Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1846 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1846 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Rose l’11 agosto 1968;
avverso l’ordinanza del 22 maggio 2024 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 9 dicembre 2024, dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, con la quale, anche in replica alle conclusioni del
Procuratore generale, si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Milano, confermando (in sede di rinvio) la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME nella sua qualità di socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 16 settembre 2011), responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale
specifica, perché, allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori della società e di procurarsi, parallelamente, un ingiusto profitto, teneva le scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e la movimentazione degli affari.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di due motivi d’impugnazione.
Il primo, formulato sotto il profilo dell’inosservanza di norma processuale (in relazione agli artt. 180, comma 1, lett. c e 182 cod. proc. pen.), deduce la nullità della notifica all’imputato del decreto di citazione in appello, effettuata presso lo studio del difensore, nonostante la pregressa elezione di domicilio in un luogo diverso (in Rose, c.da Serralonga INDIRIZZO), presso cui, tra l’altro, erano state effettuate tutte le notifiche nel corso del precedente giudizio di appello.
Il secondo è formulato sotto i profili della violazione di legge (in relazione agli artt. 125, comma 3, 192, e 546 cod. proc. pen.) e del connesso vizio di motivazione ed attiene alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, in ipotesi difensiva da qualificare in termini di bancarotta documentale semplice. Sostiene la difesa, da un canto, che mancherebbe l’elemento oggettivo del reato, in quanto, alla luce della documentazione acquisita dalla Guardia di Finanza, è stato comunque possibile ricostruire il patrimonio della società, senza ricorrere a fonti di documentazioni esterne; dall’altro, che mancherebbe un compiuto accertamento dell’elemento soggettivo (lo scopo di recare pregiudizio ai creditori) dedotto dalle sole circostanze oggettive accertate (la mancata tenuta di parte delle scritture contabili), senza dar conto degli elementi necessari per colorare il dato fattuale dell’intento fraudolento richiesto dalla norma.
Il 9 dicembre 2024, l’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, ha depositato una memoria difensiva con la quale, anche in replica alle argomentazioni offerti/ dalla Procura generale, insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è indeducibile.
Va premesso che, dal doveroso esame degli atti processuali (ai quali questa Corte può accedere in ragione della natura del vizio denunciato), è emerso che la notifica del decreto di citazione è stata effettuata presso il difensore, nonostante pregressa elezione di domicilio in luogo differente.
La notificazione di un atto, tuttavia, non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell’atto stesso, ma rappresenta un procedimento finalizzato
ad assicurare, al destinatario, la sua conoscenza legale. Cosicché se, a prescindere dalla notificazione, è intervenuta, comunque, piena ed integrale conoscenza dell’atto da parte del destinatario della notifica, eventuali vizi del procedimento notificatorio non possono essere fatti valere, in quanto tendenti a reiterare, attraverso un vuoto formalismo (confliggente con i principi della ragionevole durata dal processo e della conservazione degli atti giuridici), un procedimento diretto ad assicurare conoscenza di un atto già pienamente conosciuto.
Ciò considerato, l’atto da notificare era il decreto di citazione a giudizio in appello; atto finalizzato a far conoscere al destinatario l’esistenza del processo e la data di celebrazione dell’udienza con le relative modalità di trattazione. Ebbene, l’imputato, alla prima udienza, ha avanzato istanza di rinvio per legittimo impedimento, e, nel corso delle successive, rinunciato al videocollegannento; quindi, era pienamente a conoscenza tanto dell’esistenza del processo, quanto della data di celebrazione dello stesso e delle relative modalità di celebrazione. E ciò rende indeducibile la censura prospettata dalla difesa.
L’ulteriore motivo di ricorso, afferente al profilo dell’accertamento della responsabilità, è, invece, complessivamente infondato.
Sotto il profilo oggettivo, è sufficiente ribadire che la ricostruzione (peraltro parziale) dei redditi e del volume d’affari della società, così come prospettata dalla difesa, è circostanza del tutto irrilevante ai fini del perfezionamento del reato in contestazione. La bancarotta fraudolenta documentale specifica (contestata agli imputati) è, infatti, un reato di mera condotta, che si perfeziona, sotto il profilo oggettivo, con la sola distruzione, sottrazione o falsificazione dei libri e delle scritture contabili; condotte che sono sanzionate in quanto tali, per il solo fatto di essere ritenute idonee a creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dall’essersi verificato o meno l’evento della concreta impossibilità di ricostruire la consistenza patrimoniale o il movimento degli affari (Sez. 5, n. 2493 del 17/12/1982, dep. 1983, Rv. 158016) o dalla ricostruzione aliunde della documentazione stessa (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014, dep. 2015, Rv. 262588).
Sotto il profilo soggettivo, invece, va premesso che, a prescindere dalla incongrua formulazione letterale del capo d’imputazione, entrambi i giudici di merito hanno concordemente ritenuto la sussistenza del delitto di bancarotta documentale specifica; reato che si caratterizza, sotto il profilo soggettivo, per la necessaria sussistenza del dolo specifico, inteso, appunto, come scopo di recare pregiudizio ai creditori (o procurare, per sé o per altri, un ingiusto profitto). Un profilo, quello della frode, che distingue le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. dalle ipotesi, che ne sono prive, di bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui secondo
comma incrimina, parimenti, l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274630). Sotto il profilo probatorio, lo scopo fraudolento che deve caratterizzare il fatto può essere desunto (in ragione della natura psicologica del dato da apprezzare) dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che la caratterizzano, evidenziando gli elementi dai quali dedurre la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283983). Ciò premesso, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale ha chiaramente indicato la specifica finalizzazione della condotta posta in essere dando atto sia dell’omessa tenuta o conservazione delle fatture (di vendita e di acquisto) e del conseguente registro IVA, sia dell’imponente debito fiscale maturato (pari a circa 3,6 milioni di euro). Ed è appunto la conseguente impossibilità di ricostruire la ricostruzione della movimentazione patrimoniale e finanziaria che colora l’elemento oggettivo: rendere difficile, se non impossibile, la ricostruzione dell’imponente debitoria, sottraendosi al relativo accertamento.
Il ricorso, pertanto, deve, essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 dicembre 2024
Il Presidente
Il Consigliere estensore