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Bancarotta fraudolenta e distrazione: il caso IVA

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di bancarotta fraudolenta per distrazione, perpetrata dagli amministratori di una società italiana fallita. Attraverso un articolato schema che coinvolgeva una società svizzera a loro riconducibile, gli imputati hanno distratto ingenti somme, corrispondenti all’IVA evasa, sottraendole alla garanzia dei creditori. La Corte ha rigettato i ricorsi, confermando che tale condotta integra pienamente il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, distinguendolo nettamente dai reati tributari. È stata inoltre confermata l’applicazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, data l’enorme cifra sottratta, e la legittimità del diniego delle attenuanti generiche a fronte della gravità dei fatti.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta per Distrazione: La Cassazione sul Caso dell’IVA Sottratta

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un complesso caso di bancarotta fraudolenta per distrazione, delineando con precisione i confini tra il reato fallimentare e i reati tributari. La decisione offre importanti chiarimenti su come la sottrazione di fondi, anche se corrispondenti all’IVA evasa, possa configurare una distrazione patrimoniale a tutti gli effetti, lesiva degli interessi dei creditori.

I Fatti: Un Complesso Schema Societario Internazionale

Il caso riguarda gli amministratori di una società italiana, dichiarata fallita, accusati di aver orchestrato un sofisticato meccanismo fraudolento. Essi avevano creato una società di diritto svizzero, a loro di fatto riconducibile, utilizzandola come intermediario fittizio per operazioni commerciali.

In sintesi, la società italiana acquistava merci dall’estero, ma le fatture venivano formalmente emesse alla società svizzera, che a sua volta rifatturava la merce alla società italiana, aggiungendo l’IVA. La società italiana pagava l’intero importo, IVA inclusa, su un conto svizzero nella piena disponibilità degli amministratori. Tuttavia, l’IVA incassata dalla rappresentanza fiscale della società svizzera non veniva mai versata all’Erario italiano. Tali somme, per un totale di oltre 18 milioni di euro, venivano quindi distratte dal patrimonio della società italiana, finendo per danneggiare i creditori al momento del fallimento.

I Motivi del Ricorso degli Imputati

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui:

1. Violazione del principio del ne bis in idem: Sostenevano che la condotta fosse la stessa per cui erano stati perseguiti per reati tributari (poi prescritti) e che non potessero essere condannati anche per bancarotta.
2. Errata qualificazione del fatto: Argomentavano che la condotta non costituisse una vera e propria distrazione, ma piuttosto un’operazione dolosa finalizzata al fallimento, un reato diverso e non contestato.
3. Insussistenza dell’aggravante: Contestavano l’applicazione della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità.
4. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentavano il mancato riconoscimento di circostanze che avrebbero potuto mitigare la pena.

Le Motivazioni della Corte sulla Bancarotta Fraudolenta per Distrazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi, fornendo una motivazione dettagliata e rigorosa che consolida importanti principi in materia di diritto penale fallimentare.

La Distinzione tra Reato Fallimentare e Reato Tributario

Il punto cruciale della sentenza è la netta separazione tra la bancarotta fraudolenta per distrazione e i reati tributari. La Corte ha stabilito che il principio del ne bis in idem sostanziale non è applicabile, poiché le due fattispecie di reato non regolano la “stessa materia”. Le condotte sono strutturalmente diverse: il reato tributario punisce la frode fiscale e l’evasione, mentre la bancarotta punisce l’impoverimento del patrimonio sociale a danno dei creditori.

Anche i beni giuridici tutelati e l’elemento soggettivo differiscono: da un lato la tutela del gettito fiscale (con dolo specifico di evasione), dall’altro la garanzia patrimoniale dei creditori (con dolo generico, ossia la semplice consapevolezza di sottrarre risorse alla società). La veicolazione all’estero delle somme non versate all’Erario costituisce un fatto ulteriore e distinto rispetto alla mera evasione, integrando pienamente l’atto distrattivo.

La Natura della Condotta e il Pericolo per i Creditori

La Corte ha ribadito che la bancarotta per distrazione è un reato di pericolo concreto. Non è necessario che l’atto di distrazione causi direttamente il fallimento, ma è sufficiente che esso sia idoneo a mettere in pericolo l’integrità del patrimonio sociale. La creazione di “fondi neri” all’estero, attraverso un meccanismo fraudolento come quello descritto, è stata considerata una condotta intrinsecamente pericolosa e sintomo inequivocabile della volontà di sottrarre beni alla garanzia dei creditori.

L’Applicazione dell’Aggravante del Danno Rilevante

La Cassazione ha confermato la correttezza dell’applicazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 219 L. Fall.). La valutazione, secondo la Corte, deve basarsi sull’entità assoluta della somma distratta (oltre 18 milioni di euro), un importo “oggettivamente” ragguardevole, a prescindere dal suo rapporto con il passivo totale del fallimento. L’enorme valore delle risorse sottratte era di per sé sufficiente a giustificare l’aumento di pena.

Il Rigetto delle Attenuanti Generiche

Infine, la Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti generiche. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato la profonda gravità dei fatti, l’allarmante capacità criminale dimostrata dagli imputati nell’ideare un sistema così complesso e la vastità della distrazione. Elementi come l’età avanzata di uno degli imputati o un accordo transattivo postumo con la curatela non sono stati ritenuti sufficienti a controbilanciare la gravità della condotta sanzionata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma con forza alcuni principi cardine:

1. La distrazione di IVA è bancarotta: La creazione di provviste illecite all’estero con somme corrispondenti all’IVA evasa, seguita dalla loro sottrazione al patrimonio sociale, costituisce un’ipotesi classica di bancarotta fraudolenta per distrazione.
2. Autonomia tra reati: Il reato fallimentare è autonomo rispetto a quello tributario. La prescrizione del secondo non impedisce la condanna per il primo, poiché le condotte e gli interessi tutelati sono diversi.
3. Il dolo è generico: Per la bancarotta per distrazione è sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella dovuta, senza che sia necessario lo scopo di recare pregiudizio ai creditori o di causare il fallimento.

Sottrarre al patrimonio di una società l’IVA non versata costituisce bancarotta fraudolenta per distrazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la creazione di fondi neri all’estero con le somme corrispondenti all’IVA evasa e la loro successiva sottrazione dal patrimonio della società fallita integra pienamente il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto danneggia la garanzia patrimoniale dei creditori.

È possibile essere condannati per bancarotta fraudolenta se i reati tributari collegati sono prescritti?
Sì. La Corte ha chiarito che il principio del ne bis in idem (divieto di doppio processo per lo stesso fatto) non si applica in questo caso, perché la bancarotta fraudolenta e i reati tributari tutelano beni giuridici diversi (il patrimonio dei creditori da un lato, il gettito fiscale dall’altro) e sanzionano condotte strutturalmente differenti. Sono quindi reati autonomi.

Come viene valutata l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità?
L’aggravante viene valutata sulla base dell’entità assoluta del valore dei beni distratti. Nel caso di specie, la distrazione di oltre 18 milioni di euro è stata considerata un danno di per sé di “rilevante gravità”, indipendentemente dal suo rapporto percentuale con l’intero passivo fallimentare. La Corte ha ritenuto sufficiente il valore oggettivamente ingente della somma sottratta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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