Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 795 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 795 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/09/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a PIETRAMONTECORVINO il 21/08/1951 COGNOME nato a TORINO il 26/06/1972
avverso la sentenza del 13/10/2022 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta presentata – ex art. 2:3, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 -dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto per entrambi i ricorrenti l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta documentale; e di dichiarare inammissibili i ricorsi nel resto;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 13 ottobre 2022 la Corte di appello di Torino, all’esito del gravame interposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME in parziale riforma della pronuncia in data 18 novembre 2021, riconosciute a entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, ha rideterminato in due anni di reclusione la pena a ciascuno irrogata ha eliminato la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici e ha confermato nel resto la prima decisione che ne aveva affermato la responsabilità per i delitti di bancarot fraudolenta patrimoniale e documentale, con l’aggravante della commissione di più fatti di bancarotta.
Avverso la sentenza di secondo grado il difensore degli imputati ha proposto ricorso per cassazione, con separato atto, per i motivi di seguito esposti (nei limiti di cui all’art comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). 2.1. Nell’interesse di NOME COGNOME ha formulato quattro motivi. 2.1.1. Con il primo motivo è stata prospettata la violazione di norme processuali poste a pena di nullità, in particolare dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., in quanto – a front mutamento della composizione del Collegio – il Tribunale ha disatteso la richiesta d rinnovazione dell’esame dei testi COGNOME e COGNOME (avanzata dalla difesa all’udienza del 21 ottobre 2021), sussistendo evidenti motivi – negati dallo stesso Giudice, che non avrebbe applicato i princìpi posti da Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 02 – pe saggiarne l’attendibilità; la Corte di merito – a fronte della relativa censura, mossa con i mo aggiunti – nulla avrebbe argomentato. Inoltre, la fondatezza della prospettazione difensiva s trarrebbe dal nuovo testo dell’art. 495 cod. proc. pen., come novellato dal d. Igs. 10 ottob 2022, n. 150 (il cui comma 4 -ter prevede che, «se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l’esame delle persone che hanno già res dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso, la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze»): difatti, nonostante il d. Igs. 150 cit. non fosse in vigore nel cors giudizi di merito e l’art. 93-bis di esso ne abbia escluso l’applicazione alle dichiarazioni prima del 10 gennaio 2023, in ogni caso il disposto della legge che ha delegato al Governo l’emanazione della detta disciplina (cfr. art. 1, n. 11, I ett. d), legge 27 settembre 202 134) era già in vigore e costituirebbe una norma di interpretazione autentica dell’art. 52 comma 2, cod. proc. pen., che avrebbe dovuto condurre già il Tribunale a non fare applicazione della richiamata sentenza delle Sezioni Unite, tenendo conto dell’intenzione del legislatore. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1.2. Con il secondo motivo sono stati dedotti la violazione dell’art. 603, comma 5, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in relazione alla mancata rinnovazione dell’istruttoria, la Corte territoriale non avrebbe disposto, nonostante i puntuali rilievi critici r all’attendibilità dei testi COGNOME e COGNOMEsulle cui dichiarazioni si fonda l’affermazi responsabilità), senza argomentare né in sentenza né con separata ordinanza (cfr. verbale del
13 ottobre 2022); inoltre, la motivazione (che ha ritenuto credibili i due testi menzionati teste COGNOME) avrebbe ritenuto inattendibile la deposizione della teste COGNOME, perché generica e confusa (dato smentito dagli atti) senza che sia mai stato affrontato dai Giudici merito l’insanabile contrasto tra quanto da quest’ultima rassegnato e le deposizioni a carico.
2.1.3. Con il terzo motivo sono stati prospettati la violazione degli artt. 223 legge fa 2932 cod. civ. e il vizio di motivazione, rassegnando che – alla luce della giurisprudenza legittimità – non può affermarsi la responsabilità per bancarotta fraudolenta distratt dell’amministratore formale mera testa di legno solo in ragione del mancato reperimento dei beni della fallita in mancanza di adeguata giustificazione: difatti, la c:onsapevole accettazi del ruolo di amministratore apparente non implicherebbe necessariamente la consapevolezza dei disegni criminosi dell’amministratore di fatto; e, anche con riguardo alla bancarot documentale, la responsabilità dovrebbe essere esclusa quando la concreta gestione da parte dell’amministratore di fatto dimostri che l’amministrazione di diritto ha svolto solo un r nominale. Pertanto, nel caso di specie, la motivazione sarebbe viziata, in quanto o la COGNOME h avuto l’esercizio effettivo delle funzioni proprie della carica formale ricoperta e, dun sarebbe «incongrua» l’attribuzione al COGNOME del ruolo di amministratore di fatto; oppur ella era una mera prestanome e la sua responsabilità non potrà discendere presuntivamente dalla sua posizione, occorrendo la prova positiva del prescritto elemento soggettivo.
