Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14971 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14971 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CAVA DE’ TIRRENI il 21/02/1953
‘avverso l’ordinanza del 15/10/2018 del TRIB. LIBERTA di PARMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di SALERNO che conclude insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza del 15 ottobre 2018, il Tribunale di Parma, in funzione di giudice per riesame, pronunciando in sede di rinvio a seguito dell’annullamento disposto con sentenza n. 27171 dell’8/5/2018 da parte della Corte di cassazione, quinta sezione penale, di precedente provvedimento dello stesso Tribunale, revocava limitatamente alla somma di euro 66.053,69 il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, emesso dal G.i.p. del Tribunal Parma nei confronti di NOME COGNOME ed avente ad oggetto il profitto pari ad eur 133.524,02, conseguito dal reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, commesso in relazione al fallimento della s.n.c. DRAGIONE_SOCIALE di COGNOME COGNOME e C., dichiarato con sente del Tribunale di Parma il 17 marzo 2014. Rigettava nel resto il ricorso per riesame.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale rilevava che l’indagato, che prima de fallimento aveva assistito in qualità di avvocato la società fallita ed aveva fatto respinger prima istanza di fallimento in epoca di poco antecedente le condotte ascrittegli, in prossim della sentenza dichiarativa dell’insolvenza aveva proceduto all’incasso dei pagamenti effettua in favore della sua assistita da terzi pignorati in forza dell’ordinanza di assegnazion Tribunale di Roma, sezione esecuzioni mobiliari, del credito vantato dalla debitrice della D.M Sud s.n.c.RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, nei confronti dei predetti terzi e che la ricezione del de spettanza della fallita, avvenuta in un momento in cui la società già si era trovata in condi di insolvenza e persino dopo la dichiarazione di fallimento, non era stato riferito, nonos plurimi solleciti, nell’ambito della procedura per effetto di un accordo illecito con il Bor tal senso evidenziava che gli importi incamerati erano stati solo in parte rimessi al Borc non alla società da questi rappresentata, per effetto di una deliberata scelta di spartizio quanto incassato, non portata a conoscenza degli organi della procedura concorsuale, ma venuta a conoscenza di altro legale che aveva assistito il fallimento. Inoltre, riteneva veritiera la fattura n. 7 del 2014, emessa dal COGNOME nei confronti di D.M.D. Sud s.n. 28 febbraio 2014 per l’importo di euro 67.470,33, poiché emessa dieci giorni dopo che l somma corrisposta da RAGIONE_SOCIALE era entrata nella disponibilità dell’indaga non supportata da documentazione comprovante l’attività professionale apparentemente svolta, che, secondo l’oggetto della fattura, riguardava atti antecedenti di anni ed in pa posizione individuale del COGNOME e non la società e perché i due erano stati interce nell’atto di concordare un incontro in luogo distante da quello di residenza del COGNOME stabilire “da vicino” e di persona una versione da rendere al curatore. In conformità indicazioni contenute nella sentenza di annullamento, riteneva, invece, non sequestrabile somma di euro 66.053,69 perché rimessa al COGNOME e non suscettibile di essere dispersa da parte dell’indagato, nei cui confronti non era consentita nemmeno la confisca diretta di que porzione del profitto del reato. (Cass. rv. 272855; e sentenza rescindente punto motivazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2 Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha nuovamente proposto ricorso per cassazione l’indagato per il tramite dei suoi difensori, i quali ne hanno chiesto l’annullam per violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e degli artt. 125, 324 e 321 cod. p pen. quanto alla ipotizzata commissione del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazion Secondo la difesa, il Tribunale ha richiamato la ricostruzione della vicenda operata dal pubbl ministero senza considerare che in materia di impugnazioni cautelari il giudice di rinvio d pronunciarsi sul thema decidendum come delineato nelle fasi precedenti e nel rispetto dei principi di diritto enunciati dal giudice di legittimità. Le stesse circostanze esposte dal Tr in conformità al provvedimento annullato non hanno superato il vaglio della Suprema Corte e presentano un valore neutro