primi quattro motivi del ricorso COGNOME sono del tutto analoghi a quelli argomentati nel ricorso COGNOME (che ne contempla poi un quinto) e possono essere, così, unitariamente trattati.
3.1. Il primo motivo vede sulla configurabilità del delitto di bancarotta impropria loro contestato al capo C della rubrica avendo i ricorrenti aggravato il dissesto di RAGIONE_SOCIALE mediante l’emissione e la conversione del prestito obbligazionario deliberato dal CdA della medesima il 18 aprile 2016.
I ricorrenti, in buona sostanza, contestano che, da tale operazione, sia derivato un danno patrimoniale concreto per Hi Real, assumendo invece che con essa si era determinato a favore della stessa un introito quantomeno di 800.000 euro.
In realtà, invece, sul punto la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato, dimostrando, con argomenti privi di manifesti vizi logici, come la suddetta operazione avesse complessivamente determinato un aggravamento del dissesto della fallita.
3.2. La Corte milanese aveva, infatti, osservato (pg. 46 e ss e 160 e ss della sentenza) che la spa RAGIONE_SOCIALE, che operava nel settore immobiliare (possedeva due alberghi, uno in locazione finanziaria, l’altro in proprietà) quando COGNOME aveva deciso di acquistarne le quote, nel settembre 2015, tramite la spa RAGIONE_SOCIALE era già in stato di sostanziale insolvenza, tanto da essere, per questo sottoposta ad indagine da parte degli inquirenti.
Il curatore aveva anche accertato come il valore di bilancio dei due alberghi fossero sproporzionato in eccesso rispetto a quello reale.
Lo squilibrio finanziario era tale che, nel novembre 2015, lo stesso pubblico ministero aveva avanzato istanza di fallimento.
Così che l’ingresso di RAGIONE_SOCIALE nella compagine azionaria (per la quota di maggioranza relativa di poco meno del 30 °h, il 29,73) avrebbe dovuto avere lo scopo di rilanciare l’attività di RAGIONE_SOCIALE, modificandone le condizioni finanziarie.
E, invece, già la RAGIONE_SOCIALE, in quanto tale, non aveva consistenza patrimoniale tale da consentire il necessario rilancio (COGNOME vi aveva sì collocato gli 11 milion di euro che sperava di poter recuperare da una controversia giudiziale in corso presso l’autorità giudiziaria svizzera, ma, proprio per tale ragione, il credito in parola non poteva certo dirsi né certo né liquido né esigibile; a cui si aggiungeva il valore di 500.000 euro per la partecipazione ad una affiliata nicaraguense; a fronte, invece, di un debito complessivi di 13 milioni di euro, per quanto versato, da COGNOME e COGNOME, peraltro a loro insaputa).
Non potendo COGNOME risanare Hi Real, se ne doveva dedurre che, anche grazie al fatto che la stessa fosse quotata in Borsa, nel segmento AIM (piccole e medie imprese), condizione questa che sul mercato costituiva una condizione di particolare affidabilità (per i maggiori controlli che ne conseguivano), l’intento perseguito nell’acquisto di una quota dovesse consistere in quello di drenare altre risorse, così come erano state drenate quelle del clienti di Ercolani.
Del resto, anche l’esercizio del 2015 – come i precedenti, ininterrottamente dal 2010 al 2014 – si stava chiudendo in grave perdita.
Pure l’acquisto delle quote della fallita RAGIONE_SOCIALE, da parte di RAGIONE_SOCIALE, era stato realizzato con le somme provenienti da COGNOME e COGNOME (sempre a loro insaputa ed intestando le stesse non a costoro ma appunto a SMRE), a vantaggio, ovviamente, dei soli azionisti cedenti e non della società.
Sempre nell’ottica di creare l’apparenza di una nuova solidità finanziaria si concepivano un aumento di capitale ed un prestito obbligazionario che ne avrebbe costituito il presupposto (perché convertibile): RAGIONE_SOCIALE lanciava il prestito, per complessivi euro 7.620.000, che veniva sottoscritto, appunto, da RAGIONE_SOCIALE, in due soluzioni, la prima mediante il versamento non del corrispettivo denario contante ma delle quote del Fondo RAGIONE_SOCIALE, quotato alla Borsa di Gibilterra, la seconda, per euro 620.000, ancora senza il versamento della corrispondente somma di denaro ma solo con il conferimento di quote di un prestito obbligazionario, anch’esso convertibile, emesso da RAGIONE_SOCIALE, una società nicaraguense interamente posseduta da RAGIONE_SOCIALE
Ne derivava un’immissione di denaro, come si è detto e come si è contestato, solo fittizia perché i ricordati euro 7 milioni altro non erano che un debito assunto, con il POC, dalla fallita stessa ed il corrispettivo dei residui 620.000 euro era del tutto evanescente posto che la società nicaraguense non possedeva un proprio concreto patrimonio (la valutazione del valore delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE riportava poste in realtà riconducibili ad altra società).
Così che l’intera operazione relativa al POC RAGIONE_SOCIALE, fino alla sua conversione in capitale di rischio (tralasciate le altre, plurime, operazioni sul capitale sulle qua la Corte di merito non si era soffermata e che pertanto non costituiscono parte della residua accusa), configurava proprio la contestata operazione dolosa, di aggravamento del dissesto, dato che, a fronte dell’assunzione di un debito certo, la RAGIONE_SOCIALE si era trovata ad incassare un corrispettivo in parte identico al medesimo ed in altra parte fittizio, e comunque del tutto inidoneo (nonostante la voluta diversa apparenza) a recuperare quell’equilibrio finanziario che negli ultimi risultati di esercizio la società aveva perduto.
Non si trattava pertanto, come aveva rilevato anche la Corte di merito di un’ipotesi di distrazione, che si concreta con la sottrazione di valore dal patrimonio
della fallita, ma certamente di una condotta che complessivamente riguardata aveva contribuito al dissesto societario, non dotando la medesima di quei concreti e nuovi mezzi finanziari di cui aveva assoluta necessità (ne derivava, poi, dalla altrimenti necessaria mancata liquidazione immediata della società, il permanente maturare dei costi e, quindi, l’aggravamento del dissesto).
Si è infatti affermato (vd Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Mora, Rv. 279071) che la fattispecie di fallimento cagionato da operazioni dolose, prevista dall’art. 223, comma secondo, n. 2, legge fall., presuppone una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo, ma da un fatto di maggiore complessità strutturale, riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato e si distingue dalle ipotesi general bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui al combinato disposto degli artt. 223, comma primo, e 216, comma primo, n. 1), legge fall. – in cui, invece, le disposizioni di beni societari (qualificabili in termini di distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione) sono caratterizzate, secondo una valutazione “ex ante”, da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata.
3.3. Il secondo motivo, speso sul diverso esito del processo nei confronti dei coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME, è manifestamente infondato posto che il medesimo non costituisce un precedente vincolante dovendosi considerare che i ricordati coimputati erano chiamati a rispondere del ruolo rivestito non nell’intera operazione riguardante l’emissione, la sottoscrizione e la conversione del POC ma solo della loro partecipazione al Cda finale, del 18 aprile 2016, in cui se ne era deliberata, appunto, la conversione, e quindi per il solo ultimo segmento dell’intera operazione, che, invece, solo nel suo complesso, si manifesta come operazione dolosa.
3.4. Il terzo motivo dei ricorsi COGNOME e COGNOME, sulla ritenuta bancarot fraudolenta documentale, merita, invece, accoglimento.
Sul punto, infatti, già oggetto di motivo di appello (riportato a pag. 83 della sentenza impugnata) la Corte di merito non aveva speso una congrua motivazione e ciò nonostante lo stesso Tribunale (come riportato a pg. 57 della sentenza della Corte) non avesse ritenuto inattendibile la querela presentata dal ricorrente COGNOME in ordine all’avvenuta cancellazione dell’apparato contabile ad opera dell’amministratore delegato della società incaricata di tenerla, così che la stessa poteva essere contestata a COGNOME e COGNOME solo per l’epoca successiva.
Sono così restate senza risposta le censure relative agli adempimenti contabili dell’ultimo periodo di vita della società e, ancor più, trattandosi di omessa tenuta della contabilità rientrante pertanto nell’ipotesi della bancarotta documentale “specifica”, la necessaria individuazione delle ragioni che conducono a ritenere il dolo, specifico, di danno o vantaggio dei ricorrenti.
3.5. Il quarto motivo, speso sulle condotte ritenute a carico di ciascuno dei ricorrenti e loro contestate al capo E, è inammissibile.
Lo stesso è interamente versato in fatto e sollecita a questa Corte di legittimità una non consentita riconsiderazione degli elementi di fatto che avevano condotto alla decisione prima del Tribunale e poi della Corte d’appello in ordine alla responsabilità dei prevenuti per il delitto continuato di cui al capo E.
