LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta: danno grave e onere prova

Un amministratore di fatto viene condannato per bancarotta fraudolenta. La Cassazione, con sentenza 1210/2024, dichiara inammissibile il suo ricorso, confermando che per valutare l’aggravante del danno di rilevante gravità non basta guardare al valore assoluto dei beni distratti, ma occorre un’analisi concreta del pregiudizio patrimoniale subito dai creditori rispetto alla massa attiva disponibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: la Valutazione del Danno di Rilevante Gravità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1210 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto penale fallimentare: la bancarotta fraudolenta e i criteri per la valutazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità. La decisione offre importanti chiarimenti sulla responsabilità dell’amministratore di fatto e sulle modalità con cui i giudici devono accertare l’effettiva incidenza delle condotte illecite sul patrimonio destinato ai creditori.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda l’amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata, dichiarato fallito. L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. La vicenda processuale si era rivelata complessa: una prima sentenza della Corte di Cassazione aveva annullato la decisione d’appello, ma limitatamente alla sussistenza dell’aggravante del danno di rilevante gravità. Secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale aveva erroneamente basato la sua valutazione solo sull’importo delle distrazioni, senza verificare l’effettiva diminuzione patrimoniale subita dai creditori.

Il processo tornava quindi alla Corte d’Appello, che, in sede di rinvio, confermava l’aggravante. I giudici avevano quantificato le distrazioni in oltre 300.000 euro, a fronte di un attivo fallimentare di soli 1.800 euro e un passivo di oltre 480.000 euro. Secondo la Corte, l’impatto sul patrimonio era di “auto-evidenza”: senza le condotte distrattive, i creditori privilegiati sarebbero stati interamente pagati e quelli chirografari avrebbero ricevuto una parte significativa del loro credito. L’imputato proponeva un nuovo ricorso per cassazione, contestando sia l’attribuzione a lui di tutte le distrazioni sia il metodo di valutazione del danno.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e la sussistenza dell’aggravante. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali: la responsabilità dell’amministratore di fatto e la corretta applicazione dei principi per la valutazione del danno.

Le motivazioni

In primo luogo, la Corte ha respinto la censura relativa all’attribuzione delle responsabilità. I giudici hanno sottolineato come il ruolo dell’imputato quale amministratore di fatto e ideatore del sistema fraudolento fosse già stato accertato con sentenza passata in giudicato. Pertanto, tale punto non poteva essere nuovamente messo in discussione. La sua posizione di “ruolo centrale” giustificava l’imputazione di tutte le perdite derivanti dalle operazioni distrattive, incluse quelle materialmente poste in essere da altri coimputati.

In secondo luogo, e questo è il punto di maggiore interesse giuridico, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione del danno operata dalla Corte d’Appello in sede di rinvio. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito non si erano limitati a un’affermazione apodittica di “auto-evidenza”. Al contrario, avevano seguito scrupolosamente le indicazioni della precedente sentenza di annullamento, compiendo una valutazione comparativa. Hanno messo a confronto l’ammontare delle distrazioni con la massa attiva effettivamente disponibile per i creditori. L’enorme sproporzione tra le due cifre (oltre 300.000 euro sottratti a fronte di meno di 2.000 euro rimasti) ha dimostrato in modo inequivocabile che la condotta illecita aveva cagionato un danno patrimoniale di speciale gravità, azzerando quasi completamente le possibilità di soddisfacimento per i creditori.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per integrare l’aggravante del danno di rilevante gravità nella bancarotta fraudolenta, non è sufficiente considerare il valore nominale dei beni distratti. È necessario un giudizio concreto e comparativo che valuti l’impatto di tali condotte sulla massa attiva, ovvero sulle risorse che sarebbero state disponibili per i creditori in assenza del reato. La decisione conferma inoltre che l’amministratore di fatto, quale dominus della gestione societaria, risponde di tutte le conseguenze dannose derivanti dal piano criminoso da lui ideato e gestito. Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili le altre censure, inclusa quella sul bilanciamento delle circostanze, ritenendole generiche e non adeguatamente formulate.

Come si valuta l’aggravante del danno di rilevante gravità nella bancarotta fraudolenta?
La valutazione non deve basarsi sul valore assoluto dei beni distratti, ma sulla diminuzione patrimoniale concreta causata ai creditori. Si effettua un confronto tra l’ammontare delle distrazioni e la massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto se non si fossero verificati gli illeciti.

L’amministratore di fatto risponde anche delle azioni materialmente compiute da altri?
Sì, se viene accertato che egli ha ideato, organizzato e gestito il sistema fraudolento. In tal caso, la sua posizione di “ruolo centrale” lo rende responsabile di tutte le perdite derivanti dalle condotte illecite, anche se poste in essere da altri soggetti.

Cosa significa che un punto della sentenza è coperto da “giudicato”?
Significa che quella specifica statuizione è diventata definitiva e non può più essere oggetto di discussione o impugnazione nelle fasi successive del processo. Nel caso specifico, il ruolo dell’imputato come amministratore di fatto era una circostanza già accertata in via definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati