Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20131 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20131 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Caste! San Pietro Terme il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in data 18/10/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto del 10 luglio 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE dispose, ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., il sequestro preventivo di 1.541.602,00 euro nei confronti di NOME COGNOME, indagato per concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione ai danni della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione giudiziale (capo 6). Secondo l’ipotesi accusatoria, nel giugno 2020, COGNOME e la madre avevano ceduto il 100% delle quote della RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME e NOME COGNOME, soci formali della RAGIONE_SOCIALE e, il primo, anche presidente del consiglio di amministrazione della società dal luglio al dicembre 2021; e quale corrispettivo della cessione, COGNOME aveva ricevuto, dai conti correnti della società, 1.541.602,00 euro mediante 26 bonifici bancari, per i quali erano state indicate causali fittizie e false (indicate come acconto/saldo
31).
acquisto di marchi e brevetti) ed erano state effettuate contabilizzazioni incongrue o non corrispondenti alla realtà. Essendo COGNOME consapevole della provenienza delle somme oggetto dei bonifici, doveva configurarsi a suo carico un concorso dell’extraneus in attività distrattive, essendo gli atti dispositivi motivati da finalit estranee all’attività sociale. A fronte di un profitto del reato di bancarott quantificato in 1.541.602,00 euro, il sequestro, compiuto sia a fini impeditivi, sia in vista di confisca del profitto del delitto, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 32 cod. proc. pen., fu eseguito per la sola somma di 465.540,00 euro.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nonché la mancanza o mera apparenza della motivazione sul fumus commissí delicti, non avendo l’ordinanza approfondito i «plurimi elementi fattuali indiziari» che fonderebbero il concorso in bancarotta da parte di COGNOME, anche rispetto alla condotta da lui posta in essere. Egli, infatti, avrebbe ricevuto dei bonifici dalla RAGIONE_SOCIALE, eseguiti da o comunque per conto di COGNOME e COGNOME senza un suo coinvolgimento, non emergendo una sua consapevolezza della natura illecita dell’operazione e non avendo percepito alcun profitto ingiusto, avendo titolo a conseguire il denaro a seguito della cessione sia delle quote di RAGIONE_SOCIALE in favore di COGNOME e COGNOME, sia di marchi in favore della RAGIONE_SOCIALE Sarebbe, dunque, pacifico che i bonifici non siano stati eseguiti da COGNOME, né che vi fosse un accordo perché egli ricevesse tali somme dalla RAGIONE_SOCIALE, avendo l’indagato riferito, nel corso d& suo interrogatorio, che secondo NOME COGNOME la somma di 600.000 euro, proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE, risultava versata per conto di COGNOME e COGNOME come finanziamento soci.
Dalla documentazione raccolta sarebbe emerso come buona parte del corrispettivo d’acquisto delle quote della harding sarebbe stato pagato attingendo risorse della RAGIONE_SOCIALE ad opera dei soci che la controllavano. In particolare, dalla contabilità di RAGIONE_SOCIALE risulterebbe che questa avrebbe dapprima iscritto un debito per finanziamento verso la RAGIONE_SOCIALE per 600.000 euro e poi indicato in contropartita crediti di 360.000 euro nei confronti cli COGNOME e di 240.000 euro di COGNOME, indicati quali finanziamento. Secondo la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE si tratterebbe solo di registrazioni contabili non supportate da effettive movimentazioni bancarie da parte di COGNOME e COGNOME, senza che il Tribunale abbia compiuto alcuna inferenza sulla formale regolarità di tali operazioni e senza nulla osservare in ordine al contributo concorsuale offerto da COGNOME.
Quanto, poi, alla contabilizzazione, nella scheda «crediti per finanziamento a breve RAGIONE_SOCIALE», di uscite bancarie per complessivi 500.000 euro con la motivazione «pagamenti a COGNOME NOME, per conto di NOME COGNOME e NOME COGNOME», la conclusione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e del Tribunale del riesame secondo cui dalle suddette contabilizzazioni emergerebbe che RAGIONE_SOCIALE abbia effettuato pagamenti direttamente a COGNOME, ricorrendo a registrazioni artificiose per giustificare – solo contabilmente – le cospicue uscite, non coinvolgerebbe, ancora una volta, COGNOME nelle operazioni contabili de quibus, ben potendo gli artifici contabili essere stati compiuti per dare una parvenza di regolarità allo stesso COGNOME che aveva chiesto spiegazioni sui bonifici a lui accreditati da RAGIONE_SOCIALE, non potendo altrimenti verificarne la regolarità.
Dunque, COGNOME sarebbe stato a conoscenza del fatto che i pagamenti erano effettuati su disposizione di COGNOME e COGNOME per adempiere alle loro obbligazioni contrattuali derivanti dalla cessione delle quote di RAGIONE_SOCIALE
Né potrebbe valorizzarsi il fatto che la motivazione riportata nei bonifici fosse diversa rispetto a quelle contabili, atteso che COGNOME non aveva nessuna possibilità di inserire le causali nelle distinte di versamento dei bonifici, sicché non assumerebbe rilievo ai fini del suo contributo causale il fatto c:he i bonifici in uscita da RAGIONE_SOCIALE verso il conto dell’indagato recassero come causale generica quella di «acconto su marchi e brevetti etc.», che vincolerebbe, quanto al contenuto dell’operazione bancaria, colui che effettua il bonifico sulle ragioni del pagamento.
Quanto, poi, al fatto che i 25 bonifici riportassero tutti, come causale, l’operazione di cessione di marchi/brevetti da parte di COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE, senza alcun cenno alla cessione delle quote, si tratterebbe di una corretta modalità di finanziamento soci, dovendosi semmai poi valutare la correttezza dei protagonisti nella fase di effettiva movimentazione di risorse allo scopo.
Quanto, ancora, al fatto che benché gli accordi conclusi a giugno 2020 tra COGNOME e COGNOME nell’atto di cessione delle quote di RAGIONE_SOCIALE prevedessero una specifica rateizzazione dei pagamenti del residuo prezzo delle quote, nessuno dei pagamenti fosse stato effettuato secondo le modalità previste e alle scadenze pattuite nel contratto di cessione, tale circostanza metterebbe in risalto soltanto che COGNOME abbia subito le scelte di COGNOME e COGNOME, aspettando, in buona fede, che gli acquirenti provvedessero ai pagamenti.
Nel corso del proprio interrogatorio, COGNOME, come detto, avrebbe documentato l’esistenza di un accordo commerciale con la RAGIONE_SOCIALE, in forza del quale il primo cedeva marchi di sua proprietà alla società per euro 911.000,00. La qualificazione della fittizietà dell’operazione, diretta a celare l’uso di risorse RAGIONE_SOCIALE per onorare un debito personale di COGNOME e COGNOME, si fonderebbe su circostanze prive di riscontro, non potendo all’uopo valorizzarsi il fatto che tali
operazioni non apparirebbero registrate e annotate nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE, essendo circostanza non imputabile a COGNOME, che non poteva interferire su tali operazioni. Né rileverebbe che il contratto di cessione di marchi non abbia data certa e che esso fosse stato stipulato tra COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, a mezzo del legale rappresentante, NOME COGNOME, il quale sarebbe stato un prestanome, non essendo COGNOME consapevole del ruolo solo formale di COGNOME e avendo egli fatto affidamento sulla sottoscrizione anche di COGNOME e, soprattutto, di COGNOME che possedeva un curriculum e una caratura di grande spessore. Quanto alla mancanza di prova certa della data della scrittura privata, la documentazione prodotta dalla difesa attesterebbe che i marchi erano stati effettivamente registrati presso i competenti uffici, con relativa protocollazione, per il tramite di un affermato studio legale con sede in Milano.
