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Bancarotta fraudolenta: anche beni di poco valore contano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4566/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta. Il caso riguardava la distrazione di beni aziendali, inclusa un’auto di scarso valore, e la tenuta irregolare delle scritture contabili. La Corte ha ribadito che anche la sottrazione di beni di valore minimo costituisce reato, poiché lede la garanzia patrimoniale dei creditori. Inoltre, ha confermato che la mancata tenuta della contabilità, tale da impedire la ricostruzione del patrimonio, integra la bancarotta fraudolenta documentale, essendo sufficiente il dolo generico.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Fallimentare, Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Anche i Beni di Poco Valore Possono Portare a una Condanna

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su un caso di bancarotta fraudolenta, confermando la condanna di un imprenditore e offrendo importanti chiarimenti sui requisiti del reato. La sentenza n. 4566/2024 stabilisce principi chiave sulla rilevanza della distrazione di beni di valore esiguo e sulla configurazione del dolo nella bancarotta documentale. Questa decisione sottolinea il rigore della legge nel proteggere gli interessi dei creditori, anche quando le singole azioni distrattive possono apparire di modesta entità.

I Fatti: Due Società e la Sottrazione di Beni

Il caso ha origine dalla condanna di un amministratore per il fallimento di due società a lui riconducibili. Le accuse erano gravi e articolate:
1. Per la prima società, dichiarata fallita nel 2015, l’imprenditore era accusato di bancarotta per distrazione post-fallimentare di beni aziendali per un valore di circa 89.000 euro, oltre a una bancarotta semplice per non aver richiesto il fallimento.
2. Per la seconda società, una sorta di “newco” fallita nel 2018, le accuse includevano la distrazione di un’autovettura utilitaria e, soprattutto, una bancarotta fraudolenta documentale. L’imprenditore aveva tenuto i libri contabili in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, a fronte di un passivo accertato di oltre 415.000 euro.

La Corte d’Appello aveva parzialmente ridotto la pena ma confermato la responsabilità penale, spingendo l’imprenditore a presentare ricorso in Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione: i Motivi della Difesa

La difesa ha basato il ricorso su quattro motivi principali:
Assenza di dolo: L’imprenditore sosteneva di aver agito in buona fede nella cessione dei beni dalla prima alla seconda società, credendoli legittimamente di proprietà di quest’ultima.
Tenuità del danno: La distrazione dell’autovettura riguardava un bene di valore infimo, vecchio e gravato da ipoteca.
Mancanza di dolo specifico: Per la bancarotta documentale, la difesa lamentava la mancata prova della volontà specifica di recare pregiudizio ai creditori.
Errata valutazione delle circostanze: Le attenuanti generiche, legate alla sua collaborazione, avrebbero dovuto prevalere sull’aggravante.

L’analisi della Corte sulla bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile e consolidando principi fondamentali in materia di bancarotta fraudolenta.

La Distrazione di Beni: Irrilevante il Valore, Conta l’Intento

Sul primo e secondo motivo, la Corte ha fornito una risposta netta. L’argomento della buona fede è stato ritenuto infondato, in quanto l’imprenditore era pienamente consapevole dell’esistenza di una controversia civile sulla proprietà di quei beni. Inoltre, la Corte ha scoperto che i beni non erano stati semplicemente trasferiti alla seconda società, ma dirottati verso un’altra entità in un paese estero, a lui riconducibile. Questo ha reso evidente l’intento distrattivo.

Ancora più importante è il principio affermato riguardo alla distrazione dell’auto. La Cassazione ha ribadito che integra il delitto di bancarotta fraudolenta anche la dismissione di beni strumentali obsoleti o di valore esiguo. Ogni bene, per quanto modesto, costituisce una parte della garanzia patrimoniale per i creditori. La sua sottrazione, senza un corrispettivo, è di per sé un danno. La tenuità del valore non esclude il reato, né può essere valutata isolatamente, ma va considerata nel contesto complessivo del dissesto, che in questo caso includeva un passivo enorme reso imperscrutabile dalla cattiva gestione contabile.

