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Bancarotta fraudolenta documentale: onere della prova

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due ex amministratori condannati per bancarotta fraudolenta. La sentenza ribadisce che spetta all’amministratore l’onere di provare la legittima destinazione dei fondi distratti e che la sottrazione dei libri contabili, finalizzata a nascondere le operazioni illecite e a pregiudicare i creditori, integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Viene inoltre confermato che anche la distrazione di beni in leasing costituisce reato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale e Patrimoniale: La Cassazione sulla Responsabilità degli Amministratori

La gestione di una società comporta oneri e responsabilità significativi, specialmente in prossimità di una crisi aziendale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui reati fallimentari, con un focus particolare sulla bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale. La decisione sottolinea il rigoroso onere della prova a carico degli amministratori riguardo la destinazione dei fondi societari e le conseguenze della mancata consegna delle scritture contabili. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i principi affermati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso

La vicenda riguarda due amministratori di una S.r.l., legati da un rapporto di parentela, succedutisi nella gestione della società poi dichiarata fallita.

Alla prima amministratrice veniva contestato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver distratto circa 37.000 euro dal conto corrente societario tramite assegni bancari privi di giustificazione.

Al secondo amministratore, che aveva gestito l’azienda fino al fallimento, venivano invece contestate due diverse condotte:
1. La bancarotta fraudolenta documentale, per aver sottratto o comunque omesso di consegnare al curatore i libri e le scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
2. La bancarotta fraudolenta patrimoniale, per aver distratto attrezzature informatiche di notevole valore, ricevute dalla società in leasing.

Condannati in primo grado e in appello, entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso e la bancarotta fraudolenta documentale

Le difese degli amministratori si sono concentrate su diversi punti. La prima amministratrice sosteneva che i pagamenti fossero destinati a fornitori e che la Corte avesse erroneamente invertito l’onere della prova, addossando a lei il compito di giustificare le uscite di cassa a distanza di anni dalla cessazione della sua carica.

L’amministratore successivo, invece, ha contestato l’accusa di bancarotta fraudolenta documentale affermando che non fosse stato provato il dolo specifico, ovvero l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori. A sua discolpa, adduceva di non aver potuto consegnare la documentazione perché conservata in un immobile non più nella disponibilità della società. Sosteneva inoltre che la distrazione dei beni in leasing non potesse configurare bancarotta, poiché tali beni non erano di proprietà della fallita.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, fornendo una motivazione chiara e rigorosa su tutti i punti sollevati.

Sull’onere della prova e la distrazione di fondi:
I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: spetta all’amministratore che ha gestito i fondi societari dimostrare la legittimità delle operazioni effettuate. La semplice affermazione che i pagamenti fossero destinati ai fornitori è insufficiente se non supportata da prove documentali concrete (come fatture corrispondenti agli importi degli assegni). La mancanza di una contabilità regolare non può trasformarsi in un vantaggio per l’amministratore, scaricando sul curatore l’impossibile compito di ricostruire a posteriori la causale di ogni singolo pagamento.

Sulla bancarotta fraudolenta documentale:
La Corte ha ritenuto la giustificazione dell’imputato (documenti in un immobile inaccessibile) del tutto pretestuosa. Il dolo specifico è stato desunto dal comportamento complessivo dell’amministratore, finalizzato a occultare le operazioni illecite, tra cui la distrazione dei beni. Il fatto che il curatore sia parzialmente riuscito a ricostruire le vicende societarie tramite fonti esterne (“aliunde”) non esclude il reato, anzi, ne è la prova: dimostra che la contabilità non era tenuta regolarmente e non è stata consegnata, costringendo gli organi della procedura a un lavoro di indagine esterno.

Sulla distrazione di beni in leasing:
La Cassazione ha confermato il suo orientamento consolidato: la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società tramite un contratto di leasing integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Anche se la società non è proprietaria del bene, la sua perdita causa un duplice pregiudizio alla massa dei creditori: la perdita del valore del bene (suscettibile di riscatto) e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso la società concedente.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma la severità con cui l’ordinamento giuridico valuta le responsabilità degli amministratori nella gestione aziendale, soprattutto in contesti di crisi. Emerge con chiarezza che la tenuta trasparente e ordinata della contabilità non è un mero adempimento formale, ma un obbligo sostanziale a tutela dei creditori. Qualsiasi prelievo di somme o distrazione di beni deve essere puntualmente giustificato. L’occultamento delle scritture contabili, lungi dall’essere una scappatoia, è considerato un reato grave, il cui fine illecito può essere provato anche attraverso il comportamento complessivo dell’amministratore. Un monito per chiunque ricopra cariche societarie: la trasparenza e la correttezza gestionale sono l’unica vera tutela contro contestazioni di natura penale.

A chi spetta l’onere di provare la legittima destinazione dei fondi prelevati da un conto societario?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta all’amministratore che ha effettuato le operazioni. È suo dovere dimostrare, con documentazione adeguata, che le uscite di cassa erano giustificate da legittime finalità aziendali. La semplice indicazione di presunti pagamenti a fornitori, senza riscontri contabili, non è sufficiente.

La sottrazione di un bene detenuto in leasing può configurare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale?
Sì. La Corte ha confermato che la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società tramite leasing integra il reato di bancarotta fraudolenta. Questo perché tale condotta causa un pregiudizio ai creditori, sia per la perdita del valore del bene (inclusa la facoltà di riscatto), sia per l’onere economico che deriva dall’inadempimento verso la società di leasing.

Come viene provato il dolo specifico nel reato di bancarotta fraudolenta documentale?
Il dolo specifico, ossia l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori o di ottenere un ingiusto profitto, può essere desunto dal comportamento complessivo dell’amministratore. La mancata consegna dei libri contabili, unita a condotte distrattive e a giustificazioni pretestuose, costituisce un indicatore sufficiente della volontà di occultare le proprie azioni illecite e di impedire la ricostruzione del patrimonio, integrando così l’elemento soggettivo del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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