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Bancarotta fraudolenta documentale: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13599/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, amministratore di fatto di una società cooperativa, condannato per bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva. La Corte ha ribadito che delegare la gestione contabile a professionisti esterni non esonera l’amministratore dalla responsabilità penale, poiché su di lui grava un ineludibile obbligo di vigilanza e controllo. La sentenza sottolinea come le censure generiche e meramente ripetitive dei motivi d’appello non possano trovare accoglimento in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: Delegare la Contabilità Non Esclude la Responsabilità

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13599 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti della responsabilità dell’amministratore in caso di bancarotta fraudolenta documentale. Anche quando la gestione contabile è affidata a professionisti esterni, l’amministratore non può considerarsi esente da colpe. La Corte ha infatti ribadito il principio secondo cui sull’amministratore, anche se ‘di fatto’, grava un preciso obbligo di vigilanza e controllo che non può essere eluso con una semplice delega. Questo caso esamina la condanna di un imprenditore per una serie di reati fallimentari e fiscali, confermando la sua responsabilità nonostante i tentativi di scaricarla su terzi.

I Fatti del Caso: Dalla Gestione di Fatto al Fallimento

La vicenda giudiziaria riguarda l’amministratore di fatto di una società cooperativa, facente parte di un più ampio gruppo societario. L’imprenditore è stato ritenuto responsabile in primo e secondo grado per diversi reati gravi: bancarotta fraudolenta documentale, per aver sottratto e tenuto le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio; bancarotta fraudolenta distrattiva, per aver sottratto ingenti somme di denaro; bancarotta semplice, per aver aggravato il dissesto della società omettendo di richiederne il fallimento nonostante la grave crisi finanziaria; e omessa dichiarazione fiscale.

Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’imputato, pur non avendo una carica formale, ha gestito in toto l’azienda, prendendo decisioni cruciali che hanno portato al suo tracollo finanziario, culminato con la dichiarazione di fallimento nel 2012.

L’Analisi dei Motivi di Ricorso

L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro censure principali:
1. Sulla bancarotta documentale: Sosteneva di non essere responsabile perché il controllo contabile era stato affidato prima a uno studio di commercialisti e poi a uno ‘staff qualificato’. Pertanto, non avrebbe potuto avere il controllo diretto sulla tenuta delle scritture.
2. Sulla bancarotta distrattiva: Affermava che le operazioni contestate dovevano essere lette nel contesto più ampio della strategia del gruppo societario, che nel lungo periodo avrebbero potuto portare benefici all’intero gruppo, inclusa la società fallita.
3. Sull’aggravamento del dissesto: Riteneva che i giudici non avessero considerato cause esterne per la crisi, come la perdita di un importante appalto, che avrebbero reso inevitabile il fallimento.
4. Sul reato tributario: Contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo e dei presupposti oggettivi del reato di omessa dichiarazione.

La Decisione della Corte sulla Bancarotta Fraudolenta Documentale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, giudicando le censure generiche e prive di fondamento. In particolare, per quanto riguarda la bancarotta fraudolenta documentale, i giudici hanno smontato la tesi difensiva. Hanno affermato che l’affidamento della contabilità a soggetti esterni non solleva l’imprenditore dalla sua responsabilità. Su di lui incombe un obbligo di vigilare e controllare l’operato dei delegati. In assenza di una prova rigorosa del contrario, si presume che i dati contabili siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dall’amministratore stesso. La censura è stata inoltre definita ‘generica’ perché il ricorrente non ha nemmeno specificato chi fossero i professionisti o lo staff a cui si riferiva.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando come il ricorso fosse meramente reiterativo delle doglianze già presentate e respinte in appello, senza un reale confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata.

Per la bancarotta distrattiva, la Corte ha sottolineato che la mera appartenenza a un gruppo societario non giustifica operazioni dannose per una singola società. È necessario dimostrare l’esistenza di un vantaggio specifico, anche indiretto, che possa compensare gli effetti negativi immediati, cosa che il ricorrente non ha fatto.

Per l’aggravamento del dissesto, l’imputato si è limitato a generiche asserzioni sulla crisi finanziaria, senza fornire elementi concreti a sostegno della sua tesi difensiva, a fronte di una contestazione che datava la consapevolezza della crisi già al 2010, due anni prima del fallimento.

Infine, anche la censura relativa al reato tributario è stata giudicata generica, poiché già l’atto di appello si era limitato a negare la sussistenza degli elementi del reato senza specificare le ragioni.

Conclusioni

La sentenza n. 13599/2024 rafforza un principio fondamentale del diritto fallimentare e societario: la responsabilità dell’amministratore è personale e non facilmente delegabile. Le implicazioni pratiche sono chiare:
1. Obbligo di Vigilanza: Gli amministratori, di fatto o di diritto, devono esercitare un controllo attivo sulla gestione contabile, anche se esternalizzata. La semplice delega non funge da scudo contro la responsabilità penale.
2. Onere della Prova nei Gruppi Societari: In contesti di gruppo, le operazioni che danneggiano una società a presunto vantaggio di altre devono essere supportate da una prova concreta del vantaggio compensativo per la società sacrificata.
3. Specificità dei Ricorsi: I ricorsi in Cassazione devono essere specifici e confrontarsi criticamente con la sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere argomentazioni già respinte, pena la dichiarazione di inammissibilità.

L’amministratore di una società è responsabile per bancarotta fraudolenta documentale se affida la contabilità a professionisti esterni?
Sì, secondo la sentenza, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il solo fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti con specifiche competenze tecniche. Su di lui grava un obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, e sussiste una presunzione semplice che i dati siano stati trascritti secondo le sue indicazioni, superabile solo con una rigorosa prova contraria.

Un’operazione svantaggiosa per una società fallita può essere giustificata se faceva parte di una strategia di un gruppo societario più ampio?
No, la mera circostanza che la società fallita faccia parte di un gruppo non esclude la rilevanza penale del fatto. Per giustificare l’operazione, è necessaria la sussistenza di uno specifico vantaggio, anche indiretto, che si dimostri idoneo a compensare gli effetti negativi immediati per la società stessa. Nel caso di specie, il ricorrente non ha indicato quali sarebbero stati tali presunti vantaggi.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto del tutto generico in tutte le sue censure. L’imputato si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata e senza fornire elementi di prova concreti a sostegno delle sue tesi difensive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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