2.1.4. Con il quarto motivo, in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta documentale sono stati addotti la violazione dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e il vizio di motiv in ordine alla sussistenza del dolo specifico. Invero, la contestazione è stata elevata in relazi al libro giornale (dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2009) e al libro degli inventari (dal gennaio 2007 al fallimento); soltanto le condotte di sottrazione, distruzione o irregolare tenu del libro giornale (e non del libro degli inventari) sarebbero idonee a garantire un ingiu profitto derivante dalle condotte distrattive; nel caso di specie non sarebbe dato comprendere come la sottrazione del libro giornale per le annualità 2008 e 2009 potesse essere assistita da dolo di assicurarsi un ingiusto profitto derivante da condotte distrattive che sarebbero st realizzate due anni dopo; la Corte di appello (a fronte del silenzio del Tribunale sul punto) avrebbe argomentato sulle specifiche censure mosse con il gravame.
2.2. Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati articolati quattro motivi.
2.2.1. Il primo motivo ha sollevato le medesime censure prospettate con il primo motivo della Pinto.
2.2.2. Il secondo motivo ha addotto le medesime censure oggetto del secondo motivo della Pinto.
2.2.3. Con il terzo motivo sono stati prospettati la violazione degli artt. 223 legge fa 2932 cod. civ. e il vizio di motivazione in relazione alla qualità di amministratore di dell’imputato, rassegnando che: la Corte distrettuale non avrebbe fatto corretta applicazione dei princìpi elaborati dalla giurisprudenza ed avrebbe attribuito al COGNOME la detta qualità forza di una motivazione al più atta a qualificarlo socio di fatto e che, invece, sarebbe caren in ordine al suo inserimento organico, con funzioni direttive, nell’attività dell’ente (avendo
riferimento al suo ruolo di fiduciante delle quote societarie, alla sua partecipazione all’inven fallimentare e al suo essere genericamente informato in tale epoca delle vicende societarie più dell’amministratore di diritto, alla sua frequente presenza in azienda, al fatto accompagnasse in banca l’amministratore di diritto, peraltro unitamente alla teste COGNOME).
2.2.4. Il quarto motivo ha proposto le medesime censure oggetto del quarto motivo della Pinto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il quarto motivo di entrambi i ricorsi è fondato, nei termini di seguito chiariti; le rima censure sono inammissibili.
Il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse della COGNOME e il primo mot presentato nell’interesse del COGNOME, che vanno esaminati congiuntamente, sono manifestamente infondati e generici.
Anzitutto, non vi è dubbio che nel caso in esame venga in rilievo il disposto del codice d rito anteriore al d. Igs. n. 150/2022. Infatti, entrambi i giudizi di merito si sono svolt (dell’emanazione e) dell’entrata in vigore della novella, in data 30 dicembre 2022 (ai sens dell’art. 99-bis dello stesso d. Igs. n. 150, inserito dall’art. 6 decreto-legge 31 ottobre 2022, 162, conv. con modif. dalla legge 30 dicembre 2022′ n. 199); il che consente di non immorare per osservare come sia stata posta una norma transitoria all’art. 93-bis (inserito dall’art. 5decies dl. 162 cit.) in materia di mutamento del giudice nel corso del dibattimento, a mente del quale «la disposizione di cui all’articolo 495, comma 4-ter, del codice di procedura penale, come introdotta dal presente decreto, non si applica quando è chiesta la rinnovazione dell’esame di una persona che ha reso le precedenti dichiarazioni in data anteriore al 10 gennaio 2023».
Né potrebbe venire in rilievo in senso contrario, il disposto della legge delega ( particolare, dell’art. 1, comma 11, lett. d), legge 27 settembre 202:1, n. 134, così dispon «prevedere che, nell’ipotesi di mutamento del giudice o di uno o più componenti del collegio, il giudice disponga, a richiesta di parte, la riassunzione della prova dichiarativa già assunt stabilire che, quando la prova dichiarativa è stata verbalizzata tramite videoregistrazione, n dibattimento svolto innanzi al giudice diverso o al collegio diversamente composto, nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, giudice disponga la riassunzione della prova solo quando lo ritenga liecessario sulla base di specifiche esigenze»), che ad avviso della difesa costituirebbe una norma di interpretazione autentica dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., che avrebbe dovuto condurre a non fare applicazione dei princìpi posti da Sez. U, n. 41736/2019, COGNOME, cit.; sul punto è diriment considerare che la delega, volta per l’appunto a modificare (come poi disposto con il decreto delegato) la disciplina precedente non intendeva affatto interpretarla. Tanto più che pure a proposito delle norme delegate già emanate e non ancora vigenti questa Corte aveva rilevato che «è il legislatore che ha statuito un differimento temporale dell’entrata in vigore» del decre
in forza «di una norma che il giudice non può di certo disapplicare» (Sez. 5, n. 45104 del 04/11/2022, COGNOME n.m.; Sez. 5, n. 32289 del 20/04/2023, COGNOME, n.m.), applicando invece la norma la cui efficacia precettiva è stata per l’appunto differita.
Ne deriva che, nella specie, è senz’altro operante il principio secondo cui «l’intervenut mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia pro nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui a artt. 190 e 495 cod. proc. pen. anche con riguardo alla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa» (Sez. U, n. 41736/2019, cit.); e il ricorso ha mosso censure del tutto generiche al diniego della rinnovazione delle testimonianze, limitandosi ad assumere la necessità di saggiare l’attendibilità dei dichiaranti.
Anche il secondo motivo di ricorso della COGNOME e il secondo motivo del COGNOME vanno esaminati congiuntamente.
Essi sono inammissibili in quanto la difesa aveva chiesto la rinnovazione dell’istruttori nella sola intestazione dei motivi nuovi di appello senza argomentare al riguardo; e sono parimenti generici i motivi di ricorso. Invero, in sede di ricorso per cassazione, (non immorando sulle ipotesi di cui all’art. 606, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc., che qui non rilevano) la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale – istituto eccezionale fonda sulla presunzione che l’indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni dibattimento di primo grado, sicché il potere del giudice di disporre la rinnovazione subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Ser, U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016 COGNOME, Rv. 266820- 01; Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, COGNOME, I2v. 274337 – 01) – può essere censurata qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesim provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello ossia solo attraverso l’evidenziazione di vizi della deliberazione assunta sulla regiudicanda, della relativa motivazione, che appaiano manifestamente conseguenti alla erronea decisione di non provvedere all’integrazione della prova, d’ufficio o su richiesta delle parti processuali (Se 5, n. 32379 del 12/12/2018, COGNOME, Rv. 273577 – 01; cfr. pure Sez. 6, n. 1256 de 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258236; Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, PR., Rv. 261799 – 01). E i ricorrenti al riguardo hanno genericamente assunto la mancanza di credibilità dei testi a carico, rimandando alla deposizione della teste COGNOME in maniera del tutto priva di specificità (assumendo che «una breve rilettura» ne escluderebbe la ritenuta inattendibilità e riportando uno stringato compendio del suo contenuto), il che non costituisc una rituale critica di legittimità alla pronuncia impugnata e rende superflua ogni al considerazione.
3. Il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME è inammissibile (fermo quanto si esporrà a proposito del quarto motivo con riguardo all’elemento soggettivo del delitto di bancarott fraudolenta documentale). Le censure con esso avanzate, infatti, non si sono confrontate con la motivazione della sentenza impugnata (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01) che non ha affatto attribuito alla COGNOME il ruolo di mera testa di legno, ma ne ha indicato l’agire, posto in esse prima persona, su cui ha fondato l’affermazione della sua responsabilità (segnatamente: i prelievi ingiustificati di somme, compiuti dalla delegata COGNOME secondo le istruzioni anch dell’imputata; il rapporto cronologico tra essi e l’acquisto delle quote sociali pure da parte nonché con la stipula del contratto di affitto di azienda in favore della società riconducibi figlio NOME COGNOME), senza che ciò sia in contrasto con l’agire pure di un amministrator di fatto (per l’appunto NOME COGNOME). D’altra parte, «in tema di reati fallimentar previsione di cui all’art. 2639 cod. civ. non esclude che l’esercizio dei poteri o delle fun dell’amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l’esplicazione dell’attivit altri soggetti di diritto, i quali – in tempi successivi o anche contemporaneamente – esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione» ( n. 12912 del 06/02/2020, COGNOME, Rv. 279040 – 01).
4. Il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
Esso non si è effettivamente confrontato con la sentenza impugnata, che ha esposto gli elementi (in particolare, la deposizione del teste COGNOME che ha rappresentato di essersi relazionato con il ricorrente nello svolgere l’attività di collaborazione con l’impresa fal prelevamenti da parte della COGNOME di somme della società secondo le indicazioni ricevute anche da NOME COGNOME cui la Corte di merito ha affiancato la sua frequente presenza di azienda, la sua partecipazione all’inventario da parte del curatore, che ha riferito che egli informato delle vicende societarie più dell’amministratore di diritto NOME COGNOME nonch quanto pattuito nella scrittura privata pure da lui sottoscritta, in cui risultava non solo l’ac delle quote sociali da parte dei suoi genitori anche quali suoi fiduciari ma che conteneva anche scelte gestorie) sulla scorta dei quali ha attribuito al COGNOME un effettivo ruolo gestori un’argomentazione congrua e logica e conforme ai princìpi posti dalla giurisprudenza (cfr. Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540 – 01), non compiut:amente censurata dalla difesa.
5. Il quarto motivo di entrambi i ricorsi è fondato.
Gli imputati sono stati ritenuti responsabili: della sottrazione e della distruzione di al scritture contabili non consegnate al curatore (in particolare, i Giudici di merito han evidenziato come – finché la fallita era stata amministrata dal COGNOME – esse fossero present e regolarmente tenute); nonché dell’omessa tenuta (parziale) di esse in relazione al periodo successivo.
L’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. prevede due fattispecie alternative di bancarott fraudolenta documentale, ossia quella di sottrazione, distruzione, falsificazione, occultamento (anche nella forma dell’omessa tenuta) dei libri e delle altre scritture contabili, che richi dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il generico (cfr. Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280572 – 01; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650 – 01; Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904). Tuttavia, la bancarotta fraudolenta per sottrazione, distruzione, falsificazione, occultamento (o omessa tenuta) – pe cui è prescritto il dolo specifico – ricorre anche quando l’oggetto materiale della condotta individui soltanto in parte dei libri o delle altre scritture di cui all’art. 216, cit., come evidenza dalla lettera della stessa norma incriminatrice (cfr. art. 216, comma primo, n. 2, ci «in tutto o in parte»; cfr. Sez. 5, n. 675 del 13/10/2021 – dep. 2022, COGNOME, Rv. 282644 01). Ne discende che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che, nella specie, il prescritto elemento soggettivo sia il dolo generico, qualificando il fatto sub specie della bancarotta fraudolenta documentale cd. detta generica; e non ha argomentato compiutamente sulla sussistenza dell’elemento soggettivo.
Ne deriva l’annullamento senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale perché estinti per prescrizione, essendo decorso il 12 aprile 2023 il termine di dodici anni e sei mesi (artt. 157 e 161 cod. pen.) dal fatto (commess il 12 ottobre 2010), non constando sospensioni. Deve, di conseguenza, escludersi l’aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, I. fall.
Deve, infine, segnalarsi che il disposto annullamento non ha effetto sulla pena, irrogata già nella misura di due anni di reclusione, muovendo dal minimo edittale di tre anni e operando la riduzione massima consentita in ragione della ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti generiche: il che preclude la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo sentenza di appello per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale in ordine al quale, com esposto, i motivi di impugnazione sono inammissibili (cfr. Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016 dep. 2017, COGNOME, Rv. 268966 – 01).
P.Q.N11.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale perché estinti per prescrizione e di conseguenza esclude l’aggravante di cui all’art. 219 comma 2 n. 11. fall.
Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto. Così deciso il 28/09/2023.