Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4569 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4569 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESAGNE il 21/12/1965
avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/se ite le conclusioni del PG COGNOME(, u tt zillut,r4 L& 121 GLYPH · i udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’il giugno 2024, il Tribunale di Lecce, sezione per il riesame, confermava il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi che aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari a NOME COGNOME in riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale ascrittogli per avere consumato, quale titolare della farmacia Santa Chiara in Brindisi, una pluralità di condotte distrattive e dissipative, realizzate dal 2017 al 2023, anche nel corso delle due procedure di concordato preventivo, sfociata poi, la seconda, nella liquidazione giudiziale (istituto introdotto dal d.lgs. n. 14/2019 in sostituzione del “fallimento”) dell’impresa di cui il prevenuto era titolare.
1.1. Per quanto qui di interesse, il Tribunale osservava quanto segue.
L’indagato, nel corso della prima procedura di concordato, richiesta nel 2015 a seguito della presentazione di un’istanza di fallimento, aveva simulato un furto di merce e denaro per circa 47.000 euro.
Si era, inoltre, appropriato della somma complessiva di euro 1.474.635,45, come era emerso dalla relativa denuncia presentata dal commercialista dell’impresa del prevenuto.
Questi, in prosieguo di tempo, nel 2018, aveva avanzato un’ulteriore istanza di concordato preventivo, anche per contrastare le nuove istanze di fallimento depositate, ma il Tribunale, non ravvisando i presupposti della possibile continuità aziendale, aveva deciso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale della farmacia.
Nel corso della quale, si erano, via via, accertate una serie di ulteriori condotte illecite dell’indagato, quali pagamenti parziali e preferenziali in favore di alcuni creditori (utilizzando somme che, invece, avrebbero dovuto essere corrisposte all’erario), la stipula di una transazione non autorizzata dagli organi preposti, l’irregolare tenuta della contabilità, la costituzione di rapporti di lavoro, del tutto fittizi (con i propri figli, ad uno dei quali aveva anche acquistato una vettura per euro 14.600) e l’assunzione di personale non necessario a condure l’attività.
E, a pagina 5 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale enumerava una ulteriore serie di condotte lesive del patrimonio dell’impresa: la distrazione di euro 5.940,24, l’acquisto di beni non inerenti l’attività della farmacia, alcune operazioni, sospette, di trasferimento di fondi (a favore di una srl che gestiva un centro estetico, riconducibile a lui stesso e ad uno dei suoi figli), l’allaccio abusivo al contatore dell’energia elettrica della farmacia a favore del predetto centro estetico.
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Così da doversi concludere per la sua rilevante pericolosità proprio considerando la sistematica attività di spoliazione dell’impresa, anche durante le procedure concorsuali, e per la conseguente adeguatezza della misura detentiva in atto, gli arresti domiciliari, a garantire le esigenze cautelari nascenti dall’evidente pericolo di reiterazione del fatto.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata risposta ai motivi di riesame attinenti alla adeguatezza e proporzionalità della misura personale applicata.
Dopo avere riprodotto l’argomentazione avanzata con la richiesta di riesame – l’imputato aveva reciso i rapporti con coloro che gravitavano intorno all’attività della farmacia, il suo patrimonio era stato sottoposto a vincolo reale – aveva osservato che il Tribunale si era attardato ad esaminare la sussistenza degli indizi di reità (non contestati nel riesame) limitandosi poi, nel vagliare il pericolo di reiterazione del fatto, a mere formule di stile, sostanzialmente desumendolo dalla sola gravità del reato, senza così affrontare le argomentazioni della difesa.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
Si deve innanzitutto ricordare che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01)
Alla luce di tale criterio di valutazione, l’ordinanza impugnata risulta priva di manifesti vizi logici posto che le ricordate (e incontestate) condotte consumate dal prevenuto – il cui richiamo era necessario per illustrarne la pericolosità sociale e la conseguente ritenuta sussistenza delle esigenze di cautela derivanti dal
e
pericolo concreto di reiterazione dei fatti – il Tribunale aveva potuto, fondatamente, concludere per l’adeguatezza, a salvaguardare le rilevate esigenze, della misura in atto, gli arresti domiciliari, non potendo le stesse essere escluse, vista la pervicacia dell’azione del prevenuto nonostante le procedure concorsuali in corso, dal mero vincolo reale apposto sui beni.
Si è infatti affermato – in ordine ai delitti associativi ma formulando un principio di carattere più generale – che, in tema di applicazione delle misure cautelari personali nei confronti di soggetti indagati di reato associativo ai sensi dell’art. 416 cod. pen., la concretezza e l’attualità dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non vengono meno nel caso in cui i beni del sodalizio siano attinti da provvedimenti di natura cautelare reale, atteso che le predette misure differiscono ontologicamente tra loro, perseguendo finalità diverse e tutelando distinti beni giuridici (Sez. 3, n. 28515 del 28/02/2018, COGNOME, Rv. 273354 – 01).
Né vi erano elementi che potessero indurre a ritenere che il preteso allontanamento da coloro che continuavano ad occuparsi della attività della farmacia derivasse da una qualche resipiscenza del prevenuto (di cui non v’era traccia agli atti) piuttosto che, appunto, dalla misura detentiva in essere.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma il 12 novembre 2024.