La Bancarotta Documentale: Quando il Dolo è Palese

Anche il motivo relativo alla bancarotta documentale è stato respinto. La Corte ha chiarito che il reato previsto dall’art. 216 della legge fallimentare può essere integrato da condotte alternative. È sufficiente che la tenuta delle scritture contabili sia tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e degli affari (che richiede solo il dolo generico), senza necessità di provare il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, richiesto invece per la diversa ipotesi di sottrazione o distruzione dei libri contabili.

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva correttamente motivato la sussistenza di entrambi i profili: la volontà di rendere difficile la ricostruzione (dolo generico) e quella di impedire agli organi fallimentari di rintracciare le operazioni distrattive (dolo specifico).

le motivazioni
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi rigorosa e coerente con la giurisprudenza consolidata. La motivazione della sentenza si articola su punti chiari: la non specificità e l’inadeguatezza dei motivi di ricorso rispetto a quanto già accertato nei gradi di merito. Per la distrazione dei beni, la Corte ha evidenziato come l’imputato non potesse non essere consapevole dell’illiceità della sua condotta, data l’esistenza di un contenzioso civile e la successiva deviazione dei beni verso l’estero. Questo comportamento dimostrava un chiaro intento di sottrarre i beni alla garanzia dei creditori. Per quanto riguarda l’autovettura, la motivazione si basa sul principio per cui l’offesa al bene giuridico tutelato (la garanzia dei creditori) sussiste indipendentemente dal valore del singolo bene distratto. La valutazione sulla tenuità del danno, hanno precisato i giudici, deve essere globale e non può ignorare l’impatto della bancarotta documentale, che ha impedito di quantificare l’esatta diminuzione patrimoniale. Infine, sul bilanciamento delle circostanze, la Corte ha ribadito che si tratta di una valutazione discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, non è manifestamente illogica o arbitraria.

le conclusioni
La sentenza 4566/2024 della Corte di Cassazione rafforza due principi cardine nella lotta ai crimini fallimentari. Primo: nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione non esiste una soglia di valore al di sotto della quale la condotta diventa penalmente irrilevante. Qualsiasi bene che fa parte del patrimonio aziendale è una risorsa per i creditori, e la sua sottrazione indebita costituisce reato. Secondo: una gestione contabile caotica, confusa o omessa, che impedisce la ricostruzione delle vicende societarie, è sufficiente per integrare la bancarotta documentale, essendo la volontà di creare tale confusione prova del dolo richiesto dalla norma. Questa decisione rappresenta un monito per tutti gli amministratori sulla necessità di una gestione trasparente e corretta, anche e soprattutto nei momenti di crisi aziendale.

Sottrarre un bene di valore irrisorio, come un’auto vecchia, può configurare il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione?
Sì. Secondo la sentenza, anche la dismissione di beni strumentali obsoleti o di valore esiguo, se distaccati dal patrimonio sociale senza un utile o corrispettivo, integra il delitto di bancarotta fraudolenta. Questo perché anche beni di consistenza economica minima sono idonei a costituire una garanzia per i creditori.

Per essere condannati per bancarotta fraudolenta documentale, è sempre necessario provare l’intenzione specifica di danneggiare i creditori?
No. La Corte chiarisce che le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale sono alternative. È sufficiente accertare la responsabilità per aver tenuto la contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, condotta che richiede il solo dolo generico (la coscienza e volontà di tenere le scritture in quel modo), senza che sia necessario provare il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori.

La collaborazione con gli organi fallimentari garantisce uno sconto di pena o la prevalenza delle attenuanti?
Non necessariamente. La valutazione e il bilanciamento tra circostanze attenuanti (come la collaborazione) e aggravanti sono un giudizio discrezionale del giudice di merito. Se la decisione è motivata in modo non illogico, come nel caso di specie in cui le attenuanti sono state ritenute equivalenti all’aggravante, essa non è sindacabile dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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