Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26758 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26758 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ORTONA il 09/12/1966
avverso la sentenza del 21/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME
COGNOME
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME tramite il proprio difensore di fiducia, ricorre contro la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila con cui è stata confermata la condanna a due anni e sei mesi di reclusione emessa nei suoi confronti dal GUP del Tribunale di Lanciano il 4.12.2023, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale specifica.
Il ricorrente è stato ritenuto responsabile del delitto relativo al fallimento dichiarato il 22.6.2021, della società RAGIONE_SOCIALE di cui era stato amministratore legale dal 2013 sino al fallimento; egli non aveva provveduto a depositare le scritture contabili rendendosi anche, di fatto, irreperibile per il curator fallimentare.
1.1. Il primo ed unico motivo del ricorso proposto denuncia violazione di legge e mancanza o manifesta infondatezza della motivazione del provvedimento impugnato, con riguardo all’affermazione di responsabilità per il delitto ascritto all’imputato, nonostante la carenza di gravità indiziaria relativamente sia all’elemento oggettivo del reato che a quello soggettivo.
La sentenza sarebbe strutturata mediante un argomentare soltanto apparente, quanto all’analisi della sussistenza della prova della condotta delittuosa di cui all’art. 216, primo comma, I. fall. in capo al ricorrente, desunta soltanto dalla sua qualità formale di amministratore legale, senza occuparsi di dimostrare che egli si sia effettivamente occupato della gestione della società e della contabilità aziendale, né del se quest’ultima sia stata o meno nella sua disponibilità. Tale modalità argomentativa non è in linea con quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (si richiama la sentenza n. 12841 del 2022).
La Corte di cassazione esige la consapevolezza dell’omessa tenuta o della sottrazione delle scritture contabili in capo all’amministratore di diritto e postul l’esame di detto profilo soggettivo da parte del giudice di merito che giunga alla condanna dell’amministratore di diritto, oltre che del dolo specifico, anch’esso motivato in maniera solo apparente ed apodittica.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. La motivazione del provvedimento impugnato non ha assolto all’ordinario onere motivazionale ed ha attibuito la responsabilità al ricorrente con argomentazioni estremamente apodittiche, fondate anche lessicalmente sul presupposto che la qualità di amministratore di diritto quasi impone l’esito di colpevolezza, a prescindere da qualsiasi indagine sull’elemento soggettivo doloso e sulla sua natura specifica o generica.
Ed invece, come da consolidati indirizzi della giurisprudenza di legittimità, in tema di reati fallimentari, GLYPH l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari (tra le molte, cfr. Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271754).
Orbene, la sentenza impugnata si è limitata ad attribuire al ricorrente la colpevolezza per il reato di bancarotta fraudolenta documentale anzitutto senza farsi carico di rispondere alle sollecitazioni difensive dirette a verificare l’effett notifica delle richieste della curatela fallimentare inviate all’imputato, quantomeno per smentirne la valenza.
Quindi, ha motivato sulla responsabilità per l’omessa consegna delle scritture contabili, senza curarsi neppure di inquadrare la condotta nel contesto di accadimento complessivo delle vicende legate al fallimento della RAGIONE_SOCIALE: chi fosse realmente l’amministratore e gestore della società; se il ricorrente fosse o meno un amministratore meramente formale.
Inoltre, alla luce della contestazione di reato e della motivazione della sentenza impugnata, emerge quella logica di fusione, quanto all’elemento soggettivo del reato, tra bancarotta documentale a dolo generico e a dolo specifico, già ritenuta costantemente inidonea affondare un corretto incedere argomentativo.
Nel caso di specie, al ricorrente viene contestato – seguendo l’imputazione di aver sottratto tutte le scritture contabili al fine di procurare a sé o ad altri ingiusto profitto e recare pregiudizio ai creditori, non rendendo possibile la ricostruzione del patrimonio o dei movimenti degli affari agendo in tal guisa.
Tuttavia, è noto che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle
stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (vedi, tra le altre, Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904; nella specie, la Corte ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento “ovvero” di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una “fusione” con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento).
