Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33414 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33414 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a COGNOME il 05/05/1959
avverso la sentenza del 04/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza, senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma, terza sezione penale, in sede di giudizio di rinvio – disposto dalla Quinta Sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 37709 del 2023 di annullamento della sentenza della Corte di appello di Roma, seconda sezione penale che, in riforma della pronuncia del Tribunale di Roma del 25 ottobre 2018, aveva ridotto nei confronti NOME COGNOME la durata delle pene accessorie ad anni due, confermando nel resto la sentenza di condanna per il reato di cui agli art. 110, 216, comma 1, n. 2, 223 R.D, n. 267 del 1942 – ha confermato la pronuncia di condanna ad anni due di reclusione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due motivi di ricorso, di seguito enunciati in conformità al disposto dì cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto l’erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 601, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., ordine all’art. 43 cod. pen, in riferimento all’art. 216, comma 1, n. 2, I. fall. manifesta illogicità della motivazione, nonché la violazione di legge ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen.
In particolare, il ricorrente ha eccepito che a seguito delle statuizioni dell sentenza di annullamento concernente le lacune motivazionali in punto elemento soggettivo del dolo specifico, la Corte di appello ha integrato il compendio argomentativo attraverso il riferimento all’informativa della Guardia di Finanza del 12 febbraio 2016 e ai relativi allegati dai quali risulterebbe lo scambio di una parte dei dipendenti tra la società fallita e la RAGIONE_SOCIALE, ciò al fine di adempier a quanto indicato nella sentenza rescindente nella parte in cui si evidenziava che « in concreto, i dati così illustrati dalla Corte Territoriale non sono stati agganciat a evidenze probatorie più specifiche, concernenti, ad esempio, il numero preciso di lavoratori prestati alle due società – veicolo o il momento esatto in cui tal transito sarebbe occorso».
Al riguardo la difesa ha evidenziato che tale integrazione non solo non è stata valutata organicamente anche rispetto alle deduzioni difensive, ma non è idonea a soddisfare l’onere motivazionale sotto il profilo dell’elemento soggettivo richiesto dalla sentenza rescindente.
Si è affermato, in particolare, che la Corte di appello avrebbe dovuto valutare i nuovi dati alla luce degli elementi non contestati quali il fatto ch
l’unico bilancio di esercizio depositato è quello risalente all’esercizio del 2009, unico di spettanza dell’imputato; che l’attività societaria è proseguita fino al 2011, (oltre un anno rispetto alle dimissioni dell’imputato; nonché rispetto al dato della irreperibilità del coimputato, COGNOME); di conseguenza la motivazione della Corte di appello non si sarebbe uniformata alla sentenza della Corte di cassazione, violando il disposto di cui all’art. 627 cod. proc. pen.
Inoltre, si è evidenziato che sarebbe stata omessa qualsiasi motivazione sulla deduzione difensiva circa la comprovata esistenza della contabilità, (risultante sia dalla relazione ex art. 33 I. fall., sia dal deposito del bilancio relazione all’esercizio 2009), sino alle dimissioni del COGNOME. Sussisterebbe pertanto la prova dell’attribuzione diretta all’imputato dei vari oneri operativi, (debiti fiscali previdenziali ecc.), dalla quale discende che debba escludersi un effettivo interesse del COGNOME a celare o distruggere le scritture contabili; di conseguenza, l’imputato non avrebbe avuto alcun interesse a celare o distruggere la documentazione contabile, dal momento che la stessa veniva versata e pubblicata, sotto forma di bilancio di esercizio.
La difesa ha anche evidenziato che la società, come risulta dalla sentenza di primo grado, ha operato sino al 2011, segno questo che la stessa non fungeva da mera cartiera, nata cioè al solo fine dell’elusione dei debiti fiscali e previdenziali
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’alt, 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’erronea applicazione della legge penale in ordine alla configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta documentale, in luogo del reato di bancarotta semplice di cui all’ art. 217 I.fall.
In particolare, la difesa ha dedotto l’assoluto difetto di motivazione in ordine alla possibile qualificazione del fatto, così come richiesto nei motivi di appello, come ipotesi di bancarotta documentale semplice.
Sul punto il ricorrente ha osservato che la condotta contestata all’imputato parrebbe andrebbe più correttamente valutata alla luce di atteggiamento di negligenza con la conseguente configurabilità del delitto di cui all’art. 217 I. fai!, il quale però si sarebbe prescritto prima della pronuncia della sentenza di appello.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per l’annullamento della sentenza senza rinvio.
CONSIDERATO IN DIRMO
LH ricorso è infondato.
