Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27292 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27292 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Catanzaro il 07/09/1984
avverso la sentenza del 12/12/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore Avv. NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso depositati, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 dicembre 2024, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Paola che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale meglio descritti in rubrica, consumati quale amministratore unico della srl RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 12 novembre 2011, irrogandogli la pena, con le attenuanti generiche giudicate prevalenti alla aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, di anni due di reclusione, con le pene accessorie fallimentari della medesima durata.
1.1. La Corte d’appello, in risposta ai dedotti motivi di gravame, aveva osservato quanto segue.
Il decorso del termine di prescrizione dei reati contestati al prevenuto era rimasto sospeso per tutto il tempo intercorrente fra l’ordinanza di sospensione del processo ai sensi dell’art. 420 quater cod. proc. pen. e la ripresa del medesimo.
In tal senso militava la sentenza n. 278 del 2020 della Corte costituzionale sulla natura diacronica dell’istituto della prescrizione: pur dovendosi ricondurre il medesimo anche nell’ambito del diritto sostanziale, la sua natura anche processuale comportav a il fatto che, dalla sospensione del processo in applicazione di una norma di legge, derivasse analoga sospensione del termine di prescrizione.
In ordine al merito delle accuse, la Corte d’appello osservava quanto segue.
In riferimento alle condotte di distrazione:
-l’autovettura Porsche acquistata nel 2007 per 50.800 euro era stata riportata in contabilità fino al settembre 2011. Al PRA, tuttavia, era risultata venduta fin dal marzo 2010 (come aveva riferito il prevenuto al processo e non, prima, al curatore) senza che il corrispettivo risultasse versato;
-quanto ai beni inseriti nella fattura della ditta COGNOME, l’imputato escludeva di averne avuto la disponibilità, ma l’acquisto dei medesimi risultava appunto da tale documentazione e restava la considerazione che gli stessi non erano stati rinvenuti.
Quanto alla condotta di bancarotta documentale:
il Tribunale aveva già rilevato come non fossero state tenute alcune scritture ausiliare come il libro mastro ed i partitari e come non fossero stati consegnati gli estratti conto bancari ed i contratti d’appalto e come fossero stati irregolarmente tenut i il registro dei beni ammortizzabili (dal 2009), il libro giornale (del 2011) ed il libro degli inventari. Così da non consentire di comprendere come fossero maturati i crediti e la parziale remissione degli stessi con le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e come fosse avvenuta la cessione della Porsche;
non si era così potuto ricostruire compiutamente il movimento degli affari ed il patrimonio della società (come avevano riferito sia il curatore sia il consulente del pm);
-il dolo del reato lo si era potuto dedurre proprio dall’assenza di quelle appostazioni che avrebbero consentito di comprendere come erano avvenute le indicate operazioni;
era stato indicato in contabilità un credito vero Play 4 Fun pari ad euro 557.00 mentre era stato richiesto ed ottenuto, nel 2009, un decreto ingiuntivo per la ben minore somma di euro 247.600;
quanto al credito di euro 37.960 verso Delma, era emerso che vi erano già stati pagamenti per euro 5.600 e la Delma stessa aveva esibito copia di un atto di transazione, non presente negli atti posti a disposizione del curatore.
L’evidente e consapevole pregiudizio così determinato alle ragioni dei creditori non consentiva di diversamente qualificare la condotta dell’imputato nell’invocata ipotesi gradata della bancarotta semplice.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME articolando le proprie censure in cinque motivi.
2.1. Con il primo eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato in data anteriore alla pronuncia della Corte d’appello.
In assenza di periodi di sospensione il termine era decorso al compimento degli anni dodici e mesi sei e quindi il 18 maggio 2024, come si era già eccepito alla Corte di merito all’udienza del 26 novembre 2024.
E tuttavia la Corte aveva rigettato l’eccezione affermando che il termine era sospeso, ai sensi degli artt. 159, comma 3, e 420 quater cod. proc. pen. (norme applicabili al processo in oggetto ex art. 1, comma 1, legge n. 118/2014 anche considerando la sen tenza della Corte cost. n. 278 del 2020), dall’ordinanza di declaratoria della irreperibilità dell’imputato del 16 aprile 2015 fino all’udienza dell’11 luglio 2019 in cui, comparso l’imputato, si era ripreso il processo.
Si trattava però di opinione divergente da quella espressa dalla più recente giurisprudenza di legittimità, che indicava come la disciplina della prescrizione sia soggetta, quanto al succedersi delle norme nel tempo, ai principi fissati dall’art. 2 cod. pen.
E, nel caso di specie, doveva allora farsi applicazione della disciplina vigente all’epoca del commesso reato, il 18 novembre 2011. Quando nell’art. 159 non era stata inserita la ragione di sospensione dipendente dalla applicazione dell’art. 420 quater cod . proc. pen.
Né poteva affermarsi come aveva fatto la Corte che:
dovendosi sospendere il processo per irreperibilità dovesse anche sospendersi il termine di prescrizione del reato, posto che il secondo, diversamente dal primo, era di natura sostanziale, tali da imporre l’applicazione della norma più favorevole al reo , secondo il dettato dell’art. 2 cod. pen.;
la Corte cost., con la sentenza n. 278/2020, aveva fatto affermazioni in linea con quanto qui dedotto dalla difesa, avvertendo come l’istituto della prescrizione, avendo natura sostanziale, dovesse rispondere ai principi di legalità, come precisati nel già citato art. 2 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del delitto di bancarotta patrimoniale.
La vettura Porsche, indicata come distratta, era stata in realtà ceduta il 17 marzo 2010 come era emerso dalla visura al PRA, né poteva dedursi la sua distrazione dal fatto che non era risultato che il prezzo pattuito non fosse stato effettivamente corrisposto dal momento che, come si è detto, il bene non apparteneva alla fallita al momento della declaratoria del dissesto.
Peraltro, la distrazione del corrispettivo costituiva anche una non consentita immutazione dell’accusa. E comunque l’imputato aveva riferito che al momento della sua nomina ad amministratore, il 23 ottobre 2008, la vettura risultava essere già stata ceduta.
Quanto agli altri beni di cui si era ritenuta la distrazione -indicati nella fattura della ditta COGNOME -la si era dedotta soltanto dal fatto che l’imputato avesse negato, contraddicendo il documento, di averli acquistati.
Tuttavia, il curatore non si era mai recato presso la sede operativa della società onde verificare se gli stessi vi si trovavano, né i precedenti soci avevano riferito notizie utili al loro rinvenimento e, comunque, l’imputato aveva affermato di non avere mai gestito il pub oggetto dell’attività della fallita.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
L’affermazione che il prevenuto non avrebbe consegnato la contabilità è smentita dal curatore e dal consulente del pubblico ministero.
Il curatore, infatti, aveva potuto ricostruire lo stato patrimoniale della fallita, il suo patrimonio netto ed il volume degli affari proprio basandosi sulla documentazione contabile consegnatagli. L’unico difetto di conoscenza aveva riguardato i due credi ti della fallita relativi alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Anche il consulente del pubblico ministero aveva rilevato la sola mancata redazione del bilancio relativo all’anno 2010, circostanza che non aveva però impedito però la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Alle medesime conclusioni doveva pervenirsi per le ulteriori ipotesi di reato, ii presunto fraudolento inserimento nelle scritture di crediti verso clienti in tutto o in parte inesistenti, in particolare verso le già citate società RAGIONE_SOCIALE e Delma in rodine alle quali vi era stato solo una mancata annotazione.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta documentale.
Elemento dedotto dalla sola condotta materiale, non ravvisandosi invece ragioni per le quali il prevenuto avrebbe agito in pregiudizio dei creditori, trattandosi di bancarotta a dolo specifico.
La Corte d’appello aveva poi alternato considerazioni riconducibili sia alla bancarotta documentale specifica sia a quella generica, così non chiarendo a quale titolo soggettivo l’imputato doveva rispondere di tale reato.
2.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione della bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta semplice.
La condotta dell’imputato era consistita in un mero disordine contabile, di natura solo colposa, non potendosi ravvisare ne l’intento di recare pregiudizio ai creditori né l’impossibilità di ricostruire il patrimonio della fallita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo, speso sul preteso decorso del termine nel periodo di sospensione del processo per l’irreperibilità dell’imputato in applicazione dell’art. 420 quater cod. proc. pen., è privo di fondamento.
Come già ricordato dalla Corte d’appello, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 278 del 2020, aveva speso argomentazioni inequivoche circa la sospensione del termine di prescrizione disposta a seguito di una nuova normativa che abbia introdotto anche un’ipotesi di sospensione del processo.
In tale pronuncia -che riguardava la sospensione del termine di prescrizione a seguito della sospensione del processo a seguito della pandemia, si era, infatti affermato:
-‘ la stasi ex lege del procedimento o del processo penale determina anche, in simmetria e di norma, una parentesi nel decorso del tempo di prescrizione dei reati. Pur non potendo escludersi che vi siano, in particolare, cause di sospensione del processo che non comportano la sospensione anche del termine prescrizionale, si ha in generale che, se il processo ha una stasi, le conseguenze investono tutte le parti: la pubblica accusa, la persona offesa costituita parte civile e l’imputato. Come l’azione penale e la pretesa risarcitoria hanno un temporaneo arresto, così anche, per preservare l’equilibrio della tutela dei valori in gioco, è sospeso il termine di prescrizione del reato per l’indagato o l’imputato. ‘
-‘ ciò è coerente con il richiamato bilanciamento, che è al fondo della fissazione del termine di durata del tempo di prescrizione dei reati; bilanciamento che rischierebbe di essere alterato se «una particolare disposizione di legge», che preveda la sospensione del procedimento o del processo penale, in ipotesi, per la ragione imperiosa di una sopravvenuta calamità (quale, nell’attualità, la pandemia da COVID-19, ma similmente in precedenza eventi tellurici, disastri idrogeologici e altri), debba sempre – come ritengono i giudici rimettenti a fondamento delle loro censure di illegittimità costituzionale – lasciar scorrere il tempo di prescrizione dei reati già commessi prima della disposizione censurata e invece arrestarne il decorso solo per i reati commessi dopo, così
decurtandone soltanto per questi ultimi la durata, incongruamente quanto inutilmente per essere la prescrizione appena iniziata a decorrere. ‘
-‘s i ha, invece, che al momento della commissione del fatto il suo autore sa ex ante che, se il procedimento o il processo saranno sospesi in ragione dell’applicazione di una disposizione di legge che ciò preveda, lo sarà anche il decorso del termine di prescrizione (art. 25, secondo comma, Cost.). Rimangono in ogni caso, da una parte, la garanzia della riserva alla legge della previsione delle ipotesi di sospensione del procedimento o del processo (ex art. 111, primo comma, Cost.), dall’altra parte, quanto alla ricaduta sul decorso del tempo di prescrizione dei reati, la garanzia della loro applicabilità per l’avvenire a partire dall’entrata in vigore della norma che tale sospensione preveda (art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale); ossia una nuova causa di sospensione riconducibile alla causa generale di cui all’art. 159, primo comma, cod. pen. e quindi applicabile anche a condotte pregresse – non può decorrere da una data antecedente alla legge che la prevede. Ciò, naturalmente, in aggiunta alla garanzia della predeterminazione della durata “tabellare” della prescrizione (art. 157 cod. pen.). 2
Risulta allora evidente come la legge 28 aprile 2014 n. 67 nel prevedere, per un verso, la sospensione del processo nel caso in cui l’imputato sia irreperibile (ai sensi dell’art. 420 quater cod. proc. pen.), così garantendogli una più ampia latitudine del diritto di difesa, e, tuttavia, nel disporre, come logico contrappeso la conseguente sospensione del termine di prescrizione del reato (ai sensi dell’art. 159 cod. pen., peraltro nei limiti di un quarto del termine fissato a norma dell’art. 157 cod. pen . e quindi per un periodo di tempo anche eventualmente minore di quello effettivamente trascorso).
Termine che va ad aggiungersi al quarto già fissato dall’art. 161 cod. pen. (così Sez. 6, n. 1876 del 22/10/2020, dep. 2021, Beu, Rv. 280600 -01).
Si deve così concludere per l’infondatezza del primo motivo di ricorso , dovendosi considerare sospeso il termine di prescrizione durante la sospensione del processo nei confronti dell’imputato a cagione della sua irreperibilità.
In termini analoghi -ancora sulla sospensione del termine di prescrizione laddove il processo sia stato sospeso per legge a causa della pandemia -milita anche l’ampia motivazione sul punto della sentenza Sez. 5, n. 25222 del 14/07/2020, Lungaro, Rv. 279596 -01 (conforme Sez. 3, n. 25433 del 23/07/2020, Turra, Rv. 279866 -01).
I reati contestati al prevenuto non si erano pertanto prescritti in data antecedente alla pronuncia della sentenza d’appello e, invero, non si sono estinti neppure ad oggi.
Infatti, pur esclusa la ricorrenza della circostanza aggravante specifica del danno patrimoniale rilevante, contestata in imputazione ma non ritenuta dal Tribunale (vd a pg. 12 della sentenza di prime cure ove si riconosce la sola aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta), il termine previsto dall’art. 157 cod. pen. è pari ad anni 10 (il massimo edittale della pena prevista per i contestati delitti) e lo stesso è aumentato di un quarto,
e quindi di anni due e mesi sei, sia per l’art. 161 cod. pen. sia per l’art. 159 (in relazione all’art. 420 quater cod. proc. pen; per un totale, pertanto, di anni quindici.
Considerando che i delitti si erano consumati il 18 novembre 2011 il decorso del termine è fissato al 18 novembre 2026.
È pertanto infondato il primo motivo.
Non merita accoglimento neppure il secondo motivo, speso sulla ritenuta sussistenza della bancarotta patrimoniale.
Quanto all’autovettura Porsche resta la considerazione che al curatore non era stata consegnata nonostante risultasse, dalle scritture contabili, ancora di proprietà della società al momento del fallimento.
La circostanza poi che non al curatore ma solo nel corso del processo l’imputato abbia consentito di acclarare che la stessa era stata venduta l’anno precedente al fallimento, quando l’imputato era già l’amministratore della società (anche se lo stesso ret rodata la cessione ad un’epoca precedente, senza però fornire alcun concreto riscontro) non elimina la contestata distrazione, posto che non si era rinvenuto nelle casse della società il dovuto corrispettivo.
Si deve infatti considerare che:
quanto alla distrazione del corrispettivo piuttosto che della autovettura ed al conseguente difetto di correlazione fra l’accusa e la sentenza, che n on sussiste violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza qualora il fatto ritenuto in quest’ultima, ancorché diverso da quello contestato, sia stato prospettato dallo stesso imputato quale elemento a sua discolpa (Sez. 5, n. 50326 del 16/09/2014, Sommariva, Rv. 261420 -01);
quanto al mancato rinvenimento del prezzo pagato, che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita (nella specie il corrispettivo della vendita della vettura) può essere desunta dalla condotta dell’amministratore che ometta di indicare al curatore l’esistenza, destinazione ed ubicazione di beni aziendali (Sez. 5, n. 669 del 04/10/2021, dep. 2022, Rossi, Rv. 282643 -01) anche considerando che il prevenuto nulla aveva allegato a tal proposito (un documento bancario o altro da cui trarre l’effettivo versamento della somma: vd Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204 -01).
Quanto ai beni indicati nella fattura RAGIONE_SOCIALE, resta la considerazione che tale documento ne provava l’acquisto da parte della fallita e che nessuna traccia dei medesimi, come riferito anche dal consulente del pubblico ministero, si era rinvenuta, né l’imputato aveva consentito il reperimento degli stessi o del prezzo della loro eventuale cessione.
Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono tutti argomentati sulla ritenuta configurabilità del delitto di bancarotta documentale.
E sono tutti privi di fondamento.
Già il Tribunale, come ricorda la Corte d’appello, aveva rilevato come le scritture contabili consegnate presentassero evidenti lacune: mancavano i partitari ed il libro mastro, gli estratti conto bancari e i contratti di appalto stipulati dalla fallita; risultavano poi irregolarmente tenuti il registro dei beni ammortizzabili (dal 2009 al 2011), il libro giornale del 2011 (mancavano le scritture di chiusura) ed il libro degli inventari.
Così da concretare non solo un’omessa, seppur parziale, tenuta delle scritture ma una loro complessiva inattendibilità, visto che non si era, come già visto in relazione alle ipotesi di bancarotta patrimoniale, potuto individuare la destinazione dei beni distratti e/o del loro corrispettivo e visto che non si era potuto comprendere le ragioni per le quali i due crediti verso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (il primo dei quali di valore particolarmente ingente, superando i 500.000 euro) non residuassero almeno nella misura indicata nelle scritture.
Il Tribunale prima (pg. 4 e 5 ove si riportavano le dichiarazioni del curatore e del consulente del pubblico ministero, entrambe nel senso della complessiva inattendibilità delle scritture) e la Corte d’appello poi (pg. 9) concludevano per l’impossibilità d i ricostruire adeguatamente il patrimonio della fallita ed il movimento degli affari, determinata dalla falsità (per omissione, quantomeno in relazione alle ricordate operazioni) delle scritture stesse.
Inattendibilità certamente attribuibile all’imputato, quale amministratore della fallita, ed assistita dal richiesto dolo generico, trattandosi, come del resto si era indicato in imputazione, della seconda ipotesi fra quelle previste dall’art. 216, comma 1 n. 2 legge fall.
Se ne deduce la sussistenza, oltre che dell’elemento materiale del reato, anche dell’elemento soggettivo e, questo (ma anche la falsità delle scritture), nella forma che non consente l’invocata derubricazione della condotta nella meno grave ipotesi della bancarotta semplice documentale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, in Roma il 17 giugno 2025.