Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14205 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BALANGERO il 22/12/1961
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr.ssa NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1.NOMECOGNOME tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, che ne ha confermato l’affermazione di responsabilità, stabilita in primo grado, in ordine ai reati di cui all’art. 216 comma 1 n. 2 comma 1 n. 1 r.d. n. 267 del 1942, commessi in qualità di socio accomandatario e
amministratore della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza il 5 dicembre 2013.
Sono stati articolati tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di stretta necessità di c 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen., tutti fondati sull’assunta sussistenza del vizio di all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen..
2.1.11 primo motivo ha denunciato carenza di motivazione della sentenza, a riguardo della ritenuta integrazione della fattispecie contestata, poiché l’istruttoria dibattimentale avr dimostrato l’avvenuta consegna della contabilità al curatore, l’evidenza in bilancio del valo delle rimanenze di magazzino, l’ammissione, da parte della curatela, della ricostruibilità d volume d’affari, l’inesistenza del dolo della bancarotta fraudolenta documentale.
2.2.11 secondo motivo ha lamentato difetto di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, poiché la fallita aveva stipulato regolare contratto di affitto d’azienda con la RAGIONE_SOCIALE che come dichiarato dall’imputato nel corso dell’esame sarebbe subentrata nella gestione dell’azienda medesima; le rimanenze sarebbero state regolarmente vendute con fattura dalla di poi fallita alla RAGIONE_SOCIALE ed il relativo valore sarebbe stato notevolmente inferiore a 90.000 euro. Infine, l’imputato avrebbe provato di aver eseguito cospicue iniezioni di denaro in società, ben superiori a quanto contestato nell’imputazione.
2.3. Il terzo motivo si è doluto di una lacuna della motivazione per quanto concerne i mancato accoglimento dell’istanza di rinnovazione parziale del dibattimento con l’acquisizione degli estratti conto bancari del 2008, 2009, 2010 della RAGIONE_SOCIALE, reperiti in una sof solo dopo l’esame da lui reso in prime cure, che avrebbero dimostrato gli afflussi di denaro i società, eseguiti con risorse proprie, a conferma delle sue dichiarazioni.
Considerato in diritto
Il ricorso, che lambisce l’inammissibilità, è nel complesso infondato.
1.Va premesso che la sentenza impugnata costituisce una ipotesi di cd. doppia conforme, sicché «ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi cr utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale» (Cass. pen., sez. II, 12.06.2019 – dep. 6.09.2019, n. 37295, rv. 27218).
1.1. Mette conto ancora ricordare che, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvano ne
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte merito, in quanto i medesimi, omettendo di assolvere la tipica funzione di una critic argomentata avverso la sentenza impugnata, devono considerarsi non specifici e, dunque, soltanto apparenti (Cass. sez.2, n.42046 del 17/7/19, Boutartour, rv.277710; sez.6, n. 20377 del 2009, rv. 243838; sez. 5, n. 28011 del 2013, rv. 255568; sez.2, n. 11951 del 2014, rv. 259425; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
1.2. D’altra parte, quando si censuri la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. e) cod. proc. pen. – come enunciato nel ricorso per cassazion disamina – occorre che tali vizi risultino dal testo del provvedimento impugnato, ovvero che i testo del provvedimento si presenti manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e comunque che il loro esame non comporti una rivisitazione nel merito delle argomentazioni illustrate dalle pronunce dei due gradi di giudizio, perché rimane esclusa, in sede di legittimi la possibilità di opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di meri diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (tra le tante, Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, NOME, Rv. 205621; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; sez. U n. 12 del 31/05/2000, )akani, Rv.216260).
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c’è, in altri termini, la poss verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legitt non può procedere ad una rinnovata analisi dei fatti, ovvero ad una rielaborazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva giudice del merito.
2. Il ricorrente non si misura, compiutamente, con la “ratio decidendi” delle sentenze di merito, che – contrariamente a quanto assunto nei primi due motivi dell’atto d’impugnazione – hanno congruamente e persuasivamente illustrato i contorni specifici dell’operazione distrattiv realizzata con la stipulazione di un contratto di affitto di azienda sostanzialmente simulato, c ha veicolato le rimanenze di magazzino sulla società locataria, di fatto amministrata (e su punto non vi è contestazione) dal medesimo ricorrente, in assenza della prova della dazione del corrispettivo, vuoi in relazione all’alienazione del compendio patrimoniale, vuoi in relazi all’obbligazione di pagamento dei canoni del fitto. E vuoto di idoneo confronto con il tessuto argomentativo delle pronunce dei duplice grado palesa anche la doglianza attinente ai profili oggettivi e soggettivi della bancarotta documentale fraudolenta per sottrazione, dal momento che, correttamente, gli elaborati in scrutinio hanno esaltato l’accertato occultamento de registro degli inventari in sintonico collegamento con il depauperamento del magazzino, ufficialmente trasferito alla COGNOME ma di ignota sorte, in pregiudizio dei creditori della fa ed invero il curatore del fallimento, come rimarcato dalla sentenza impugnata, ha evidenziato come non sia stato possibile rielaborare i dati contabili pertinenti allo stato patrimoniale pro a causa dell’intenzionale vuoto documentale addebitabile all’imputato.
