Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 47295 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 47295 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Carate Brianza il 20/02/1966
avverso la sentenza del 9/04/2024 della Corte di Appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Milano confermava la pronunzia del Tribunale di Milano del 18.04.2023 che condannava NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione (consistito nell’avere, quale amministratore, dal 22.02.2012 alla
data del fallimento, della società RAGIONE_SOCIALE“, distratto dal patrimonio sociale della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Milano del 18.04.2023, la somma di euro 415.000,00, tramite pagamenti ingiustificati nei confronti di società di cui era amministratore, quali RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) e documentale (per avere tenuto i libri e le scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari in relazione alla mancata consegna al curatore di tutta la documentazione contabile, bancaria e fiscale, fatta eccezione per le fatture ricevute ed emesse, il libro degli inventari e il libro dei cespiti reperi dal curatore anche se non aggiornati).
Contro l’anzidetta sentenza, l’imputato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidato a due motivi, qui di seguito sintetizzati ai sensi dell’art.173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 II primo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 606 lett. a) e b), cod. proc. pen., in relazione all’art.223 primo comma L.F., deducendo, quanto alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, inesistenza, insufficienza e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza del reato.
2.2 II secondo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 216, primo comma n.2, 217, primo comma n.4, 219, secondo comma n.1, 223 primo comma, 224 primo comma, L.F., deducendo quanto alla bancarotta documentale, inesistenza, insufficienza e manifesta illogicità della motivazione per contraddittorietà con riguardo alla mancata esclusione del dolo specifico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 II primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Il ricorso ripropone in sostanza censure già sviluppate in appello. Le deduzioni svolte sono meramente reiterative, non ravvisandosi vizi rilevanti nel percorso logico-argomentativo dei giudici di appello, che richiamano interamente la sentenza del Tribunale nel ritenere la natura distrattiva dell’operazione di trasferimento di somme.
Riguardo all’approccio nella valutazione del ricorso, il Collegio accede all’esegesi secondo cui il giudizio di legittimità è circoscritto alla verifica sull completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza e non può esondare dai limiti cognitivi sanciti dagli artt. 606 e 609 cod. proc. pen., mediante una rinnovata valutazione o rivalutazione degli elementi probatori acquisiti al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 Ud., dep. 2021, F.; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651; pronunzie che trovano precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260).
Le valutazioni espresse dalla sentenza impugnata, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità, una volta accertato che il processo formativo del libero convincimento del giudice non ha subìto il condizionamento di una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti altrettanto negativi di un’imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, COGNOME, Rv. 203767).
Il controllo di legittimità concerne, infatti, il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Quanto alla violazione di legge, è allora opportuno rilevare che il ricorrente, lungi dal delineare un vizio di legittimità, finisce per contestare il giudizio d responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario tali elementi riscontrat nella ricostruzione della concreta vicenda processuale.
Vale la pena, allora, ribadire che il vizio di violazione di legge va dedotto contestando la riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale, operazione, questa, che è, invece, propria del giudizio di merito (cfr., Sez. 1, 74 n. 41738 del 19/10/2011, Pmt in proc. COGNOME, Rv. 251516; Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, COGNOME, Rv. 233708; Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, COGNOME, Rv. 270801). Non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle
che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali per pervenire ad una diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Né, per altro verso, è consentito il ricorso per cassazione che, “sub specie” della violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., finisce in realtà per fondarsi su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici, tassativamente previsti dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. (cfr., Sez. 6, n. 13442 del 08/03/2016, COGNOME ed altro, Rv. 266924; Sez. 6, n. 43963 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 258153).
Va anche considerato che l’emersione di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l’annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all’esito di una verifica sul completezza e sulla globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l’impianto della decisione (cfr., Sez. I, Sentenza n. 46566 del 21/02/2017, M. ed altri Rv. 271227). In questa ottica si collocano anche le pronunzie secondo le quali, pur a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME e altri, Rv. 238215).
1.2. Tanto premesso va ad ogni modo ribadito che, nel caso di specie, si è in presenza di una “doppia conforme” di merito, ovvero di decisioni che, nei due gradi, giungano a conclusioni analoghe sulla scorta di una conforme valutazione delle medesime emergenze istruttorie, cosicché vige il principio per cui la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado
sia quando operi attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia quando, per l’appunto, adotti gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con l conseguenza che le due sentenze possono essere lette in maniera congiunta e complessiva ben potendo integrarsi reciprocamente dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (cfr., Sez. 2- , n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, NOME, 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Il motivo è generico e aspecifico e non si confronta con la sentenza impugnata. La nozione di distrazione è definita, dalla giurisprudenza di questa Corte, richiamando ora il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno dei creditori), che può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene, attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela (Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, COGNOME, Rv. 241830; conf. Sez. 5, n. 30830 del 05/06/2014, COGNOME, Rv. 260486), ora la specifica offensività insita nel distogliere attività alla loro naturale funzione di garanzia dei creditori (Sez. 5, n. 7555 del 30/01/2006, COGNOME, Rv. 233413, in motivazione) e, dunque, il fatto diretto ad impedire che un bene del fallito sia utilizzato per il soddisfacimento dei diritti della massa dei creditori (Sez. 5, n. 10220 del 19/09/1995, COGNOME, Rv. 203006).
Tale ultima definizione rende ragione dell’attribuzione, nella giurisprudenza di legittimità, alla nozione di distrazione di una funzione anche residuale, tale da ricondurre ad essa qualsiasi fatto (diverso dall’occultamento o dalla dissimulazione, distruzione, dissipazione di beni e dalla fraudolenta esposizione di passività inesistenti), determinante la fuoriuscita del bene dal patrimonio del fallito che ne impedisca l’apprensione da parte degli organi del fallimento (Sez. 5, n. 8755 del 23/03/1988, COGNOME, Rv. 179047; conf. Sez. 5, n. 7359 del 24/05/1984, COGNOME, Rv. 165673), il che rinvia, comunque, alla definizione degli altri fatti di bancarotta delineati dalla norma incriminatrice.
Ciò premesso, osserva il Collegio che il ricorso non si confronta compiutamente con un dato saliente, rilevato dalle sentenze dei giudici di primo e secondo grado e, cioè, che il finanziamento che le società RAGIONE_SOCIALE avevano ricevuto dalla RAGIONE_SOCIALE ed effettuato mediante assegni circolari sottoscritti personalmente dall’imputato, era a fondo perduto, senza alcuna causale economica.
Del resto, questa Corte, in caso di distrazione infragruppo, ha affermato il condivisibile principio secondo il quale (tra le altre, Sez. 5, n. 16206 del 02/03/2017, Magno, Rv. 269702) in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un’operazione all’interno del medesimo gruppo può essere
esclusa in presenza di vantaggi compensativi, che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali. Sicché, andrebbe censurata la sentenza impugnata ove avesse affermato la natura distrattiva del trasferimento di risorse, senza considerare la prospettazione da parte dell’imputato di un evidente vantaggio compensativo per i creditori della fallita conseguente a tale operazione. Perché, però, operi il descritto vantaggio compensativo, non è sufficiente che esista un “gruppo”, quale soggetto economico unitario (circostanza non contestata nella specie e ritenuta anche dalla Corte territoriale e da quella di primo grado), in quanto, pur a fronte dell’esistenza di un soggetto economico unitario, l’esistenza del vantaggio compensativo derivante dall’atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo, produttivo per la fallita di indiretti effetti compensativi ex ar 2634, comma 3, cod. civ., rispetto a quelli immediatamente negativi dell’operazione, deve essere provato dall’interessato in termini di saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, COGNOME, Rv. 268675; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, COGNOME, Rv. 253031; Sez. 1, Sentenza n. 18333 del 01/12/2022, dep. 2023, Rv. 284537 – 01).
1.3. Applicati gli esposti principi al caso in esame, si osserva che corretta e immune da vizi di illogicità manifesta è la motivazione della sentenza della Corte territoriale nella parte in cui esclude che ricorressero gli estremi per affermare l’irrilevanza penale dell’operazione non avendo il ricorrente fornito la prova dell’esistenza di vantaggio compensativo per la società erogante, vantaggio non dimostrato e neppure dedotto, pur esaminata la situazione del gruppo nel suo complesso.
I giudici di merito, nella specie, hanno accertato l’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo, nonché l’elemento soggettivo, rappresentato dal dolo generico, valorizzando, quale “indice di fraudolenza”, non solo la condizione patrimoniale e finanziaria della RAGIONE_SOCIALE, ma anche il contesto in cui la società operava, le cointeressenze del Negri rispetto alle altre imprese del gruppo, l’accertamento della consapevolezza, in capo all’imputato, della condotta in concreto pericolosa, in quanto amministratore della fallita dal 22.02.2012 sino alla data del fallimento e, quindi, in considerazione della piena consapevolezza delle operazioni di trasferimento di somme in favore delle società facenti capo al RAGIONE_SOCIALE senza alcun vantaggio per la RAGIONE_SOCIALE e in danno ai creditori di quest’ultima (Sez. 5, Sentenza n. 39043 del 29/05/2019, Rv. 276960 – 01).
La Corte di merito con motivazione, corretta ed immune da vizi logicogiuridici, premettendo che le censure formulate non contengono elementi ed argomenti diversi, già disattesi dal giudice di prime cure, alla cui motivazione precisa ed articolata si riportava integralmente, ha fatto buon governo del compendio probatorio valutando in sinergia gli elementi di prova in atti quali gli esiti degli accertamenti compiuti dal curatore sulla scorta delle scritture contabili disponibili unitamente alle ulteriori prove nonché motivando in modo puntuale e confrontandosi sulle deduzioni difensive, ritenute meramente assertive, peraltro prive di alcun supporto probatorio.
Va qui ribadito il principio di diritto per cui, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, 1, lett. e), cod. proc. pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresent – con specifica deduzione – che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (così, tre le altre, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 6, Sentenza n. 21015 del 17/05/2021, Africano, Rv. 281665 – 01).
Invero, la ricostruzione dei fatti come operata nella sentenza impugnata, in relazione alla quale -si ribadisce- questa Corte non può compiere alcuna valutazione nel merito, consente senza alcun dubbio di ricondurre la condotta dell’imputato nella fattispecie della bancarotta patrimoniale distrattiva in esame.
Nel ricorso la difesa ripropone in sostanza censure già sviluppate in appello riconducibili all’assenza dell’elemento oggettivo del reato contestato al capo A. Le deduzioni svolte, oltre che meramente reiterative, sono infondate, non ravvisandosi vizi rilevanti nel percorso logico-argomentativo dei giudici di appello.
Alla luce del principio suindicato, la motivazione della Corte territoriale risulta corretta in diritto e adeguatamente illustrata, poiché la natura distrattiva delle operazioni di trasferimento somme in favore di società facenti capo all’odierno imputato è stata giudicata integrata in riferimento ad una pluralità di elementi che, correttamente valutati in combinazione logico-funzionale, chiariscono senza alcuna incongruità le ragioni della decisione.
Si è osservato che in assenza di elementi fattuali per ravvisare l’esistenza di un gruppo di società e di vantaggi compensativi per la RAGIONE_SOCIALE apparentemente danneggiata, i prelievi effettuati subito dopo che l’intero capitale della RAGIONE_SOCIALE era stato ceduto il 24.02.2012 alla RAGIONE_SOCIALE amministrata da NOME COGNOME che diveniva amministratore anche della prima, la grave difficoltà economica in cui si trovava la società, priva di fondi sufficienti per
effettuare l’operazione di trasferimento con assegni circolari in favore delle società RAGIONE_SOCIALE mediante la contestuale creazione di una provvista, la concomitanza temporale tra la realizzazione delle operazioni di trasferimento somme e la dichiarazione di fallimento, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto l’operazione pregiudizievole per la fallita integrando la destinazione di risorse da una società all’altra, sia pure ad essa collegata, la violazione del vincolo patrimoniale nei confronti dello scopo strettamente sociale.
