Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43682 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43682 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a CASTELNOVO DI SOTTO il 30/05/1954 NOME nata a TORTONA il 26/10/1957
avverso la SENTENZA del 18/03/2024 della CORTE APPELLO TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha confermato la decisione del Tribunale di Alessandria, che ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli dei fatti distrattivi a loro ascritti in concorso, il primo quale amministr di fatto, la seconda quale amministratrice di diritto della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata con sentenza del 26 marzo 2013.
Il comune ricorso per cassazione, proposto per il tramite dell’avvocato NOME COGNOME difensore fiduciario e domiciliatario, è affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo, e denunciata erronea applicazione della disciplina del concorso di persona in relazione al reato fallimentare ascritto a COGNOME, sostenendosi che la stessa sarebbe stata condannata per il solo fatto di avere assunto la carica di amministratore, senza la prov dell’elemento soggettivo.
2.2. Con il secondo motivo, è denunciata erronea applicazione della legge fallimentare in relazione al principio “in dubio pro reo” codificato dall’art. 533 cod. pen., prospettandosi una errata interpretazione della condotta gestoria del Delia, che sarebbe stato del tutto privo de volontà di giungere alla apertura della procedura fallimentare, anzi, convinto della bontà del operazioni messe in atto. In particolare, si sostiene, in relazione alle cessioni di immobili da della società, che essi fossero stati acquistati dal COGNOME con l’intento di rendere la societ appetibile nel mercato; inoltre, si deduce che, per i due immobili di Volpedo, la società ave incassato una cifra esattamente corrispondente all’esborso sostenuto per l’acquisto; quanto all’immobile in Villasimius, con l’acquisto, il ricorrente avrebbe alleggerito l’esposizione ban della società che aveva contratto un mutuo, di cui si è liberata. Rappresenta che, per evitare conflitto di interessi, al momento in cui si era deciso ad acquistare gli immobili della soc aveva chiesto alla moglie di assumere la formale rappresentanza della società. Contesta le valutazioni della Corte territoriale in merito alla veridicità dei verbali assembleari con c stata deliberata la redistribuzione degli utili, altresì, rappresentando che gli emolum distribuiti alla COGNOME corrispondono alla retribuzione media dei dirigenti aziendali, e, qui risultano del tutto congrui e coerenti con la posizione formale dell’imputata nella strut societaria.
2.3. Con il terzo motivo, sono denunciati vizi della motivazione circa l’accertamento dell’element oggettivo e di quello soggettivo in capo a entrambi gli imputati. Posto che la causa del dissest deve essere individuata nelle violazioni fiscali e nel relativo accertamento riguardante la fo esposizione con il fisco, si sostiene che il Delia aveva compiuto operazioni commerciali pienamente legittime, sia nella vendita degli immobili che nell’esecuzione delle deliber assembleari di redistribuzione degli utili.
2.3.1. Quanto alla COGNOME, si denuncia la assenza di motivazione in ordine alla chiamata in correità a suo carico, non essendo stata raccolta comunque la prova dell’elemento soggettivo, ritenendola colpevole per il mero ruolo formale rivestito.
2.4. L’ultimo motivo riguarda il trattamento sanzionatorio, in specie, la determinazione del durata delle pene accessorie fallimentari, ritenuta eccessivamente penalizzante, non risultando motivata la ragione della individuazione di una durata (due anni) maggiore della pena principale (un anno e quattro mesi).
La Difesa ricorrente ha depositato note scritte con le quali, anche in replica alle conclus scritte del procuratore Generale, insiste nei motivi e conclude per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Non hanno pregio i motivi sulla affermazione di responsabilità degli imputati, con i quali denuncia il travisamento del fatto in merito alla natura distrattiva delle condotte degli impu e l’assenza di dolo, censurandosi la condanna per violazione del principio dell”a/ di là del ragionevole dubbio’.
1.1. La Corte territoriale ha dato adeguatamente conto delle ragioni della conferma della condanna e della sussistenza delle contestate distrazioni, evidenziando come esse si siano concretizzate immediatamente dopo la notizia di un accertamento fiscale legato a un imponente debito tributario. Annota anche la Corte territoriale come, a dispetto di una situazione ch all’inizio del 2011, si presentava, apparentemente, non ancora critica, in realtà il debito fi milionario era stato contratto dalla società a decorrere dal 2006, circostanza che aveva evidentemente indotto gli interessati a ritenere non fronteggiabile la crisi resa manifesta da pretese dell’Erario, e a determinarsi alla dismissione del patrimonio sociale mediante l distrazioni degli immobili, di cui la società era proprietaria, anche in rinomate località turis per le quali ha percepito importi di gran lunga sottostimati rispetto al valore reale, conseguente danno del ceto creditizio.
1.2. Allo stesso modo, è stata illustrata la ragione per la quale è stata ritenuta distrattiva a l’operazione di acquisto, da parte della fallita, dell’immobile sito in Volpedo, di proprietà famiglia COGNOME, fino a quel momento detenuta dalla società in comodato gratuito, al prezzo di euro 235.000, atteso che detto immobile fu poi venduto dalla curatela fallimentare alla minore somma di euro 44.000, in tal modo essendosi privata la società di una consistente voce di liquidità in cambio di un immobile dalla cui vendita si è ricavata una somma decisamente inferiore. Anche in relazione a tale immobile, la sentenza impugnata ha reso una motivazione del tutto logica nel confutare la tesi difensiva della congruità del prezzo di vendita ( pg. 4 sentenza impugnata).
1.3. La sentenza impugnata si è anche confrontata con il documento prodotto dalla Difesa a sostegno degli accreditamenti e della distribuzione di utili, con marca da bollo e timbri di not e dell’Agenzia delle Entrate recanti date – 28 settembre e 1 ottobre 2012 – in relazione al quali la Corte di appello ha, però, considerato che esse fossero prossime alla delibera di scioglimento della società, e non a quella indicata nell’atto, antecedente di quasi un anno, e ch il fallimento è intervenuto a breve distanza di tempo (marzo 2013). Anche di tali operazioni
stata, dunque, ritenuta la natura distrattiva con ragionevoli argomenti: i Giudici di merito han invero, ritenuto provato che NOME e COGNOME hanno percepito, in assenza di delibera assembleare di data certa, premi, emolumenti periodici e compensi fissi, condotte che integrano, secondo pacifico orientamento, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché non giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore (Sez. 5, n. 11405 del 12/06/2014 (dep. 2015 ) Rv. 263056, conf. Sez.. 5 n. 30105 del 05/06/2018, Rv 273767).
1.3. Quanto all’elemento soggettivo, i ricorrenti omettono di confrontarsi con la motivazion svolta sul punto dalla sentenza di primo grado – che, in situazione di doppia conforme, deve essere letta congiuntamente a quella di secondo grado ( Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218) – avendo il Tribunale individuato un decisivo indice di fraudolenza – integrante il do generico della fattispecie – nella circostanza, ammessa dallo stesso NOME, del vistoso conflitto interessi che l’aveva indotto a cedere la carica rappresentativa in favore della moglie, prima compiere le operazioni distrattive contestate. Come è noto, l’elemento soggettivo del delitto d bancarotta fraudolenta per distrazione “è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio socia una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte” (Sez. U, n. 22474 2 del 31/03/2016, Rv. 26680501).
Non hanno alcun pregio neppure le doglianze ( motivi 1 e 4) con le quali si denuncia erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen. in relazione alla posizione di COGNOME e l’assenza di prov della responsabilità dell’imputata che, a dire della Difesa, sarebbe stata condannata solo i ragione del ruolo formale assunto nel settembre 2011. Si tratta, infatti, di motivi inediti, rinvenendosi traccia nell’atto di appello ( e nella stessa sentenza impugnata) di analoga doglianza svolta con il gravame di merito, nel quale, peraltro, come si legge nella sentenza impugnata a pg. 3, si dà atto, invece, della gestione condivisa della società tra i due coniugi. descritta doglianza deve, quindi, ritenersi inammissibile, dal momento che, ai sensi dell’art. 6 co. 3 cod. proc. pen., non possono essere dedotti, con il ricorso per cassazione, violazioni legge non dedotte con l’appello.
Ritiene, dunque, in sintesi, il Collegio, che, a fronte di un congruo corredo argomentativo, c non denuncia evidenti illogicità, le critiche dei ricorrenti all’uso del materiale probato risolvono in una censura alla ricostruzione di fatto che, invece, il giudice del merito ha oper rispettando i parametri della razionalità e completezza. E’ noto, infatti, che il controllo da di questa Corte non avviene verificando se quanto affermato dal giudice di merito corrisponde al contenuto degli atti, la cui conoscenza è di regola preclusa in sede di legittimità, ma accertand se la motivazione del provvedimento impugnato risponde ai canoni fondamentali della logica; il che avviene se, nel discorso, non si rilevano contraddizioni e se lo stesso si sviluppa attraver passaggi consequenziali, compatibili con il senso comune e nei limiti di una plausibile opinabilit di apprezzamento. Il vizio logico deve risultare dal testo del provvedimento impugnato e non dal
confronto con i dati processuali, che sono esaminati ed interpretati esclusivamente nel giudizio di merito. Questa Corte, dunque, non può diversamente interpretare i dati processuali e non può neppure prendere in considerazione la diversa lettura, rispetto a quella data dal giudice di merito delle risultanze processuali proposta dalla parte ricorrente, quantunque la ricostruzione alternativa appaia plausibile e non in contrasto con le emergenze processuali, siccome esposte nel provvedimento impugnato.
3.1. Alla luce di tali canoni di giudizio, risulta evidente che i ricorrenti non hanno indicato vizio logico della motivazione della sentenza e non hanno denunciato, nelle forme dovute, alcun travisamento delle prove, ma si sono limitati ad interpretare le stesse in modo diverso da come erano state interpretate dai giudici di merito, i quali, nella sentenza impugnata, hann accuratamente indicato le fonti di prova dalle quali sono stati tratti gli elementi con i quali è ricostruita, nei diversi momenti, l’intera vicenda processuale. I passaggi della motivazion risultano logicamente concatenati tra loro e non si rileva alcun salto logico o parti de motivazione in contraddizione – tra — loro Pertanto, essendo la motivazione della sentenza, con riguardo alla ricostruzione della vicenda processuale, immune da vizi logici, il fatto deve essere assunto come accertato dai giudici di merito, senza che possa apprezzarsi l’alternativa ricostruzione della vicenda da parte dei ricorrenti, basata, invero, soprattutto, sulla tesi difensiva del Delia che la Corte di appell con valida e ineccepibile argomentazione, ritenuto smentita dalla diversa ricostruzione dei fatt a cui è pervenuta. Pertanto, risultando la sentenza coerente e logica rispetto agli elementi d prova in essa rappresentati ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, essa non si presta a censura, in quanto non manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica.
4. Manifestamente infondato è anche il motivo attinente alla durata delle pene accessorie (sospese al pari delle pene principali), fissata in due anni dal giudice di primo grado, a fronte un massimo di dieci anni. Detta quantificazione, del tutto congrua, risulta anche motivata dal giudice di primo grado con richiami alla reiterazione delle condotte – cosicchè, in assenza d elementi specifici a sostegno di una valutazione più favorevole, che non vengono spesi nemmeno nel ricorso in esame, la motivazione di congruità della Corte territoriale non è censurabile. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
5. Al rigetto dei ricorsi segue, ex lege, processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2024
Il Consigliere estensore