COGNOME avrebbe messo in rilievo, nel corso del suo interrogatorio, come la cessione di marchi aveva avuto un iter articolato, con la stipula di un preliminare, ove si prevedevano cambiali a garanzia del pagamento del prezzo di cessione, per giungere alla stipula del contratto definitivo e la trascrizione della cessione dei marchi da parte di uno studio legale in favore di RAGIONE_SOCIALE
Dalla documentazione in atti risulterebbe pacifico l’accordo per la cessione dei marchi, con il diritto per COGNOME di ricevere dalla RAGIONE_SOCIALE la somma di 911.000,00 euro. Dunque, le cambiali, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non potrebbero ritenersi fittizie; mentre il successivo versamento, per 911.000 euro, a mezzo di bonifici bancari, sarebbe stato effettuato dagli interlocutori di COGNOME per rassicurarlo della serietà dell’operazione e non già a titolo di pagamento delle quote di RAGIONE_SOCIALE. Tanto è vero che la cessione dei marchi era stata regolarmente trascritta presso l’RAGIONE_SOCIALE e presso l’RAGIONE_SOCIALE dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), senza che il Tribunale si sia pronunciato sulla produzione difensiva.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen., circa la volontà di COGNOME di ricevere somme distratte dalla RAGIONE_SOCIALE, nonché la mancanza o mera apparenza della motivazione in ordine all’accertamento dell’elemento soggettivo del delitto contestato al capo 6), che, nella bancarotta per distrazione, consisterebbe nella consapevolezza che la condotta determini un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori. Nei provvedimenti di merito non sarebbe emerso che COGNOME fosse consapevole di ricevere somme distratte illecitamente dalla RAGIONE_SOCIALE A tali fini non potrebbe ritenersi significativo lo scambio di e-mail, richiamato nell’annotazione di polizia giudiziaria del 5 aprile 2023 tra NOME COGNOME (all’epoca CE0 del RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME, in cui il primo dichiarava di dover predisporre, a firma di COGNOME e della madre, un documento attestante
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che i pagamenti ricevuti da RAGIONE_SOCIALE erano stati effettuati per conto dei soci e quale pagamento dell’atto di cessione quote. Infatti, tale e-mail non attesterebbe alcun accordo con COGNOME per redigere il documento; e non potendo egli giustificare condotte dei gestori della contabilità della RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di vagliare che la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non avrebbe rinvenuto alcun tipo di documento, sicché non si comprenderebbe sulla base di quale elemento si possa inferire che da tale e-maií risulti la volontà di COGNOME di dare una giustificazione dei versamenti ricevuti da RAGIONE_SOCIALE
Quanto, poi, al fatto che dopo il suggerimento, a febbraio 2021, del commercialista COGNOME di chiedere spiegazioni in merito ai pagamenti ricevuti per la cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE, in realtà l’indagato – in totale buona fede – si sarebbe confrontato con il commercialista per sincerarsi della regolarità delle modalità di pagamento da parte di COGNOME e COGNOME per il tramite della RAGIONE_SOCIALE chiedendo a COGNOME le spiegazioni c:he il commercialista gli aveva suggerito.
Inoltre, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE avrebbe mal interpretato le e-mail scambiate tra COGNOME e COGNOME, in cui il primo sollecitava l’invio, da parte del secondo, della lettera a giustificazione dei pagamenti delle quote, con ciò dimostrando che COGNOME aveva chiesto più volte spiegazioni a COGNOME sulle ragioni dei versamenti da RAGIONE_SOCIALE senza essere consapevole della volontà distrattiva dei responsabili della società. Del resto, COGNOME non era tenuto a conoscere eventuali accordi tra COGNOME – COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE essendo estraneo alla compagine sociale e manageriale della società.
Da ultimo, quanto ai giroconti di parte delle somme sul conto corrente svizzero, l’ordinanza ne presumerebbe l’irregolarità, pur trattandosi di una condotta assolutamente lecita.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen., nonché la mancanza o mera apparenza della motivazione, con violazione degli artt. 125, 192 e 324 cod. proc. pen. in relazione al periculum in mora della dispersione o sottrazione dei beni e agli effetti cautelari finalizzati all confisca; motivazione che dovrebbe assistere il sequestro preventivo innpeditivo e quello anticipatorio.