quanto all’accertamento del fumus commissi delicti. La sentenza dichiarativa del fallimento della D.M.D. Sud s.n.c. era stata emessa il 17 marzo 2014 depositata il 19 marzo 2014, ma non notificata ed il Tribunale continua ad ignorare il conten del verbale dell’udienza del 5 marzo 2014 nella fase prefallimentare, nonché la già rilev contraddittorietà ed inconsistenza dell’addebito mosso al ricorrente per avere rimesso COGNOME il denaro incassato dai terzi pignorati, atto doveroso in dipendenza del rapport mandato legale conferitogli. Inoltre, non è stato considerato che: l’assegno di euro 21.887 era stato inviato il 4 marzo 2014 e quindi non avrebbe potuto essere riferito all’udienza giorno successivo ed era stato rimesso al COGNOME prima della dichiarazione di falliment l’assegno di euro 22.660,00 era pervenuto lo stesso giorno della sentenza e rimesso come per legge al legale rappresentante della società creditrice; l’ulteriore assegno di euro 21.50 era stato incassato direttamente dal COGNOME; il bonifico di euro 64.470,33 era stato fattu di detta somma una parte era stata consegnata sempre al COGNOME senza che l’indagato avesse determinato il mancato versamento nelle casse della società. Le affermazioni esposte nell’ordinanza hanno finito per legittimare il trattenimento di parte delle somme incassate, ad euro 48.682,00 e non al maggiore importo ritenuto dal Tribunale, ed è rimasta indimostrata l’avvenuta conclusione di un accordo illecito col COGNOME. Anche a voler ritenere legitti misura cautelare sulla somma, oggetto di bonifico, avrebbe dovuto essere ridotto l’importo 66.053,69 che non è pari a quanto incassato, né all’importo della fattura aumentato degli one fiscali, ma è pari alla somma degli assegni inviata al COGNOME. Il Tribunale non ha te conto della richiesta di insinuazione al passivo, formulata dal ricorrente, in forza del q giudice delegato ha individuato quanto dovuto dal COGNOME alla procedura in soli eur 6.961,13. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile perché basato su argomentazioni incentrate su profili fatt della vicenda cautelare, non puntualmente correlate con il provvedimento contestato e comunque affette da manifesta infondatezza.
1.Giova premettere in quali termini e limiti la precedente decisione assunta in sede
riesame è stata annullata dalla quinta sezione della Corte di cassazione: tanto per verific l’effettiva sottrazione da parte del giudice del rinvio al compito demandatogli all’esi giudizio di legittimità. Con la sentenza rescindente è stato riscontrato il vizio di moti apparente, quindi insussistente ed integrante una forma di violazione della legge che impone d dotare ogni decisione giudiziale di effettiva e congrua giustificazione, in ordin ricostruzione del fumus commissi delicti, ossia della condotta di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione di beni della società fallita D.M.D. Sud s.n.c., attuata medi l’incameramento di somme di denaro corrisposte da terzi pignorati, debitori della debitri della predetta società e non riversate nelle casse della creditrice. In particolare, il S Collegio ha evidenziato la contraddittorietà e l’inconsistenza dell’addebito in riferi all’introito ed alla rimessa al coimputato COGNOME degli importi versati dai terzi per aver l’indagato quale legale della società ed in forza di un valido titolo esecutivo nell’ign dell’imminente fallimento e della sua già intervenuta pronuncia, sicchè il comportament tenuto pareva rientrare nell’espletamento del mandato professionale in assenza di prova, non riscontrabile nell’ordinanza annullata, di un accordo fraudolento, raggiunto con il COGNOME legale rappresentante della società dallo stesso assistita e nel difetto di potestà giuridic imporre al COGNOME di riversare nelle casse dell’impresa il denaro pervenutogli. Per contro ritenuto più solido l’addebito in riferimento alle somme trattenute dall’avv.to COGNOME proprio interesse, peraltro di incerto ammontare, potendo configurarsi in relazione a siff condotta la fattispecie meno grave di bancarotta preferenziale, che contraddice però contestazione dell’accusa, per la quale si postula l’insussistenza del credito per presta professionali.
2. L’ordinanza oggetto d’impugnazione contiene congrua ed articolata risposta ai quesiti ed ai rilievi contenuti nella sentenza rescindente in modo tale da presentare apparato argomentativo effettivo e funzionale all’illustrazione delle ragioni della decision parzialmente favorevole al ricorrente.
