Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24313 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24313 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 01/11/1960 COGNOME NOME nato a MESSINA il 10/03/1963 avverso la sentenza del 08/10/2024 della Corte d’appello di Palermo
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso quanto ai reati sub 2) e 3) del capo d’imputazione e il rigetto nel resto; sentito il difensore degli imputati, l’avvocato NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso depositati e insiste per l’accoglimento di questi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 gennaio 2023, il Tribunale di Palermo ha dichiarato COGNOME NOME e COGNOME NOME colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti.
In particolare, COGNOME NOME è stato ritenuto colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per la distrazione di € 103.585,00 ai danni della RAGIONE_SOCIALE, poi dichiarata fallita, essendone l’ amministratore) e
documentale (due episodi, uno ai danni della RAGIONE_SOCIALE , l’altr o ai danni della RAGIONE_SOCIALE, anch’essa fallita, quale loro amministratore), mentre COGNOME Salvatore è stato ritenuto colpevole, in concorso col COGNOME, dei soli due reati di bancarotta fraudolenta documentale (rispettivamente quale amministratore delle dette società, per la prima di fatto).
È stata considerata per COGNOME la recidiva infraquinquennale e, per entrambi, l’aggravante di cui all’art. 219 r.d. 267/1942 (avere commesso più fatti di bancarotta tra quelli previsti nell’art. 216 r.d. 267/1942). Al solo COGNOME, sono state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla detta aggravante.
Il Tribunale ha, quindi, condannato COGNOME NOME alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e COGNOME Salvatore alla pena di tre anni di reclusione. Sono state applicate, per tre anni, le pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa , nonché l’ interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Gli imputati sono stati, altresì, condannati a pagare euro 5.000,00 quale risarcimento dei danni a favore della parte civile, oltre alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla medesima.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d ‘a ppello di Palermo, adita su gravame degli imputati, con sentenza in data 8 ottobre 2024.
Hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati, basato su due motivi.
3.1. Col primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazioni di legge, chiedendosi l’ assoluzione o la riqualificazione delle accuse ai sensi dell’art. 217 r.d. 267/1942.
Si ripercorrono le vicende delle due società fallite e della società di fatto tra loro costituite, chiarendosi che la RAGIONE_SOCIALE acquistava immobili, usando anche capitale della RAGIONE_SOCIALE e li rivendeva, dopo che quest’ultima li aveva ristrutturati.
Si evidenzia l’assenza di dolo, attestata : dal pagamento dei dipendenti della RAGIONE_SOCIALE (funzionale all’attività d’impresa); dall’assenza di condotte distrattive; dalla collaborazione del COGNOME (che aveva riferito al curatore fallimentare della società di fatto); dalla garanzia per la RAGIONE_SOCIALE dei beni appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE (immobili dal valore di oltre un milione di euro ); dall’ uso di bonifici bancari tracciabili, da parte del COGNOME, per operare le distrazioni ; dall’utili zzo di gran parte della somma distratta per estinguere le pendenze verso i dipendenti. Tali dati avrebbe dovuto almeno attenuare la responsabilità del COGNOME.
Si deduce che la distrazione di € 103.585,00 avrebbe dovuto valutarsi quale mera irregolarità contabile imputabile alla difficoltà di reperire e produrre al curatore i registri IVA acquisti e vendite.
Priva di prove sarebbe la veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in capo al COGNOME, suo mero socio, mai suo gerente.
Insussistente sarebbe il dolo delle bancarotte documentali, non essendo emersa la volontà di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, né di arrecare pregiudizio ai creditori, non essendo al riguardo sufficiente la mera mancanza della contabilità, specie in assenza di operazioni fraudolente: tanto supportava la chiesta riqualificazione dei fatti in bancarotta semplice.
3.2. Col secondo motivo, ci si duole di vizi motivazionali in relazione alla mancata irrogazione del minimo edittale e alla mancata applicazione delle attenuanti generiche anche al COGNOME, con prevalenza o equivalenza rispetto alla recidiva, considerata la buona fede e la collaborazione per le ragioni già descritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato limitatamente al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, essendo, per il resto, da rigettare.
Il Tribunale e la Corte d’appello -le cui sentenze, laddove conformi, si saldano tra loro in un unicum motivazionale da valutare nel suo complesso (Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Rv. 197250-01) -hanno ritenuto sussistere la bancarotta fraudolenta distrattiva, essendo pacificamente emerso che il RAGIONE_SOCIALE abbia ricevuto ben nove bonifici bancari (e precisamente uno nel 2011 e 8 nel 2013) dalla RAGIONE_SOCIALE, del tutto privi di causale giustificativa e oggetto di contestuali successivi prelievi di denaro contante, per il complessivo valore di euro 103.585,00. Correttamente si richiama la giurisprudenza secondo cui la prova della destinazione delle somme a fini d’impresa richiede la “specifica indicazione” degli impieghi fatti e non “generiche affermazioni”. Inoltre, il fatto che la maggior parte dei dipendenti avesse lavorato fino al 2011, mentre la gran parte delle distrazioni risalisse al 2013 (pagine 12-13 della sentenza del Tribunale e 6 e 10 di quella d’appello ) escludeva che il denaro fosse stato impiegato per pagare gli stessi.
