Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29842 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29842 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AVEZZANO il 07/08/1962
avverso la sentenza del 09/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la decisione del Tribunale di Avezzano del 15.7.2021, con cui NOME COGNOME è stato condannato alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione (oltre alle pene accessorie fallimentari), in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta distrattiv (della somma di euro 932.214,97 euro), documentale (per essere stata depositata documentazione parziale relativa agli anni di attività della fallita) e bancarott impropria, in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallit 2.7.2013, avente ad oggetto la commercializzazione di autoveicoli; altre distrazioni sono state accertate con riguardo a beni strumentali della società (autoveicoli e altri beni per un valore di oltre 150.000 euro).
L’imputato è stato amministratore unico della fallita sino al 28 giugno 2012.
Avverso la decisione d’appello ricorre NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, proponendo tre motivi distinti.
2.1. La prima ragione di censura lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, quanto alla parte di condotta riferita all distrazione dei prelievi bancari utilizzati per pagare le cambiali prodotte in giudizi e relative a debiti con fornitori.
Precisamente, si denuncia la sussistenza di un vizio di travisamento della prova, per errata valorizzazione del dato relativo al possesso di 347 cambiali, emesse all’ordine dei fornitori di pezzi di ricambio e attrezzature indispensabili all’attività aziendale, ritenuto indice di fraudolenza della sua condotta.
Il ricorso denuncia l’omessa assunzione di una prova decisiva nel giudizio di appello, nonostante la puntuale richiesta contenuta nell’atto di impugnazione e nonostante la prova sarebbe stata determinante a smontare la tesi dei giudici di primo grado. Si chiedeva una consulenza al fine di incrociare le operazioni di prelevamento risultanti dagli estratti conto bancari con le date di pagamento e ritiro degli effetti cambiari presso il notaio e dimostrare, così, che esse servivano a pagare le cambiali stesse e i fornitori, proprio mediante i prelievi di danaro dai conti societari, che, dunque, non avevano carattere distrattivo.
Si eccepisce, altresì, la violazione del canone di giudizio dell’oltre ogn ragionevole dubbio, dal momento che la sentenza impugnata ricostruisce l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il delitto in esame secondo criteri di “probabilità” e verosimiglianza, illegittimi e non coerenti con gli artt. 192, 5 e 533 cod. proc. pen.
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2.2. Il secondo motivo di censura evidenzia l’illogicità manifesta della motivazione e la violazione del canone di affermazione della responsabilità in ordine all’elemento soggettivo richiesto per configurare il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Il ricorrente evidenzia la sua buona fede, nell’aver affidato la tenuta della contabilità della fallita ad un qualificato professionista esterno, sin dal 2002 evidenzia, altresì, l’insussistenza del reato, data l’osservanza degli adempimenti di deposito del bilancio per l’anno 2011 e per gli anni precedenti: dai bilanci si evince che la società ha dichiarato negli anni 2002-2011 fatturati rilevanti e in crescita, nonché utili di esercizio, mai distribuiti ai soci, prima dell’emersione del situazione di crisi e insolvenza. Si sottolinea ancora la rituale registrazione dell cambiali nella voce di bilancio “debiti verso fornitori”.
2.3. Il terzo motivo di ricorso eccepisce violazione di legge con riguardo alla dosimetria sanzionatoria e al riconoscimento dell’aggravante del danno di rilevante gravità, nonchè vizio di illogicità manifesta della motivazione, con violazione, altresì, del principio di proporzionalità della pena e contraddittoriet dell’argomentazione utilizzata a sostegno del giudizio di prevalenza delle aggravanti sulle attenuanti.
Si lamenta, in particolare, la valorizzazione della circostanza che la medesima aggravante del danno rilevante sarebbe stata riconosciuta nel parallelo processo subito dall’imputato per gli illeciti fiscali collegati alla società fallita, non sottovalutazione di alcuni indici positivi, quali il fatto che l’imputato si concretamente attivato per cancellare i protesti per importi assai rilevanti (oltre 528.000 euro) presso la Camera di commercio di L’Aquila, come provato dalle delibere di cancellazione.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso con requisitoria scritta.
Il ricorrente ha depositato memoria difensiva tramite il difensore di fiducia, in data 23.5.2025, con cui si oppone alle ragioni di inammissibilità esposte dal Procuratore Generale e ribadisce i motivi di ricorso, sottolineando ancora una volta, tra l’altro, la propria tesi, secondo cui le somme prelevate dai conti dell società erano dirette al pagamento di 347 cambiali intestate a fornitori della fallita dunque, destinate a fini non estranei all’attività di quest’ultima. I giudici di mer avrebbero dovuto disporre la perizia contabile richiesta dalla difesa per verificare i flussi bancari.
Inoltre, si eccepisce nuovamente la carenza di motivazione riguardo all’elemento soggettivo doloso del reato di bancarotta fraudolenta documentale,
visto l’affidamento della contabilità ad un professionista qualificato e il deposito d molte annualità di bilancio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Preliminarmente deve darsi atto della richiesta di rinvio dell’udienza di trattazione dinanzi al Collegio depositata dalla difesa del ricorrente, che non ha potuto essere accolta perché, per il processo, non è stata disposta la trattazione orale, sicchè esso è stato trattato senza la partecipazione in presenza delle parti.
In ogni caso, l’istanza era basata su ragioni che non avrebbero potuto trovare ingresso in questa sede, poiché non ha rilievo la circostanza che il ricorrente sia stato assistito da due difensori, uno dei quali, che si precisa avere maggiori competenze penali, è nelle more deceduto. L’imputato, infatti, rimane pur sempre assistito validamente dall’altro difensore, senza che possa assumere qualche valenza la circostanza che quest’ultimo sia un avvocato specializzato in diritto civile.
Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento e punta a ricostruire diversamente la piattaforma di prova ben valutata dai giudici di merito, con esiti tra loro coerenti in primo e secondo grado, sicchè si pone ai limiti dell’inammissibilità.
Il ricorrente contesta una parte – limitata – delle condotte di reato che gl vengono ascritte e, precisamente, soltanto la quota di condotta riferita alla bancarotta distrattiva per gli anni 2010-2012, nei quali risulta che sono stati da lui effettuati prelievi di somme di danaro direttamente dai conti correnti della fallita, in contanti o mediante assegni circolari, per il valore di 749.945,16 euro oltre che realizzati spostamenti di ulteriori somme di danaro, transitate nei conti del ricorrente, della moglie della nipote o di altre società a lui riconducibili, valori importanti (di oltre 156.000 euro, ad esempio, a favore della società RAGIONE_SOCIALE, nel solo anno 2012).
Le somme sono state sottratte o “spostate” dalle casse della società fallita senza alcuna giustificazione, come è stato accertato all’esito dei due giudizi di merito.
L’affermazione di responsabilità discende, dunque, dalla corretta applicazione degli orientamenti di legittimità secondo i quali la prova della distrazione dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, poiché la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della
garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 I. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato (sul principio, in generale, cfr. Sez. 5, n. 17228 del 17/1/2020, Costantino, Rv. 279204; Sez. 5, n. 8260 del 22/9/2015, Aucello, Rv. 267710; Sez. 5, n. 11095 del 13/2/2014, COGNOME, Rv. 263740; Sez. 5, n. 22894 del 17/4/2014, COGNOME, Rv. 255385; Sez. 5, n. 7048 del 27/11/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243295), senza che ciò interferisca col diritto al silenzio garantito all’imputato in se processual-penale (Sez. 5, n. 2732 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282652).
E nel medesimo senso, si è sostenuto che la prova della distrazione può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione al soddisfacimento delle esigenze della società dei beni risultanti dagli ultimi documenti attendibili, anche risalenti nel tempo, redatti prima di interrompere l’esatto adempimento degli obblighi di tenuta dei libri contabili (Sez. 5, n. 6548 del 10/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275499; vedi anche Sez. 5, n. 20879 del 23/4/2021, Montella, Rv. 281181).
Ancora di più tali considerazioni hanno valore quando la condotta distrattiva sia stata realizzata, come accaduto nel caso di specie, con sistematiche deprivazioni delle risorse dei conti correnti della fallita, a vantagg dell’amministratore, odierno imputato ricorrente, dei suoi familiari e di altr società a lui riconducibili.
2.1. Le deduzioni di carenze motivazionali, in ogni caso, sono comunque manifestamente infondate.
La Corte territoriale, infatti, ha ampiamente argomentato al riguardo (cfr. §§ 23.1.-23.3. della sentenza di appello), soprattutto evidenziando che le cambiali sulle quali molto insiste la difesa risultavano emesse per periodi precedenti al 2010, anno da cui si collocano, invece, le condotte distrattive; nonché mettendo in risalto il dato – rilevante, in coerenza con la giurisprudenza appena richiamata – che non vi è prova che le cambiali siano riconducibili a ragioni creditorie vantate nei confronti della fallita, tanto più in considerazione dell’elemento indicativo d fraudolenza rappresentato dal fatto che tutte riportavano la medesima ditta quale beneficiario/prenditore e del contesto complessivo del reato.
Si tratta di un contesto di tale chiarezza che il ricorrente neppure prova a difendersi dall’accusa di aver distratto, comunque, un’ulteriore e consistente parte di risorse della fallita a vantaggio della società RAGIONE_SOCIALE creata proprio nel 201 in cui è confluita l’attività e che è risultata riferibile alla sua famiglia
un’ulteriore compagine societaria (la RAGIONE_SOCIALE) facente capo al figlio e al nipote dell’imputato.
Dinanzi a tale quadro solido di accertamento, l’obiezione rivolta alla violazione del canone di affermazione della responsabilità utilizzato, che si assume basato su criteri di verosimiglianza e non sull’oltre ogni ragionevole dubbio, scolora in un’apodittica rimostranza.
2.2. Altrettanto manifestamente infondata è l’eccezione riferita alla mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dall’invocata perizia sulle cambiali, che avrebbe dovuto dimostrare la tesi difensiva della destinazione dei prelievi al pagamento di debiti della fallita con i fornitori. Essa si rivela, in ultima analisi tentativo di rivalutare gli elementi di fatto emersi all’esito del processo di merit non consentito in sede di legittimità in mancanza di manifeste illogicità della sentenza impugnata (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Del resto, la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’artico citato, attraverso il richiamo all’art. 495, comma 2, cod.proc.pen., si riferisc esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (così Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A, Rv. 270936; nonché Sez. 4, n. 9455 del 09/01/2025, COGNOME, Rv. 287704).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché inedito, proposto per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, nel tentativo di rimettere in discussione la sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale mediante la critica all’elemento soggettivo doloso, che non sarebbe stato adeguatamente esplorato.
Se si riconoscesse la possibilità di estendere il sindacato della Corte di cassazione anche a vizi della motivazione non dedotti in appello, invero, il giudice di legittimità sarebbe anche indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice di merito di secondo grado; dall’altro canto, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza impugnata, avuto riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi fattuali che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale, ma siano stati richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione (cfr. Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in
motivazione; nonché Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368).
Sintetizzando all’essenziale, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perchè non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, COGNOME, Rv. 255577).
In ogni caso, la sentenza impugnata ha ragionato in termini di dolo specifico, che rappresenta il coefficiente necessario per integrare il delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica, appunto, da omessa parziale tenuta della contabilità in un determinato periodo temporale, collegando la volontà delittuosa alle plurime condotte di bancarotta patrimoniale o distrattiva accertate nei confronti del ricorrente.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Il trattamento sanzionatorio, che comprende l’aggravante del danno di rilevante gravità e il giudizio di bilanciamento delle circostanze di segno opposto, al centro delle obiezioni del ricorrente, è stato adeguatamente giustificato dalla Corte di appello.
Risulta, invece, generico il richiamo del ricorso, oltre che al giudizio d bilanciamento che si invoca più favorevole, ad un diverso procedimento per “evasione fiscale” con sequestro e confisca del patrimonio dell’imputato, in cui sarebbe confluito il disvalore racchiuso nell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità.
Se il ricorso invoca una sorta di ne bis in idem manca qualsiasi elemento documentale che possa avvalorare la tesi difensiva, che, peraltro, è esposta in modo non chiaro, tanto da rendere di incerta intellegibilità anche il contenuto delle censure rivolt alla configurabilità di tale circostanza, sulla quale, in ogni caso, la sentenza impugnata ha reso idonea motivazione, che tiene conto del fatto che l’entità del passivo equivale quasi alle cifre delle quali si contesta la distrazione all’imputato.
Si rileva, infine, che nei motivi di appello non era stata dedotta alcuna critica al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in un fugace e generico passaggio pure contestato dal terzo motivo di ricorso, che, per entrambi tali profili, si rivela inammissibile.
Alla luce di quanto sino a qui argomentato, il ricorso deve essere complessivamente rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 03/06/2025.