Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2452 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TARANTO il 17/11/1970
avverso la sentenza del 04/06/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
data per svolta la relazione del Consigliere NOME COGNOME su accordo delle parti;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che si è riportato alla memoria depositata, chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 04/06/2024, la Corte di appello di Lecce rideterminato in melius il trattamento sanzionatorio – ha confermato nel resto la sentenza del 22 marzo 2023 con la quale, per quanto è qui di interesse, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale quale titolare dell’omonima ditta individuale dichiarata fallita in data 11 novembre 2015.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore Avv. NOME COGNOME articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia erronea applicazione degli artt. 216 e 217 I. fall. e dell’art. 546 cod. proc. pen., nonché vizi di motivazione. Le sentenze di merito sono state emesse sulla base di meri indizi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, disattendendo le censure difensive alla sentenza di primo grado, con la mera trasposizione acritica di tale sentenza. Secondo la stessa Guardia di Finanza non vi sono elementi per attribuire ad atti di sottrazione e occultamento di Palmisano il mancato reperimento del patrimonio aziendale, né la mancata consegna delle scritture contabili, laddove dalle allegate visure camerali risulta che la ditta COGNOME ha cessato la propria attività il 31 ottobre 2010 e si è cancellata dal registro delle imprese, mentre la ditta Guida NOME ha iniziato la propria attività il 24 marzo 2011 nella stessa sede della impresa Palmisano, subentrando ad essa.
Erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che Palmisano abbia agito con dolo generico, non avendo tenuto conto di quanto dallo stesso riferito al curatore circa l’interruzione dell’attività nel 2010, sicché ha ritenuto di non essere tenuto a conservare le scritture contabili relative alla cessata attività.
Erroneamente non è stata riconosciuta la bancarotta semplice, non essendo provato che la sottrazione di parte della documentazione sia stata posta in essere da Palmisano allo scopo di danneggiare i creditori, tanto più che l’attività era cessata dal 2010.
2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza dell’art. 62-bis cod. pen. e vizi di motivazione in relazione al diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è stato trattato con intervento delle parti, pur se il difensore del ricorrente ha rappresentato, a mezzo memoria depositata, un impedimento a comparire, rinunciando però a richiedere il rinvio ad ulteriore udienza. La Procura generale ha concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Il primo motivo deve essere rigettato, pur presentando profili di inammissibilità.
2.1. Le conformi sentenze di merito hanno rilevato la mancanza in toto della documentazione contabile dalla nascita dell’impresa fino al 2010 (documentazione riconsegnata a Palmisano dal tecnico che aveva curato gli affari) e in epoca successiva, quando l’impresa avrebbe cessato di operare. Per l’intero arco di tempo, era stata registrata la mancanza di dichiarazioni fiscali. Osserva la sentenza impugnata che l’assenza di qualsiasi contatto con il fisco per la maggior parte della durata dell’attività e la scomparsa di tutta la documentazione per il periodo di effettiva operatività dell’impresa (nonché l’improvvisa cessazione di essa nonostante il fatturato accertato per il 2009 e l’entità dei finanziamenti richiesti in epoca all’incirca concomitante) depongono per la distruzione della documentazione pregressa e l’omessa istituzione di quella che doveva essere tenuta, sostenute dall’intenzione fraudolenta dell’imputato e dal fine di trarre vantaggio patrimoniale a danno dei creditori.
2.2. Le censure proposte dal ricorso non inficiano la motivazione della sentenza impugnata. Escluso qualsiasi rilievo alla destinazione del patrimonio della fallita – alla luce della ritenuta responsabilità per il solo delitto documentale – la tesi difensiva fa leva sulla cessazione dell’attività di impresa, ma, anche a voler superare il dato (riportato nella conforme sentenza di primo grado) che ancora il 21 dicembre 2010 veniva concessa un’apertura di credito (poi revocata), decisivo è il rilievo della certa sparizione della documentazione consegnata dal consulente della ditta che ne aveva seguito l’attività e della successiva mancata tenuta di qualsiasi scrittura: il fatto oggettivo richiamato è stato letto dalle conformi sentenze di merito alla luce di una pluralità di convergenti dati conoscitivi (l’assenza di qualsiasi “contatto” con il fisco, la soppressione della documentazione relativa anche al periodo in cui la società era attiva) dai quali sono stati desunti lo scopo di ingiusto profitto ovvero di pregiudizio ai creditori.
Si tratta di motivazione congrua, non manifestamente illogica, oltre che in sintonia con il principio per cui la bancarotta fraudolenta documentale di tipo specifico – consistente nella condotta di sottrazione, occultamento e falsificazione delle scritture contabili, nonchè di omessa tenuta delle stesse (condotta assimilata dalla giurisprudenza consolidata ipotesi previste dalla norma incriminatrice) – deve essere ‘sostenuta’, secondo la lettera della prima parte dell’art. 216, comma 2, n. 1, legge fall., dal dolo specifico consistente nello scopo di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o a altri un ingiusto profitto: infatti proprio la natura specifica del dolo, è stato osservato, in ordine alla condotta di omessa tenuta, consente di distinguere fra la bancarotta
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fraudolenta documentale e quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992).
Il ragionamento dei giudici di merito è in linea ai dati probatori richiamati e immune da vizi logici e rende ragione del giudizio di non credibilità della tesi difensiva, mentre il riconoscimento della sussistenza della bancarotta fraudolenta documentale, integrata dal dolo specifico, rende quindi ragione della non configurabilità della bancarotta semplice.
D’altro canto, le argomentazioni difensive non si confrontano con la consolidata giurisprudenza d legittimità che ritiene che non la cessazione dell’attività, ma solo la cancellazione dal registro delle imprese della fallita esoneri l’amministratore dalla tenuta delle scritture.
Difatti, spetta all’amministratore la tenuta ovvero la nuova istituzione delle scritture contabili in caso di furto o altro evento distruttivo o sottrattivo, fino alla cessazione non solo sostanziale ma formale, dunque fino alla cancellazione dal registro delle imprese (Sez. 5, n. 20514 del 22/01/2019, Martino, Rv. 275261 01; conf. n. 15516 del 2011 Rv. 250086 – 01, n. 35168 del 2005 Rv. 232572 01, n. 20911 del 2011 Rv. 250407 – 01, n. 4727 de: 2000 Rv. 215985 – 01).
Anche il secondo motivo non è fondato, essendo il diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche congruamente giustificato dai plurimi precedenti e dalla gravità del fatto (comprensivo della documentazione relativa all’intera vita della società), laddove nel motivare il diniego dell’applicazione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 02).
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/12/2024