Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 797 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Canosa di Puglia il 12 maggio 1950;
avverso la sentenza del 22 dicembre 2022 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso; letta la memoria depositata il 14 novembre 2023, dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accogliniento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Ancona, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile, nella sua qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 17 luglio 2012), d
reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta fraudolenta documentale.
Ricorre per cassazione l’imputato articolando quattro motivi di censura.
Con il primo, il ricorrente deduce inosservanza di norme processuali, (in relazione all’art. 192 cod. proc. pen.) e connesso vizio di motivazione e lamenta che la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere simulata la vendita dell’immobile, in assenza di una necessaria pronuncia giudiziale e, comunque, senza valorizzare il versamento nelle casse della società del relativo prezzo e la sua regolare contabilizzazione. D’altronde, la compravendita sarebbe avvenuta circa quattro anni prima del fallimento e tanto condurrebbe logicamente ad escludere una sua preordinazione al successivo fallimento.
Con il secondo motivo, deduce vizio di motivazione e violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., in riferimento alla riconosciuta responsabilità del COGNOME per la distrazione delle autovetture di proprietà della RAGIONE_SOCIALE sia perché beni privi di alcun valore, sia perché avrebbe, comunque, indicato al curatore i luoghi dove rinvenire i veicoli.
Con il terzo motivo, si deduce vizio di motivazione e violazione di legge (in relazione all’articolo 192 cod. proc. pen.), nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale. Il ricorrente sostiene che mancherebbe il dolo specifico sia perché egli avrebbe delegato interamente la tenuta delle scritture contabili ad un consulente (al cui inadempimento sarebbero riconducibili le irregolarità contabili riscontrate), sia perché l’imputato avrebbe effettuato nel 2008 e 2009 alcuni versamenti in favore della società, che proverebbero la sua volontà di far uscire la società dallo stato di dissesto ed escluderebbero lo scopo di recare pregiudizio ai creditori.
Con il quarto, in ultimo, si censura, sempre sotto il profilo del vizio di motivazione e della violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., il rigetto dell’istanza formulata dalla difesa di derubricazione della bancarotta fraudolenta in bancarotta semplice ai sensi dei n. 3, 4 e 5 dell’art. 217 della legge fallimentare.
Il 14 novembre 2023 è stata depositata, dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, una memoria con la quale, in replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, sono state ribadite le argomentazioni offerte con il ricorso insistendo per l’accoglimento dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Oggetto della contestazione è il trasferimento dell’immobile sito in Senigallia, di proprietà della fallita, a tale NOME COGNOME al prezzo, integralmente corrisposto, di euro 150.000. Del pagamento del prezzo non si riscontra traccia nella contabilità societaria e il relativo credito è stato immotivatamente stralciato benché non risultasse mai avvenuto il pagamento.
I giudici di merito, concordemente, hanno ritenuto il contratto simulato e l’operazione distrattiva.
Il ricorrente, invece, per come si è detto, deduce: l’assenza di una pronuncia giudiziale di accertamento della natura simulata del contratto; il versamento nelle casse della società del relativo prezzo e della sua regolare contabilizzazione; la mancanza di preordinazione della condotta, asseritamente distrattiva, rispetto al successivo fallimento (dichiarato quattro anni dopo).
Le censure, per come si è detto, sono tutte infondate.
Preliminarmente, la prova della simulazione contrattuale, nel giudizio penale, non risente dei limiti di cui all’art. 1417 cod. civ. (propri del giudizio civile quindi, può essere fornita, in sede penale, stante l’autonomia dei relativi giudizi, con qualsiasi mezzo, anche mediante un complesso di indizi che rispondano ai requisiti di gravità, precisione e concordanza voluti dall’art. 192 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 3949 del 28/02/1991, Cultrera’ Rv. 186893). Ebbene, la Corte territoriale ha fondato il suo convincimento su una pluralità di elementi, tutti autonomamente significativi: il beneficiario e il tempo di emissione degli assegni con i quali l’acquirente avrebbe pagato il prezzo (tutti emessi in favore del COGNOME e non della società proprietaria dell’immobile e in tempi ben antecedenti rispetto alla data di stipula del contratto); la conservata disponibilità dell’appartamento da parte del COGNOME (che lo ha pure lodato ad un terzo senza opposizione alcuna da parte del nuovo proprietario); l’omessa contabilizzazione, contrariamente a quanto sostenuto, delle somme asseritamente corrisposte. E, in questo contesto, l’invocato versamento in conto capitale non è stato sufficiente a ripianare il procurato depauperamento.
Quanto alla dedotta assenza di preordinazione, è sufficiente rilevare che la condotta distrattiva è sanzionata a prescindere dall’eventuale dissesto, in ragione della lesione della garanzia patrimoniale causata. Cosicché, ai fini della sussistenza del reato, sotto il profilo soggettivo, non è necessaria né la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, né la volontà di causare il dissesto, ma la sola consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (cfr. Sez. U, n. 22474 del 31/03/20:16, COGNOME, Rv. 266805).
3. Ugualmente infondato è il secondo motivo.
Va premesso che la sentenza di fallimento non determina – in ordine ai beni dell’impresa – lo spossessamento, in senso civilistico, dell’imprenditore, ma solo il trasferimento della “gestione” al curatore, che diviene detentore e amministratore di quei beni nell’interesse della massa (ex multis, Cass. civ., n. :17605 del 9/2015), sicché l’imprenditore continua a conservare, in ordine a quei beni, obblighi di custodia e conservazione fino alla consegna al curatore, al momento della redazione dell’inventario (Sez. 5, n. 13528 del 08/02/2017, Rv. 269721).
È pur vero che il giudicante, nel ritenere la condotta distrattiva, non può semplicemente ignorare le indicazioni fornite dal fallito e limitarsi alla rilevazione “notarile” dell’assenza dei predetti beni nel possesso del fallito (Sez. 5, n. 19896 del 07/03/2014, Rv. 259848). Ma le informazioni che il fallito deve dare alla curatela e, conseguentemente, al giudice, al fine di consentire il rinvenimento dei beni che potrebbero essere stati potenzialmente distratti, devono essere specifiche e far sì che effettivamente avvenga il recupero di essi ovvero se ne conosca la sorte (Sez. 5 n. 17228 del 17/01/2020, Rv. 279204).
Ebbene, in concreto, in mancanza di una specifica allegazione dell’atto richiamato dal ricorrente, non è possibile valutare la specificità delle indicazioni offerte e, quindi, conseguentemente, l’eventuale vizio di motivazione della decisione impugnata.
Quanto al valore di detti beni, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare come ben può integrare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la dismissione di beni strumentali obsoleti, distaccati dal patrimonio sociale in assenza di utile o corrispettivo, trattandosi di beni la cui consistenza economica, sebbene minima, esigua o ridottissima, ben può essere idonea, comunque, a costituire una qualche garanzia per i creditori (Sez. 5 – n. 31680 del 03/06/2021, Rv. 281768).
La radicale assenza di valore, dedotta con la memoria da ultimo depositata, è circostanza rimasta allo stato di mera allegazione e, comunque, non esclude l’utilità in concreto derivante dalla disponibilità di detti beni.
Il terzo motivo, invece, è fondato, con conseguente assorbimento del quarto.
Preliminarmente, va ribadito che l’imprenditore non va esente da responsabilità per il fatto che la contabilità è stata affidata ad un soggetto fornito di specifiche cognizioni tecniche, posto che la qualifica rivestita non esime dall’obbligo di vigilare e controllare l’attività svolta dal delega (Sez. 5, n. 11931 dei 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231707), tanto più alla luce della presunzione (semplice), superabile solo con una rigorosa prova contraria,
che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impre (Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, COGNOME, Rv. 280133; Sez. 5, n. 2812 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258947).
Ciò considerato, la motivazione offerta dalla Corte, quanto al parallelo motivo di censura sollevato dalla difesa è, all’evidenza, contraddittorio. Invero, a fronte di una contestazione alternativa del reato di bancarotta fraudolenta documentale (nelle sue due forme di bancarotta generica e specifica) e a Fronte della chiara qualificazione offerta in primo grado (in termini di bancarotta generica), la Corte territoriale si limita a delineare le differenze tra le due fattispecie senza chiarire che termini debba essere qualificata la condotta assunta dall’imputato e il relativo criterio d’imputazione soggettiva.
Si impone, pertanto, l’annullamento, sotto tale specifico profilo, della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Ancona per nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 15 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presi ente