Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17813 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17813 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN PIETRO VERNOTICO (BR) il 19/10/1976
awerso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE di APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi, per l’imputato, gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Tribunale di Perugia in data 7 aprile 2022, NOME COGNOME fu condannato alla pena di 2 anni di reclusione e alla pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di imprese commerciali e del divieto di esercitare uffici direttivi per la durata di 5 anni, in quanto riconosciuto colpevole, con le circostanze attenuanti generiche, del delitto previsto dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. contestato al capo C), per avere, nella sua qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE La RAGIONE_SOCIALE di Lispi Diego, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, sottratto e distrutto parte delle scritture contabili di cui era obbligatoria conservazione riferite agli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011. Il Tribunale aveva, invece, dichiarato non doversi procedere in relazione ai reati tributari di cui agli artt. 5 e 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, contestati ai capi A) e B), in quanto estinti per prescrizione. Invero, dal complesso dele risultanze istruttorie era emerso che la curatrice fallimentare non aveva ricevuto alcuna documentazione contabile da COGNOME il quale aveva sostanzialmente ammesso gli addebiti contestati, giustificando la propria condotta con la sua scarsa esperienza in campo imprenditoriale. In particolare, nessuna scrittura obbligatoria relativa al periodo compreso tra il 2006 e il 2011 era stata reperita o consegnata agli organi del fallimento; e tale omissione non poteva essere ricondotta a una semplice trascuratezza, anche per la durata negli anni della relativa mancanza, ma doveva essere stata determinata dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori.
1.1. Con sentenza in data 16 aprile 2024, la Corte di appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena accessoria nei confronti di COGNOME, riducendola a 3 anni. Secondo la Corte territoriale doveva ritenersi integrata l’ipotesi della sottrazione, distruzione o falsificazione dell scritture contabili, avendo l’imputato sostenuto che esse erano state istituite e tenute e non essendovi prova certa del fatto che fossero state accidentalmente smarrite, apparendo innplausibile l’ipotesi, ventilata nell’atto di appello, che esse potessero essere state lasciate nei locali che erano stati, poi, restituiti al locatore. Dunque, ritenuto che le scritture fossero state materialmente sottratte, occultate o distrutte, la Corte territoriale ha tratto da tale circostanza la prova della finalit illecita perseguita dall’imputato, che non aveva dimostrato la sua buona fede.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per mezzo dei difensori di fiducia, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, tre profili di doglianza, di seguito enunciati nei soli limiti necessari alla motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. L’affermazione di responsabilità dell’imputato non sarebbe stata accompagnata dalla dimostrazione dell’avvenuta sottrazione e distruzione delle scritture contabili della Ristorante RAGIONE_SOCIALE. Infatti, l’omessa consegna alla curatrice della documentazione contabile della società sarebbe da imputare a cause non dipendenti dalla volontà di COGNOME
2.2. Con il secondo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione al profilo soggettivo della condotta. I testimoni, individuati nella curatrice del fallimento e negli operanti della Guardia di Finanza di Gubbio che eseguirono il sequestro della documentazione contabile, avrebbero confermato che la società aveva tenuto la contabilità fintanto che era stata operativa. Inoltre, COGNOME avrebbe chiarito che le scritture contabili obbligatorie non erano più nella sua disponibilità in quanto trattenute dal locatore dell’immobile in cui veniva svolta l’attività commerciale e che esse non erano state più reperite quando, successivamente alla consegna del locale, avvenuta il 18 gennaio 2012, lui e la curatrice non vi avevano potuto più accedere per ritirare beni e documenti ivi lasciati. Dunque, sarebbe emersa la prova negativa del dolo specifico, né sarebbe stato dimostrato il dolo generico per la diversa ipotesi della tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, atteso che, come riferito dal curatore, sarebbe stato, comunque, possibile ricostruire lo stato passivo della società.
2.3. Con il terzo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., nonché la manifesta illogidtà della motivazione in relazione al giudizio di responsabilità dell’imputato risultante dagli atti del procedimento. La Corte territoriale avrebbe maturato il proprio convincimento a partire da argomentazioni meramente congetturali, ovvero che avendo l’imputato sostenuto che le scritture contabili erano state istituite, ma non essendovi prova certa di quale fine esse abbiano fatto, dovrebbe ritenersi che egli le abbia fatte sparire, essendo implausibile che un imprenditore abbandoni le sue scritture contabili nei locali che deve restituire al locatore. Dunque, la sentenza si limiterebbe a una valutazione atomistica e parcellizzata del dato probatorio, senza procedere a un esame globale degli elementi probatori, la cui corretta valutazione avrebbe dovuto comportare l’assoluzione di COGNOME dal capo C) perché il fatto non costituisce reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Ai sensi dell’art. 2214 cod. civ. in ogni caso e, quindi, obbligatoriamente, l’imprenditore deve tenere il libro giornale (in cui le operazioni sono registrate in ordine cronologico), il libro degli inventari (che deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, in modo da fornire un’informazione aggiornata sulla situazione economica e patrimoniale dell’impresa in un periodo specifico), nonché le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e deve, altresì, conservare ordinatamente, per ciascun affare, gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. In breve, tale disposizione pone l’obbligo generale della tenuta dei libri e delle scritture contabili in capo a tutti gli imprenditori che esercitino attività commerciale ai sensi dell’art. 2214 cod. civ., con l’esclusione, prevista dal terzo comma dello stesso articolo, dei piccoli imprenditori.
2.2. In materia di tenuta delle scritture contabili, l’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. contempla due distinte fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale: la prima, ricorrente nel caso di sottrazione, distruzione o falsificazione, anche parziale, dei libri e delle scritture contabili (cd. bancarotta documentale specifica); la seconda, configurabile nel caso in cui la documentazione contabile sia stata tenuta «in guisa da non rendé.re possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari» (cd. bancarotta documentale generica). Mentre la prima ipotesi richiede il dolo specifico, ovvero che il colpevole abbia agito «allo scopo di recare pregiudizio a creditori», la seconda è a dolo generico, essendo sufficiente la consapevolezza che la contabilità sia stata tenuta in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio del fallito.
Ora, se è pacifica la ammissibilità della contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili e di fraudolenta tenuta delle stesse, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione (Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280572 – 01), è altrettanto incontroverso che l’occultamento delle scritture contabili, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce, già sul piano oggettivo e dunque al di là del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, una fattispecie distinta e, soprattutto, alternativa rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, la quale, oltre richiedere il dolo generico, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01; v. anche Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904 – 01).
3. Nel caso di specie il Pubblico ministero aveva contestato entrambe le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale: sia di sottrazione, distruzione o
occultamento di scritture contabili, sia di fraudolenta tenuta delle stesse, senza che ciò, come detto, abbia determinato alcun vizio di indeterminatezza
dell’imputazione. E all’esito del dibattimento è stato ritenuto accertato, anche sulla base delle ammissioni dell’interessato, che la documentazione contabile fosse
esistente, senza che però essa sia stata consegnata o ritrovata. Pertanto, la condotta penalmente rilevante attribuita all’imputato è stata, alla fine, ricondotta
all’ipotesi della bancarotta documentale specifica, in relazione alla quale, per l’integrazione della fattispecie, è necessario che ricorra, come anticipato, il dolo
specifico.
4. Tale coefficiente soggettivo può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la
valenza fraudolenta e, pertanto, sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01).
Tuttavia, nel caso di specie, la sentenza impugnata non ha affatto spiegato sulla base di quali elementi fattuali e alla stregua di quali indici di inferenza probatoria abbia ricavato l’esistenza dello scopo di recare pregiudizio a creditori, rispetto alla quale, del resto già si erano appuntate le censure formulate in sede di atto di appello, verso le quali, tuttavia, la Corte territoriale ha omesso la necessaria risposta.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Firenze.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze.
Così deciso in data 9 aprile 2025
Il Consigliere estensore u rX Re oldi
Il Presidente
NOME COGNOME