Del resto si è affermato come:
integra il delitto di riciclaggio il compimento di condotte volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, e ciò anche attraverso operazioni che risultino tracciabili, in quanto l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’evento del reato (Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, Ratto, Rv. 273183);
– integra un autonomo atto di riciclaggio, essendo quello di cui all’art. 648-bis cod. pen. un delitto a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, realizzabile anche con modalità frammentarie e progressive, qualsiasi prelievo o trasferimento di somme di denaro successivo a precedenti versamenti, pur se eseguito attraverso il trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro, diversamente intestato e acceso presso un differente istituto di credito (Sez. 2, n. 10939 del 12/01/2024, COGNOME, Rv. 286140, in cui si è anche precisato integra tale delitto il compimento di condotte volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, e ciò anche attraverso operazioni tracciabili).
Così che l’avere utilizzato le somme provenienti dalle truffe consumate a danno di COGNOME–COGNOME versandole a nome, invece, di RAGIONE_SOCIALE aveva certamente comportato un trasferimento di fondi, pur tracciabile, ma che rendeva più complesso l’individuazione del profitto del reato presupposto.
Condotte certamente ascrivibili anche al COGNOME come amministratore di diritto ma non certo formale ed anzi pienamente e consapevolmente concorrente negli illeciti di bancarotta relativi ad COGNOME con l’amministratore di fatto COGNOME
3.6. Il quinto motivo, del solo ricorso COGNOME speso sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile.
La motivazione sul punto della Corte d’appello è priva di manifesti vizi logicK avendo considerato il ruolo da questi rivestito nell’intera vicenda e la sua piena compartecipazione ai fatti quale amministratore di Hi Real, e, del resto, si è affermato come il dinego delle circostanze aspecifiche possa trovare giustificazione anche quando il giudice del merito non prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma solo que ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altr da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
4. Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è infondato.
4.1. Il primo motivo, sul concorso del prevenuto con COGNOME e COGNOME nel delitto di bancarotta impropria per operazioni dolose, è versato in fatto e pretende una non consentita rivalutazione degli elementi che avevano condotto la Corte d’appello a confermare, con motivazione priva di manifesti vizi logici, la ridetta corresponsabilità.
La Corte, infatti, aveva considerato (pg. 50 e ss e 165 e ss della sentenza) che era stato proprio COGNOME a fornire ai coimputati gli schermi finanziari e societarie utilizzati per l’operazione consistita nell’emissione del POC, nella sua sottoscrizione da parte di Hi Real e nel versamento del suo corrispettivo a mezzo delle quote di quella parte del fondo Nesso che conteneva il solo POC medesimo.
E come il suo contributo non si fosse limitato a tale operazione ma come COGNOME avesse concorso con COGNOME, tramite il Fondo RAGIONE_SOCIALE, con COGNOME al fine di procurargli le somme necessarie a SMRE per la più complessiva operazione d’acquisto di spa RAGIONE_SOCIALE, società che sarebbe stata destinata a ulteriori disegni truffaldini.
Come nel caso di COGNOME, anche COGNOME si era trovato a concepire operazioni la cui finalità (a commettere illeciti) era del tutto palese a chi vantava, come il ricorrente, conoscenze e professionalità nel campo finanziario, anche considerando che non era affatto emerso che le indicate operazioni avessero avuto alcun concreto scopo, produttivo o finanziario, diverso da quello, illecito, di drenare denaro, prima da COGNOME– COGNOME, e poi, qualora se ne fosse prospettata l’occasione, da altri investitori.
Piena era pertanto la consapevolezza nello Sturlese dell’agire illecito del COGNOME e delle precarie condizioni di equilibrio finanziario della fallita Hi Real, tan
t
considerando proprio le caratteristiche delle operazioni finanziarie intorno alla medesima costruite.
Una consapevolezza che trova anche dimostrazione nella conversazione intercettata riportata nelle sentenze di merito e dalla quale si era potuto evincere
che COGNOME era a perfetta conoscenza del dissesto di Hi Real e che condividesse nw0
,
l’intento di COGNOME di caricarla di altri debiti. Una conversazione C
eMe i giudici del merito non avevano potuto che trarre dal fascicolo del dibattimento a loro
disposizione (così da rendere priva di concreto fondamento l’osservazione della difesa circa la sua non rinvenibilità nel fascicolo).
Tutto ciò conduce a ritenere infondato anche il secondo motivo di ricorso, speso sull’elemento soggettivo del concorso nel reato, sulla consapevole
compartecipazione del prevenuto a quelle operazioni dolose che aveva aggravato il dissesto di spa Hi Real.
4.2. All’integrale rigetto del ricorso consegue la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME limitatamente al reato di bancarotta documentale di cui al capo C, nonchè ai soli effetti civili nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cu capo A, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Rigetta nel resto i ricorsi di COGNOME e COGNOME.
Rigetta, altresì, il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processua li.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale.
Così deciso, in Roma il 30 giugno 2024.