2.1 In primo luogo, non risponde al vero che il Tribunale si sia limitato a richia la ricostruzione del fumus commissi delicti prospettata dal pubblico ministero nella richiesta di sequestro: pur avendo affermato di condividere l’impostazione accusatoria, non ha però esaurito a tale richiamo il proprio intervento delibativo, ma ha esposto un corred argomentazioni esplicative autonomo ed aderente ai motivi del disposto annullamento del precedente provvedimento.
2.2 In tal senso ha osservato che l’avv.to COGNOME, da tempo legale della societ RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, per avere nel corso del 2013 ottenuto il rigetto di una pr istanza di fallimento, facendo valere il credito vantato dalla sua assistita verso la COGNOME, per tutelare il quale aveva ottenuto dal Tribunale di Roma, sezione esecuzio mobiliari, con decreto del 5 febbraio 2014, l’assegnazione del credito della debitrice verso pignorati per l’importo di 133.325,03, allorchè aveva riscosso i pagamenti da alcuni dei t aveva agito nella consapevolezza della inattività sin dal 2012 e del già emerso dissesto del
propria assistita. Le condotte incriminate, infatti, erano state compiute, sia pochi giorni sia dopo la sentenza dichiarativa di fallimento e degli incassi percepiti egli, nonostante i p solleciti ricevuti e l’incarico affidatogli di legale anche della procedura, non aveva riferit organi per effetto di un accordo illecito raggiunto col COGNOME.
Ha quindi evidenziato che plurimi elementi di prova indicano l’esistenza di un’inte criminosa tra costoro, in quanto:
-poiché nella fase prefallimentare all’udienza del 5 marzo 2014 l’indagato aveva negat l’insolvenza e sostenuto che il temporaneo inadempimento della D.M.D. Sud s.n.c. si sarebbe risolto grazie alla riscossione delle somme che sarebbero state versate dai terzi pignorat virtù del provvedimento di assegnazione dei crediti ed il legale della controparte istante p fallimento aveva dichiarato a verbale che questa nulla aveva ricevuto, egli, anche grazie a sue competenze professionali, era stato nelle condizioni di prevedere agevolmente che di lì breve sarebbe stato dichiarato il fallimento proprio in ragione del mancato adempimento nei confronti della creditrice istante.
-Successivamente e per più anni non aveva mai rivelato agli organi della procedura ed al legale della stessa di avere ricevuto i pagamenti destinati alla fallita, di averne trattenuto per parte e di avere rimesso l’altra alla persona del COGNOME e non, come doveroso, alla società in bonis e poi al curatore, condotta puntualmente individuata quale dovuta; tanto aveva omesso di riferire anche quando la notizia dell’intervenuto fallimento gli era stata ben chiara, nelle due relazioni inviate al curatore ed al giudice delegato tra marzo ed aprile 2014 ed an nella riunione del comitato dei creditori, tenutasi nell’ottobre 2014 e sino all’ottobre 201 aveva trasmesso nessuna documentazione relativa alle operazioni contestategli, apprese in via autonoma dall’altro legale che aveva assistito il fallimento, e soltanto il 24 ottobre 2016 rimesso copia della fattura nr. 7 del 2014 intestata alla D.M.D. Sud s.n.c..
-Dalle attività di intercettazione condotte era emerso che nel dicembre 2016 il COGNOME e risultato in contatto col COGNOME per un incontro personale da tenersi in luogo lontano da q di residenza del fallito per stabilire la versione comune da prospettare al curatore e rediger qualche documento, che il COGNOME non aveva però inteso sottoscrivere sino a che non avesse ricevuto un resoconto completo dell’operato del legale.
Il Tribunale del riesame ha quindi aggiunto che la fattura n. 7 del 2014 non potev ritenersi veritiera: era stata emessa dal COGNOME nei confronti di D.M.D. Sud s.n.c. febbraio 2014, ossia dieci giorni dopo avere incamerato mediante bonifico la somma corrisposta da RAGIONE_SOCIALE; non erano comprensibili ragioni lecite per le qual oltre due anni il documento fiscale non fosse stato esibito alla curatela; non era riscontra documentazione comprovante l’attività professionale svolta; l’oggetto della fattura ave riguardato atti antecedenti di anni, incomprensibilmente rimasti non remunerati per lun tempo, ed in parte prestazioni erogate in procedimenti penali in favore della persona d COGNOME, non della società; il COGNOME aveva riferito al curatore di essere debitore nei co del COGNOME per soli 27.000 euro, ossia per importo inferiore anche alla sola metà de
somma riportata in fattura.
Ha concluso che l’introito delle somme di denaro di spettanza della fallita era avvenu in forza di una deliberata scelta di spartizione col COGNOME di quanto incassato consapevolezza di entrambi dell’imminente fallimento e della sottrazione di quelle attività ragioni dei creditori e che le stesse erano sequestrabili, quale profitto del delitto di ba per distrazione, nei limiti dell’importo di euro 67.470,33, trattenuto per sé dal COGNOME
Ebbene, a fronte di una disamina dei dati probatori condotta con accuratezza e con puntuali riferimenti alle fonti acquisite, l’individuazione del fumus commissi delicti quanto alla fattispecie di concorso in bancarotta per distrazione, operato dal Tribunale del riesame, o pertinente risposta alle ragioni dell’annullamento della precedente ordinanza, sicchè non hann nessun pregio le obiezioni articolate in ricorso.
3.1 Il Tribunale ha già escluso dalla misura cautelare le somme che il ricorrente avev riversato alla persona del COGNOME in perfetta aderenza al dictum della sentenza rescindente, mentre, come già detto, l’ha confermata per l’addebito ritenuto sorretto da più solida b dimostrativa anche da parte del giudice di legittimità. Ha però supportato la decisione con ricco corredo di dati informativi, dai quali ha dedotto come verosimile ed altamente probab la piena consapevolezza del ricorrente di realizzare un’attività distrattiva in danno della m dei creditori.
3.2 Per contraddire la ricostruzione fattuale operata nell’ordinanza impugnata, sorret da rilievi logici, pertinenti e sviluppati con plausibile capacità giustificativa, la difesa in argomentazioni in punto di fatto ed attinenti all’aspetto motivazionale del provvedime impugnato sull’aspettativa del ricorrente che la società RAGIONE_SOCIALE incassasse il proprio cred per ulteriori 600.000 euro e sull’avvenuta desistenza dell’unico creditore della società. Tras però che in riferimento alle misure cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso solta per far valere il vizio di violazione di legge e non di illogicità o incompletezza della motiv inoltre, omette di indicare quali elementi probatori, già rappresentati in sede di rie avvalorino il proprio assunto.
3.3Anche la censura che riguarda l’omessa considerazione da parte del Tribunale della domanda di insinuazione al passivo, depositata dal ricorrente, nonché dell’individuazione d parte del giudice delegato dell’importo di soli euro 6.961,13 da questi dovuto al fallim investe profili fattuali, elementi che non è dato sapere se già rappresentati al giudice di m comunque non riesce a smentire tutti i più ampi rilievi esposti nell’ordinanza in esame giustificare la ritenuta falsità della fattura emessa il 28 febbraio 2014. E’ comu chiaramente deducibile dal provvedimento impugnato che il profitto del reato, sottoposto sequestro, è stato individuato in relazione, non già all’importo della predetta fattura, m somme incamerate dal COGNOME e non riversate, nè al COGNOME, né alla società fallita, o a curatela, mentre è stato escluso dalla sottoposizione a cautela l’importo che il COGNOME av incassato, portato da tre assegni bancari non trasferibili per un totale di 66.053,69 euro.
3.4 In definitiva, il provvedimento gravato dà conto in modo effettivo della sussiste
degli elementi decisivi per l’accertamento del requisito del fumus commissi delicti, inteso quale astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipot reato e della corrispondenza tra il fatto per cui si procede e la fattispecie incriminata sul degli elementi rappresentati, su cui si fonda la notizia di reato (Cass. sez. 5, n. 2458 18/4/2011, COGNOME, rv. 250397; sez. 3, n. 33873 del 7/4/2006, COGNOME, rv. 234782; sez. 2, 44399 del 27/9/2004, COGNOME ed altro, rv. 229899; sez. 6, n. 12118 del 27/1/2004, Piscop rv. 228227; sez. 3, n. 19766 del 25/2/2003, Conventi, rv. 224882; sez. 1, n. 4496 d 25/6/1999, Visconti e altri, rv. 214032).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile ed il proponente condannato al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizio siffatta impugnazione, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in euro 3.000,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali ed al versamento di euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2019.