Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17714 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17714 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 503/2025
NOME
UP – 16/04/2025
NOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. 1518/2025
NOME COGNOME
COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Modena il 13/01/1981
avverso la sentenza del 14/06/2024 del Tribunale di Modena visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al diniego dell’attenuante di cui all’articolo 219, comma terzo, legge fall.; udito il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
l ‘ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Modena ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale a lui ascritto nella
veste di amministratore di fatto e di liquidatore (dal 3 febbraio 2025) della “RAGIONE_SOCIALE“, società dichiarata fallita il 31 gennaio 2018; il medesimo giudice ha applicato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
Avverso la sentenza ricorre l’imputat o, tramite il difensore, proponendo due motivi.
2.1. Con il primo denuncia testualmente ” violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e), doc. proc. pen., violazione e/o erronea applicazione dell’art. 595 cod. pen. – travisamento delle prove e dei fatti – omessa, illogica, apparente e contraddittoria motivazione in merito: – al riconoscimento della sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 216 L.F.; – al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 219 L.F. “.
2.1.1. In punto di responsabilità, si sostiene che dall’istruttoria sarebbe emerso: che il ricorrente non ha mai avuto la disponibilità delle scritture contabili; che sino al primo trimestre del 2014 la società era sana; che l’asserita egemonia del COGNOME sarebbe cessata nei mesi estivi del 2014; che il curatore è riuscito a ricostruire le passività della società; che non risulterebbe dimostrato il ” dolo specifico richiesto dalla norma: la volontà di impedire la ricostruzione del patrimonio e degli affari della società ”
2.1.2. Nell’ambito del medesimo motivo il ricorrente contesta l’omessa motivazione sul diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 219 legge fall.
Nessun argomento sarebbe stato speso dal Tribunale per negare l’attenuante del danno patrimoniale di particolare tenuità, richiesta dal difensore in sede di conclusioni.
Si tratta di attenuante compatibile anche con la fattispecie della bancarotta documentale ed è lo stesso Tribunale a quantificare l’entità del danno in appena 52.541,00 euro.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce ” violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e), doc. proc. pen., violazione e/o erronea applicazione dell’art. 595 cod. pen. – travisamento delle prove e dei fatti – omessa, illogica, apparente e contraddittoria motivazione in merito alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche “.
Si afferma che le circostanze ritenute ostative al riconoscimento delle attenuanti in parola risulterebbero “travisate” in quanto: i precedenti penali riguardano fatti lievemente sanzionati risalenti agli anni 2014 e 2015; l’imputato ha partecipato al processo (risulta presente all’udienza del 13 aprile 2022), ha collaborato con il curatore, si è sottoposto ad interrogatorio nella fase delle indagini riconoscendosi come unico gestore della fallita sino al momento della cessione a Serra; nel corso del processo, ha acconsentito alla acquisizione probatoria del relativo verbale e di altri atti di indagine; l’asserita mancanza di resipiscenza non
ha tenuto conto del percorso dell’imputato che ha abbandonato il mondo imprenditoriale dedicandosi ad altra attività.
Si è proceduto a discussione orale su richiesta del difensore.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta.
Il difensore dell’imputato ha trasmesso una articolata memoria di replica agli argomenti spesi dal Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Va premesso che secondo i l nuovo disposto dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. nel testo modificato dal d. lgs. n. 150 del 2022: «Sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità … ».
Pertanto è inappellabile la pronuncia di primo grado oggetto di ricorso, che ha applicato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.; sicché l’unico rimedio esperibile è il ricorso per cassazione, proponibile per tutti i vizi indicati dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen.
Non si ignora che, circa l’ambito oggettivo dell’art. 593 comma 3 cod. proc. pen., nella giurisprudenza di legittimità si sono sviluppate coordinate interpretative divergenti: secondo un primo orientamento -che si pone in linea con quanto affermato da Sez. U, n. 7902 del 03/02/1995, COGNOME, Rv. 201547 -02 nel regime anteriore al d. lgs. n. 150 del 2022 -rimane tuttora appellabile la sentenza di condanna con cui è applicata la pena dell’ammenda in sostituzione di quella dell’arresto, poiché l’inappellabilità prevista dall’art. 593 comma 3 cod. proc. pen. riguarda le sole sentenze di condanna a pena originariamente prevista come ammenda (Sez. 4, n. 11375 del 30/01/2024, Mamani, Rv. 286018 -01); secondo altro orientamento, invece, per effetto dell’attuale disposto dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. e in virtù di una lettura sistematica della riforma di cui al d. lgs. n. 150 del 2022, è inappellabile la sentenza di condanna con la quale è inflitta la pena dell’ammenda, anche se in sostituzione, in tutto o in parte, di quella dell’arresto (Sez. 3, n. 20573 del 13/03/2024, COGNOME, Rv. 286360 -01; conf. Sez. 1 n. 33605 del 09/05/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 43746 del 15/10/2024, COGNOME, n.m.).
Tuttavia il contrasto appena segnalato riguarda la condanna alla pena dell’ammenda mentre non può estendersi al caso di sentenza di condanna alla
pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, dato che il ragionamento dal primo orientamento non può valere per il lavoro di pubblica utilità, che non è mai «originariamente» previsto dalla cornice edittale, trattandosi di «pena sostitutiva» ex art. 20-bis cod. pen.; a diversamente opinare si perverrebbe a una interpretazione abrogativa dell’art. 593 comma 3 cod. proc. pen., perché tutte le sentenze applicative del lavoro di pubblica utilità diverrebbero appellabili, in quanto detta pena, per sua natura, sarà sempre sostitutiva di quella detentiva.
Il primo motivo -depurato dal riferimento a norme incriminatrici non pertinenti (art. 595 cod. pen.) e a richiami normativi di problematica interpretazione (attenuante di cui all’art. 216 L.F.). -è nel complesso infondato, pur presentando profili di inammissibilità.
3.1. La censura sulla riconducibilità del fatto all’imputato non supera il vaglio di inammissibilità, in quanto, per un verso, risolvendosi in mere doglianze in punto di fatto, esula dal novero dei vizi consentiti, mentre, per altro verso, risulta generica in quanto non si confronta con le ragioni della decisione e non coglie, neppure in diritto, i caratteri dell’elemento soggettivo del delitto in contestazione.
Il ricorso svolge una critica non alla tenuta logica della motivazione, ma alla bontà della decisione e all’apprezzamento (che reputa errato) del materiale probatorio.
Tuttavia il sindacato di legittimità non può spingersi a verificare se gli esiti dell ‘ interpretazione delle prove siano realmente rispondenti alle acquisizioni probatorie emergenti dagli atti del processo.
Infatti alla Corte di cassazione è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondament o della decisione impugnata e l’ autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, che il ricorrente indichi come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacit à esplicativa rispetto a quelli ado ttati dal giudice del merito. L’oggetto dello scrutinio di legittimità resta la motivazione del provvedimento impugnato, l’ esame della cui illogicità non può mai trasmoda re in un’ inammissibi le e rinnovata valutazione dell’ intero compendio probatorio posto dal giudice di merito a fondamento delle proprie conclusioni.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata svolge una approfondita disanima delle prove raccolte e, seguendo le sorti della società dalla fondazione al fallimento, perviene alla conclusione, ampiamente motivata, che: le redini della società sono sempre rimaste in mano all’imputato, il quale, come unico dominus , ne ha sempre deciso le sorti (cfr. paragrafo 5.A pagg. 20-23 e paragrafo 7, pagg. 29-31); l’assenza di documentazione contabile era imputabile al COGNOME (paragrafo 6, pagg. 25-29).
A fronte di tanto, il motivo di ricorso, imperniato su una ricostruzione alternativa della vicenda, fa leva su una lettura selettiva del materiale probatorio, senza mai confrontarsi davvero con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata e senza mai riuscire ad enucleare una caduta logica nello stesso.
3.2. La doglianza sull’elemento soggettivo è infondata.
Al riguardo va ricordato che l’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. contempla due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale.
La prima (c.d. ‘specifica’) consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili (cui è equiparata l’omessa tenuta) e richiede il dolo specifico consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
La seconda fattispecie (c.d. ‘generale’) è integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita; questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l ‘ annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l ‘ omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME, Rv. 278321); sotto il profilo soggettivo è sufficiente il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
Nel caso in esame il giudice di merito ha ritenuto sussistente l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale “specifica” (per sottrazione o distruzione totale da parte del Villani delle scritture contabili, cfr. paragrafo 8.D.2., pag. 34), ravvisando, in capo all’imputato, la finalità di recare pregiudizio ai creditori (paragrafo 8, pag. 34)
Il ricorso non coglie l’oggetto del dolo specifico che, come detto, nella fattispecie oggetto di condanna non è rappresentato dalla volontà di impedire la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita (elemento materiale della diversa fattispecie di bancarotta generale), ma dallo scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
3.3. La ritenuta sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta documentale implica automaticamente, senza necessità di esporre ulteriori ragioni, l’esclusione di una riqualificazione ai sensi degli artt. 217-224 legge fall.
3.4. La censura in punto di diniego della attenuante di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall. è generica.
Secondo ius receptum , in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditorii (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 7888 del 03/12/2018, dep. 2019, Rv. 275345 – 01 che in motivazione ha osservato che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto).
Nella specie si verte in un caso di distruzione o sottrazione di tutte le scritture contabili, il che, secondo il Tribunale, è indice di una ” vocazione fraudolenta della società, che appare ancor più evidente dalla pluralità di indici sintomatici già messi in luce (deviazione protratta dell’attività in concreto svolta dall’oggetto sociale, omesso pagamento di forniture, cambio di organo amministrativo artatamente ricreato allo scopo di mantenere uno schermo sulla reale egemonia di COGNOME Giovanni ” (pag. 35 sentenza impugnata).
In sede di conclusioni il difensore aveva formulato istanza in tal senso, nessuna risposta viene fornita al riguardo dal Tribunale, il motivo di ricorso rimane intrinsecamente indeterminato. Invero il ricorrente non ha assolto il compito di precisare in base a quali specifici elementi -emergenti dagli atti e, in tesi, pretermessi -il danno patrimoniale arrecato alla fallita fosse apprezzabile in termini di “speciale tenuità”, considerato che non è dirimente il giudizio espresso dal Tribunale sul ” non ragguardevole ammontare ” del danno cagionato ai creditori, riferito all’importo, di per sé non esiguo, di 52.541,00 euro.
4. Il secondo motivo, invece, è fondato.
Il Tribunale nega le circostanze attenuanti generiche facendo riferimento per un verso a parametri generici, difficilmente decifrabili (precedenti penali senza specificare quali) o irrilevanti (mancanza di resipiscenza) e per altro verso evidenzia l’assenza di ” elementi ulteriori valorizzabili in senso positivo ” (pag. 36), senza riconoscere alcuna valenza ad esempio al comportamento processuale dell’imputato che ha reso interrogatorio, scagionando l’amministratrice legale, ha acconsentito alla acquisizione dibattimentale di diversi atti di indagine.
Coglie pertanto nel segno il motivo di ricorso che, in modo analitico, attacca il punto della decisione, elencando i numerosi elementi positivi, emergenti dagli atti e idonei a giustificare il trattamento di favore.
Discende che la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche
Nel resto il ricorso va rigettato
I l ricorso per cassazione è l’ unico rimedio esperibile dall’imputato (come anche dal pubblico ministero) contro una sentenza di condanna per la quale è stata applicata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (cfr. sopra paragrafo 2), sicché il rinvio va disposto non al giudice competente per l ‘ appello, come previsto dall ‘ art. 569, comma 4, cod. proc. pen., ma al giudice che ha emesso la sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Modena in diversa composizione. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 16/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME