Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21006 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21006 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Montesilvano il 10/01/1966
avverso la sentenza del 17/06/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per la ritenuta fondatezza del primo motivo di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, commesso nella veste di legale rappresentante e amministratore unico della società fallita.
La condotta contestata e ritenuta consiste, in conformità alla prospettazione accusatoria, nella sottrazione o comunque nella distruzione, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture contabili, non rendendo possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidandosi a tre motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo il ricorrente assume erronea applicazione di legge e difetto di motivazione con riferimento all’art. 530 cod. proc. pen.
A riguardo evidenzia che l’elemento soggettivo, che pure avrebbe dovuto essere accertato quale dolo specifico, era stato argomentato in modo solo congetturale, ponendo in rilievo che egli aveva emesso una fattura nei confronti dell’Azienda sanitaria, rimasta insoluta, nonché altre fatture.
Non sarebbe emersa dunque la necessaria finalità, in assenza di qualsivoglia ritorno economico, di pregiudicare il ceto creditorio, con conseguente possibilità di ricondurre, a tutto concedere, la condotta, stante l’assenza delle scritture contabili, alla ipotesi delittuosa della bancarotta documentale semplice.
2.2. Mediante il secondo motivo deduce erronea applicazione di legge con riferimento all’art. 219, secondo comma, I.fall., per la mancanza di qualsivoglia danno derivante ai creditori dalla sua condotta.
2.3. Il ricorrente, infine, lamenta erronea applicazione di legge rispetto agli artt. 597, quinto comma, cod. proc. pen. e 62 n. 4 cod. pen. perché, sussistendo i presupposti per l’integrazione della predetta circostanza attenuante, avrebbe dovuto essere applicata dal giudice d’appello d’ufficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo non è fondato.
E’ vero che è principio ormai consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di arrecare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa nell’ambito dell’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi dì reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (ex ceteris, Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650).
Sennonché, come pure è stato puntualizzato nella giurisprudenza di legittimità, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando dì specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv. 284304).
Ciò posto, nella fattispecie in esame, dalle conformi decisioni di merito si evince che gli indici in forza dei quali è stato accertato, in capo all’imputato, il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori sono stati adeguatamente individuati nella circostanza che le scritture contabili sono state tenute solo fino ad una certa data e non anche successivamente, quando pure l’attività era proseguita, come attestato – e di qui lo scopo di danneggiare i creditori dall’emissione di fatture e, in particolare, di una, di ingente importo, nei confronti di un’Unità sanitaria locale della quale il ricorrente aveva cercato, pur senza esito, di ottenere il pagamento.
2.11 secondo motivo è inammissibile poiché aspecifico in quanto l’COGNOME, pur evocando la circostanza attenuante di cui all’art. 219 I. fall., neppure indica l’importo delle fatture di cui è stata celata l’ostensione ai creditori omettendo la tenuta delle scritture contabili.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto inedito, atteso che solo con il ricorso per cassazione viene censurata la decisione, già assunta in primo grado, di non concedere la (peraltro mai invocata) circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., che il giudice d’appello non aveva il dovere di applicare
d’ufficio, del resto in mancanza di qualsivoglia elemento di fatto dedotto in tale direzione.
Al riguardo, va infatti ribadito che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non
accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l’imputato,
nell’atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto
astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione (tra le altre,
Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02; Sez. 5, n.
1099 del 26/11/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209683).
4. Il ricorso deve essere dunque rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 aprile 2025 Il Consigliere Estensore COGNOME9> Il Presidente