Seguendo GLYPH l’opzione GLYPH condivisa, GLYPH in GLYPH tema GLYPH di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libr “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico, dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni (si richiamano, soprattutto, le recenti sentenze Sez. 5, n. 45246 del 7/11/2024, COGNOME, Rv. 287175 e Sez. 5, n. 6556 del 22/11/2024, dep. 2025, Xiang, n.m.)
In particolare:
1) la prima fattispecie è quella costruita dal legislatore a dolo specifico (e per questo definita “specifica”) e consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili; richie dolo specifico consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
In tale prima ipotesi va ricompresa anche l’omessa tenuta dei libri contabili, sempre che la condotta omissiva sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella – analoga sotto il profilo materiale – di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11/4/2012, COGNOME, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179).
Va aggiunto, ad ulteriore chiarimento dell’opzione cui il Collegio aderisce, che l’omessa tenuta (così come la sottrazione, distruzione o falsificazione) può essere
anche “parziale” e tale nozione ricomprende sia la mancata istituzione “sincronica” di uno o più libri contabili in un determinato anno, sia la mancata istituzione “diacronica” di uno o più libri contabili nel corso di diversi anni di vita dell’impres sia anche l’ipotesi della “materiale” esistenza dei libri contabili che però sono stati “lasciati in bianco”;
2) la seconda fattispecie di reato a dolo generico (definita anche “generale”), invece, è integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
Questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione “originaria” di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME, Rv. 278321), che dà luogo ad annotazioni incomplete che incidono sul principio di continuità contabile, impedendo di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta).
Essa si risolve in una fattispecie di falso ideologico materiale (per aggiunta di dati falsi o per omissione di dati veri) applicata alla bancarotta poiché determina comunque la parvenza (evidente nella locuzione normativa utilizzata: “in guisa da”) che la contabilità rifletta l’operatività dell’impresa e crea quell’inganno che è punito nella “bancarotta a dolo generico o generale”.
Sotto il profilo soggettivo, per la seconda fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, è sufficiente il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
In conclusione, deve essere affermato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende sia la mancata istituzione “sincronica” di uno o più libri contabili in un determinato anno, sia la mancata istituzione “diacronica” di uno o più libri contabili nel corso di diversi anni di vi dell’impresa, sia anche l’ipotesi della “materiale” esistenza dei libri contabili che però sono stati “lasciati in bianco”.
3.1. La sentenza impugnata non motiva che assertivamente sulla sussistenza del dolo specifico del delitto di “omessa consegna” (così si esprime la sentenza
d’appello), da valutarsi probabilmente come sottrazione, poiché la stessa motivazione dà atto che le scritture contabili vi fossero e fossero all’interno del cd.
“cassetto fiscale” informatizzato. Ma anche tale dato di fatto non è chiaramente evincibile dalla sentenza impugnata, poiché non sono specificate le tipologie di
scritture contabili e le annualità di esse, contenute già agli atti della curatela nel cassetto fiscale; di talchè andrebbe accertato se ed in che termini si tratta di una
condotta di sottrazione delle stesse scritture effettivamente formate o, per una parte, di una condotta di omessa tenuta.
In ogni caso, tutti gli accertamenti sopra richiamati andrebbero valutati alla luce dell’orientamento di legittimità secondo cui chi non sia stato condannato
anche per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva ha bisogno di un approfondimento motivazionale relativamente al dolo del delitto di bancarotta
fraudolenta documentale particolarmente attento e rigoroso, venendo a mancare la base finalistica di tale ultima condotta, costituita dalla volontà di occultare l
distrazioni di beni o attività (Sez. 5, n. 2438 del 05/11/2024, dep. 2025, Di
NOME, Rv. 287480).
In considerazione dei principi di diritto sin qui enunciati e delle rilevate incoerenze argomentative della motivazione del provvedimento impugnato, si impone l’annullamento con rinvio della sentenza della Corte di Appello di L’Aquila; del giudizio di rinvio deve essere investita la Corte di Appello di Perugia, ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., trattandosi di annullamento relativo ad ufficio composto con una sola sezione. Il giudice del rinvio si atterrà a quanto statuito nella presente decisione.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia.
Così deciso il 15 maggio 2025.