Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10137 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10137 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a SCHIAVI DI ABRUZZO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SCHIAVI DI ABRUZZO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. del 2020. Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 13 dicembre 2023 il difensore degli imputati ha fatto pervenire memoria scritta, c cui ha chiesto il rigetto del ricorso del pubblico ministero.
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Ritenuto in fatto
Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello del 22 giugno 2023, che – in riforma della sentenza di condanna di primo grado – ha assolto per insussistenza del fatto COGNOME NOME e COGNOME NOME dall’imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione in concorso di cui agli ar 110 cod. pen.,216 prima parte n. 1 L.F., commessa in qualità, rispettivamente, d amministratore unico dal 4 aprile 2007 al 20 novembre 2007 della “RAGIONE_SOCIALE“, dichiarata fallita il 21 luglio 2017 – COGNOME – e di amministratore unico di tale dal 21 giugno 2001 al 4 aprile 2007 – COGNOME; COGNOME, altresì in qualità di amministratore un della “RAGIONE_SOCIALE” dal 4 aprile 2007 al 20 novembre 2017.
La sentenza di primo grado aveva ritenuto (contestualmente assolvendoli dal reato di bancarotta fraudolenta documentale per distruzione o sottrazione delle scritture) i due imputa responsabili del suddetto reato in relazione all’operazione di trasferimento d’azienda da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, realizzata nel mese di maggio 2007 dopo la costituzione di quest’ultima società, riferibile alla stessa compagine sociale de di poi fallita e in definitiva subentrata, all’interno degli stessi locali, nella ge compendio aziendale.
La sentenza d’appello ha giudicato insufficiente il quadro probatorio a riguardo della natu illecita del contratto, perché non vi sarebbe stata appagante dimostrazione della mancata corresponsione del prezzo, che si assume erogato in denaro contante – pattuito in euro 90.500 – né sarebbe stata contestata l’incongruità del corrispettivo; e perché, ancora, la cessi d’azienda risaliva a 10 anni prima dell’apertura della procedura concorsuale e l’unico cred insinuato al passivo, di 34.000 euro, era vantato dal precedente amministratore dell’impres societaria, peraltro istante per il fallimento; circostanze che renderebbero plausibile la tes il denaro sia stato effettivamente versato ed utilizzato, nell’ampio lasso temporale, nell’am dell’attività commerciale e per far fronte ai debiti societari.
Il ricorso per cassazione ha articolato un unico motivo, che ha richiamato il vizio di care contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione di cui all’art. 606 lett. e) co pen. in rapporti ad atti del processo e, segnatamente, nel dedurre travisamento della prova, ha sottolineato che:
la sentenza impugnata avrebbe illogicamente propeso per l’esclusione della fittizietà d pagamento del corrispettivo della cessione d’azienda, pur in presenza dei dati obbiettivi del piena coincidenza tra le figure dei soci e della riconducibilità della gestione agli stessi sog in principalità l’imputato COGNOME NOMENOME
la “RAGIONE_SOCIALE” sarebbe stata svuotata di ogni sua disponibilità, avrebbe interrotto l’attività dopo il trasferimento aziendale del 2007 e l’ultimo bilancio depo relativo al 2006, ha evidenziato una perdita di euro 3.368,22;
l’imputato COGNOME, in sede d’esame, ha dichiarato che tale operazione sarebbe stata ispirata dall’intendimento di proseguire l’attività dell’autorimessa con un ente “in bonis”, dato che la società cedente era fortemente indebitata;
l’assunto versamento del prezzo del contratto non sarebbe accompagnato da documenti probanti né da elementi esterni, anche di ordine testimoniale, dimostrativi di prelievi di den dai conti correnti, societari o personali, ad esso funzionali;
la ricostruzione dei fatti, accreditata in sentenza, sarebbe inverosimile, dal momento c l’ultimo amministratore della RAGIONE_SOCIALE, NOME, subentrato poco prima dell’operazione stessa a COGNOME, avrebbe incassato la cifra di 95.000 euro senza sborsare alcunchè.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi non consentiti dalla legge.
E’ consolidato indirizzo di questa Corte che “in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le li portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni dell relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimen impugnato”; la necessità dell’assolvimento dell’onere, che può essere soddisfatto anche tenendo conto del contributo offerto dalla difesa nel giudizio di secondo grado, permane anche in caso di mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale attraverso la riedizione de prova dichiarativa assunta in primo grado, che non costituisce obbligo del giudice d’appello che riformi in senso assolutorio la decisione di condanna del primo giudice (Cass. sez. U n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679; sez.5, n. 42033 del 17/10/2008, COGNOME, Rv. 242330; sez.6, n. 10130 del 20/01/2015, COGNOME, Rv. 262907; sez. U n. 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv.272430; sez.6, n. 6221 del 20/04/2005, COGNOME, Rv. 233083).
Ebbene, ritiene il collegio che la Corte territoriale abbia nel complesso rispettato i princ diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il Tribunale di Roma, con la sentenza di primo grado, ha sostenuto che la cessione dell’azienda della di poi fallita sarebbe avvenuta in assenza (della prova documentale) del pagamento del corrispettivo pattuito di euro 90.500; in tal guisa, l’operazione negoziale avrebbe depaupera il patrimonio della società perché l’attività caratteristica si sarebbe giocoforza interrot
conforto delle conclusioni così rassegnate deporrebbe la circostanza, riferita dai due imputa relativa all’avvenuta cessione delle quote sociali in data 21 novembre 2007 al valore nominale quando la plusvalenza introitata dalla fallita alcuni mesi prima per effetto della trasla d’azienda – pari ad oltre 90.000 euro – ed ancora “in cassa” al momento del passaggio delle quote, secondo la versione fornita dai medesimi – avrebbe dovuto incrementarne il valore patrimoniale.
Ora, se è certo vero che integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale (sez. 5 17965 del 22/01/2013, COGNOME, Rv. 255501; sez. 5, n. 34464 del 14/05/2018, COGNOME, Rv. 273644), deve rilevarsi che la Corte territoriale, con enunciati piani e certo intrinsecamente illogici, ha sottolineato che l’invocato “pagamento in contanti”, quand’anc apparentemente anomalo e per entità dell’importo formalmente vietato dalla legge speciale dell’epoca, è stato confermato “da diversi testimoni escussi in dibattimento” (pag.3), come effetti ripercorso dalla motivazione della pronuncia del giudice prime cure (pag. 6, che citato la deposizione di COGNOME NOME, fratello dell’imputato) e, nel processo penale, la prova testimoni dell’intervenuto pagamento è ammessa (cfr. Cass. sez.5, n. 12974 del 15/10/1999, Cantone, Rv. 214722); non è stata posta in discussione la congruità della somma concordata per la vendita, inclusiva dell’avviamento commerciale; l’erogazione dell’importo è sta annotata nella contabilità dell’impresa cedente e in quella della società cessionaria, è tra dal bilancio del 2006 della società fallita e da quello del 2007 della RAGIONE_SOCIALE, che ha appostato un debito della società per finanziamento soci, effettuato in vista perfezionamento del negozio giuridico di trasferimento d’azienda (pag.7 sentenza di primo grado, pagg. 2 e 3 sentenza di secondo grado, che hanno richiamato le deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME e le produzioni documentali della difesa); COGNOME e COGNOME sono stati prosciolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione con la sentenza di primo grado, la cui statuizione è divenuta irrevocabile, che ne ha attribuito la responsabili solo COGNOMECOGNOME ultimo amministratore della società, deceduto il 25 dicembre 2021; sicchè non è stato possibile accertare l’eventuale artificiosità ed illecita strumentalit scritturazioni, né è consentito ricondurre la mancata ostensione dell’impianto contabile ad apporto concorsuale dei due imputati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto, poi, alla singolarità del corrispettivo stabilito per la cessione delle quote s calibrato sul valore nominale, trattasi di un accordo di natura privatistica, insuscetti smentita in assenza di riscontri di segno contrario, mentre immune da critiche di manifest irragionevolezza deve ritenersi l’ulteriore argomento, utilizzato dalla sentenza impugnata, c ha rimarcato il significativo iato temporale tra il mutamento della gestione societaria e la di fallimento, nel quale le disponibilità finanziarie, tenuto conto della esiguità del concorsuale, potrebbero essere state impiegate per l’estinzione dei debiti.
In conclusione, alla stregua delle direttrici interpretative sopra illustrate, la Corte te risulta aver adempiuto all’obbligo di tratteggiare i criteri essenziali del proprio, an
costrutto probatorio e di contrastare specificamente gli argomenti basilari della motivazio della prima sentenza (di condanna), dando conto delle ragioni della relativa incompiutezza, ta da giustificare la riforma del provvedimento impugnato; mentre il Procuratore generale ricorrente, pur formalmente evocando un vizio di “travisamento della prova” sfornito, peraltr della specifica indicazione ed allegazione dei singoli atti del processo, di valenza decis indispensabili alla sua dimostrazione, ha nel complesso dedotto un inammissibile motivo di “travisamento del fatto”, volto a sollecitare il giudice di legittimità a sovrapporre una p autonoma valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella formulata dalla sentenza impugnata, con la conseguente re-interpretazione degli elementi probatori (sez. 3, n.18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.
Così deciso in Roma, il 10/01/2024
Il consigliere estensore
Il Presidente