Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4585 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4585 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto dichiararsi il rigetto del ricorso per infondatezza del primo motivo e per la manifesta infondatezza del secondo e terzo motivo.
Ritenuto in fatto
Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha confermato per quanto rileva in questa sede- il giudizio di responsabilità pronunciato dal Giudice di primo grado nei confronti di NOME COGNOME per i reati bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, commessi, in qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Roma il 15.07.2014. La condanna per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale era stata limitata, già in primo grado, alla distrazione di un autocarro; quanto all’ipotizzata distrazione di somme di denaro descritte in rubrica come “non esattamente quantificabili a causa della sottrazione della contabilità”, l’imputato era stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Avverso la sentenza, ha presentato ricorso l’imputato, per il tramite del suo difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure nei tre motivi di seguito enunciati, nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale. La Corte territoriale avrebbe infatti confermato il giudizio di condanna indicando, nella condotta dell’imputato, la ricorrenza del dolo specifico, senza tuttavia offrire dimostrazione che la condotta omissiva dell’imputato fosse funzionale a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto in danno del ceto creditorio. La sussistenza del dolo specifico sarebbe stata affermata unicamente sulla base della mancata consegna alla curatela della documentazione contabile della fallita società e della circostanza della continuazione dell’attività sociale ben oltre l’esercizio del 2009.
2.2 Col secondo motivo -strettamente connesso con l’argomentazione posta a base nella precedente censura- si contesta la mancata riqualificazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale nella meno grave ipotesi del delitto di bancarotta documentale semplice. La Corte territoriale non avrebbe tenuto in conto né il ristretto arco temporale in cui la condotta omissiva dell’imputato ha avuto luogo, né avrebbe chiarito le ragioni in base alle quali a quest’ultimo è stata ricondotta la coscienza e la volontà di realizzare l’oggettiva impossibilità, per la curatela, di ricostruzione la situazione patrimoniale e contabile della fallita società.
2.3 Col terzo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale per la sottrazione del veicolo indicato in rubrica. Nel ritenere provato il reato sulla base di una mera presunzione, costituita dall’esito dell’accertamento effettuato presso il P.R.A.(da cui è risultato che il veicolo era intestato alla fallita società),
Giudici di merito avrebbero erroneamente invertito l’onere probatorio, facendo gravare sul ricorrente la dimostrazione della concreta destinazione del bene in parola a vantaggio degli scopi societari e senza dar prova della previa disponibilità, da parte dell’imputato, del bene oggetto dell’asserita distrazione.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso per l’infondatezza del primo motivo e per la manifesta infondatezza del secondo e terzo motivo.
Considerato in diritto
Il primo motivo è fondato e assorbe il secondo. Coglie nel segno, la difesa, nell’evidenziare un vizio motivazionale dell’impugnata sentenza a proposito della ritenuta sussistenza del dolo specifico dell’imputato.
Come richiesto dal ricorrente in sede di appello, la Corte territoriale avrebbe dovuto specificare -più precisamente rispetto a quanto espresso nella pronuncia di primo grado- a quale prova fosse ancorata l’affermazione del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori. A tal proposito, la Corte d’appello, richiamando in senso adesivo la pronuncia del Giudice di primo grado, afferma la ricorrenza del dolo specifico in maniera apodittica, facendo riferimenti a un non meglio specificato “quadro di elementi di giudizio caratterizzati da gravità, precisione e concordanza tale da assurgere a rango di prova ex art. 192, secondo comma, cod. proc. pen., del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori”.
Senonché, secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di bancarotta fraudolenta documentale cd. “specifica”, lo scopo di recare pregiudizio ai creditori deve ritenersi provato sulla base di specifici indici di fraudolenza (come, ad esempio, il passivo rilevante e la distrazione dei beni aziendali: ex multis, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, Birritteri, Rv. 283983 – 01), non indicati dalla Corte territoriale. Si ricorda che l’unica accertata responsabilità dell’imputato per condotta distrattiva concerne, nel caso in esame, un solo bene (il veicolo indicato in rubrica): a maggior ragione i Giudici del merito avrebbero dovuto ponderare in maniera più approfondita la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in parola, sub specie di dolo specifico, come affermato -ma non provato- dagli stessi. Da parte sua, il Giudice di primo grado, dopo aver adombrato il dolo generico nella condotta omissiva del COGNOME (v. p. 6 della sentenza di primo grado: “è certo che tale omissione abbia cagioNOME l’impossibilità di correttamente ricostruire lo stato patrimoniale e il movimento degli affari”), ha di poi affermato la sicura ricorrenza
del dolo specifico (p. 7), “costituto dallo scopo di procurare a sé o ad altri ingiusto profitto o arrecare pregiudizio ai creditori”, in vista del fatto che le scrittu contabili sono state regolarmente tenute ma non consegnate (e, in quanto amministratore unico, il ricorrente non poteva avere colposamente sottovalutato l’importanza delle scritture contabili: p. 7 della sentenza di primo grado).
Sebbene dall’impianto delle due conformi sentenze – che “si saldano” l’una con l’altra (cfr., ad es., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, COGNOME, Rv. 216906 – 01) – risulti sufficientemente argomentato l’elemento oggettivo del reato, vale a dire l’omessa consegna delle scritture contabili, non altrettanto può dirsi con riferimento all’elemento soggettivo dell’ascritto reato. Sul punto, la sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto aspecifico e generico, oltre che reiterativo di censure correttamente disattese dalla Corte territoriale.
In premessa, gioverà ricordare il principio, affermato da questa Corte, ed espressivo di orientamento consolidato, secondo cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società, dichiarata fallita, è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione (ex multis Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204). L’imposizione di un onere della prova nei termini sopra illustrati a carico dell’amministratore si giustifica, perché quest’ultimo è responsabile della gestione dei beni sociali e risponde nei confronti dei creditori della conservazione della garanzia dei loro crediti, con la conseguenza che soltanto l’amministratore può chiarire, proprio in quanto artefice della gestione, quale destinazione effettiva abbiano avuto i beni sociali. Trattasi, invero, di sollecitazione al diretto interessato della dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che è (oltre che il responsabile) l’artefice della gestione, può rendere (Sez. 5, n. 7588 del 26 gennaio 2011, COGNOME e altri, in motivazione).
Siffatti principi sono stati ulteriormente specificati, nella prospettiva di scongiurare inammissibili automatismi ed equazioni dimostrative: si è quindi sottolineato come quella sollecitazione rivolta all’amministratore di una società fallita presupponga, innanzitutto, la prova dell’esistenza dei beni non rinvenuti dagli organi della curatela.
Ebbene, la Corte d’appello ha chiarito, a tal proposito, che il giudizio di responsabilità per la condotta distrattiva è stato basato non già su astratte presunzioni, come preteso dal ricorrente, bensì sull’esito dell’accertamento
effettuato presso il P.R.A., da cui era incontrovertibilmente emerso che il veicolo non rinvenuto era intestato alla fallita società.
Il Collegio non condivide la censura difensiva, tesa a contestare che l’esito di un siffatto accertamento possa fornire prova della previa disponibilità del bene risultato distratto- in capo all’imputato. Questa Corte ha già sottolineato che, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la prova della precedente disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti in seno all’impresa può essere desunta da documenti da ritenersi intrinsecamente attendibili perché redatti in conformità alle prescrizioni imposte dalla legge (Sez. 5, n. 20879 del 23/04/2021, Montella, Rv. 281181 – 01, con riferimento al bilancio, ma con principio estensibile al caso di specie: «in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la prova della precedente disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti in seno all’impresa può essere desunta anche dal bilancio, ove risulti intrinsecamente attendibile perché redatto in conformità alle prescrizioni imposte dalla legge»).
Ora, non v’è motivo per ritenere che l’accertamento svolto presso il P.R.A, vale a dire un pubblico registro attestante i titoli di proprietà degli automobilisti, non possa fornire una valida prova della riconducibilità del bene alla fallita società e, quindi, della disponibilità del bene stesso anteriormente alla dichiarazione di fallimento.
La “valenza meramente presuntiva delle risultanze del P.R.A.”, indicata dal ricorrente, non implica affatto che una siffatta risultanza -ove non smentita efficacemente dall’imputato- non possa essere utilizzata come base documentale per riferire la titolarità del bene alla società fallita, come ha ragionevolmente ritenuto la Corte d’appello (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. 6 – 3, n. 24681 del 19/11/2014, Rv. 633237 – 01: «l’iscrizione nel pubblico registro automobilistico (p.r.a.) del trasferimento di proprietà di un’autovettura, prevista dall’art. 6 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510, non solo è volta a dirimere i conflitti tra aventi causa dal medesimo venditore, ma costituisce prova presuntiva in ordine all’individuazione del soggetto obbligato a risarcire i danni da circolazione stradale quale proprietario del veicolo»: nella specie, la RAGIONE_SOCIALEC. ha confermato la sentenza di merito che, nel giudizio per danni cagionati da circolazione stradale, aveva ritenuto non provata, in capo al convenuto contumace, la qualità di proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro, non avendo l’attore prodotto la certificazione del p.r.a., né potendo il documento essere sostituito da prova orale». Sez. 3, n. 4755 del 11/03/2016, Rv. 639445 01: «le risultanze del pubblico registro automobilistico (p.r.a.) costituiscono prova presuntiva in ordine al proprietario dell’autovettura obbligato a risarcire i danni da circolazione stradale, che può essere vinta da prova contraria, ma non dal mero
generico riferimento al rapporto dei Carabinieri, senza la specificazione della documentazione da essi presa in visione al fine di rilevare un diverso proprietario del veicolo»).
D’altro canto, sebbene si sia ritenuto che le risultanze del pubblico registro automobilistico abbiano il valore di presunzione semplice, che può essere vinta con ogni mezzo di prova (Sez. 3, Sentenza n. 22605 del 26/10/2009, Rv. 609972 – 01), è pur sempre necessario, appunto, un idoneo mezzo di prova offerto dall’imputato, che, nel caso di specie, non è stato fornito.
Il Collegio annulla, pertanto, la sentenza impugnata limitatamente ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma e dichiara, nel resto, inammissibile il ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, in data 1/12/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente