Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15994 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15994 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 442/2025
NOME
NOME SESSA
Relatore –
R.G.N. 3770/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a Santeramo in Colle il 03/02/1975 avverso la sentenza del 15/02/2024 della Corte d’appello di Bari Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del So NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 15.2.2024, la Corte di Appello di Bari, all’esito di trattazione orale, ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME che l’aveva dichiarata colpevole dei reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. cod. pen., 216, comma 1 e 2, 219, comma 2, n. 1 e 220 R.D. 267/1942, in relazione alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dichiarata fallita in data 16.7.2013, condannandola alla pena di anni due di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputata, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce l’ erronea applicazione della legge penale in punto di dolo richiesto dalla fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale, ravvisata, nel caso di specie, pur in mancanza di prova del dolo specifico ovvero della coscienza e volontà dell’imputata di cagionare un danno alla massa dei creditori. La circostanza che la ricorrente avesse, in sede di passaggio di consegne al nuovo amministratore COGNOME, consegnato una serie di atti, scritture, relazioni e comunicazioni ai soci, documenti che venivano dati dal COGNOME al curatore, e che questi, sulla base dell’informativa della COGNOME è riuscito a ricostruire la giacenza del patrimonio sociale al momento del subentro del nuovo amministratore, ovvero l’ammontare della somma distratta, non è stata tenuta in debito conto dalla Corte di appello. Essa è invece pienamente indicativa dell’atteggiamento di buona fede dell’imputata che coi documenti indicati aveva posto le basi per ricostruire il patrimonio della società. Sicché si sarebbe dovuto escludere che ella avesse volontariamente sottratto e/o occultato le scritture contabili al fine di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio. Al più si sarebbe dovuto procedere a riqualificare il fatto come bancarotta semplice.
2.2.Col secondo motivo deduce vizi di motivazione per illogicità, contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale. Lamenta altresì il difetto di motivazione in ordine all’aggravante ravvisata e alla congruità della pena.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – in mancanza di richieste, senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è nel suo complesso infondato.
1.1.I primi due motivi, nella parte in cui contestano violazione di legge e vizi di motivazione circa l’affermata sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico in relazione alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, sono infondati.
Essi, infatti, non confrontandosi adeguatamente con la complessiva ricostruzione della vicenda come descritta nella sentenza impugnata, oltre che nella richiamata pronuncia di primo grado, adombrano vizi in realtà insussistenti, reiterando gli argomenti proposti in appello che già i giudici di primo grado avevano affrontato e risolto.
D’altra parte, lo stesso motivo di appello afferente la bancarotta fraudolenta documentale si limitava a contestare la sussistenza del dolo generico in capo alla COGNOME per il solo fatto che la stessa avrebbe consegnato all’amministratore formalmente subentrato nella carica degli atti (in particolare informative ai soci), che nell’ottica difensiva avrebbero poi consentito al curatore, una volta pervenuti nella sua disponibilità, di ricostruire l’ammontare delle somme distratte, precisando che anzi le uniche scritture rinvenute fossero solo quelle formate e sottoscritte dalla COGNOME. Tale comportamento sarebbe stato sintomatico della buona fede dell’imputata, e di ostacolo alla configurazione in capo alla stessa dell’intenzione di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Impostata la censura con riferimento alla fattispecie della tenuta irregolare, con l’atto di appello nulla di specifico si contestava in ordine al dolo specifico.
Né, tanto meno, si è mai affermato che le scritture contabili mancanti fossero state consegnate dalla COGNOME al nuovo amministratore COGNOME all’atto dell’assunzione della carica da parte di questi intervenuta in data 29.3.2012 (senza che ad essa conseguissero atti concreti del nuovo amministratore il cui ruolo era rimasto sostanzialmente sulla carta fino al fallimento dichiarato il 16.7.2013). Laddove ciò che i giudici di merito hanno attribuito alla COGNOME è di avere, in concorso col nuovo amministratore solo formale, sottratto le scritture contabili -sia obbligatorie che facoltative. L’avere consegnato dei singoli atti al nuovo amministratore – o l’essere confluite determinate scritture in sede prefallimentare nulla ha a che vedere con l’omessa consegna delle scritture contabili al curatore una volta intervenuto il fallimento, ascritta formalmente anche al nuovo amministratore apparente ma di fatto attribuita alla COGNOME quale soggetto che avrebbe dovuto procedere al passaggio di consegne della documentazione contabile all’atto dell’insediamento del nuovo amministratore ovvero ad istituirle e conservarle.
Secondo quanto si riporta nella sentenza di primo grado l’istruttoria avrebbe consentito di appurare proprio la mancata produzione delle scritture contabili, evidenziando come le conclusioni che gli organi della procedura, prima, e in sede penale, poi, erano state raggiunte con riferimento alla situazione contabile della società si fondavano unicamente sulla documentazione acquisita in sede prefallimentare dalla G.d.f., integrata dalle valutazioni del curatore e del consulente del P.M. in sede penale, che avevano fatto anche emergere che la cassa sparita
risalisse al periodo in cui la COGNOME aveva ricoperto la carica di amministratore e che anche i debiti erano tutti sorti durante tale fase.
Evidenziano invero i giudici di primo grado che la documentazione oggetto di esame da parte del curatore e del consulente del P.m., in ragione della condotta fraudolenta – anche – dell’imputata, è stata necessariamente limitata allo stato passivo, alle cartelle esattoriali, ai documenti depositati nel corso dell’istruttoria prefallimentare, compresi i bilanci e la nota integrativa relativa agli esercizi 2009 e 2010, depositati presso il registro delle imprese di Bari, nonché il bilancio relativo all’esercizio 2011 non depositato.
Essi osservano che non vi è prova che l’imputata abbia consegnato tutti i libri e le scritture contabili all’amministratore apparente all’atto della cessione di tutte le quote con acquisizione della carica da parte di quest’ultimo (d’altra parte, di passaggio di consegne al nuovo amministratore parla, solo genericamente, lo stesso ricorso in scrutinio), né rileva che la situazione di parte delle scritture e della documentazione contabile relativa agli esercizi precedenti sia stata resa in sede prefallimentare dal difensore dell’amministratore apparente, poiché risulta che dalla data di trasformazione della fallita in società unipersonale la stessa non è stata operativa. E concludono, coerentemente con quanto ricostruito, che deve ritenersi, pertanto, che la pubblica accusa abbia regolarmente assolto al proprio onere probatorio di dimostrare il mancato rinvenimento delle scritture contabili relative al periodo in cui l’imputata svolgeva anche formalmente le funzioni di amministratore attraverso la deposizione del curatore, che ha riferito proprio su tale circostanza; e che le considerazioni già svolte in ordine al carattere simulato della cessione delle quote avvalorano la prospettazione accusatoria addebitando all’imputata la sottrazione o mancata istituzione delle scritture e rendono configurabile la fattispecie a dolo specifico finalizzata a recare pregiudizi ai creditori, integrata dalla fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari anche sotto forma della loro omessa tenuta. In altri termini nel caso di specie, la prova del dolo specifico a carico dell’imputata – aggiungono i giudici di primo grado – può essere agevolmente desunta dalle condotte fraudolente dalla stessa realizzate orientate a recare pregiudizi ai creditori, come peraltro risulterebbe confermato dalla circostanza che i ricorsi per l’ammissione al passivo sono tutti per crediti maturati nel periodo in cui la stessa ha rivestito la carica di legale rappresentante della società o nel periodo antecedente e che dopo la cessione delle quote sociali al COGNOME la società non è stata operativa. Alla stregua di tutto quanto osservato concludono, altresì, i giudici di merito che deve escludersi in radice la possibilità di configurare il reato meno grave di bancarotta semplice documentale perché la condotta accertata non è riconducibile ad un mero disordine contabile.
A fronte di tale puntuale ed argomentata ricostruzione, l’appello si limitava ai rilievi sopra indicati e solo col ricorso in scrutinio si pone, genericamente, il dubbio in ordine alla sussistenza del dolo specifico adducendo la mancanza di motivazione sul punto da parte ella sentenza impugnata, laddove il tema dell’elemento soggettivo, come sora esposto, era stato già puntualmente affrontato con la sentenza di primo grado attraverso l’ampia motivazione di cui si è fatto sopra cenno, alla quale la sentenza impugnata rimanda riportandone i passaggi salienti che depongono per l’assoluta inconducenza dei generici rilevi difensivi svoti in appello sul punto.
E’, infine, solo il caso di rammentare che integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (S ez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 16/06/2020, Rv. 279179 – 01).
Discende che i motivi in scrutinio sono nel loro complesso infondati finendo col denunciare vizi insussistenti.
1.2.Del tutto generiche si appalesano infine le doglianze svolte con riferimento all’aggravante e alla dosimetria della pena (a fronte, peraltro, di una puntuale motivazione sul punto nella sentenza impugnata che dava conto di tali aspetti sebbene non risultino proposte censure specifiche al riguardo con l’atto di appello).
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 3/4/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOMECOGNOME NOME COGNOME