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non può escludersi la natura distrattiva di un’operazione infragruppo, effettuata in assenza di contropartite, invocando la provenienza dal patrimonio personale dell’imprenditore della liquidità destinata ad una società appartenente allo stesso gruppo di quella fallita, quando questa si trovava già in difficoltà finanziaria, in quanto il denaro, una volta immesso nel patrimonio della società, le appartiene ed è destinato alla garanzia dei suoi creditori (Sez. 5, Sentenza n. 39043 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 276960 – 01).
2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
2.1. È noto che la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, L.F. prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione, omessa consegna o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650).
Deve annotarsi che integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr. Sez., n. 18320 del 07/11/2019 Ud. (dep. 16/06/2020), COGNOME, Rv. 279179 – 01); e tale scopo ben può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda, dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificità l’elemento soggettivo (cfr. motivazione della sentenza Morace, cit., in cui si impernia la ricostruzione dell’elemento soggettivo del dolo specifico sull’attitudine del dato ad evidenziare la finalizzazione del successivo comportamento omissivo
all’occultamento delle vicende gestionali .) (Sez. 5, Sentenza n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01).
2.2. Nel caso in esame, a fronte di una formulazione della imputazione con contestazione di una pluralità di condotte non omogenee di bancarotta documentale, quali la tenuta dei libri e delle scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari e la mancata consegna al curatore di tutta la documentazione contabile, bancaria e fiscale, fatta eccezione di fatture ricevute ed emesse, del libro inventari e libro cespiti, reperiti dal curatore anche se non aggiornati, la Corte territoriale inquadra la condotta nella fattispecie di bancarotta documentale generica di tenuta dei libri e delle altre scritture contabili in modo irregolare e caotico, abbandonandoli in luogo non idoneo (all’interno dell’immobile adibito ad albergo, in una intercapedine) in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
In punto di elemento soggettivo, quanto alla condotta di tenuta caotica della documentazione della società fallita, in luogo non idoneo, senza l’aggiornamento del libro giornale, la Corte di merito individua il dolo generico nell’avere l’imputato impedito alla curatela di ricostruire la storia economico e patrimoniale della società anche per assicurarsi l’impunità per le condotte distrattive che ha commesso con l’emissione di assegni e le operazioni bancarie dai conti della fallita ai conti di società di cui egli era legale rappresentante in modo che non venisse scoperta dai terzi la destinazione data al patrimonio della fallita.
Va però considerato che i giudici di merito (si veda anche la sentenza di primo grado) hanno fatto pure riferimento alla condotta di mancata consegna delle scritture contabili per il periodo successivo al 2012 e fino alla dichiarazione di fallimento; condotta neppure contestata dal COGNOME che ha dichiarato al curatore di avere portato tale documentazione in Svizzera senza averla mai consegnata.
Sul punto, però, la motivazione risulta carente, in primo luogo perché la sentenza non chiarisce la compatibilità di tale condotta con quella di bancarotta generica e, poi, perché non si rinviene alcun accenno agli elementi probatori fondanti la sussistenza del dolo specifico che, come si è detto, è necessario per la configurabilità del reato di bancarotta documentale c.d. specifica di cui all’art. 216 comma primo, n.2, legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179).
Ne consegue che i fatti come ricostruiti dai giudici di merito non consentono di comprendere se ci si trovi di fronte a un caso rientrante nella bancarotta fraudolenta documentale specifica o in quella generale oppure se ricorrano entrambe le ipotesi (così peraltro non contestate), che possono configurarsi in
relazione non alla stessa condotta ma a condotte diverse susseguitesi nel tempo, pur dando vita a un reato unico, essendo unica la determinazione criminosa.
In assenza di questi dati fattuali, la cui valutazione nel merito spetta al Corte territoriale, non è possibile stabilire se il caso in esame richieda il dolo specifico o solo quello generico cui ha fatto unicamente riferimento la sentenza impugnata.
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per un nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Nel resto il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per un nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 26/09/2024.