Né, peraltro, si spiega perché vi fosse la necessità di bonificare i detti importi al Caviglia per -asseritamente -pagare creditori societari. Ed è pacifico che, «una volta provato dall’accusa che un determinato bene appartenente all’impresa – poi – fallita sia entrato nella disponibilità dell’amministratore, se ne presume la
distrazione se l’autore del fatto non provi di avervi dato legittima destinazione (Cass. 5 dicembre 2004, Sabino; Cass. 10 giugno 1998, Vichi)» (Sez. 5, Sentenza n. 14051 del 15/1/2008, non massimata, proprio in relazione alla distrazione di somme; in senso analogo, sulla distrazione di beni, si vedano Sez. 5, n. 669 del 04/10/2021, dep. 2022, Rv. 282643-01 e Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Rv. 279204-01).
Analogamente, infondate sono le doglianze in relazione alla veste di ‘amministratore di fatto’ della RAGIONE_SOCIALE in capo al COGNOME.
Al riguardo, la difesa neppure si confronta con la considerazione che il Tribunale ha basato tale riconoscimento anzitutto in base alle “dichiarazioni rese dallo stesso imputato”: questi si è definito “socio di fatto” e ha spiegato che l’acronimo ‘CR’ -della denominazione delle società -era indicativo proprio delle sigle dei cognomi dei due imputati (‘COGNOME‘ e ‘COGNOME‘) e che costoro avevano la gestito congiuntamente entrambe le società (p. 16 sentenza di primo grado).
Né si considera, da parte ricorrente, la deposizione di NOME, amministratore di due condomini oggetto di ristrutturazione, da parte delle imprese fallite, che aveva detto di aver trattato e firmato il contratto col COGNOME NOME, unico sempre presente in cantiere, senza mai interloquire con il COGNOME (ancora p. 16 sentenza di primo grado).
Il ricorso va accolto in relazione alle contestazioni inerenti il dolo della bancarotta fraudolenta documentale.
È pacifico che la fattispecie di occultamento, omessa tenuta o distruzione delle scritture contabili (bancarotta fraudolenta documentale ‘specifica’) richieda il fine di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o altri un ingiusto profitto (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Rv. 284304-01, in motivazione; Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Rv. 274630-01). Tale fine è necessario perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella -analoga sotto il profilo materiale -di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175-01; Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME, Rv. 252992-01; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915-01).
Orbene, come si desume dalla norma -che parla di sottrazione, distruzione o falsificazione, «in tutto o in parte» dei libri o delle altre scritture contabili -anche la parziale carenza di documentazione integra la fattispecie di cui alla prima parte dell ‘articolo 216, comma 1, n. 2, r.d. 267/1942. Tanto è stato di recente ribadito da questa Corte: «… non è necessario che detta omissione annotativa sia
perdurata per tutta la vita dell’impresa, né che essa riguardi tutte le scritture contabili, ben potendo essere parziale, sia in riferimento all’oggetto che in riferimento allo sviluppo, potendo essa manifestarsi sia in senso diacronico che sincronico. Ciò, peraltro, emerge inequivocabilmente dal testo della disposizione normativa, che chiarisce come la condotta riguarda “…in tutto o in parte …” le scritture contabili, potendo, quindi, manifestarsi attraverso la radicale carenza di tutte o di parte delle scritture e dei libri contabili e non in una loro tenuta lacunosa, connotata da omissioni annotative, come già detto in precedenza. Si è, inoltre, spiegato, ad ulteriore individuazione del discrimine tra le due fattispecie delineate dalla disposizione di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare, che la fraudolenta tenuta delle scritture, a dolo generico, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi» (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Rv. 284677-02, in motivazione).
La bancarotta fraudolenta documentale ‘generale’ è, invece, integrata dalla tenuta della contabilità -che, dunque, esiste -in modo da rendere impossibile la ricostruzione degli affari e del patrimonio della fallita e si realizza mediante l’annotazione di dati falsi o l’omessa annotazione di dati veri (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME, Rv. 278321-01) e, sotto il profilo soggettivo, implica il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838-01; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650-01).
Tanto spiega il diverso elemento soggettivo richiesto: nel caso della bancarotta fraudolenta documentale ‘generale’ la fraudolenza è insita nella condotta materiale di alterazione della valenza delle scritture, sicché è sufficiente il dolo generico; nel caso della bancarotta fraudolenta documentale ‘specifica’ l’elemento oggettivo coincide con quello di cui alla bancarotta documentale semplice di cui all’art. 217, comma 2, r.d. 267/1942 , sicché è necessaria una specifica direzione della volontà che la disti ngua dall’ipotesi meno grave appena detta (Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175-01).
Il dolo della bancarotta fraudolenta documentale ‘specifica’ può essere desunto anche dalle provate condotte distrattive ai danni della fallita, la cui destinazione resti incerta proprio per la mancata consegna della contabilità, specie se protrattasi nel tempo e comportante un’ingente esposizione debitoria finale (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Rv. 284304-01; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Rv. 279179-01; Sez. 5, n. 47762 del 16/12/2022, non massimata).
Tuttavia, nella specie né la sentenza di primo grado, né quella d’appello chiariscono in modo sufficiente per quale ragione possa dirsi che le omissioni
contabili, in larga parte risalenti negli anni (mancando integralmente le scritture contabili dal 2012 e presentando, però, già dal 2006 al 2011, carenze sostanziali: così, ad esempio, si desume dalle pagine 3, 7 e seguenti e 17 della sentenza di primo grado) fossero correlate a quanto avvenuto, per lo più, nel 2013 e, in minor parte, nel 2011, ovvero alle distrazioni anzidette.
Ne consegue, per tale parte, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio della sentenza d’appello, per un rinnovato giudizio sulla sussistenza del dolo dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale contestati, e l’assorbimento del le doglianze di cui al secondo motivo, inerenti il trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati di bancarotta documentale di cui ai capi 2) e 3) delle imputazioni, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Così è deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME