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Bancarotta fraudolenta: arresti anche con beni sequestrati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, titolare di una farmacia, accusato di bancarotta fraudolenta. Nonostante il sequestro dei beni, la Corte ha confermato la misura degli arresti domiciliari, ritenendo che la sistematica spoliazione dell’azienda, avvenuta anche durante le procedure concorsuali, dimostrasse un’elevata pericolosità sociale e un concreto rischio di reiterazione del reato, non neutralizzabile dal solo vincolo reale sul patrimonio.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta fraudolenta: arresti domiciliari legittimi anche con il patrimonio sotto sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4569 del 2025, affronta un tema cruciale in materia di bancarotta fraudolenta: la legittimità delle misure cautelari personali, come gli arresti domiciliari, anche quando i beni dell’indagato sono già stati sequestrati. La Corte ha stabilito che la pericolosità sociale derivante da una spoliazione sistematica e prolungata di un’azienda giustifica la detenzione, poiché il solo vincolo sui beni non è sufficiente a eliminare il rischio che vengano commessi altri reati.

I fatti del caso: la spoliazione sistematica di un’impresa

Il caso riguarda il titolare di una farmacia, accusato di aver posto in essere una pluralità di condotte distrattive e dissipative ai danni della propria impresa tra il 2017 e il 2023. Le azioni illecite sono proseguite anche durante lo svolgimento di due diverse procedure di concordato preventivo, culminate poi nella liquidazione giudiziale dell’attività.

Le accuse erano estremamente gravi e circostanziate. L’imprenditore avrebbe:
– Simolato un furto di merce e denaro per un valore di circa 47.000 euro.
– Appropriato indebitamente di una somma complessiva di quasi 1,5 milioni di euro.
– Effettuato pagamenti preferenziali a favore di alcuni creditori a danno di altri, come l’erario.
– Costituito rapporti di lavoro fittizi con i propri figli, acquistando persino un’auto per uno di loro con fondi aziendali.
– Distratto ulteriori somme e acquistato beni non inerenti all’attività della farmacia.
– Trasferito fondi a un centro estetico a lui riconducibile e allacciato abusivamente quest’ultimo al contatore elettrico della farmacia.

Di fronte a questo quadro, il Tribunale del riesame aveva confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari, ritenendola proporzionata alla gravità dei fatti e al pericolo di reiterazione.

Il ricorso in Cassazione per bancarotta fraudolenta e l’adeguatezza della misura

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la misura degli arresti domiciliari fosse sproporzionata. Il motivo principale del ricorso si basava su due argomenti: l’imputato aveva reciso i rapporti con le persone coinvolte nell’attività della farmacia e, soprattutto, il suo patrimonio era già stato sottoposto a sequestro. Secondo la difesa, questo vincolo reale sui beni avrebbe reso impossibile la commissione di nuovi reati della stessa specie, vanificando la necessità di una misura restrittiva della libertà personale. Il Tribunale, a detta del ricorrente, si era limitato a formule di stile, senza motivare adeguatamente sulla persistenza del pericolo.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale del riesame. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione in materia di misure cautelari è consentito solo per violazioni di legge o per manifesta illogicità della motivazione, non per una nuova valutazione dei fatti.

Nel merito, la Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del tutto logica e coerente. La “sistematica attività di spoliazione dell’impresa”, protratta per anni e persino durante le procedure concorsuali, delineava una spiccata e rilevante pericolosità sociale dell’indagato. Questa pervicacia nell’agire illecito ha fondato la valutazione di un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.

Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra misure cautelari reali (come il sequestro) e misure cautelari personali (come gli arresti domiciliari). Citando un precedente specifico (Cass. n. 28515/2018), la Corte ha spiegato che le due tipologie di misure hanno finalità diverse e tutelano beni giuridici distinti. Il sequestro mira a congelare il patrimonio per evitare ulteriori danni ai creditori, ma non impedisce a una persona determinata e con specifiche “competenze” criminali di trovare altri modi per delinquere. La misura personale, invece, serve proprio a contenere la pericolosità del soggetto.

Infine, la Corte ha osservato che non vi era alcuna prova di un’autentica “resipiscenza” da parte dell’indagato. Il suo presunto allontanamento dal contesto criminale appariva più una conseguenza della misura detentiva subita che una spontanea scelta di cambiare condotta.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto: nel contesto di reati gravi come la bancarotta fraudolenta, caratterizzati da una condotta seriale e da una spiccata propensione a delinquere, il sequestro del patrimonio non è, di per sé, sufficiente a escludere il pericolo di reiterazione. La pericolosità del soggetto, valutata sulla base della sua storia criminale e della sistematica violazione delle regole, può giustificare pienamente l’applicazione di misure restrittive della libertà personale, come gli arresti domiciliari, per salvaguardare la collettività da ulteriori possibili reati.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, in tema di misure cautelari, l’appello alla Corte di Cassazione è consentito solo per denunciare violazioni di legge o una manifesta illogicità della motivazione, non per richiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito.

Il sequestro dei beni di un indagato per bancarotta fraudolenta è sufficiente a escludere la necessità degli arresti domiciliari?
No. Secondo la Corte, il sequestro dei beni (misura cautelare reale) e gli arresti domiciliari (misura cautelare personale) hanno finalità diverse. Il sequestro protegge il patrimonio a garanzia dei creditori, ma non neutralizza la pericolosità sociale della persona, che potrebbe comunque commettere altri reati. Pertanto, le due misure possono coesistere.

Come ha valutato la Corte la pericolosità sociale dell’indagato?
La Corte ha ritenuto che la pericolosità sociale dell’indagato fosse elevata e concreta, basandosi sulla “sistematica attività di spoliazione dell’impresa” e sulla “pervicacia dell’azione” dimostrata continuando le condotte illecite anche durante le procedure concorsuali. Questo comportamento ha evidenziato un evidente pericolo di reiterazione dei reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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