Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3445 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3445 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARDINALE NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME
PASSAFIUME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 20 ottobre 2022 dalla Corte di appello di Palermo, che ha riformato – limitatamente alla durata delle pene accessorie – la sentenza del Tribunale di Palermo, che aveva condanNOME COGNOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta e patrimoniale, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 10 agosto 2012.
L’imputato – nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società – avrebbe distratto la somma di euro 20.000,00, ricavata dalla vendita delle immobilizzazioni materiali (indicate nella situazione patrimoniale per un valore pari ad euro 121.828,86), nonché, durante la procedura fallimentare, la somma di euro 10.094,78; distrazione quest’ultima che sarebbe stata realizzata mediante l’occultamento al curatore dell’esistenza di un conto corrente intrattenuto dalla società fallita con l’istituto di credito “Unipol Banca”, sul qua l’imputato aveva continuato a operare anche dopo la sentenza di fallimento.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 216 e 217 legge fall.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame con il quale la difesa dell’imputato aveva chiesto di riqualificare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in quello di bancarotta semplice patrimoniale.
2.2. Con un secondo e un terzo motivo, esposti in maniera unitaria, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 217 legge fall.
Con particolare riferimento al reato di bancarotta fraudolenta documentale, sostiene che i giudici di merito avrebbero erroneamente dedotto la sussistenza del dolo specifico dal «modo in cui erano tenute le scritture contabili …, omettendo di valutare … se il modo in cui erano tenute le scritture contabili fosse finalizzato al specifico scopo di arrecare danni o pregiudizio ai creditori».
2.3. Con un quarto e un quinto motivo, esposti in maniera unitaria, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 62- bis cod. pen. e 219 legge fall.
Contesta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe valutato adeguatamente gli elementi di segno positivo che la difesa aveva evidenziato: la condotta processuale; la condotta dell’imputato successiva al reato; !e sue condizioni di vita. Non avrebbe, inoltre, tenuto conto del fatto che l’imputato sarebbe gravato da una sola precedente condanna, per un fatto di non particolare allarme sociale.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello, infatti, ha risposto al motivo di gravame con il quale la difesa aveva chiesto la riqualificazione della bancarotta fraudolenta patrimoniale in bancarotta patrimoniale semplice (cfr. pagine 6 e 7 della sentenza impugnata), evidenziando che le deduzioni addotte a sostegno dell’invocata riqualificazione erano generiche, non dimostrate e prive di rilievo.
La Corte territoriale, con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi logici, ha ricostruito i fatti in conformità all’ipotesi accusatoria, rispondendo ampiamente anche alle censure mosse con l’atto di impugnazione, ritenendo evidentemente “assorbite” le questioni poste dalla difesa completamente incompatibili con la ricostruzione dei fatti ritenuta fondata. Al riguardo, va ribadito che «nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non è t:enuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicché debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata» (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935).
1.2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso – che sono stati esposti in maniera unitaria – sono manifestamente infondati.
Va premesso che, nel caso in esame, sebbene fossero state contestate entrambe le forme di bancarotta fraudolenta documentale, la Corte di appello ha ritenuto integrata quella caratterizzata dal dolo generico (cfr. pagine 8 e 9 della sentenza impugnata).
Questa Corte ha chiarito che, in tali casi, «… accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’ess contestata» (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753).
La Corte di appello ha posto in rilievo che, in considerazione di tutte le anomalie contabili che erano state poste in evidenza dal curatore e dal consulente contabile della curatela, risultava evidente che l’imputato si era determiNOME a
T
tenere la condotta contestata nella piena consapevolezza che ciò avrebbe reso impossibile la ricostruzione del patrimonio e del volume di affari della società. Atteggiamento psicologico sufficiente a integrare il dolo richiesto per la fattispecie contestata e incompatibile con la riqualificazione del reato in bancarotta semplice documentale, invocata con il gravame.
Il ricorrente non si è confrontato effettivamente con le argomentazioni spese nella sentenza impugnata, rendendo così il ricorso inammissibille anche per difetto di specificità estrinseca.
1.3. Il quarto e il quinto motivo di ricorso – che sono stati esposti in maniera unitaria – sono manifestamente infondati.
Al riguardo, va rilevato che, per la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549; Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come parimenti avvenuto nel caso in esame (cfr. pagine 10 e 11 della sentenza impugnata).
Quanto all’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, legge fall., deve essere evidenziato che le circostanze evidenziate dal ricorrente sono del tutto irrilevanti, atteso che non fanno riferimento al danno patrimoniale cagioNOME.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 26 ottobre 2023.