In proposito, l’atto di ricorso si abbandona a note di dissenso, connotate da obiezioni prive riscontro nell’apparato espositivo delle decisioni – come quelle relative alla pretesa ostensio dell’impianto contabile, o all’adempimento delle obbligazioni del contratto di affitto dì azien e, comunque, inconsistenti, perché tratte dalle dichiarazioni autoreferenziali dell’imputato fondate su elementi formali privi di concludenza, come l’emissione di fatture per la vendita de mobili o l’annotazione, nel bilancio al 31 dicembre 2011, del valore delle rimanenze, che non valgono a neutralizzare la prova della sparizione dell’attivo patrimoniale, di cui non è sta dato conto alla curatela del fallimento. Le confutazioni mosse, in ogni caso, precipitano propri nella patologia testè descritta, perché finalizzate a richiedere una non autorizzata rivisitazi degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e divers parametri di ricostruzione e valutazione del materiale probatorio.
3.11 terzo motivo è, a sua volta, in parte aspecifico e globalmente infondato.
La rinnovazione istruttoria nel giudizio di appello è subordinata alla condizione che il giud ritenga, nell’esercizio del potere discrezionale, che i dati probatori già acquisiti presen margini apprezzabili di incertezza e che l’attività processuale richiesta rivesta carattere decisività. Alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 603 cod.proc.pen, può ricorrersi, cioè, solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere al stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquis siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia potenzialmente irrinunciabile per la capacità di eliminazione delle eventuali incertezze, ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo a inficiare risultanze ritenute fondamentali per la decisione (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 3348 13/11/2003, Rv. 227494). Sostanzialmente, il giudice dell’appello ha l’obbligo di disporre l rinnovazione del dibattimento solo quando la richiesta della parte sia riconducibile all violazione del diritto alla prova, non esercitato per inerzia colpevole, o quando la s ammissione sia stata irragionevolmente negata dal giudice di primo grado. In tutti gli altri cas la rinnovazione del dibattimento è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale è tenut a dar conto delle ragioni del rifiuto quanto meno in modo indiretto, dimostrando, in positivo, sufficiente consistenza e la assorbente condudenza delle prove già acquisite (cfr. Cass. sez. 4, n. 47095 del 02/12/2009, Rv. 245996; Sez. 2 n. 45739 del 04/11/2003, Rv 226977; conf. sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016, Faro). Si è, di conseguenza, affermato che, mentre la rinnovazione deve essere specificamente motivata, dando conto dell’uso del potere discrezionale connesso al convincimento di non potere decidere ex actis, al contrario, nell’ipotesi di rigetto dell’istanza di rinnovazione, la motivazione può essere anc implicitamente enucleata dal corredo espositivo della sentenza, che sottolinei la pregnanza degli elementi già acquisiti, ai fini della valutazione della responsabilità; l’ordinanza di r dell istanza di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale si sottrae, dunque, al sindacato legittimità, quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fondi su elementi sufficienti per una compiuta ponderazione del giudizio sulla
responsabilità (tra le molte, Cass. sez. 3 n. 47963 del 13/09/2016, Faro, cit.; sez. 6 n. 893
del 13/01/2015, COGNOME, Rv 262620; sez. 6 n. 11907 del 13/12/2013, Rv, 259893; sez. 6 n.
1249 del 26/09/2013, COGNOME, Rv. 258758; Sez. 4 n. 47095 del 02/12/2009; Sez. 5 n. 15320
del 10/12/2009, Rv. 246859).
Orbene, la Corte territoriale si è determinata correttamente, entro i confini di tali direttri ha vagliato, con apprezzamento razionale e perciò incensurabile in questa sede, la superfluità
ai fini del decidere della documentazione offerta dalla difesa con l’atto di gravame. Del resto, agevole altresì osservare che, per un verso, si tratta di evidenze cartacee che avrebbero
potuto e dovuto essere esibite al curatore del fallimento, che ha lamentato proprio la mancata consegna dell’impianto contabile, o, al più, prodotte nel corso dell’istruttoria di primo grado
che, per altro verso, l’eventualità di un apporto di risorse liquide negli anni 2008, 2009, 20
– in assenza, peraltro, di ogni specificazione a riguardo dell’impiego successivo di esse e, dunque, della rispettiva, potenziale efficacia destrutturante rispetto alla tenuta de
motivazione – non sarebbe idoneo a contrastare l’accusa di bancarotta per dissipazione o per distrazione, che ha per oggetto le rimanenze di magazzino, di cui l’imputato avrebbe dovuto
dare contezza, perché è costante principio ermeneutico, espresso da questa Corte, che si perfezioni il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione in caso di compimento qualunque operazione diretta a distaccare dal patrimonio sociale, senza immettervi il corrispettivo e senza alcun utile, beni ed altre attività, così da impedirne l’apprensione da par degli organi fallimentari e cagionare un depauperamento del patrimonio sociale, in pregiudizio dei creditori (Cass. sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 280106; sez.5, n. 15679 del 05/11/2013, Rv. 262655).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di reiezione del ricorso, conseguono l condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 07/03/2025
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Il consicere estensore
Il Presidente