2.Va preliminarmente evidenziato che con la sentenza rescindente, la Corte di Cassazione ha rilevato che la sentenza annullata non aveva offerto una prova adeguata quanto al dolo della bancarotta documentale specifica, rappresentando i giudici di merito che il ricorrente aveva utilizzato società “veicolo” (RAGIONE_SOCIALE, la prima costituíta dalla figlia e amministrata dalla moglie, la seconda avente come amministratore unico il ricorrente) presso le quali far transitare i lavoratori extracomunitari della società fallita “RAGIONE_SOCIALE“, per sottrarsi al versamento degli oneri previdenziali e tributari. Non era, però stata adeguatamente supportata la motivazione circa l’effettiva esistenza di tale meccanismo di transito soprattutto perché non si dava un riscontro specífico in ordine al numero dei dipendenti transitati presso le due società e al momento temporale. La sentenza rescindente ha anche evidenziato che i giudici di merito avevano desunto la sussistenza del dolo specifico da una ipotesi formulata dal curatore, il quale aveva ritenuto non del tutto infondata l’ipotesi che le società presso cui venivano veicolati i lavorativi fossero medesimo soggetto economico facente capo al ricorrente, concludendo la sentenza rescindente che da ciò non poteva trarsi una adeguata motivazione in ordine alla prova del dolo specifico.
Tanto premesso va affermato che la sentenza impugnata ha confermato la pronuncia di condanna, con motivazione puntuale ed esaustiva, specificamente argomentando in ordine alle indicazioni della sentenza rescindente, rendendo ragione della sussistenza del dolo specifico della fattíspecie delittuosa in questione, ed escludendo la configurabilità della fattispecie di cuí all’art. 217 I fall.
Con il provvedimento censurato la Corte di appello, posto che la Corte di cassazione non aveva censurato il sopra descritto meccanismo (transito lavoratori presso altre società riconducibili all’imputato al fine non pagare gli oneri previdenziali), ma lo aveva censurato con riferimento alla inidoneità sufficiente esprimere il dolo specifico della sottrazione o distruzione della documentazione contabile, ha evidenziato, a tal fine una pluralità di elementi; in particolare ha rappresentato che dalla informativa della GDF del 2016 è risultato che una parte dei dipendenti era transitato dalla società fallita alla RAGIONE_SOCIALE, indicando al riguardo specificamente otto lavoratori, pur affermando il transito di ulteriori lavoratori; la riconducibilità all’imputato della RAGIONE_SOCIALE; nonché la sussistenza dei debíti previdenziali verso lo Stato già nel periodo in cui
COGNOME era amministratore della società fallita e, ancora, RAGIONE_SOCIALE l’omessa consegna delle scritture contabili da parte dell’imputato al nuovo amministratore, pur gravando su di lui l’onere della consegna.
In relazione a tale profilo va infatti rilevato che in tema di bancarotta fraudolenta documentale, è onere dell’amministratore cessato, nei confronti del quale sia provata la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo in cui rivestiva l’incarico, dimostrare l’avvenuta consegna delle scritture contabili al nuovo amministratore subentrante. (Sez. 5, n. 55740 del 25/09/2017, COGNOME e altro., Rv. 271839 – 01)
Ciò posto, deve affermarsi che la sentenza impugnata ha specificamente adempiuto all’onere motivazionale di indicare i lavoratori della società fallita, transitati presso la RAGIONE_SOCIALE, in tal modo dando concretezza all’affermazione del curatore fallimentare che nella sentenza rescindente veniva indicata come ipotesi non supportata.
Integrata sul punto la motivazione, la sentenza impugnata ha dunque dato conto della circostanza che la mancata consegna delle scritture contabili ha consentito di non rendere recuperabili i crediti previdenziali (ammessi al passivo per un importo pari a 664.399,96 euro) per effetto del transito dei lavoratori dalla fallita alle società comunque riconducibili all’imputato. Ed ha altresì evidenziato che il deposito del bilancio per l’esercizio 2009 non toglie che le altre scritture dovevano essere consegnate al nuovo legale rappresentante.
In conclusione, deve rilevarsi che la sentenza impugnata, nel ritenere raggiunta la prova della bancarotta fraudolenta documentale specifica, ha dato corretta attuazione ai principi affermati dalla giurisprudenza secondo cui «remesso che l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto al fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri · contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organ(cfr. Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650), deve annotarsi che integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr. Sez.,
n. 18320 del 07/11/2019 Ud. (dep. 16/06/2020), COGNOME, Rv. 279179 – 01); e tale scopo ben può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda, dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificítà l’elemento soggettivo (cfr. motivazione della sentenza COGNOME, cit., in cui si impernia la ricostruzione dell’elemento soggettivo del dolo specifico sull’ “attitudine del dato ad evidenziare la finalizzazione del successivo comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali […i (in motivazione, Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023 Rv. 284304 – 01).
Ciò vale anche nel caso di omessa tenuta parziale delle scritture contabili che può dunque essere rícondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216 comma primo, n. 2, legge fall, occorrendo , come nella fattispecie, che la condotta omissiva sia sorretta (al pari delle altre ipotesi di sottrazione distruzione e falsificazione) da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella – analoga sotto il profilo materiale – di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5 Sentenza n. 42546 del 07/11/2024 Ud. (dep. 20/11/2024 ) Rv. 287175 – OSez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179).
La sentenza impugnata, alla luce della complessiva ricostruzione della vicenda, è giunta ad affermare la sussistenza in capo al rícorrente del dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta documentale e a escludere la configurabilità della bancarotta semplice, di cui all’art. 217 I. fall., evidenziando l’assenza di un atteggiamento di semplice negligenza in capo al ricorrente, così dando corretta applicazione ai riportati principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, rigettato. Consegue alla pronuncia di rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2025.