LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta e dolo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di due fratelli, amministratore e socio di una S.r.l. fallita. La Corte ha stabilito che l’accordo transattivo con la curatela dopo il fallimento non estingue il reato e che per la configurazione del delitto è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di distrarre fondi per scopi estranei all’attività d’impresa, senza la necessità di voler danneggiare i creditori. Anche il socio non amministratore è stato ritenuto responsabile per una cogestione di fatto della società.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta fraudolenta: quando l’accordo non cancella il reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43152/2024, torna a fare luce su un tema cruciale del diritto penale fallimentare: la bancarotta fraudolenta. Il caso analizzato riguarda la condanna di due fratelli, soci di una S.r.l., per aver distratto fondi aziendali. La decisione offre spunti fondamentali sulla natura del dolo richiesto per questo reato e sull’irrilevanza, ai fini dell’estinzione del reato, di un accordo postumo con la curatela fallimentare.

I fatti del processo

Due fratelli, di cui uno amministratore unico e l’altro semplice socio di una S.r.l., venivano condannati in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva. L’accusa era di aver prelevato dalle casse sociali una somma di circa 37.000 euro per finalità estranee all’attività d’impresa.

I ricorrenti, attraverso il loro difensore, proponevano ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. Sostenevano, tra le altre cose, che i prelievi non erano per scopi personali, ma destinati a pagare debiti della società verso l’Erario e a retribuire ‘in nero’ alcuni dipendenti, attività che, a loro dire, rientravano nel fine sociale. Inoltre, evidenziavano di aver raggiunto un accordo transattivo con la curatela fallimentare dopo la pronuncia di primo grado, circostanza che a loro avviso doveva essere valutata diversamente. Infine, il socio non amministratore contestava il suo coinvolgimento, affermando che la sua responsabilità era stata dedotta unicamente dal legame di parentela con il fratello amministratore.

Le motivazioni sulla bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti essenziali su alcuni principi cardine della bancarotta fraudolenta.

L’irrilevanza dell’accordo con la Curatela

Uno dei punti più significativi della sentenza riguarda l’accordo transattivo intervenuto con la curatela. La Corte ha ribadito un principio consolidato: un accordo di questo tipo, o anche la parziale restituzione delle somme distratte dopo la dichiarazione di fallimento, non estingue il reato. Il delitto di bancarotta per distrazione si consuma nel momento in cui i beni vengono sottratti alla loro destinazione sociale, e non con la successiva dichiarazione di fallimento. La cosiddetta ‘bancarotta riparata’ può configurarsi solo se vi è una integrale restituzione delle somme prima della dichiarazione di fallimento. L’accordo, quindi, è stato correttamente valutato dai giudici di merito solo ai fini della concessione delle attenuanti generiche.

Il Dolo Generico e la responsabilità penale

La Corte ha smontato anche le argomentazioni relative all’elemento soggettivo. Per integrare il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il ‘dolo generico’. Questo significa che non è necessario dimostrare che l’agente avesse lo scopo specifico di danneggiare i creditori o la consapevolezza dello stato di insolvenza della società. È sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella prevista per legge, ovvero la garanzia delle obbligazioni contratte. Nel caso di specie, i fratelli, gestendo direttamente una piccola società, erano pienamente consapevoli di destinare i fondi a finalità estranee allo scopo sociale, integrando così il dolo richiesto dalla norma.

La responsabilità del socio non amministratore

Infine, la Corte ha respinto la tesi difensiva del socio non amministratore. La sua responsabilità non è stata basata sul solo rapporto di parentela, ma su una serie di indici concreti che dimostravano una sua ‘cogestione di fatto’ della società. Tra questi: la compagine sociale ristretta, la scelta di un particolare regime fiscale (trasparenza), le dichiarazioni dell’amministratore e, soprattutto, il fatto che parte delle somme distratte fosse stata versata direttamente sul suo conto corrente. Questi elementi, nel loro complesso, hanno dimostrato un suo pieno coinvolgimento concorsuale nel reato.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza alcuni principi fondamentali in materia di reati fallimentari. In primo luogo, sottolinea l’autonomia del diritto penale rispetto agli accordi civilistici: un patto con la curatela può risolvere questioni patrimoniali ma non cancella un reato già perfezionato. In secondo luogo, ribadisce la natura del dolo nella bancarotta fraudolenta, che non richiede un’intenzione predatoria specifica, ma solo la coscienza di distrarre risorse dall’impresa. Infine, conferma che la responsabilità penale può estendersi oltre le cariche formali, colpendo anche chi, pur essendo un semplice socio, partecipa di fatto alla gestione illecita della società.

Un accordo con la Curatela fallimentare dopo la dichiarazione di fallimento può estinguere il reato di bancarotta fraudolenta?
No, secondo la Corte di Cassazione un accordo transattivo non cancella il reato, poiché questo si perfeziona con la distrazione dei beni, prima della dichiarazione di fallimento. Tale accordo può essere valutato al massimo come circostanza attenuante.

Per la condanna per bancarotta fraudolenta è necessario dimostrare l’intenzione di danneggiare i creditori?
No, è sufficiente il dolo generico. Questo consiste nella consapevole volontà di destinare il patrimonio sociale a scopi estranei a quelli dell’impresa, riducendo così la garanzia per i creditori, senza che sia richiesta la specifica intenzione di recare loro un pregiudizio.

Un socio non amministratore può essere ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta in concorso?
Sì, può essere ritenuto responsabile se emerge una sua cogestione di fatto della società. Nel caso esaminato, la responsabilità del socio è stata affermata sulla base di vari indici, come la compagine sociale ristretta, il regime fiscale scelto e il versamento di somme distratte sul suo conto personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati