Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4565 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4565  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con la sentenza emessa il 3 aprile 2023, escludeva la recidiva e confermava nel resto la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Monza, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME, in relazione ai delitti di bancarotta societaria fraudolenta documentale e di causazione del fallimento, risultando contestato all’imputato che nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, poi fallita, aveva tenuto la contabilità in modo da non consentire la ricostruzione del movimento di affari, non tenendola per altro dal 2015 fino alla data del fallimento e, inoltre, sin dalla costituzione della società ometteva il pagamento dei tributi per un ammontare complessivo di 4.180.743,77 euro.
 Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 216, comma 1, n. 2, 223, comma 2, n. 2 legge fall., in quanto non sarebbe emersa la prova che dal 2015 in poi non vi era stata tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, come anche risultava che proprio l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture aveva consentito di ricostruire l’ammontare dei debiti sia nei confronti della RAGIONE_SOCIALE sia anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Lamenta, inoltre, il motivo che la sentenza impugnata erroneamente non ha ritenuto configurarsi, quanto alla omessa tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture, il delitto di bancarotta semplice, non avendo la Corte territoriale offerto una adeguata motivazione in tema di dolo della bancarotta fraudolenta contestata, relativamente alla volontà di pregiudicare i creditori o avvantaggiare ingiustamente se stesso, traendo invece solo dalla condotta oggettiva, in modo tautologico, la prova del dolo specifico.
 Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione correlato, oltre che in relazione all’omesso riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
La Corte non avrebbe valutato, negando le circostanze attenuanti generiche, il valore della confessione, indicativa di una riconsiderazione critica del proprio operato da parte dell’imputato.
Inoltre, avrebbe omesso di motivare in ordine alla sospensione condizionale consentita a seguito della riduzione della pena per l’esclusione della recidiva, essendo officiosamente riconoscibile da parte della Corte di secondo grado.
 Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
Il ricorso è stato trattato senza intervento RAGIONE_SOCIALE parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che il ricorso si concentra esclusivamente sul delitto di bancarotta fraudolenta documentale e non anche sugli atti di bancarotta causativi di fallimento, indicati nella seconda parte della imputazione.
Tanto considerato, in ordine al primo motivo di ricorso deve evidenziarsi come la Corte di appello – al di là di una impropria citazione di un principio riguardante l’amministratore di diritto in caso di amministrazione di fatto – dia comunque conto di come la prova del dolo della bancarotta documentale sia da rinvenirsi nella finalità di voler impedire di accertare il destino dei beni strumentali, iscrit nel libro dei cespiti, e la sorte dei crediti iscritti in bilancio al 31 dicembre 2015 pe 300mila euro, non più sussistenti alla data della sentenza di fallimento del 23 aprile 2019.
La Corte di appello individua il dolo della condotta di bancarotta fraudolenta documentale in quello generico, rilevando come la tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture in modo disordinato e confuso abbia impedito la ricostruzione RAGIONE_SOCIALE vicende patrimoniali della società.
La censura si concentra esclusivamente sull’elemento soggettivo della condotta documentale e lamenta l’assenza di dolo specifico.
L’imputazione contestata prevedeva la duplice e alternativa condotta oggettiva di omessa tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture (equiparata da questa Corte di cassazione – Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992 alla sottrazione e alla distruzione) dal 2015 in poi, rispondente alla fattispecie di bancarotta fraudolenta cd. specifica, che richiede il dolo specifico di avvantaggiare con ingiusto profitto se stesso o altri o di recare pregiudizio ai creditori.
Altra parte della condotta, riferita alla tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture prima del 2015, si riferisce invece alla confusa tenuta della contabilità, tanto da impedire o rendere meno agevole la ricostruzione della vita patrimoniale della società, per le quali è richiesto il dolo generico.
La Corte di appello esclude la configurabilità della bancarotta documentale semplice in quanto fu dolosamente impedita la ricostruzione RAGIONE_SOCIALE vicende della società, in piena sintonia con il principio per cui in tema di bancarotta fallimentare semplice documentale, è estraneo al fatto tipico, descritto dall’art. 217, comma secondo, I. fall., il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, che costituisce, invece, l’evento di una RAGIONE_SOCIALE fattispecie alternativamente integranti il diverso delitto di bancarotta fraudolenta
documentale (Sez. 5, n. 32051 del 24/06/2014 – dep. 21/07/2014, Corasaniti, Rv. 260774). In sostanza l’esistenza dell’evento del delitto di bancarotta documentale cd. generica conduce a tale fattispecie e non a quella di bancarotta semplice, nella valutazione dei Giudici del merito.
Ne consegue che il motivo di ricorso sul punto risulta generico, in quanto non attacca il profilo oggettivo, ma solo quello soggettivo del delitto ritenuto, in ordine al quale vi è una corretta motivazione.
Infatti, il motivo censura la sentenza che non avrebbe valorizzato l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture, utilizzate per ricostruire il movimento di affari debiti della fallita: ma sul punto non si confronta con la circostanza che il debito erariale, quello decisamente più consistente, fu accertato a seguito di insinuazione al passivo dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate e non risulta esserlo stato grazie alle scritture contabili, inidonee ad attestarlo (sul punto cfr. fol. 2 par. 1.2 della sentenza impugnata).
D’altro canto, va evidenziato che la fattispecie a dolo generico sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 10423 del 22/05/2000, COGNOME, Rv. 218383; Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, COGNOME, Rv. 247965)
Ne consegue la genericità e manifesta infondatezza del motivo, a fronte di una motivazione che, pur dovendo confrontarsi con una condotta alternativa, ha fatto buon governo dei principi in materia, in quanto le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, prima e seconda ipotesi, legge fall. sono alternative, ciascuna idonea ad integrare il delitto in questione, per cui, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e RAGIONE_SOCIALE altre scritture contabili, anch’essa contestata (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753 – 01).
Quanto al secondo motivo, in ordine alle circostanze attenuanti generiche, la censura è aspecifica perché invoca il valore rilevante, ma trascurato dalla Corte territoriale, della confessione da parte dell’imputato. Invero la Corte di appello ha evidenziato come era stata resa una confessione parziale e negatoria del dolo, cosicché la doglianza attuale non si confronta con tale motivazione.
Ne consegue che corretto governo abbia fatto la sentenza impugnata dei principi in materia, per cui la concessione o meno RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, anche quindi limitandosi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, COGNOME, rv 248737; Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, COGNOME e altri, Rv. 249163). Nel caso in esame sono state esaminate le ragioni ostative al beneficio, senza alcuna manifesta illogicità.
Quanto alla seconda parte della doglianza, invece, in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza RAGIONE_SOCIALE condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, Sentenza n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 – 01).
E’ stato anche affermato, in modo condiviso da questo Collegio, che il giudice di appello non è tenuto a motivare in ordine al mancato esercizio del potere discrezionale di concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 597, comma terzo, cod. proc. pen., quando l’interessato non abbia formulato al riguardo alcuna richiesta; ne deriva che il mancato riconoscimento del beneficio non costituisce violazione di legge e non configura mancanza di motivazione suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 15930 del 19/02/2016, Moundi, Rv. 266563 – 01).
Ne consegue la manifesta infondatezza del motivo oltre che la sua genericità, non essendo stata avanzata la relativa richiesta in appello.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
 Quanto alle spese sostenute dalla parte civile, nulla va disposto nel caso in esame, secondo quanto costantemente enunciato in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato: la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore della parte civile non è dovuta, se essa non ha fornito alcun contributo, come è nel caso in esame, essendosi limitata a richiedere
la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, od il suo rigetto, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti (Sez. U, n. 877 ud. 14/07/2022, dep. 12/01/2023, COGNOME, par. 20.3; Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03; Sez. 5, n. 34816 del 15/06/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 17544 del 30/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 26484 del 09/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 34847 del 25/02/2021, COGNOME, non mass.).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende. Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso in Roma, 09/11/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente