Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11713 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11713 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Fabriano il 6/03/1955
avverso la sentenza del 05/03/2024 della Corte d’appello di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
la difesa della parte civile, curatela del fallimento, Avv. M. COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso, producendo nota spese;
lette le richieste della difesa, Avv. MNOME COGNOME che ha fatto pervenire in data 4 dicembre 2024, con le quali ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata, della Corte di appello di Perugia, emessa in data 5 marzo 2024, all’esito di rinvio disposto da questa Corte di cassazione, sezione Quinta penale, in data 7 novembre 2022, con sentenza n. 48891 – 22, ha confermato la condanna, del 19 dicembre 2019, resa dal Tribunale di Ancona, nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta
documentale e bancarotta semplice, commessi nella sua qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita nel corso del l’anno 2016.
1.1.La sentenza di primo grado aveva condannato l’imputato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, applicato l’aumento di cui all’art. 219 comma secondo n. 1, legge fall., per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta semplice perché l’imputato , nella qualità di amministratore unico della società indicata, teneva i libri e le scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari e si asteneva dal richiedere il fallimento aggravando il dissesto della società.
1.2. La prima pronuncia di secondo grado aveva confermato la condanna con motivazione reputata dalla sentenza rescindente non appropriata rispetto al titolo di reato contestato, sia in termini di individuazione della fattispecie materiale, sia in punto di elemento soggettivo del reato.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, dichiarato assorbito il motivo quarto, quindi, la Corte di legittimità, pronunciando l’annullamento con rinvio, ha notato che oggetto di contestazione era l’omessa tenuta di alcuni libri contabili della fallita in riferimento ad alcune annualità.
Partendo da costanti principi giurisprudenziali in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la sentenza rescindente ha rilevato che la motivazione, offerta dalla Corte di appello, in ordine alla qualificazione del fatto contestato come bancarotta documentale “generale”, anziché “specifica”, era apodittica e finiva per aggirare l’onere di dimostrare la sussistenza del dolo specifico necessario, invece, per la sussistenza del reato.
Si è evidenziato che, dalle pronunce di merito, emergeva che alla curatela non erano mai pervenuti alcuni dei libri relativi a determinate annualità. Ciò senza specificare alcunché circa l’effettiva istituzione di tali libri, in riferimento ai medesimi periodi e se il curatore ne avesse riscontrato l’incapacità di fornire le informazioni necessarie per ricostruire il volume d’affari ed il patrimonio della fallita, a causa di irregolarità od omissioni accertate nella loro scritturazione. Né era stato indicato l’ eventuale rinvenimento dei libri e la loro istituzione, con riguardo ai periodi di interesse, eventualità che, come detto, comporterebbe l ‘ inevitabile qualificazione del fatto ai sensi della prima parte dell’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall. Con conseguente onere, in tale ultimo caso, per il giudice del merito, di dimostrare che l’imputato abbia agito con il dolo specifico richiesto per la sussistenza della bancarotta “specifica”, ovvero con dolo generico o mera colpa, con conseguente necessità di derubricare il fatto nel meno grave reato di bancarotta documentale semplice.
1.3. La Corte territoriale, con la sentenza pronunciata ex art. 627 cod. proc. pen., ha precisato che la condotta, dal punto di vista materiale, deve essere qualificata come bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216 comma 2, n. 1 prima parte legge fall., con le conseguenti ricadute in tema di dolo specifico, giungendo, comunque, alla conferma della condanna di primo grado, reputando integrato il dolo specifico necessario a fronte del l’ operata qualificazione della condotta.
Avverso detto provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciando con un unico motivo, plurimi vizi relativi all’ errata applicazione di legge penale, violazione degli artt. 216, comma 1, n. 2, 40 cod. pen., 125, comma 3 e 192 cod. proc. pen., vizio di motivazione con travisamento della prova o, alternativamente, omessa motivazione e, infine, violazione dei criteri legali di valutazione della prova liberatoria.
Secondo il ricorrente, l’annullamento con rinvio era stato pronunciato in accoglimento del primo motivo di ricorso con il quale si era rilevata, da parte della difesa, la presenza di elementi, quali la consegna della documentazione contabile al curatore, la presentazione dei bilanci degli anni precedenti al fallimento, l’omessa verifica dei flussi movimentazioni bancarie da parte del curatore, da considerarsi circostanze che avrebbero dovuto essere valutate a favore dell’imputato, in quanto dimostrative della buona fede dell’imprenditore, con conseguente riqualificazione del reato in bancarotta documentale semplice.
La Corte d’appello di Perugia ha, invece, qualificato il reato ai sensi dell’art. 216, comma 2, n. 1 prima parte legge fall. così incorrendo in errore poiché il capo di imputazione configura, cumulativamente, le condotte di sottrazione dei libri e documenti societari descritti, di cui alla prima parte della norma citata e quello dell ‘o messa regolare tenuta dei predetti documenti, in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, prevista dalla seconda parte della medesima norma.
La Corte territoriale, peraltro, non si è occupata dell’elemento soggettivo del dolo specifico, necessario ad integrare il reato di sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche nella forma dell’omessa tenuta.
Invero, gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico non possono essere coincidenti con la mera scomparsa dei libri societari o con la tenuta di questi in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, circostanze che rappresentano gli eventi dal cui verificarsi dipende la configurazione dell’elemento oggettivo del reato.
Si deduce che, invece, si deve trattare di circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ovvero di recare pregiudizi ai creditori.
I giudici di merito, quindi, pur ritenendo il comportamento dell’imputato sussumibile nel delitto di bancarotta documentale fraudolenta specifica si sono riportati ad elementi di fatto, già riferiti dal curatore con ampie imprecisioni, che in realtà dimostrerebbero soltanto l’avvenuta consegna dell’organo fallimentare in forma non integrale della documentazione contabile della società ma non la finalità di recare pregiudizi ai creditori.
A tal fine, peraltro, non si sarebbe preso in considerazione quanto devoluto con i motivi di appello e cioè l’assenza di prova del danno arrecato ai creditori. Né sarebbe provato il verificarsi dell’evento, rappresentato dal mancato soddisfacimento delle pretese dei creditori che costituisce dato neutro potendo ricondursi a una condotta meramente colposa.
La motivazione della Corte di appello non si è confrontata con i motivi di gravame nella parte in cui era stata contestata l’esistenza del reato, visto che i documenti contabili erano stati consegnati al curatore. La società aveva redatto i bilanci, con ciò dimostrando l’esistenza della contabilità e, quindi, l’assenza di volontà di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
A parere del ricorrente, infatti, la presentazione dei bilanci dimostra la sussistenza della coscienza e volontà dell’imputato di non voler realizzare il descritto disegno criminoso.
La motivazione della Corte territoriale è, dunque, contraddittoria perché afferma che i beni mobili sono rimasti nella disponibilità della fallita e che su tali beni i creditori hanno avviato azioni esecutive.
Va ribadito che il capo di imputazione configura cumulativamente la bancarotta fraudolenta documentale, sotto il profilo della sottrazione dei libri e documenti societari e l’omessa regolare tenuta dei detti atti e documenti, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio.
Consegue che, per la integrazione della prima ipotesi, è necessaria la presenza del dolo specifico mentre per la seconda ipotesi è richiesto il dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza che la confusa e caotica tenuta della contabilità possa rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio societario.
In definitiva, si deduce che la Corte territoriale non avrebbe reso una motivazione esauriente, né dal punto di vista della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico, né quanto al dolo generico, per non avere offerto prova dell’effettiva volontà e coscienza dell’imputato di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio del movimento degli affari.
3. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire richieste scritte, con le quali ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, ai sensi degli artt. 614, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, in assenza di tempestiva richiesta di trattazione in pubblica udienza partecipata.
La parte civile, curatela del fallimento, ha fatto pervenire conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso e ha presentato nota per la liquidazione delle spese.
La difesa, avv. NOME COGNOME ha concluso chiedendo, con p.e.c. del 4 dicembre 2024 , l’accoglimento dei motivi di ricorso .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che la sentenza rescindente ha riscontrato, come più volte chiarito da questa Corte di legittimità, che l’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall. contempla due fattispecie tra loro alternative, integranti il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Per quanto riguarda quella cd. specifica, descritta nella prima parte della citata disposizione, oggetto di incriminazione sono alcuni comportamenti che, con l’eccezione della falsificazione, si traducono nella procurata impossibilità per gli organi fallimentari di accedere, in tutto o in parte, all’apparato contabile dell’impresa, poiché in ciò deve rinvenirsi il minimo comune denominatore delle condotte di distruzione, sottrazione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili. In tal senso, l’omessa tenuta deve intendersi, dunque, come mancata istituzione del libro o della scrittura oggetto di contestazione e non già quale omessa scritturazione di un supporto contabile invece esistente, condotta quest’ultima da ricondurre all’alveo della diversa fattispecie di bancarotta documentale cd. ‘generale”, configurata nella seconda parte del citato art. 216 comma 1 n. 2) legge fall. (tra le altre, Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904).
Ciò si ricava, secondo la sentenza rescindente, dal confronto con le condotte oggetto di incriminazione nella fattispecie di bancarotta semplice documentale, prevista nel secondo comma dell’art. 217 della stessa legge, che presenta un più ampio oggetto materiale, ma, soprattutto, si differenzia dall’altra fa ttispecie, per la previsione del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano Rv. 274630).
È stato, poi, richiamato il diverso elemento soggettivo necessario, a seconda della condotta materiale accertata, per integrare la fattispecie di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall.
Invero, è consolidato l’ orientamento di questa Corte, secondo il quale il reato di bancarotta fraudolenta documentale nella forma della distruzione, sottrazione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, è caratterizzato dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori (tra le altre, Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904, in tema di occultamento), trattandosi di fisica sottrazione delle scritture alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, fattispecie autonoma ed alternativa, in seno all’art. 216, comma 1, lett. b), legge fall., rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto sui libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi fallimentari.
1.2. Ciò premesso, quanto ai principi giurisprudenziali fissati dalla sentenza rescindente, si rileva che la pronuncia di legittimità ha indicato, quale operazione preliminare da compiere, da parte del giudice del rinvio, quella di perimetrare e qualificare la condotta contestata.
Dunque, la sentenza impugnata, in ossequio a tale disposto, si è occupata di descrivere e qualificare la condotta che, in fatto, è stata posta in essere dal punto di vista materiale (cfr. dalla pagina 4 a seguire).
Il giudice del rinvio ha precisato che mancavano del tutto i libri degli inventari e dei mastrini nonché i registri Iva, a partire dall’anno 2007, carenza che aveva reso impossibile la ricostruzione delle movimentazioni finanziarie legate alle cessioni di partecipazione in altre società, nonché i movimenti finanziari ed economici, quali la sottoscrizione del capitale della RAGIONE_SOCIALE, la cessione della partecipazione in RAGIONE_SOCIALE avvenuta, a favore della RAGIONE_SOCIALE, nel 2010, oppure la cessione di ramo di azienda alla RAGIONE_SOCIALE, avvenuta il 4 ottobre 2010.
Quanto alla riscontrata predisposizione dei bilanci, la sentenza impugnata ha confutato, con ragionamento lineare ed esente da vizi, la deduzione difensiva relativa alla rilevanza di tale condotta. Si è precisato, infatti, che i bilanci erano stati depositati fino al 2009, mentre non erano stati approvati e depositati quelli relativi al periodo 2010-2016, omesso deposito che riguardava anche le altre società coinvolte nelle condotte accertate; sicché, per tutte queste annualità, fino alla dichiarazione di fallimento, la ricostruzione delle vicende gestionali fornita dall’amministratore relativamente a periodo pregresso nulla aveva aggiunto.
Dunque, la sentenza impugnata, in modo completo e immune da censure di ogni tipo, ha qualificato la condotta materiale reputando che questa aveva reso
impossibile ‘una ricostruzione affidabile di movimenti finanziari ed economici e di atti di disposi zione patrimoniale di rilevante entità’ , analiticamente indicati.
1.3. Tenuto conto di detta qualificazione, quindi, ai fini della sussistenza del necessario dolo specifico, la sentenza impugnata ha segnalato, con motivazione immune da illogicità manifesta e scevra da travisamenti di ogni tipo, le articolate vicende societarie e la condotta dell ‘amministratore il quale av eva gestito un ente, dichiarato fallito nel 2016, ma non più operativo fin dal 2009, con interposizione, medio tempore , di altre società, riferibili allo stesso imputato (amministratore unico anche della RAGIONE_SOCIALE) o a suoi familiari (come la RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE di NOME, NOME e NOME COGNOME), individuando l’evidente finalità di ridurre l’attivo disponibile alla massa e, dunque, di arrecare pregiudizio ai creditori.
Si è, quindi, posta in correlazione l’omissione, accertata nella sua materialità, alle complessive vicende societarie, al contenuto economico di queste , ai rapporti dell’imputato con gli amministratori delle altre società, ed è stata reputata espressione del necessario dolo specifico.
Inoltre, si rileva che l ‘omessa tenuta delle scritture contabili sopra indicate è stata ricollegata dalla Corte territoriale al fine di recare pregiudizio ai creditori, anche evidenziando la condotta del l’imputato attuata durante l’attività di verifica , descritta come mirante ad occultare l’esistenza di cespiti immobiliari e di cause attive, motivazione complessivamente censurata con argomenti versati in fatto, dunque, non consentiti nella presente sede di legittimità.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute, nel presente giudizio, dalla parte civile, curatela fallimentare, liquidate secondo la nota spese depositata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Curatela fallimentare RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 5 dicembre 2024