Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5963 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5963 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME, nato a Rossano il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro in data 6/03/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 6 marzo 2023, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Castrovillari in data 24 maggio 2019 con la quale NOME era stato condannato alla pena di 3 anni di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della continuazione fallimentare, dei reati di cui agli artt. 223, comma 1, 216, comma 1, n. 1), r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (capo A) e 223, comma 1, 216, comma 1, n. 2), r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (capo B), per avere, nella sua qualità di amministratore e legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Castrovillari in data 12 aprile
2013, distratto alcuni veicoli e mezzi meccanici di proprietà della società, di cui egli si era limitato ad affermare, senza riscontrarla, l’avvenuta rottamazione o alienazione; e per avere, nella medesima qualità, sottratto i libri e le scritture contabili della società, in modo da non consentire di ricostruirne il patrimonio e il movimento di affari; reati perfezionatisi in Castrovillari il 12 aprile 2013.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso NOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’affermazione di responsabilità per i delitti contestati.
Con riferimento alla condotta ascritta all’imputato al capo A) della rubrica, riguardante la cessione di alcuni veicoli della RAGIONE_SOCIALE tra il 2008 e il 2010, la difesa osserva che, in tale periodo, le vicende della società non avrebbero potuto fare prevedere l’apertura del fallimento, avvenuta nel 2012 per iniziativa di un dipendente, che avrebbe azionato crediti legati alle mansioni lavorative svolte per conto della società. E ciò avrebbe dovuto far escludere il dolo generico in relazione alle condotte in questione. In ogni caso, la sentenza impugnata non spiegherebbe come mai un fatto futuro e incerto, estraneo alla condotta, possa considerarsi elemento costitutivo del reato.
Sotto altro profilo, il mancato rinvenimento delle scritture contabili non sarebbe da imputare allo stesso NOME, essendo esse andate distrutte a seguito di un incendio doloso appiccato negli uffici della RAGIONE_SOCIALE, secondo quanto riscontrato dai militari della Stazione dei Carabinieri di Castrovillari; evento regolarmente denunciato dall’interessato in data 23 novembre 2010.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 323, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 in luogo dell’art. 216, comma 1, nn. 1 e 2, legge fall. Benché i Giudici di merito abbiano condannato l’imputato per la mancata esibizione dei libri contabili tra il 2011 e il 2013, la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata posta in liquidazione dal 17 maggio 2011, sicché avrebbe dovuto essergli applicata, in relazione al periodo tra la messa in liquidazione e il successivo fallimento, la disciplina dettata dall’art. 323, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che prevedrebbe una pena più contenuta, da 6 mesi a 2 anni di reclusione.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta applicazione dell’aggravante della continuazione fallimentare e al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale
di speciale tenuità. L’esclusione della penale responsabilità in relazione al capo B), farebbe venire meno l’aggravante, sicché le già riconosciute attenuanti generiche avrebbero dovuto determinare una riduzione della pena. La Corte distrettuale si sarebbe limitata, con riferimento alla non consegna delle scritture contabili negli anni successivi all’incendio, alla sola valutazione del dolo specifico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Il primo motivo contiene due distinti profili di censura.
2.1. Il primo di essi concerne le condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in relazione alle quali non sarebbe stata dimostrata la volontà distrattiva, trattandosi di condotte compiute in un momento della vita della società in cui non era prevedibile il sopraggiungere di una sentenza di fallimento.
Sul punto, pur dinnanzi a un identico motivo di impugnazione articolato con l’atto di appello, la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione.
Tuttavia, va osservato che la censura doveva ritenersi manifestamente infondata in ragione del radicale contrasto con l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di bancarotta per distrazione, la condotta sanzionata dall’art. 216, comma 1, n. 1, legge fall. e, per le società, dall’art. 223, comma 1, stessa legge, non è quella di avere cagionato lo stato di insolvenza o di avere provocato il fallimento, bensì quella di avere depauperato l’impresa destinato le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804 – 01; nella giurisprudenza precedente v. Sez. 5, n. 232 del 9/10/2012, COGNOME, Rv. 254061; Sez. 5, n. 7545 del 25/10/2012, COGNOME, Rv 254634; Sez. 5, n. 27993 del 12/02/2013, COGNOME, Rv. 255567; Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, COGNOME, Rv 246879; Sez. 5, n. 11739 del 5/12/2013 dep. 11/03/2014, COGNOME, Rv. 260199; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, COGNOME, Rv. 262741-01; Sez. 5, n. 32352 del 7/03/2014, COGNOME, Rv. 261942-01; Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 260690-01; Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. 261683 – 01). Dunque, nelle condotte di bancarotta fraudolenta per distrazione non è richiesto alcun nesso causale tra la condotta e lo stato di insolvenza, essendo sufficiente che le relative condotte abbiano determinato una diminuzione del patrimonio pregiudizievole per i creditori (Sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 2021, Cimoli, Rv. 280550 – 02).
La prospettazione difensiva, dunque, era manifestamente infondata sin dal momento della proposizione dell’appello, sicché l’omessa valutazione della relativa doglianza da parte della Corte territoriale non integra alcun profilo di illegittimità della pronuncia e, anzi, la relativa censura si rivela inammissibile per carenza
d’interesse, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio. (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263157 – 01; Sez. 6, n. 47722 del 6/10/2015, Arcone, Rv. 265878 – 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745 – 01; Sez. 3, n. 46588 del 3/10/2019, COGNOME, Rv. 277281 – 01).
2.2. Quanto, poi, all’argomento difensivo secondo cui la denuncia dell’incendio dimostrerebbe che la mancata ostensione agli organi del fallimento delle scritture contabili non era imputabile all’amministratore, poi liquidatore, della società fallita, esso appare del tutto aspecifico.
La sentenza impugnata, infatti, ha ben posto in luce gli indici di fraudolenza della condotta ascritta all’imputato, costituiti, da un lato, dal fatto che egli era ben consapevole, sin dal 2008-2009 (allorché l’esposizione debitoria della società era risultata pari, rispettivamente, a 783.386,00 euro e a 811.046,00 euro), che la situazione economica della società non gli avrebbe consentito di adempiere ai debiti; e, dall’altro lato, che se egli avesse inteso soddisfare le esigenze connesse alla conoscibilità di tale situazione, non avrebbe omesso totalmente la tenuta di qualunque tipo di scrittura contabile dalla data dell’incendio fino a quella del fallimento.
Manifestamente infondato è, poi, il secondo motivo, con cui la difesa chiede che la mancata tenuta delle scritture contabili sia riqualificata ai sensi dell’art. 323, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.
Tuttavia, tale disposizione, o meglio quella prevista dal comma 2 del citato articolo, concerne la differente ipotesi, corrispondente a quella delineata dall’art. 217 legge fall., in cui l’imprenditore in liquidazione giudiziale, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di liquidazione giudiziale ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non abbia tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li abbia tenuti in maniera’ irregola o incompleta. Nondimeno, nel caso qui in rilievo, ciò che non consente di ritenere integrata tale fattispecie è il fatto che la mancata tenuta delle scritture contabili sia stata posta in essere con finalità chiaramente volte a impedire la ricostruzione della situazione economica della società, per le ragioni che sono state già evidenziate (v. supra § 2.2).
Da quanto testé argomentato in ordine alla configurabilità del delitto contestato al capo B) consegue, altresì, la manifesta infondatezza anche della parte del terzo motivo che riguarda l’applicazione dell’aggravante della continuazione fallimentare, che la difesa censura sul presupposto, più sopra disatteso, che la responsabilità per il delitto di cui al capo B) debba essere esclusa.
Quanto, poi, al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, è appena il caso di rilevare che il motivo non sviluppa alcuno specifico argomento a sostegno della tesi difensiva, solo genericamente enunciata, rivelandosi, conseguentemente, inammissibile.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 19 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente