LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta documentale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta documentale per aver sottratto le scritture contabili della società fallita. L’imputato sosteneva che la società fosse inattiva e che la contabilità fornita su supporto digitale fosse sufficiente. La Corte ha respinto questi argomenti, ribadendo che l’obbligo di tenuta delle scritture contabili permane fino alla cancellazione formale della società e che la documentazione digitale parziale non esonera da responsabilità. Tuttavia, la sentenza è stata annullata limitatamente alla determinazione della pena a causa di un vizio di motivazione della Corte d’Appello, che non aveva risposto a una specifica doglianza sul calcolo delle attenuanti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: La Cassazione chiarisce su contabilità digitale e dolo specifico

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 33656/2024 offre importanti spunti di riflessione sul reato di bancarotta fraudolenta documentale. Il caso riguarda un amministratore condannato per aver sottratto le scritture contabili di una società poi fallita. La Suprema Corte si è pronunciata su questioni cruciali come la validità della contabilità digitale parziale e l’obbligo di conservazione dei documenti anche per le società di fatto inattive, confermando la condanna ma annullando la sentenza sulla determinazione della pena.

I fatti del caso: l’amministratore e le scritture contabili

Un amministratore di una S.r.l. veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. L’accusa era di aver sottratto, distrutto o comunque occultato i libri e le altre scritture contabili della società, dichiarata fallita, con lo scopo di recare pregiudizio ai creditori. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I motivi del ricorso: le difese dell’imputato

L’imputato ha contestato la decisione dei giudici di merito sotto tre profili distinti, cercando di smontare l’impianto accusatorio.

La presunta inattività della società e il dolo specifico

In primo luogo, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel ritenere che la società fosse rimasta attiva fino al fallimento. Secondo il ricorrente, l’azienda era in realtà inattiva e priva di commesse, circostanza che, a suo dire, avrebbe dovuto far escludere il dolo specifico, ovvero l’intenzione di frodare i creditori.

La validità della contabilità su supporto digitale

Il secondo motivo di ricorso riguardava l’inosservanza delle norme sulla conservazione digitale dei documenti (art. 2220 c.c.). L’imputato lamentava che i giudici non avessero considerato attendibile la documentazione contabile fornita su una chiavetta USB, nonostante la legge consenta tale modalità di conservazione.

L’errore sul calcolo della pena

Infine, la difesa ha evidenziato un vizio di motivazione nella sentenza di primo grado, confermata in appello. Il giudice di primo grado aveva escluso tutte le aggravanti, ma nel negare le attenuanti generiche prevalenti, aveva fatto riferimento a una ‘residua aggravante’ inesistente. La Corte d’Appello, secondo il ricorrente, avrebbe omesso di pronunciarsi su questo specifico punto.

La decisione della Corte sulla bancarotta fraudolenta documentale

La Corte di Cassazione ha rigettato i primi due motivi di ricorso, ritenendoli infondati, ma ha accolto il terzo, relativo al trattamento sanzionatorio.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito diversi principi di diritto. In primo luogo, ha ribadito che l’obbligo di tenere e conservare le scritture contabili sussiste per l’amministratore anche se l’attività d’impresa è di fatto cessata. Tale obbligo viene meno solo con la cancellazione formale della società dal registro delle imprese. Pertanto, l’argomento dell’inattività è stato giudicato irrilevante.

Per quanto riguarda il dolo specifico, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logica e completa. L’imputato, essendo anche ragioniere e seguendo personalmente la contabilità, era pienamente consapevole della grave situazione debitoria della società, elemento sufficiente a dimostrare la sua volontà di occultare i documenti per danneggiare i creditori.

Sul secondo motivo, la Corte ha specificato che, sebbene l’art. 2220 c.c. consenta la conservazione dei documenti su supporti informatici, ciò non esonera l’amministratore dalla responsabilità. La legge richiede che le registrazioni digitali siano complete, corrispondano ai documenti originali e possano essere rese leggibili in qualsiasi momento. Nel caso di specie, la documentazione sulla chiavetta USB era parziale (mancavano i documenti cartacei come fatture, contratti, ecc.), rendendo impossibile una ricostruzione completa dell’attività aziendale. Questo, secondo la Corte, integra pienamente il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Infine, la Cassazione ha accolto il terzo motivo. Ha riscontrato che la Corte d’Appello aveva effettivamente omesso di motivare la sua decisione sulla determinazione della pena, non rispondendo alla censura specifica mossa dall’imputato riguardo all’erroneo riferimento a un’aggravante inesistente da parte del primo giudice. Questa mancanza costituisce un vizio di motivazione che impone un nuovo giudizio sul punto.

Le conclusioni

La sentenza è stata annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma per una nuova valutazione. La condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale è stata, invece, confermata. Questa decisione riafferma l’importanza degli obblighi di corretta tenuta contabile per gli amministratori, anche nell’era digitale, e sottolinea come la parzialità e l’incompletezza dei dati, anche se digitali, non mettano al riparo da responsabilità penali.

Un amministratore ha l’obbligo di conservare le scritture contabili anche se la società ha di fatto cessato la propria attività?
Sì, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’obbligo di tenere le scritture contabili per un amministratore permane fino a quando la società non viene formalmente cancellata dal registro delle imprese, anche se l’attività imprenditoriale è di fatto cessata.

Fornire la contabilità su un supporto digitale come una chiavetta USB è sufficiente per evitare una condanna per bancarotta fraudolenta documentale?
No, non è sufficiente se la documentazione è parziale. La Corte ha stabilito che, anche se la conservazione digitale è permessa, i dati devono essere completi e deve essere conservata anche la documentazione cartacea di supporto (come bolle, fatture, contratti). La semplice consegna di dati parziali che non consentono la ricostruzione della vita dell’impresa non esclude la responsabilità penale.

Cosa succede se la Corte d’Appello conferma una pena senza rispondere a una specifica critica sulla sua determinazione?
La Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di un vizio di motivazione. Se un imputato solleva una censura precisa e logica riguardo a un errore nel calcolo della pena commesso dal giudice di primo grado, la Corte d’Appello ha l’obbligo di rispondere. Se non lo fa, la sua sentenza può essere annullata su quel punto, con la necessità di un nuovo giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati