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Bancarotta fraudolenta documentale: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta documentale. L’imputato non ha mai consegnato le scritture contabili, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali a danno dei creditori. La Corte ha ritenuto l’omissione dolosa e finalizzata a recare pregiudizio, confermando la condanna.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: Quando l’Omissione Diventa Dolo

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati fallimentari, chiarendo i confini del reato di bancarotta fraudolenta documentale. La decisione sottolinea che l’omessa tenuta delle scritture contabili non è una semplice negligenza, ma un reato grave quando è finalizzata a impedire ai creditori di ricostruire il patrimonio sociale. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere la responsabilità degli amministratori nella gestione aziendale.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un amministratore di società condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta documentale. L’imputato, dopo aver acquisito la società da una precedente gestione e averla amministrata per circa un decennio, non aveva mai tenuto né consegnato agli organi fallimentari le scritture contabili obbligatorie. Questa omissione aveva reso impossibile ricostruire la gestione aziendale e la destinazione dei beni, recando un evidente pregiudizio ai creditori, tra cui principalmente l’Erario.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo la mancanza dell’elemento psicologico del reato, ovvero l’intenzione di frodare i creditori. A suo dire, si sarebbe trattato di una condotta negligente, derivante da un acquisto incauto della società, e non di un’azione dolosa finalizzata a nascondere le operazioni societarie.

La Responsabilità per Bancarotta Fraudolenta Documentale

Il cuore del ricorso si concentrava sulla sussistenza del dolo, l’intenzione specifica di recare pregiudizio ai creditori. L’amministratore cercava di derubricare la propria condotta a una forma meno grave di bancarotta, quella semplice, che punisce comportamenti negligenti. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa tesi in modo netto, dichiarando il ricorso inammissibile per due ragioni principali: genericità e manifesta infondatezza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha innanzitutto qualificato il motivo di ricorso come generico, poiché l’imputato non si è confrontato in modo critico e specifico con l’articolata motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva già ampiamente spiegato come l’amministratore, gestendo la società per un decennio, avesse un obbligo preciso e ineludibile di curare la tenuta e la custodia della contabilità.

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui l’omessa tenuta della contabilità interna integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, e non quello di bancarotta semplice, quando lo scopo dell’omissione è proprio quello di recare pregiudizio ai creditori. In altre parole, quando l’assenza dei libri contabili ha l’effetto e l’obiettivo di impedire la ricostruzione dei fatti gestionali, si presume l’intenzione fraudolenta. L’impossibilità per i creditori di verificare la destinazione dei beni aziendali è la prova del dolo specifico richiesto dalla norma.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza un principio di grande importanza pratica: la corretta tenuta delle scritture contabili non è un mero adempimento formale, ma un obbligo fondamentale posto a garanzia dei terzi che interagiscono con la società. Un amministratore non può giustificare la mancata tenuta della contabilità invocando una presunta inesperienza o le circostanze di acquisizione della società, soprattutto dopo averla gestita per un lungo periodo.

La decisione chiarisce che la finalità di impedire la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti finanziari qualifica l’omissione come dolosa, facendola rientrare nella più grave fattispecie della bancarotta fraudolenta. Si tratta di un monito severo per tutti gli amministratori, che sono chiamati a un dovere di diligenza e trasparenza la cui violazione può avere conseguenze penali molto serie.

Quando l’omessa tenuta delle scritture contabili integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale?
Quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali e la sorte dei beni societari.

Perché il ricorso dell’amministratore è stato dichiarato inammissibile?
Perché è stato ritenuto generico, in quanto non si confrontava criticamente con le motivazioni della sentenza d’appello, e manifestamente infondato, poiché la condotta omissiva finalizzata a danneggiare i creditori integra pienamente il reato contestato.

L’amministratore di una società è sempre responsabile della tenuta della contabilità, anche se ha acquisito la società da altri?
Sì, una volta divenuto amministratore, ha il precipuo obbligo di curare la tenuta e la custodia delle scritture contabili, e non può sottrarsi a tale responsabilità, specialmente se mantiene la gestione per un lungo periodo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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