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Bancarotta fraudolenta e sequestro: la Cassazione

Un ex amministratore è accusato di bancarotta fraudolenta per aver acquisito crediti della società a un prezzo irrisorio prima della sua liquidazione giudiziale. La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo sui suoi beni, ritenendo sufficienti gli indizi di reato (fumus delicti) basati sulla relazione del curatore e su altri elementi, come l’ingerenza continua nella gestione societaria.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta fraudolenta e sequestro: la Cassazione chiarisce i presupposti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 15134/2025, offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione del sequestro preventivo in casi di bancarotta fraudolenta. La Suprema Corte ha confermato il provvedimento cautelare a carico di un ex amministratore, sottolineando la validità degli indizi tratti dalla relazione del curatore e la rilevanza della continua ingerenza nella gestione societaria.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un ex amministratore di una società, successivamente posta in liquidazione giudiziale. Secondo l’accusa, l’indagato, dopo aver cessato la sua carica formale, aveva ricevuto dalla società stessa crediti per un valore complessivo di oltre 1.400.000 euro a un prezzo pattuito di soli 28.000 euro, giudicato vile dal Tribunale. Questa operazione è stata inquadrata in una più ampia contestazione di bancarotta fraudolenta distrattiva, documentale e tramite operazioni dolose.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Roma aveva emesso un decreto di sequestro preventivo sui beni dell’ex amministratore. Il provvedimento era stato confermato anche dal Tribunale del riesame. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente due vizi: la mancanza di una valutazione concreta del fumus delicti (la parvenza di reato) e l’assenza di motivazione sul periculum in mora (il pericolo di danno nel ritardo).

La Decisione della Corte di Cassazione sul caso di bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ribadito un principio fondamentale: nel ricorso per cassazione contro misure cautelari reali, sono ammesse solo censure per violazione di legge. Un vizio di motivazione può essere fatto valere solo se è talmente radicale da rendere il provvedimento privo di un apparato giustificativo comprensibile (motivazione assente o meramente apparente).

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale del riesame era tutt’altro che apparente. Il Tribunale aveva correttamente basato la sua valutazione sulla sussistenza del fumus delicti su elementi concreti e pertinenti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si sono concentrate su due punti principali, corrispondenti ai motivi del ricorso:

1. Sulla sussistenza del Fumus Delicti: La Cassazione ha chiarito che il rinvio alla relazione del curatore fallimentare è una pratica legittima. Tali relazioni, infatti, costituiscono prove documentali ammissibili nel processo penale per ricostruire le vicende amministrative di una società. Il ricorrente, secondo la Corte, non ha dimostrato l’inidoneità di tale documento, ma si è limitato a criticare genericamente la scelta del Tribunale. Oltre alla relazione del curatore, il Tribunale aveva individuato ulteriori indizi di fraudolenza, quali:
* Il prezzo vile della cessione dei crediti, sproporzionato rispetto al loro valore nominale.
* L’ingerenza dell’ex amministratore nelle vicende societarie anche dopo la cessazione della carica. Egli, infatti, aveva disposto che le somme eventualmente riscosse dai crediti ceduti fossero versate a lui direttamente e non alla società, mantenendo il controllo sulle azioni di recupero.
Questi elementi, nel loro complesso, sono stati ritenuti sufficienti a configurare quella ‘parvenza di reato’ necessaria per giustificare il sequestro.

2. Sulla questione del Periculum in Mora: Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato del tutto aspecifico. L’indagato lamentava l’assenza di motivazione in ordine a un sequestro finalizzato alla confisca (art. 321, comma 2, c.p.p.), mentre il provvedimento impugnato era un sequestro ‘impeditivo’ (art. 321, comma 1, c.p.p.). Quest’ultimo tipo di sequestro mira a prevenire l’aggravamento delle conseguenze del reato. La Corte ha evidenziato che la motivazione del Tribunale era adeguata a questo scopo, in quanto giustificava la misura con il pericolo concreto di un’ulteriore dispersione e sottrazione dei beni, aggravando così il danno per i creditori.

Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di reati fallimentari e misure cautelari. In primo luogo, riafferma il valore probatorio delle relazioni del curatore fallimentare come fonte di indizi per il reato di bancarotta fraudolenta. In secondo luogo, chiarisce che la valutazione del fumus delicti può basarsi su una pluralità di elementi, tra cui la sproporzione delle operazioni commerciali e la condotta post-cessazione dalla carica dell’amministratore. Infine, la Corte sottolinea la necessità per chi impugna un provvedimento cautelare di formulare censure specifiche e pertinenti, distinguendo tra i diversi tipi di sequestro e le relative finalità. La decisione conferma un approccio rigoroso a tutela del ceto creditorio di fronte a operazioni societarie sospette.

Quando è legittimo un sequestro preventivo per bancarotta fraudolenta?
È legittimo quando esistono sufficienti indizi sulla commissione del reato (il cosiddetto fumus delicti) e un concreto pericolo che la libera disponibilità dei beni possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, come la dispersione del patrimonio a danno dei creditori.

La relazione del curatore fallimentare può essere usata per giustificare un sequestro?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che le relazioni e gli inventari redatti dal curatore fallimentare sono ammissibili come prove documentali e possono essere utilizzati per dimostrare l’esistenza di indizi di reato sufficienti a fondare un provvedimento di sequestro preventivo.

Cosa si intende per ‘ingerenza’ dell’ex amministratore come indizio di reato?
Si intende il comportamento dell’amministratore che, anche dopo aver formalmente lasciato la carica, continua a influenzare le decisioni societarie in modo occulto. Nel caso di specie, l’ex amministratore continuava a gestire la riscossione dei crediti, disponendo che le somme fossero versate a lui anziché alla società, il che è stato considerato un forte indizio della natura fraudolenta dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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