Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6989 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6989 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Palermo del 19.2.2019, ha rideterminal:o in tre anni la durata delle pene accessorie fallimentari imposte a NOME COGNOME, confermando nel resto la sua condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva (di dodici autovett e di una somma di danaro, intestate direttamente all’imputato e non ritrovate al momento del fallimento) e di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione al fallimento dell’impresa individuale “RAGIONE_SOCIALE“, dichiarato il 2.4.2013.
Avverso la sentenza d’appello predetta ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza, perché fondata prevalentemente su prove inutilizzabili, vale a dire le dichiarazioni del ricorrente, res curatore e riportate nella relazione di questi, redatta ex art. 33 I. fall., r sostanzialmente confessorie. Il motivo di appello proposto in senso analogo non ha ricevuto alcuna risposta nella sentenza impugnata, sicchè si denuncia anche un vizio di omessa motivazione al riguardo. Si rappresenta, altresì, l’incoerente collegamento temporale all’area di rischio penale propria della bancarotta fraudolenta prefallimentar delle vendite di auto, troppo risalenti nel tempo: secondo la difesa, la cessione o rottamazione, in tempi lontani, di alcune autovetture, quasi tutte prive di valo economico apprezzabile per la loro vetustà e le loro condizioni, non può in alcun modo rientrare nel concetto di “pericolo” per gli interessi dei creditori che la tutela penale ad evitare.
Inoltre, si eccepisce che non sarebbe stata provata la disponibilità in capo all’imputat dei beni che sono stati ritenuti distratti, perché non rinvenuti una volta fallita impresa individuale. Il ricorrente, peraltro, allega documentazione dalla quale sarebbe desumibile che la titolarità di quattro delle auto oggetto di contestazione non sarebbe lui riconducibile. Si contesta, infine, la mancanza di motivazione, o il vizio di motivazi apparente, riguardo all’individuazione del dolo generico necessario ad integrare il reato 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione rispetto all’affermazione di colpevolezza per il reato di bancarotta fraudolen documentale, ascritto al ricorrente al capo B dell’imputazione. La difesa ripropone l’argomento d’appello relativo alla mancata prova dell’intenzione di collegare la irregolar tenuta delle scritture contabili alla volontà dolosa di recare pregiudizio ai credit rappresenta che la condotta di reato avrebbe dovuto essere qualificata ai sensi dell’art 217 I.fall. e non come bancarotta fraudolenta documentale.
08
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo di censura, nei suoi due diversi contenuti di critica alla sente impugnata, è complessivamente infondato.
2.1. La giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice ammette pacificamente, e da tempo, la possibilità di utilizzare legittimamente i contenuti della relazione curatore, anche quelli che riportano le dichiarazioni di chi risulti essere colui al venga attribuita la responsabilità del reato di bancarotta fraudolenta, quale falli amministratore legale della fallita.
Infatti, le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina all’art. 63, comma 2, cod. proc. pen. – che prevede l’inutilizzabilità di tali dichiarazi siano state rese alla autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi, sin dall avrebbe dovuto essere sentito in qualità di indagato – in quanto il curatore non appartien alle categorie indicate da detta norma e la sua attività non può considerarsi ispettiva di vigilanza ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 220 disp. coord. cod. proc. pe 5, n. 12338 del 30/11/2017, dep. 2018, Castelletto, Rv. 272664; Sez. 5, n. 46422 del 25/09/2013, Besana, Rv. 257584; Sez. 5, n. 13285 del 18/01/2013, Pastorello, Rv. 255062).
Parallelamente, è stata esclusa qualsiasi frizione costituzionale con i paradigmi del diri di difesa (art. 24 Cost.) e le linee guida del “giusto processo” (art. 111 Cost.) della sc di consentire la testimonianza del curatore su quanto dichiaratogli dal fallito in sed procedura fallimentare (Sez. 5, n. 41134 del 15/10/2001, Lottini, Rv. 220257, che ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 1995). Secondo i giudici dell leggi, “è sicuramente da escludere che le dichiarazioni destinate al curatore possano considerarsi rese nel corso del procedimento penale, non potendo certo sostenersi che la procedura fallimentare sia preordinata alla verifica di una notitia criminis” (Corte Cost. n. 136 del 1995).
Ed infatti, le garanzie procedurali previste in favore dell’indagato per l’assunzione de prove del procedimento, comprese le prove dichiarative, valgono per gli atti che si compiono all’interno dello stesso procedimento e non all’esterno di esso.
Più di recente, la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 191, 195 e 526 cod. proc. pen. contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost., in relazione agli artt. 6 CEDU, 47, comm 2, e 48 C.D.F.U.E., nella parte in cui non è prevista l’inutilizzabilità process delle dichiarazioni rese al curatore nel corso della procedura fallimentare e da quest trasfuse nella propria relazione, posto che il curatore non svolge attività ispettive vigilanza, ma, in qualità di pubblico ufficiale, è tenuto a rappresentare nella relazio
sua firma anche “quanto può interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale” dando corso all’audizione dei soggetti diversi dal fallito per richiedere informazion chiarimenti occorrenti “ai fini della gestione della procedura” (Sez. 5, n. 17828 d 9/2/2023, Caserta, Rv. 284589).
Ed anche confrontandosi con obiezioni collegate alla tenuta sul piano convenzionale del principio ermeneutico di utilizzabilità piena delle dichiarazioni rese al curatore dal f o dal soggetto, che, in prosieguo, sia divenuto imputato nel processo sorto per reati di bancarotta, la Cassazione ha spiegato le ragioni della sua compatibilità con le garanzie previste dalla CEDU, come declinate dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani.
Sez. 5, n. 38431 del 17/5/2019, COGNOME, Rv. 277342 ha spiegato, così, che il principio espresso dalla Corte Edu nelle sentenze 17 dicembre 1996, COGNOME c. Regno Unito e 27 aprile 2004, COGNOME c. Regno Unito, secondo cui il diritto inglese viola l’art. 6 della CEDU nella parte in cui consente l’utilizzo contro il fallito delle dichiarazioni re curatore ed ottenute esercitando poteri obbligatori, non è applicabile al diritto nazion per la diversità dei poteri riconosciuti al curatore dalla legge fallimentare italiana conseguenza, non preclude la possibilità di utilizzare le dichiara2:ioni rese dal fallit inserite nella relazione ex art. 33 legge fa Il.
2.2. Quanto alle ulteriori censure contenute n& motivo di ricorso, si tratta di ragi difensive che puntano a riscrivere gli esiti valutativi delle prove, esaminate senza logici dalla sentenza impugnata e, d’altra parte, si disallineano, nei presupposti, da costanti linee interpretative della giurisprudenza di legittimità.
La dedotta estraneità delle distrazioni rappresentate dalla vendita di alcune auto dall’are di rischio penale propria della bancarotta fraudolenta prefallimentare part necessariamente da presupposti in fatto assertivi e rivalutativi, per questo inammissibili vale a dire, la risalenza nel tempo delle vendite e lo scarso valore economico, che s assume pressochè inesistente, delle auto vendute o “rottamate”. Ed invece, la sentenza impugnata ha ben evidenziato come le 12 automobili oggetto della contestazione di reato non siano state acquistate in epoca lontana dal fallimento e come alcune di esse abbiano richiesto investimenti di danaro non di poco rilievo per il loro acquisto, a riprova d valore certamente non esiguo (cfr. pag. 4 della sentenza d’appello).
Si tratta di una conclusione che viene supportata da argomentazioni logiche e basate sui risultati delle prove raccolte, senza aporie motivazionali. Pertanto, deve applicarsi principio consolidato secondo cui sono precluse al giudice di legittimità – a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnat la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione delle prove, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una miglior capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le più r
Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Egualmente priva di pregio è l’obiezione che mira ad escludere l’a disponibilità in capo all’imputato dei beni che sono stati ritenuti distratti, perché non rinvenuti, e la tit di quattro autovetture (peraltro reiterativa di eccezioni identiche, già superate da sentenza impugnata).
E’ noto, infatti, che, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazion dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dall mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti. Infatti, la responsabilità dell’imprenditc:ire per la conservazione della gara patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante e art. 87 I. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a cari dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendal o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficienti generiche asserzioni difensive (Se 5, n. 8260 del 22/9/2015, dep. 2016, Aucellò, Rv. 267710; Sez. 5, n. 2732 del 16/12/2021, dep. 2022, Ciraolo, Rv. 282652).
Le spiegazioni del ricorrente non hanno saputo giustificare quale destinazione abbiano avuto i beni dell’impresa, alla luce della giurisprudenza richiamata, tanto più in u situazione in cui egli non ha neppure tenuto una regolare registrazione contabile delle attività economiche della società, rendendo impossibile la ricostruzione degli affari (d qui l’affermazione di responsabilità anche per il delitto di bancarotta fraudolen documentale).
E proprio sulla contestazione di bancarotta fraudolenta documentale si incentra il secondo motivo di ricorso, da valutarsi inammissibile perché meramente rivalutativo e reiterativo delle censure già proposte con l’atto di appello, i nodi critici delle qual stati già sciolti dalla sentenza della Corte territoriale.
Il motivo di ricorso formulato si risolve nella richiesta, assertiva e anche in parte gener di rivalutare le prove in senso più favorevole all’imputato, giungendo ad una diversa qualificazione giuridica – quella auspicata di bancarotta semplice documentale – che è stata esclusa con argomentate ragioni dalla decisione impugnata.
I giudici d’appello hanno valorizzato la durata davvero significativa della condot omissiva della tenuta delle scritture contabili costituite dal libro giornale e dal libr inventari (24 anni), nonchè la totale assenza, nelle scritture contabili presenti, d annotazioni degli incassi e del corrispettivo delle vendite e dei pagamenti effettuati e compilazione lacunosa del registro di carico e scarico. Da tali indicatori si è desunta, d tutto logicamente, la volontarietà della predeterminazione della tenuta irregolare e omissiva e la consapevolezza di come essa avrebbe ostacolai:o la ricostruzione del
patrimonio dell’impresa, rendendola impossibile, oltre che, di conseguen finalizzazione ad arrecare pregiudizio ai creditori. Del resto, sul piano oggettivo sentenza d’appello evidenzia come il curatore fallimentare non abbia potuto in alcun modo ricostruire i movimenti economici della fallita, ancorchè abbia effettuato anche autonome indagini bancarie, per le rilevanti anomalie di carattere contabile ().
Si tratta di indicatori fattuali che confermano la presenza di elementi di gravità indizi convergenti nel senso di ritenere sussistente il requisito dell’impedimento dell ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio della fallita, che costituisce l’ev dell’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma primo, n. 2 legge fall., reato a dolo generico; nonché del dolo specifico del reato di bancarot fraudolenta documentale omissiva (Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838). E ciò a prescindere dal rilievo, cui il Collegio non si sottrae, della non precisa indicazione del capo d’imputazion riguardo alle due ipotesi di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, I. fall.; formula bilanciata da un’ampia ed esaustiva indagine dei giudici di merito e, peraltro, ma contestata dal ricorrente.
Il ricorso, pertanto, deve essere complessivamente rigettato ed al rigetto segue l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 novembre 2023.