Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17325 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17325 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME TRADATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Milano confermava la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per bancarotta fraudolenta distrattiva di una mini-pala meccanica “Bobcat”, mod. TARGA_VEICOLO, telaio n. 527813172, posseduta dalla società fallita in virtù di contratto di locazione finanziaria, non restituita a seguito della risoluzione del contratto e non dichiarata nell’inventario fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE, della quale era amministratore.
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, articolando tre motivi di impugnazione, di seguito riportati nei limiti previsti dall’art. 1 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo l’imputato denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 99, comma quarto, cod. pen., e 546, lett. e), cod. proc. pen., laddove la decisione impugnata avrebbe omesso di escludere, secondo quanto era stato richiesto dallo stesso Procuratore Generale, la contestata recidiva reiterata, senza fornire alcuna motivazione, così non dichiarando la prescrizione del reato.
2.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 216, comma 1, n. 1, e 223 I.fall., 192, 533 e 546 cod. proc. pen., in quanto la motivazione sarebbe carente in ordine alle fonti di prova in base alle quali sarebbe stata accertata la sua responsabilità penale per il reato ascritto al di là di ogni ragionevole dubbio, non potendosi ritenere gli indizi in tale direzione connotati dai necessari caratteri della gravità della precisione e della concordanza.
2.3. Con il terzo motivo il COGNOME deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 216, comma 1, n. 1, e 223 I.fall., 624, 646 cod. pen. e 546 cod. proc. pen., contestando la decisione impugnata per non aver riqualificato il fatto nei delitti, meno gravi, di appropriazione indebita o d furto, pur ricorrendone gli elementi costitutivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Per ragioni di priorità logica occorre anteporre l’esame del secondo e del terzo motivo di ricorso a quello del primo.
2.11 secondo motivo è inammissibile per evidente carenza di specificità in quanto il ricorrente, nell’assumere che non sarebbe stata fornita un’adeguata motivazione da parte della Corte territoriale sui presupposti della sua responsabilità penale per il reato ascritto non si confronta in alcuna misura con le ragioni poste a fondamento della relativa decisione, che ritiene di confutare con il richiamo a massime giurisprudenziali, non correlate in alcun modo alla fattispecie concreta decisa, sulla prova indiziaria e sul principio della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
2. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Innanzi tutto, non vi è dubbio che non è configurabile il delitto di furto stante la detenzione qualificata della mini-pala in capo al ricorrente in virtù della carica rivestita nella società.
Quanto al delitto di appropriazione indebita, come è stato già chiarito nella giurisprudenza di legittimità, se una condotta pur astrattamente riconducibile a quella di appropriazione indebita viene commessa dall’amministratore della società fallita, la stessa è assorbita nel delitto più grave di bancarotta fraudolenta per distrazione (cfr. Sez. 5, n. 2295 del 03/07/2015, dep. 2016, PG in proc. Marafioti, Rv. 266018 – 01; Sez. 5, n. 37298 del 09/07/2010, COGNOME, Rv. 248640 – 01).
Di conseguenza è corretta la qualificazione del reato operata dai giudici di merito, non potendosi neppure astrattamente configurare, peraltro, il delitto di furto, stante la disponibilità del bene in capo al ricorrente.
Il terzo motivo è inammissibile poiché la recidiva contestata è stata ritenuta sin dalla sentenza di primo grado e il ricorrente, che pure ha articolato nove motivi di appello, non ha svolto alcuna censura sulla motivazione sottesa alla decisione del Tribunale in ordine alla stessa.
4.Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il
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ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2024 Il Consigliere COGNOME
Il Presidente