L’affermazione del Tribunale secondo cui, sotto il profilo c.d. impeditivo, la disponibilità delle somme sottoposte a sequestro potrebbe aggravare le conseguenze dei reati e agevolare la commissione di nuove violazioni alla luce dell’attività di reimpiego dei proventi degli indagati, non riguarderebbe COGNOME, al quale non sarebbe stato contestato alcun reimpiego dei proventi in attività illecite. Invero, il versamento su conti svizzeri di oltre un milione di euro sarebbe lecito, avendo COGNOME aperto il conto da almeno 15 anni e considerato che se
fosse stato animato da finalità illecite avrebbe dovuto trasferire in Svizzera l’intera somma di 1.541.602,00 euro. Inoltre, i versamenti sul conto corrente acceso presso EmilBanca attesterebbero che a fronte di bonifici da RAGIONE_SOCIALE dal 9 al 10 luglio 2020 per 320.000,00 euro, egli aveva versato 500.000,00 euro alla data del 23 luglio 2020, a dimostrazione che il trasferimento non aveva riguardato il reimpiego illecito di capitali. Tanto più che COGNOME non sarebbe rimasto coinvolto nell’associazione a delinquere di cui al capo 1), né in reati di riciclaggio.
Quanto all’assunto secondo cui il perdurante mantenimento della disponibilità della somma distratta dalla fallita rappresenterebbe un’oggettiva protrazione delle conseguenze patrimoniali dannose, esso contrasterebbe con il fatto che esse sarebbero rimaste nella disponibilità di COGNOME senza essere reimpiegate, dovendo il periculum configurarsi come concreta possibilità che la libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla commissione di altri reati della stessa specie o per l’aggravamento e la prosecuzione di quello per cui si procede. Possibilità rispetto alla quale non vi sarebbe alcuna evenienza.
Quanto alla funzione cautelativa, il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen. dovrebbe contenere la motivazione delle ragioni che rendano necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo prima della definizione del giudizio. Nel caso in esame, il Tribunale individuerebbe come indicatore della necessità cautelativa la «conclamata spregiudicatezza frodante» dei protagonisti della vicenda e la loro spiccata propensione ad avvalersi di espedienti documentali fraudolenti e di fittizie scritturazioni al fine di occultare le operazioni di spoliazione patrimoniale ai danni della RAGIONE_SOCIALE. Ciò non varrebbe per COGNOME, che avrebbe sottoscritto atti di compravendita di quote con COGNOME e COGNOME e di cessione di marchi con RAGIONE_SOCIALE regolarmente trascritti e registrati; scritture private non contestate formalmente da alcuno. Né sarebbe dimostrata la derivazione dall’attività criminosa ascritta a COGNOME delle somme oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto, richiesta da un orientamento di legittimità.
Infine, il provvedimento di sequestro preventivo dovrebbe rispettare il principio di proporzionalità richiamato dalla Corte EDU nella valutazione delle ingerenze rispetto al diritto di proprietà tutelato dall’art. 1, Prot. 1, CEIDU, secondo quanto sancito dall’art. 52, paragrafo 1, della Carta di Nizza, che consente limitazioni all’esercizio dei diritti sanciti dalla Carta purché rispettino il contenuto essenzial di essi, siano necessarie e rispondano a finalità di interesse AVV_NOTAIO riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Sul punto, Tribunale avrebbe omesso di argomentare in ordine alla giustificazione di una lesione dei beni di COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
u2,)
1. Il ricorso è complessivamente inammissibile.
2. Giova premettere che il Collegio di merito, partendo dalle informative della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (in particolare la n. 112836 del 31 marzo 2023 e la n. 118883 del 5 aprile 2023) e da quanto dedotto dalla stessa difesa dell’indagato, ha ritenuto infondata la tesi difensiva secondo cui la somma bonificata dai conti della RAGIONE_SOCIALE a quello dell’indagato sarebbe stata, per 911.000 euro, il corrispettivo di una cessione di marchi da COGNOME alla società. Dopo avere premesso che la stessa difesa aveva riconosciuto che per la restante parte, pari a circa 600.000 euro, la somma era stata versata a pagamento del prezzo della cessione a COGNOME e COGNOME delle quote della RAGIONE_SOCIALE, il Collegio di merito ha sottolineato che anche per la pari:e restante doveva riconoscersi la medesima causale. Ciò in quanto tutti i bonifici in uscita dalla RAGIONE_SOCIALE verso il conto di COGNOME recavano una causale del tutto generica e non essendo stati provati rapporti commerciali del tipo indicato tra i contraenti. Inoltre, 25 bonifici (su 26) riportavano la causale della cessione di marchi/brevetti e non di quote, pur essendo assodato che circa 600.000 lauro costituissero il corrispettivo di queste ultime, a riprova della fittizietà della causale formalmente indicata; ed escludendo che i bonifici costituissero i pagamenti delle quote, si sarebbe dovuto concludere che, dal 2020 in poi, COGNOME e COGNOME non avevano pagato il corrispettivo concordato per esse. Inoltre, i bonifici della RAGIONE_SOCIALE verso il conto di COGNOME avevano avuto inizio nei primi di luglio 2020, in corrispondenza della cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE, avvenuta il 26 giugno dello stesso anno; nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE erano presenti talune registrazioni che facevano figurare il pagamento di 500.000 euro come finanziamento alla RAGIONE_SOCIALE controllante la RAGIONE_SOCIALE, mentre nell’agosto precedente la RAGIONE_SOCIALE aveva contabilizzato un debito per un maggiore finanziamento, verso la RAGIONE_SOCIALE, di 600.000 euro (riportando, in contropartita, analogo credito verso i soci COGNOME e COGNOME). Infine, a luglio e ad agosto 2020, in epoca concomitante con i bonifici della RAGIONE_SOCIALE, COGNOME aveva dirottato 1.090.000 euro su un conto corrente svizzero con causale «giramento». Quanto, poi, alla tesi della cessione di marchi e brevetti da COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non aveva riscontrato l’esistenza di nessuna prova, non risultando registrazioni o annotazioni nella contabilità della fallita e non avendo il contratto prodotto dalla difesa data certa e risultando, da esso, che il prezzo della cessione dei marchi era stato versato nel settembre 2020, benché i bonifici fossero proseguiti sino all’8 novembre 2021. Fermo restando che a ottobre 2020, la RAGIONE_SOCIALE aveva contabilizzato uscite bancarie per 500.000 euro, con motivazione «pagamento a COGNOME per conto di COGNOME e COGNOME». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inoltre, è stato ritenuto inspiegabile il versamento con bonifici dei 911.000 euro a fronte della emissione di cambiali cui aveva fatto riferimento COGNOME nell’interrogatorio del 22 settembre 2023. Né risultava documentato alcunché circa la scelta societaria di effettuare l’acquisto dei marchi, né riguardo alle relative motivazioni imprenditoriali, alle finalità perseguite e all’utilizzazione dei marchi da parte della RAGIONE_SOCIALE Inoltre, l’ultimo dei 26 bonifici indicati era privo di causale, mentre gli altri riportavano il riferimento all’acquisto di marchi e brevetti, laddove il documento contrattuale prodotto dalla difesa concerneva soltanto la cessione di marchi e non anche di brevetti.
2.2. Infondata è stata, poi, ritenuta la tesi difensiva secondo cui non sarebbe configurabile il dolo, non essendo COGNOME consapevole della distrazione dei responsabili della RAGIONE_SOCIALE, autori di una iniziativa autonoma.
Infatti, egli aveva incassato e trattenuto, per più di un anno, 26 bonifici provenienti dalla stessa RAGIONE_SOCIALE pur essendo creditore delle persone fisiche COGNOME e COGNOME ed essendovi elementi per ritenere fittizia la cessione di marchi dall’indagato alla società: uno scambio di e-mail del gennaio 2021 tra NOME COGNOME, all’epoca chief financial officer del gruppo RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, commercialista del gruppo, in cui il primo dichiarava di dover predisporre, «a firma FM + madre» (ovvero COGNOME e la madre), un documento attestante che i pagamenti ricevuti dalla RAGIONE_SOCIALE erano stati effettuati per conto dei soci a pagamento della cessione delle quote, a conferma che COGNOME stava ricevendo dalla RAGIONE_SOCIALE somme dovutegli da COGNOME e COGNOME; a febbraio 2021, il commercialista COGNOME, pur tranquillizzando COGNOME, gli aveva suggerito di chiedere spiegazioni in merito ai pagamenti per le quote della RAGIONE_SOCIALE, essendo le relative modalità anomale e COGNOME si era limitato a inviare e-mail laconiche a COGNOME, chiedendogli spiegazioni; aveva girocontato oltre un milione di euro su un conto svizzero, sottraendo al sequestro una parte cospicua delle somme.
2.3. Quanto, infine, al periculum in mora, rispetto al quale la difesa aveva dedotto che il decreto non contenesse alcuna motivazione, il Tribunale ha evidenziato come, sotto il profilo innpeditivo, la disponibilità delle risors economiche potesse aggravare le conseguenze dei reati commessi, grazie al perdurante mantenimento della disponibilità della somma distratta, e agevolare la commissione di nuovi reati, alla luce dell’incessante attività distrattiva e di reimpiego in attività illecite dei proventi dei reati svolta dagli indagati. Tanto pi che COGNOME, mentre riceveva dalla società le somme bonificate, aveva provveduto a girocontare su propri conti svizzeri oltre un milione di euro, dando inizio alla sottrazione degli illeciti introiti del delitto; e considerata la «conclama spregiudicatezza frodante» dei protagonisti della vicenda, che si erano avvalsi di
espedienti documentali e di fittizie scritturazioni al fine di occultare le operazion di spoliazione patrimoniale messe in atto a danni della RAGIONE_SOCIALE.
Tanto premesso in termini di ricostruzione della vicenda e muovendo dall’analisi del primo e del secondo motivo, con cui la difesa deduce violazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 110, 112, 322, 329, 326, 125, 192, 324 cod. proc. pen. in relazione al fumus commissi delicti e al dolo dell’indagato, le doglianze difensive devono essere disattese in quanto manifestamente infondate.
3.1. Va preliminarmente osservato che il ricorso per cassazione in materia cautelare reale è consentito soltanto per violazione di legge ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod. 4 proc. pen., rientrando in tale nozione sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; nella giurisprudenza successiva Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01). Pertanto, il tribunale del riesame, a fronte di specifiche censure mosse dal ricorrente in ordine al fumus; commissi delicti, è tenuto, nei limiti del giudizio cautelare, a fornire adeguata motivazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti con il ricorso, incorrendo, in caso contrario, nella denunciata «violazione di legge» (Sez. 2, n. 37100 del 7/07/2023, COGNOME, Rv. 285189 – 01; Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, COGNOME, Rv. 264011 – 01).
3.2. Orbene, nel caso di specie la motivazione dell’ordinanza impugnata non è affatto mancante, ma fornisce un apparato logico-argomentativo logico e coerente che dà adeguatamente conto, come più sopra evidenziato, delle emergenze investigative: dalla genericità della causale dei bonifici, all’assenza di tracce di rapporti commerciali riguardanti marchi o brevetti tra RAGIONE_SOCIALE e l’indagato; dall’assenza di bonifici a favore di COGNOME da parte di COGNOME e COGNOME a titolo di pagamento delle quote di RAGIONE_SOCIALE, alle registrazioni artificiose nella contabilità di RAGIONE_SOCIALE Pertanto, le doglianze difensive finiscono per proporre vizi del percorso logico-argomentativo suscettibili, al più di configurare semplici vizi della motivazione in materia di misure cautelari reali, che c:ome detto non sono scrutinabili in sede di legittimità (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 – 01).
Inoltre, dalla lettura dell’ordinanza non risulta affatto omessa la valutazione degli elementi a discarico introdotti dalla difesa, la cui valenza dimostrativa è stata ponderatamente ritenuta non decisiva alla luce delle complessive emergenze investigative, interpretate dai Giudici di merito alla stregua dei criteri della logic
che sovrintendono al ragionamento probatorio, sia pure entro i limiti dell’accertamento che sono propri della fase cautelare, come tale suscettibile di un differente apprezzamento al mutare della concreta piattaforma cognitiva del giudice che procede.
E infatti, quanto al concorso volontario dell’indagato nella condotta distrattiva, il Tribunale del riesame ha evidenziato plurimi elementi che, valutati logicamente, hanno ragionevolmente condotto a ritenere sussistente, quantomeno a livello indiziario, la sua consapevole partecipazione nelle operazioni distrattive, ovvero: a) i bonifici in suo favore provenivano dalla società poi fallita anche per l’acquisto delle quote della RAGIONE_SOCIALE compiuto personalmente da COGNOME e COGNOME; b) il contratto di cessione dei marchi non ha data certa e risulta concluso con il prestanome della RAGIONE_SOCIALE; c) detto contratto attestava il pagamento del prezzo dei marchi alla data della stipula, mentre il versamento con i bonifici era proseguito recando la medesima causale; d) mancava la prova di effettive movimentazioni bancarie per giustificare il finanziamento soci alla fallita, sicché esso, iscritto nella contabilità di quest’ultima, doveva ritenersi un mero artificio contabile, mentre il pagamento a mezzo cambiali dei marchi non risultava documentalmente; f) la scelta di acquistare i marchi era priva di giustificazione sotto il profilo strategico-imprenditoriale e l’acquisto di «brevetti» era privo d supporto documentale.
La condotta dell’indagato, il quale aveva ricevuto, per oltre un anno, 26 bonifici con causale (totalmente o parzialmente) diversa da quella effettiva da una società che non era sua debitrice; che si limitava a richiedere chiarimenti a COGNOME e trasferiva gli importi su un conto svizzero – impedendo, in tal modo, il sequestro dell’intero importo distratto – è apparsa ragionevolmente connotata, allo stato degli accertamenti svolti, dalla consapevolezza di concorrere a una distrazione di porzioni del patrimonio della fallita, senza che le deduzioni difensive siano parse tali da intaccare, in modo radicale, l’apparato giustificativo, giacché ai fini della sua responsabilità non è risolutiva l’affermazione che COGNOME non era stato l’artefice dell’operazione, essendo piuttosto rilevante che egli ne fosse consapevole e che, ricevendo le somme, avesse provocato il depauperamento delle risorse sociali della RAGIONE_SOCIALE
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo, con cui il ricorso deduce la violazione degli artt. 321, 125, 192 e 324 cod. proc. pen. con riguardo il periculum in mora.
Il Tribunale ha evidenziato il concreto e attuale pericolo di dispersione del denaro oggetto della distrazione a partire dall’avvenuto trasferimento, ad opera dell’indagato, di oltre un milione di euro presso un conto acceso in un istituto bancario svizzero, rendendo assai difficoltosa l’apprensione del profitto del reato.
Su tale premessa deve ritenersi che la sussistenza del periculum in mora riguardo al sequestro «impeditivo» sia stata motivata adeguatamente e che, in ogni caso, non possa affatto configurarsi, sul punto, una motivazione inesistente o apparente.
Infine, con riguardo al sequestro finalizzato alla confisca ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., il Tribunale ha correttamente ravvisato l’esigenza di anticipare l’effetto ablatorio nel concreto rischio di perdita definitiva del denaro-profitto de reato; sicché anche sotto tale profilo deve risolutamente escludersi la sussistenza di un vizio di motivazione così radicale da configurare una violazione di legge.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 12 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente )